La Cassazione torna a pronunciarsi sull'obbligo del condomino di partecipare alle spese per il godimento e la conservazione delle cose comuni, in particolare dell'impianto centralizzato di riscaldamento.
La vicenda da cui origina la questione sottoposta all'esame della Suprema Corte può essere così sintetizzata un condomino si distaccava dall'impianto centralizzato di riscaldamento a causa della corrosione delle diramazioni terminali, nonostante il Supercondominio avesse negato la possibilità di distacchi unilaterali e intimato a chi si era già distaccato di riprendere a pagare interamente le quote per le spese del riscaldamento. Nello specifico, il condomino denuncia la violazione dell'articolo 1123 c.c., in quanto il Supercondominio avrebbe errato nel ripartire le spese del riscaldamento centralizzato, che serve i singoli condomini in maniera diversa in base all'uso inoltre, il ricorrente lamenta che, al fine di rinunciare all'uso del riscaldamento centralizzato e di usufruire di un corrispondente sgravio di spese, era stato chiamato a provare che dal suo distacco dall'impianto di riscaldamento non fossero derivati notevoli squilibri o aggravi di spesa per gli altri condomini. Il criterio legale di ripartizione delle spese, infatti, si fonda sul beneficio che dalle cose comuni può derivare ad ogni condomino, quando esse sono destinate a servire in maniera diversa ciò al fine di evitare l'indebito arricchimento dei condomini che beneficiano della cosa comune e vedano poi le spese ripartite anche a carico di quelli che non ne possano usufruire. Il ricorso, tuttavia, è inammissibile. I Giudici, infatti, evidenziano che «l'obbligo del condomino di contribuire alle spese necessarie non solo alla conservazione, ma anche al godimento delle parti comuni dell'edificio, alla prestazione dei servizi nell'interesse comune e alle innovazioni deliberate dalla maggioranza trova la sua fonte nella comproprietà delle parti comuni dell'edificio articolo 1123, comma 1, c.c. ». Ne consegue che la semplice circostanza che l'impianto centralizzato di riscaldamento non eroghi sufficiente calore non può giustificare un esonero dal contributo, neanche per le sole spese di esercizio, poiché «il condomino non è titolare di una pretesa a una prestazione sinallagmatica nei confronti del condominio e quindi non può sottrarsi dal contribuire alle spese allegando la mancata o insufficiente erogazione del servizio» Cass. numero 10492/1996 . Il ricorso del condomino, dunque, viene rigettato.
Presidente Lombardo – Relatore Caponi Fatti di causa Nel 2000 N.M. e T.A.G., separatamente, adivano il Tribunale di Trani Sezione distaccata di Molfetta , per l'annullamento della delibera condominiale del 2000 con cui il Supercondominio di via OMISSIS aveva revocato un'esenzione dalle spese di esercizio e di consumo accordata di fatto a taluni condomini distaccatisi dall'impianto centralizzato di riscaldamento. Antefatti nel 1989, due dei condomini avevano proposto la cessazione del servizio centralizzato di riscaldamento entro il 1992, senza prospettare le modalità di trasformazione in impianti unifamiliari. Nel 1991 uno dei due condomini deliberava di compiere il distacco entro qualche mese. Viceversa, nel 1992 il Supercondominio decideva di proseguire nell'utilizzazione dell'impianto esistente. Nel 1993 i tre amministratori dei condomini concordavano di negare distacchi unilaterali intimando a chi si era già distaccato di riprendere a pagare interamente le quote per le spese del riscaldamento centralizzato. Seguono circa sette anni in cui tale intimazione non riceve seguito nei confronti degli attori , finché nel 2000, con la delibera impugnata, l'assemblea del Supercondominio decideva di non agire per il saldo delle spese pregresse, ma si determinava a non tollerare più in futuro esenzioni da parte dei condomini nel frattempo distaccatisi. In primo e in secondo grado le domande attoree venivano rigettate. Su ricorso in cassazione di N., Cass. 8727/2014 annullava la sentenza di appello sotto il profilo dell'omesso rilievo del litisconsorzio necessario processuale in relazione ad T.A.G. che non aveva partecipato al giudizio di appello, mentre dichiarava assorbito il secondo motivo di ricorso con il quale N. denunciava la violazione dell'articolo 1123 comma 2 e 3 c.c. Riassunto il processo in sede di rinvio, la Corte di appello rigettava l'appello e confermava di nuovo la pronuncia di primo grado di rigetto dell'impugnazione della delibera condominiale. Ricorre in cassazione N. con tre motivi, illustrati da memoria. Resiste il Supercondominio con controricorso. Ragioni della decisione 1. - In seguito alla l. numero 220 del 2012, il tema al centro del presente ricorso il distacco di singoli condomini dall'impianto centralizzato di riscaldamento riceve una distinta disciplina nell'articolo 1118 comma 4 c.c., che però non si applica ratione temporis alla presente controversia, in quanto instaurata anteriormente. 