Abuso d’ufficio. È davvero finita?

In questo inverno c'è qualcosa che non va. Il legislatore non più dell’emergenza tenta, con il d.d.l. Nordio messo in cima alle riforme, di abrogare il reato di abuso d’ufficio. Eppure, è stato solamente più di tre anni fa che quel legislatore dell’emergenza pandemica da COVID-19, aveva riscritto il reato ex articolo 323 c.p., circoscrivendo la fattispecie incriminatrice, con il tentativo di dare maggiori certezze ai pubblici amministratori e di eliminare l’ingerenza pervasiva del giudice penale sul loro operato, ma di fatto depotenziandolo ulteriormente.

La più attenta dottrina Fidelbo sostenne subito che la normativa emergenziale aveva prodotto una politica criminale «all'impronta. Quasi schizofrenica. O meglio, strabica. Quell'intervento riformatore del legislatore ha realizzato di fatto, un arretramento nel contrasto alla illegalità amministrativa» e alla mala gestio della cosa pubblica. Ma è davvero finita? Il disegno di legge A.S. numero 808, della XIX legislatura c.d. d.d.l. Nordio presentato il 19 luglio 2023, di iniziativa governativa, in corso di esame in Commissione Giustizia al Senato, il 9 gennaio ha ottenuto il primo sì all'abolizione con l'articolo 1 interviene iconoclasticamente e di nuovo sul delitto di abuso d'ufficio, previsto dall'articolo 323 del codice penale, abrogandolo. Nello specifico, l'abrogazione dell'articolo 323 c.p. è recata dalla lett. b del comma 1 dell'articolo 1. Il sì è arrivato dalla maggioranza di Governo anche con l'appoggio di Azione e Italia viva, contrari Pd in realtà all'interno del partito ci sono opinioni contrastanti , Movimento 5 stelle e Alleanza verdi e sinistra. Se come sembra, il definitivo via libera al “pacchetto” di norme presentato dal Ministro della Giustizia è vicino, occorre pur tener conto che il 3 maggio 2023 la Commissione europea ha presentato la proposta di direttiva COM 2023 234 sulla lotta contro la corruzione. La proposta aggiorna il quadro giuridico dell'UE in materia di lotta contro la corruzione, vincolando gli Stati membri all'adozione di norme di armonizzazione minima delle fattispecie di reato riconducibili alla corruzione e delle relative sanzioni, nonché di misure per la prevenzione del fenomeno corruttivo e di strumenti per rafforzare la cooperazione nelle relative attività di contrasto. In particolare, per quanto riguarda l'abuso d'ufficio, l'articolo 11 della proposta di direttiva prevede che gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché sia punibile come reato, se intenzionale l'esecuzione o l'omissione di un atto, in violazione delle leggi, da parte di un funzionario pubblico nell'esercizio delle sue funzioni al fine di ottenere un indebito vantaggio per sé o per un terzo e l'esecuzione o l'omissione di un atto, in violazione di un dovere, da parte di una persona che svolge a qualsiasi titolo funzioni direttive o lavorative per un'entità del settore privato nell'ambito di attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o commerciali al fine di ottenere un indebito vantaggio per sé o per un terzo. E tuttavia dopo riforme parziali, il reato di abuso d'ufficio continua dal 1930 ad essere percorso anche da una perenne tensione politica. A sollevare l'uso strumentale nella XIX legislatura sono stati molti sindaci 150 e amministratori locali colpiti da inchieste e processi per abuso d'ufficio e poi prosciolti. Le argomentazioni addotte dal Ministro della Giustizia rese in sede di presentazione del d.d.l. S. 808 muovono proprio dalla pulsione emotiva proveniente da molti amministratori pubblici e dalla considerazione che dopo vent'anni di cambiamenti la norma sull'abuso d'ufficio è un fallimento. Un banco di prova interessante è rappresentato dal numero complessivo di condanne che nel 2021 assomma a 18 casi in dibattimento, a riprova che i fatti riconducibili al reato di abuso d'ufficio è ridottissimo non muta la valutazione delle ulteriori 9 condanne davanti al GUP e 35 sentenze di patteggiamento. E nonostante i diversi interventi normativi succedutesi dal 1990 1990-1997-2012-2020 ad oggi volti a dare maggiore determinatezza alla disposizione, il numero di iscrizione nel registro degli indagati rimane alto 4.745 nel 2021 e 3928 nel 2022, di questi procedimenti 4.121 sono stati archiviati nel 2021 e 3536 nel 2022. Ed è lo squilibrio d'iscrizione