Donazione con riserva di usufrutto congiuntivo: il valore del donatum è quello della nuda proprietà

Qualora il donante abbia donato la nuda proprietà di un bene, riservandosi l'usufrutto per sé e per il coniuge, vita natural durante e con reciproco diritto di accrescimento c.d. usufrutto congiuntivo , se il coniuge sopravvive al donante, il valore del bene donato corrisponde alla sola nuda proprietà.

A. e F. M. evocavano, dinanzi al Tribunale di Palermo, la germana C. G. M. deducendo che i comuni genitori avevano donato alla convenuta la nuda proprietà di un terzo indiviso di uno spezzone di terreno sito in Palermo, riservandosene l'usufrutto vita natural durante che il genitore, S. M., successivamente alla donazione aveva edificato sul terreno donato una villa e che lo stesso era, poi, deceduto. Sulla base di siffatte premesse, gli attori, quali eredi del padre, chiedevano, ai sensi dell'articolo 985 c.c., la condanna della sorella alla corresponsione in loro favore di un'indennità per i miglioramenti apportati dal padre al terreno con la realizzazione della villa. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza della M., che eccepiva la prescrizione del diritto all'indennità, e, nel merito, l'infondatezza della domanda dal momento che la morte del genitore non aveva determinato alcun effetto giuridico, non essendo caduto in successione il diritto rivendicato dagli attori, il giudice rigettava le domande attoree. Sul gravame interposto da A. e F. M., la Corte di appello di Palermo, nella resistenza dell'appellata, in riforma della sentenza del giudice di prime cure, riconosceva il diritto degli appellanti ad ottenere dalla sorella la corresponsione dell'indennità di cui all'articolo 985 c.c. in proporzione alla loro quota ereditaria pari ad 1/6 ciascuno e rimetteva la causa sul ruolo per quantificare l'aumento di valore del fondo donato con successiva sentenza definitiva, condannava la M. a corrispondere a ciascun fratello l'importo di euro 55.076,80, oltre gli interessi legali dalla data della sentenza al soddisfo. In particolare, la Corte distrettuale evidenziava che, essendo pacifica la circostanza di fatto della realizzazione da parte del de cuius di una villa sul terreno donato alla figlia, agli appellanti andava riconosciuto il diritto di ottenere l'indennità prevista dall' articolo 985 c.c., in quanto spettante al defunto usufruttuario per i miglioramenti apportati, diritto che si doveva considerare trasmesso ai suoi eredi e ciò in proporzione alla loro quota ereditaria pari ad 1/6 ciascuno. Per la Cassazione dei provvedimenti della Corte d'appello di Palermo ricorre C. G. M., sulla base di due motivi, cui resistono i fratelli con controricorso contenente anche ricorso incidentale condizionato, affidato ad un unico motivo. La Suprema Corte, in accoglimento del ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda attorea sulla scorta del seguente principio di diritto «qualora il donante abbia donato la nuda proprietà di un bene, riservandosi l'usufrutto per sé e per il coniuge, vita natural durante e con reciproco diritto di accrescimento c.d. usufrutto congiuntivo , se il coniuge sopravvive al donante, il valore del bene donato corrisponde alla sola nuda proprietà». Il ricorso incidentale della parte vittoriosa ha natura di ricorso condizionato La prima questione esaminata dalla Suprema Corte riguarda il ricorso incidentale con il quale si denuncia che la Corte territoriale abbia pronunciato su domande ed eccezioni nuove proposte dall'appellante per la prima volta con l'atto di gravame. Il Supremo Collegio ha, al riguardo, richiamato l'orientamento giurisprudenziale secondo cui, alla stregua del principio costituzionale della ragionevole durata del processo - il cui fine primario è la realizzazione del diritto delle parti ad ottenere risposta nel merito - il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni pregiudiziali di rito, ivi comprese quelle attinenti alla giurisdizione, o preliminari di merito, ha natura di ricorso condizionato, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, e deve essere esaminato con priorità solo se le questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, rilevabili d'ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito, mentre qualora, invece, sia intervenuta detta decisione, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte di cassazione solo in presenza dell'attualità dell'interesse, sussistente unicamente nell'ipotesi della fondatezza del ricorso principale Cass. Civ., Sez. III, 14.3.2018, numero 6138 Cass. Civ., Sez. I, 6.3.2015, numero 