della notizia di reato e decisioni di merito, indicativo di un'anomalia, che ha portato il ri legislatore a presentare con il d.d.l. Nordio la proposta di abrogare l'abuso d'ufficio. «Obsoleti i reati contro la p.a.» ha riferito il Guardasigilli illustrando alla Camera, lo stato della Giustizia. E dunque il ragionamento del Ministro è che si tratti di un reato troppo indefinito, evanescente, una stravaganza giuridica, ingannevole e pericolosa. Un intervento volto a rassicurare sindaci e amministratori pubblici rispetto alla “paura della firma” è stato ripetutamente annunciato dal Ministro Nordio. La “paura della firma” che non riguarda solamente i sindaci ovvero che l'abuso d'ufficio freni l'attività amministrativa, e si trasformi in burocrazia difensiva rallentando l'economia del Paese, diviene in questi ultimi tempi uno dei motivi principali e più vivaci che sta favorendo la soppressione del delitto. Eterogenesi dei fini perché si tratta di modifiche che, in realtà, anziché attrarre consensi sul tema giustizia e legalità, finiscono per ripercuotersi negativamente sugli stessi obiettivi sbandierati ne sono ampia riprova i rilievi non formali posti dal Colle e fatti pervenire al Governo, proprio in occasione della firma del ddl per l'inizio del suo iter in parlamento. Secondo il Presidente della Repubblica, l'abolizione del reato ex articolo  323 c.p. sarebbe a rischio di incostituzionalità violerebbe gli obblighi internazionali, per contrasto con la Convenzione ONU di Merida del 2003. Inoltre, vi è il richiamo della ANM che con un documento non votato da tutte le correnti, dal titolo “Una relazione problematica” pubblicato il 21 gennaio 2024 ha evidenziato che abrogare il reato di abuso d'ufficio è un errore perché si lasciano “spazi d'impunità”. Vi sono poi le perplessità dell'ANAC, secondo cui il reato va precisato ma non abolito. In sede di audizione il Presidente ha sostenuto che «se le finalità che hanno portato a intervenire sull'abuso d'ufficio sono condivisibili, la cancellazione di questo reato crea problemi se lo abrogassimo tout court ha avremmo diversi vuoti normativi e un'inadempienza rispetto a vincoli internazionali». Il portavoce Giustizia dell'UE è venuto poi al dunque «il ddl italiano che propone alcuni emendamenti alle disposizioni sui reati contro la p.a. depenalizzerebbe alcune forme di corruzione abolire l'abuso d'ufficio può pesare alla lotta contro la corruzione». Anche la Commissaria agli Affari interni dell'Unione Europea ha avvisato il Governo italiano sui rischi che le modifiche normative in questione possano «influire sull'efficacia dell'individuazione e del contrasto della corruzione». E mentre il Ministro della Giustizia nel presentare il disegno di riforma ha evidenziato che il sistema dei delitti contro la PA. è un apparato repressivo articolato, e per tale ragione resta ferma la possibilità di valutare in prospettiva futura specifici interventi additivi volti a sanzionare con formulazioni circoscritte e precise, condotte meritevole di pena in forza di indicazioni di matrice euro – unitaria, una parte autorevole del mondo accademico e della magistratura in occasione dell'audizione presso la Commissione Giustizia del Senato sul ddl numero 808 ha posto in rilievo le molte critiche all'iniziativa di cancellare il reato ex articolo  323 c.p. Il Presidente della Scuola Superiore della Magistratura e Presidente Emerito della Corte Costituzionale Giorgio Lattanzi ha sottolineato come lo squilibrio tra le iscrizioni nel registro delle notizie di reato e le condanne non giustificano l'abolizione del reato. «Non si può dare una patente di liceità» ha sostenuto il Presidente Lattanzi, «a condotte, violative di leggi, che intenzionalmente siano economicamente vantaggiose per l'autore o ingiustamente dannose per altri». Il Professore Marco Gambardella ha poi messo in risalto che, «il reato di abuso d'ufficio è un'incriminazione congiunta in modo indissolubile al principio di legalità dell'azione amministrativa, esistente in tutte le legislazioni europee e rappresenta un presidio di garanzia per il consociato». Quanto alla conclamata forbice tra i procedimenti iniziati e le condanne definitive pronunciate, è certamente vero che siamo al cospetto di un serio problema. Ma di fronte a questa anomalia, ha ancora chiarito il Professore Gambardella «occorre