4619 . Nel caso in esame, quindi - anche a non voler applicare il parzialmente diverso orientamento a mente del quale il ricorso incidentale condizionato, proposto dalla parte interamente vittoriosa su questioni pregiudiziali decise in senso ad essa sfavorevole nella precedente fase di merito, può essere esaminato e deciso con priorità, senza tenere conto della sua subordinazione all'accoglimento del ricorso principale, quando sia fondato su una ragione più liquida che consenta di modificare l'ordine delle questioni da trattare, in adesione alle esigenze di celerità del giudizio e di economia processuale di cui agli articolo 24 e 111 Cost. Cass. Civ., Sez. Trib., 19.4.2018, numero 9671 Cass. Civ., Sez. Lav., 18.11.2016, numero 23531 del 2016 - sono ravvisabili tutti i presupposti per procedere all'esame preliminare dell'unico motivo di ricorso incidentale in quanto lo stesso, pur avendo natura di ricorso condizionato, stante l'indicazione di parte, verte su questioni di rito che non appaiono essere state oggetto di alcuna decisione, esplicita o implicita, da parte della Corte di appello. Se il vizio di legittimità ha natura processuale, lo scrutinio ha ad oggetto non il decisum ma il fatto processuale La Suprema Corte, nel decidere il ricorso incidentale, richiama la decisione delle Sezioni Unite che, con la sentenza Cass. Civ., S.U. 22.5.2012, numero 8077, hanno affermato che, in tutti i casi accomunati dalla natura processuale del vizio denunciato dal ricorrente e dalla sua interdipendenza con l'interpretazione da dare ad una domanda o ad un'eccezione di parte, l'oggetto dello scrutinio che è chiamato a compiere il giudice di legittimità a differenza di quel che accade con riferimento agli errores in iudicando denunciati a norma dell'articolo 360, comma 1, numero 3 non è costituito dal contenuto della decisione formulata nella sentenza che segna solo il limite entro cui la parte ha interesse a dedurre il vizio processuale , bensì direttamente dal modo in cui il processo si è svolto, ossia dai fatti processuali che quel vizio possono aver provocato. È, perciò, del tutto naturale che la Corte di Cassazione debba prendere essa stessa cognizione di quei fatti, sempre però che la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità «alle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, in nulla derogate dall'estensione ai profili di fatto del potere cognitivo della corte», e quindi anche nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione. L'usufrutto congiuntivo e il diritto all'indennità per i miglioramenti Si è affermato, in giurisprudenza Cass. Civ., Sez. II, 5.10.1974, numero 2621 si sia affermato che, in tema di miglioramenti ed addizioni, in relazione alla disciplina contenuta negli articolo 985 e 986 c.c., che assume a riferimento gli interventi, sul bene, posti in essere dall'usufruttuario, essi si traducono, al momento della restituzione, in altrettanti obblighi del nudo proprietario al pagamento di un indennizzo. In tal caso effettivamente è corretto sostenere che «i miglioramenti giovano all'usufruttuario o ai di lui eredi, e non già al donatario». A conclusioni diverse deve però pervenirsi nel caso, che ricorre anche nella vicenda in esame, in cui l'usufrutto non è stabilito in favore di un unico donante. Solo nel primo caso, infatti, si estingue all'apertura della successione, mentre nel caso in esame si trattava di usufrutto congiuntivo in favore del donante e del coniuge, che era sopravvissuto al donante. L'usufrutto congiuntivo, ossia l'usufrutto attribuito congiuntamente a due o più persone con reciproco diritto di accrescimento dell'uno alla morte dell'altro, si estingue con la morte dell'ultimo usufruttuario più longevo. Finché rimane in vita almeno uno dei contitolari originari, l'usufrutto congiuntivo impedisce la consolidazione con la nuda proprietà Cass. Civ., Sez. II, 17.11.2011, numero 24108 Cass. Civ., Sez. II, 2.9.2020, numero 18211 . Il principio di giurisprudenza richiamato dalla corte di merito va, perciò, applicato in conformità alla sua ratio ai fini della successione nel diritto di percepire l'indennità di cui all'articolo 985 c.c. da parte degli eredi del donante usufruttuario, poiché il conferimento deve avvenire secondo il valore del bene donato all'apertura della successione articolo 746 c.c. , si deve considerare la condizione giuridica del bene in quel momento. In ipotesi di donazione di immobile con riserva di usufrutto congiuntivo, se alla morte del donante sia ancora in vita uno degli altri usufruttuari, il bene va stimato per il valore della nuda proprietà.