curare la vera malattia». Se si acquisirà maggior consapevolezza da parte delle Procure del funzionamento sia delle nuove regole che governano la scelta relativa all'iscrizione nell'uno o nell'altro registro, sia delle nuove norme che indicano la prognosi a cui deve essere sottoposta la notizia di reato ai fini della richiesta di rinvio a giudizio, non si dovrebbero più verificare quegli effetti patologici segnalati dalle statistiche con una prevedibile diminuzione del numero delle iscrizioni delle notizie di abuso d'ufficio effetti patologici, quindi, che non possono essere ricondotti alla mancanza di determinatezza della fattispecie, tutt'altro. Eppure, abbiamo davvero ancora bisogno di una figura di reato quale l'abuso d'ufficio. La paventata «abrogazione dell'abuso d'ufficio inficia infatti, il microsistema corruttivo, lo depotenzia, perché tale delitto fa parte a pieno titolo del sottosistema in questione è, come dire, l'avamposto insieme al traffico di influenze illecite , il delitto-spia, delle figure di corruzione in senso stretto è collegato direttamente agli articolo 318 e 319 c.p. ». Pur tuttavia, non mancano opinioni contrarie. Il Professore Bartolomeo Romano, consulente giuridico del Ministro della Giustizia, ritiene «che l'abuso d'ufficio sia una norma inutile se non dannosa. Questo tecnicamente emerge dal fatto che lo stesso legislatore si rende conto che molto probabilmente l'abuso d'ufficio si sovrappone ad altre fattispecie di reato più gravi. La clausola di riserva che c'è nell'articolo 323 c.p. è una chiara presa di coscienza che questo articolo nella gran parte dei casi non si può applicare perché esiste una fattispecie incriminatrice più grave». Si attendono segnali incoraggianti, stavolta da parte del Presidente della Repubblica, che «all'onore di ruolo di co-legislatore deve sapere affiancare l'onere di una consapevole capacità limitativa», Cupelli privilegiando la corretta applicazione del principio di legalità dell'azione amministrativa e dei principi che governano l'imputazione penale, alle seduzioni semplici e deflazionistiche. Tuttavia, cambiare il testo del ddl proprio nella sua parte più caratterizzante sarebbe un passo indietro molto complicato per il Ministro. In questo scenario, non si può allora che tornare a riflettere. E questa volta, in questo inverno un po' triste, sarebbe meglio attendere la definizione del quadro internazionale. Non appare, forte l'esigenza di un tempestivo intervento del legislatore. Ma, il fatto che si pensi a riforme della fattispecie di abuso d'ufficio non dispensa in alcun modo una riforma, forse più urgente, dell'azione disciplinare e contabile-interna nella PA. Il tema forse andrebbe visto in un più ampio quadro. Il vero problema si è correttamente sostenuto è la «pubblica amministrazione, che dovrebbe essere in grado essa stessa di reagire al suo interno a quelle forme di abuso di potere, di preferenze indebite e di mal costume» Fidelbo . Quale che siano le ragioni di questa scarsa funzionalità della PA è difficile stabilirlo, ma che le sanzioni extrapenali non funzionano, pare sia un fatto. È auspicabile che il reato di abuso d'ufficio non sia profondamente modificato o peggio abolito, si che meglio non si possano creare vuoti di tutela, o la riespansione di altre fattispecie incriminatrici o di più, possibili contrasti costituzionali ai sensi dell'articolo 117 Cost. con la Convenzione di Merida sul contrasto alla corruzione. «La prima e più efficiente difesa del cittadino dovrebbe essere rinvenuta nelle norme che l'amministrazione deve applicare, che dovrebbero essere nitide e precise» Fidelbo . L'abrogazione integrale della fattispecie rischia dunque «di trasformarsi in una scelta autoritaria, che privilegia e protegge la PA che con atti arbitrari prevarica i privati mediante un abuso di pubblici poteri» Donini . Lascerebbe l'abrogazione privo di tutela il cittadino che entra in contatto con la PA. La responsabilità disciplinare dei pubblici amministratori e i controlli interni, contabili, amministrativi devono invece, diventare qualcosa di effettivo, di diverso, e non rimanere, come oggi il più delle volte, qualcosa di secondario rispetto al processo penale. Ma intanto, mentre la neve dietro ai vetri scende giù, si aspetta qui vicino al fuoco e sembra di voltarmi all'improvviso e vederti nuovamente.