Presidente Di Virgilio – Relatore Falaschi Ritenuto che - con atto di citazione, notificato ai sensi dell'articolo 143 c.p.c. il 16 febbraio 2004, A. e M.F. evocavano, dinanzi al Tribunale di Palermo, la germana M.C.G. deducendo che con atto del notaio S. del Omissis i comuni genitori, M.S. e D.F.M.R., avevano donato alla convenuta la nuda proprietà di un terzo indiviso di uno spezzone di terreno sito in Omissis , distinto in catasto al foglio Omissis , riservandosene l'usufrutto vita natural durante che contestualmente gli attori avevano venduto la nuda proprietà dei rimanenti due terzi dello stesso fondo il cui usufrutto apparteneva anch'esso ad entrambi i genitori che il genitore, M.S., successivamente alla donazione aveva edificato sul terreno donato una villa e che lo stesso era, poi, deceduto in data Omissis . Sulla base di siffatte premesse, gli attori, quali eredi del padre, chiedevano, ai sensi dell'articolo 985 c.c., la condanna della sorella alla corresponsione in loro favore di una indennità per i miglioramenti apportati dal padre al terreno con la realizzazione della villa - instaurato il contraddittorio, nella resistenza della M., che eccepiva la prescrizione del diritto all'indennità, e, nel merito, la infondatezza della domanda dal momento che la morte del genitore M. non aveva determinato alcun effetto giuridico, non essendo caduto in successione il diritto rivendicato dagli attori, il giudice adito, con sentenza numero 5730 del 2009, rigettava le domande attoree e li condannava alla rifusione delle spese del giudizio - sul gravame interposto da A. e M.F., la Corte di appello di Palermo, nella resistenza dell'appellata, che proponeva anche appello incidentale, con sentenza non definitiva numero 28 del 2017, rigettato il primo motivo dell'appello incidentale, in riforma della sentenza del giudice di prime cure, riconosceva il diritto degli appellanti ad ottenere dalla sorella la corresponsione dell'indennità di cui all'articolo 985 c.c. in proporzione alla loro quota ereditaria pari ad 1/6 ciascuno e rimetteva la causa sul ruolo per quantificare l'aumento di valore del fondo donato con successiva sentenza definitiva numero 6 del 2018, condannava la M. a corrispondere a ciascun fratello l'importo di Euro 55.076,80, oltre gli interessi legali dalla data della sentenza al soddisfo compensava tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio, ponendo le spese di c.t.u. a carico di entrambe in misura uguale. Per quanto ancora di rilievo in questa sede, la Corte distrettuale, con la sentenza non definitiva, ritenuta l'irrilevanza della denuncia di omessa pronuncia sulla eccezione di carenza del presupposto dell'azione per essersi l'usufrutto consolidato in capo all'altro usufruttuario, in quanto il diritto all'indennità era sorto in favore degli eredi dell'usufruttuario al momento della morte del genitore, evidenziava che essendo pacifica la circostanza di fatto della realizzazione da parte del de cuius di una villa sul terreno donato alla figlia, agli appellanti andava riconosciuto il diritto di ottenere l'indennità prevista dall'articolo 985 c.c., in quanto spettante al defunto usufruttuario per i miglioramenti apportati, diritto che si doveva considerare trasmesso ai suoi eredi e ciò in proporzione alla loro quota ereditaria pari ad 1/6 ciascuno - per la cassazione dei provvedimenti della Corte d'appello di Palermo ricorre M.C.G., sulla base di due motivi, cui resistono i M. con controricorso contenente anche ricorso incidentale condizionato, affidato ad un unico motivo - in prossimità dell'adunanza camerale parte ricorrente ha curato anche il deposito di memoria ex articolo 380 bis.1 c.p.c. Atteso che - con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell'articolo 985 c.c.ex articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, assumendo che pur essendo pacifico che con l'atto di donazione notaio S.L. di Palermo del Omissis , rep. numero Omissis , i coniugi M.S. e D.F.M.R. avevano donato alla figlia M.C.G. la nuda proprietà del terreno oggetto di causa riservandosi l'usufrutto vita natural durante e con diritto di accrescimento reciproco ai sensi dell'articolo 985 c.c., la Corte territoriale avrebbe dovuto considerare che il comma 1 della norma stabilisce che il diritto dell'usufruttuario ad un'indennità per miglioramenti, che devono sussistere al momento della restituzione, è condizionato ad un presupposto indefettibile, ossia la restituzione del bene, nella specie non avvenuta. Di converso, il giudice distrettuale ha seguito la tesi degli originari attori secondo cui il loro diritto di credito sarebbe sorto esclusivamente con la morte di M.S L'errore della Corte di merito è tanto evidente quanto macroscopico in quanto, secondo i Giudici di appello, il diritto all'indennità sarebbe sorto in favore dell'usufruttuario con la morte dello stesso e, quindi, si sarebbe trasferito iure successionis ai suoi eredi. La motivazione della Corte di merito, nonché la statuizione di condanna della M., si basa su un'errata lettura e su una distorta interpretazione ed applicazione dell'articolo 985 c.c. Quindi, a prescindere da ogni altra considerazione e rilevato che l'indennità nasce anche quando - nell'usufrutto a termine - l'usufruttuario rimane in vita, il presupposto di legge per la nascita del diritto all'indennità è costituito dalla restituzione della cosa, e non certamente dalla morte dell'usufruttuario. Nella fattispecie in esame, poiché l'usufrutto di cui era titolare M.S. si è accresciuto a quello della moglie, D.F.M.R., appare evidente che il terreno non è stato restituito alla nuda proprietaria, ma è rimasto nella detenzione esclusiva dell'altra usufruttuaria, avendo la stessa accresciuto la propria quota di usufrutto. Quindi, con la morte di M.S., contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte, non poteva essere ritenuto estinto l'usufrutto. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli articolo 986 e 985 c.c., ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 per la mancanza di un altro presupposto per l'accoglimento dell'appello e delle domande formulate dagli attori con l'atto di citazione. Correttamente la Corte di merito pag. 6 della sentenza ha rilevato, richiamando la giurisprudenza di questa Corte di legittimità, che a norma dell'articolo 986 c.c., l'usufruttuario può eseguire addizioni che non alterino la destinazione economica della cosa e che, se le addizioni non possono separarsi senza nocumento della cosa e costituiscono miglioramento di essa, determinandone un incremento di carattere quantitativo, si applicano le disposizioni relative ai miglioramenti, di cui all'articolo 985 c.c. Ma se avesse correttamente applicato la norma come sopra enunciata, la Corte di appello avrebbe dovuto rigettare l'appello, in quanto mancava un altro presupposto di legge per il suo accoglimento. Con l'atto di donazione del Omissis , infatti, il donante, M.S., ha dichiarato formalmente che il terreno donato in nuda proprietà secondo gli strumenti urbanistici della città, ricade in zona verde agricolo, con un indice di edificabilità di 0,03 mc/mg. La circostanza è stata, peraltro, acclarata anche dal CTU, il quale nella sua relazione del 27.4.2017 ha accertato che - il fabbricato è stato realizzato con concessione edilizia numero Omissis rilasciata ai sigg.ri M.S., A. e F. questi ultimi due gli attori e D.F.M. in zona di verde agricolo - che il fabbricato, la cui costruzione era stata assentita per scopi agricoli, è stato costruito in difformità della concessione edilizia e destinato ad uso residenziale senza che risulti il cambio di destinazione, sicché deve dedursi la sua illegittimità urbanistica pag. 9 della consulenza Quindi, è certo che la destinazione economica del terreno donato era quella agricola e non certamente quella edificatoria che è stata perseguita illegittimamente dal donante. Con l'unico motivo i ricorrenti incidentali denunciano la violazione degli articolo 343,345 e 157 c.p.c., ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., numero 4, per avere la corte di merito pronunciato su domande ed eccezioni nuove proposte dall'appellante per la prima volta con l'atto di gravame, in particolare quanto alla clausola di accrescimento in capo alla moglie inserita nell'atto di donazione, mai dedotta in primo grado - occorre preliminarmente esaminare l'unico motivo del ricorso incidentale condizionato. Questa Corte ha, in più di un'occasione, enunciato il principio per cui, alla stregua del principio costituzionale della ragionevole durata del processo - il cui fine primario è la realizzazione del diritto delle parti ad ottenere risposta nel merito - il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni pregiudiziali di rito, ivi comprese quelle attinenti alla giurisdizione, o preliminari di merito, ha natura di ricorso condizionato, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, e deve essere esaminato con priorità solo se le questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, rilevabili d'ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito, mentre qualora, invece, sia intervenuta detta decisione, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte di cassazione solo in presenza dell'attualità dell'interesse, sussistente unicamente nell'ipotesi della fondatezza del ricorso principale Cass. numero 6138 del 2018 Cass. numero 4619 del 2015 . Nel caso in esame, quindi - anche a non voler applicare il parzialmente diverso orientamento a mente del quale il ricorso incidentale condizionato, proposto dalla parte interamente vittoriosa su questioni pregiudiziali decise in senso ad essa sfavorevole nella precedente fase di merito, può essere esaminato e deciso con priorità, senza tenere conto della sua subordinazione all'accoglimento del ricorso principale, quando sia fondato su una ragione più liquida che consenta di modificare l'ordine delle questioni da trattare, in adesione alle esigenze di celerità del giudizio e di economia processuale di cui agli articolo 24 e 111 Cost. Cass. numero 9671 del 2018 Cass. numero 23531 del 2016 - sono ravvisabili tutti i presupposti per procedere all'esame preliminare dell'unico motivo di ricorso incidentale in quanto lo stesso, pur avendo natura di ricorso condizionato, stante l'indicazione di parte, verte su questioni di rito che non appaiono essere state oggetto di alcuna decisione, esplicita o implicita, da parte della Corte di appello. Operata tale premessa, il motivo di ricorso incidentale deve ritenersi infondato. Alla luce della decisione delle Sezioni Unite di questa Corte che, con la sentenza numero 8077 del 2012, hanno affermato che, in tutti i casi accomunati dalla natura processuale del vizio denunciato dal ricorrente e dalla sua interdipendenza con l'interpretazione da dare ad una domanda o ad un'eccezione di parte, l'oggetto dello scrutinio che è chiamato a compiere il giudice di legittimità a differenza di quel che accade con riferimento agli errores in iudicando denunciati a norma dell'articolo 360, comma 1, numero 3 non è costituito dal contenuto della decisione formulata nella sentenza che segna solo il limite entro cui la parte ha interesse a dedurre il vizio processuale , bensì direttamente dal modo in cui il processo si è svolto, ossia dai fatti processuali che quel vizio possono aver provocato. E' perciò del tutto naturale che la Corte di cassazione debba prendere essa stessa cognizione di quei fatti, sempre però che la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, in nulla derogate dall'estensione ai profili di fatto del potere cognitivo della corte , e quindi anche nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione. Ciò precisato, osserva il Collegio che dal tenore letterale della comparsa di costituzione di M.C.G. si evidenzia che la stessa ha sollevato la questione relativa all'accrescimento dell'usufrutto in capo all'altro usufruttuario, D.F.M.R., già nel giudizio di primo grado. Costituendosi in giudizio, infatti, nel contestare le pretese degli attori, ha dedotto che ancora si osserva come alcun effetto si è determinato e nulla è caduto in successione in conseguenza del decesso del sig. M.S., come pacificamente documentato in atti. Nulla, pertanto, può essere rivendicato ex adverso, apparendo sotto tale profilo l'azione e le domande attoree prive di presupposto v. pagg. 2/3 della comparsa di costituzione del 25.1.2008, facente parte del fascicolo di primo grado, depositato in questa sede unitamente al ricorso . Oltre al dato testuale, poiché il documento comprovante il preteso diritto degli attori era l'atto di donazione e vendita in notaio S.L. del Omissis , allegato alla medesima comparsa, è evidente che la difesa della originaria convenuta traeva fondamento dal predetto atto, con il quale era previsto il diritto di accrescimento dell'usufrutto spettante al coniuge deceduto in capo al coniuge superstite. Siffatta difesa è stata ripresa anche a pag. 3 della comparsa conclusionale depositata il 14.9.2009, laddove ha dedotto che e' sufficiente leggere l'atto di donazione prodotto anche ex adverso per comprendere come la costituzione del diritto di usufrutto in favore dei coniugi M./ D.F. fosse stata formulata con diritto di reciproco accrescimento . Non si vede, dunque, né i ricorrenti incidentali lo spiegano, perché questa Corte non debba esaminare gli argomenti di critica formulati con il ricorso principale, che attengono a difese già spiegate in primo grado - passando ora all'esame del ricorso principale, il primo motivo è fondato. Non ignora la Corte come effettivamente nella giurisprudenza Cass. numero 2621 del 1974 si sia affermato che in tema di miglioramenti ed addizioni, in relazione alla disciplina contenuta negli articolo 985 e 986 c.c., che assume a riferimento gli interventi sul bene posti in essere dall'usufruttuario, essi si traducono, al momento della restituzione, in altrettanti obblighi del nudo proprietario al pagamento di un indennizzo. In tal caso effettivamente è corretto sostenere che i miglioramenti giovano all'usufruttuario o ai di lui eredi, e non già al donatario . A conclusioni diverse deve però pervenirsi nel caso, che ricorre anche nella vicenda in esame, in cui l'usufrutto non è stabilito in favore di un unico donante. Solo nel primo caso, infatti, si estingue all'apertura della successione, mentre nel caso in esame si trattava di usufrutto congiuntivo in favore del donante e del coniuge, che era sopravvissuto al donante. L'usufrutto congiuntivo, ossia l'usufrutto attribuito congiuntamente a due o più persone con reciproco diritto di accrescimento dell'uno alla morte dell'altro, si estingue con la morte dell'ultimo usufruttuario più longevo. Finché rimane in vita almeno uno dei contitolari originari, l'usufrutto congiuntivo impedisce la consolidazione con la nuda proprietà Cass. numero 24108 del 2011 Cass. numero 18211 del 2020 . Il principio di giurisprudenza richiamato dalla corte di merito va perciò applicato in conformità alla sua ratio ai fini della successione nel diritto di percepire l'indennità di cui all'articolo 985 c.c. da parte degli eredi del donante usufruttuario, poiché il conferimento deve avvenire secondo il valore del bene donato all'apertura della successione articolo 746 c.c. , si deve considerare la condizione giuridica del bene in quel momento. In ipotesi di donazione di immobile con riserva di usufrutto congiuntivo, se alla morte del donante sia ancora in vita uno degli altri usufruttuari, il bene va stimato per il valore della nuda proprietà - il secondo motivo del ricorso principale, che censura il valore stimato dalla Corte distrettuale del fabbricato realizzato dal donante-usufruttuario per non avere considerato che si tratta di opera abusiva, è naturalmente assorbito dall'accoglimento del primo motivo, che verte su questione pregiudiziale. Conclusivamente, il primo motivo del ricorso principale va accolto, assorbito il secondo e rigettato quello incidentale alla luce del seguente principio di diritto Qualora il donante abbia donato la nuda proprietà di un bene, riservandosi l'usufrutto per sé e per il coniuge, vita natural durante e con reciproco diritto di accrescimento c.d. usufrutto congiuntivo , se il coniuge sopravvive al donante, il valore del bene donato corrisponde alla sola nuda proprietà . Non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa viene decisa nel merito, ex articolo 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto della domanda attorea. Le spese dell'intero giudizio, liquidate in dispositivo, comprensive di quelle di c.t.u., seguono la soccombenza. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei soli ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso principale e rigetta quello incidentale cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta la domanda attorea condanna i controcorrenti al rimborso delle spese del processo in favore della ricorrente, che liquida in Euro 4.140,00, di cui Euro 350,00 per spese, per il primo grado in Euro 7.200,00, di cui Euro 400,00 per spese, per il secondo grado Euro 7.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, per il giudizio di cassazione, oltre - in ciascun grado - alle spese generali, pari al 15% sui compensi e agli accessori di legge, ponendo definitivamente a carico dei fratelli M. controricorrenti le spese di c.t.u. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei soli ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.