2. - Con il primo motivo si denuncia che il Supercondominio abbia errato nel ripartire le spese del riscaldamento centralizzato, che serve i singoli condomini in maniera diversa, cosicché le spese sono da ripartire in proporzione dell'uso che ciascun condomino può farne si denuncia violazione dell'articolo 1123 comma 2 e 3 c.c. . Inoltre, si censura che, al fine di rinunziare all'uso del riscaldamento centralizzato e di usufruire di un corrispondente sgravio di spese, il ricorrente sia stato gravato dell'onere di provare - attraverso informazione preventiva corredata da documentazione tecnica - che dal suo distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato non derivino notevoli squilibri o aggravi di spesa per gli altri condomini. Infatti, il criterio legale di ripartizione delle spese si fonda sul beneficio che dalle cose comuni può derivare ad ogni condomino, quando esse sono destinate a servire in maniera diversa, ossia è basato sulla proporzione dell'uso che ciascuno è posto in grado di fare. Ciò al fine di evitare l'indebito arricchimento dei condomini che beneficiano della cosa comune e vedano poi le spese ripartite anche a carico dei condomini che non ne possano usufruire. Nel caso di specie, è da tenere conto che il ricorrente, abitante all'ultimo piano dell'edificio, non poteva più usare il servizio di riscaldamento centralizzato a causa della corrosione delle diramazioni terminali. Infine, si censura che la Corte di appello, pur accertando che è possibile un'opera di risanamento, non abbia rilevato la mancata previsione nella delibera impugnata di un intervento di riparazione del servizio di riscaldamento, affinché tutti i condomini potessero trarne identicamente beneficio. Il primo motivo è inammissibile. Esso non coglie la ratio decidendi, che è fondamentalmente la seguente l'obbligo del condomino di contribuire alle spese necessarie non solo alla conservazione, ma anche al godimento delle parti comuni dell'edificio, alla prestazione dei servizi nell'interesse comune e alle innovazioni deliberate dalla maggioranza trova la sua fonte nella comproprietà delle parti comuni dell'edificio articolo 1123 comma 1 c.c. . Ne segue che la semplice circostanza che l'impianto centralizzato di riscaldamento non eroghi sufficiente calore non può giustificare un esonero dal contributo, neanche per le sole spese di esercizio, poiché il condomino non è titolare di una pretesa a una prestazione sinallagmatica nei confronti del condominio e quindi non può sottrarsi dal contribuire alle spese allegando la mancata o insufficiente erogazione del servizio cfr. per tutte Cass. SU 10492/1996, richiamata espressamente dalla sentenza, p. 14 , essendo ben altri gli strumenti che l'ordinamento mette a disposizione per reagire all'inerzia manutentiva del condominio in questo senso, cfr. anche le osservazioni del P.M. . A ciò si aggiunge che nel caso di specie la prova orale non ha confermato la situazione d'irreversibile degrado che a dire del N. l'aveva indotto a distaccarsi dall'impianto centralizzato. Invero nella comunicazione del 22/06/1991 egli ha denunciato solo la difettosità degli sfiatatoi dell'impianto. Le testimonianze hanno fatto riferimento esclusivamente a fenomeni di corrosione e ruggine, ma non emerge affatto che fosse impossibile un'agevole opera di risanamento p. 14 . Inoltre, prosegue la Corte, non vi è prova di insufficienza del potere di riscaldamento. Viceversa, i passi della sentenza aggrediti dal ricorrente costituiscono mere argomentazioni di rincalzo che indubbiamente avrebbero trovato una collocazione migliore alla fine della motivazione . In conclusione, il primo motivo è inammissibile. 3. - Con il secondo motivo si denuncia che la Corte di appello abbia errato nell'interpretare l'accordo intervenuto di fatto tra le parti sul distacco dal riscaldamento centralizzato dopo le deliberazioni dei singoli condomìni e la mancata realizzazione degli interventi di manutenzione sulle diramazioni terminali si deduce violazione degli articolo 1322,1362,1366 c.c. . Si censura che la controversia sia stata inquadrata invece nell'ambito della disciplina ex l. 10-1991 sul risparmio energetico e le fonti rinnovabili concernente le maggioranze assembleari necessarie per l'installazione degli impianti unifamiliari, omettendo di rilevare che i condomini avevano tollerato per sette anni il mancato pagamento da parte degli attori delle spese relative all'uso del riscaldamento centralizzato per poi asserire contraddittoriamente che non avevano avuto consapevolezza dell'intervenuta adozione di criteri diversi. Si era così perfezionato per fatti concludenti un accordo di scambio tra il mancato intervento di manutenzione e il mancato risarcimento dei danni all'appartamento, da un lato, e, dall'altro lato, la concessione del distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato ne sarebbe un indizio anche il termine revoca impiegato nella delibera impugnata . Il secondo motivo è infondato. La Corte di appello ben richiede l'unanimità dei consensi per l'accordo derogatorio delle regole legislative di ripartizione delle spese e ben invoca a tale proposito Cass. 7884/1991. Secondo tale pronuncia, la disciplina della ripartizione delle spese condominiali può essere modificata da una nuova convenzione, la quale richiede il consenso di tutti i condomini, che può essere espresso anche per facta concludentia, consistenti in un comportamento dal quale possa inequivocabilmente desumersi, alla stregua del senso comune, una volontà determinata, indirizzata ad uno specifico contenuto. Assume in questo contesto un carattere persuasivo anche il caso di specie sotteso a Cass. 7884/1991. Si trattava di un'applicazione di mutati criteri di ripartizione delle spese condominiali, distesasi lungo un arco di tempo pluriennale, in cui non si è ravvisata la consapevolezza del mutamento dei criteri e delle relative tabelle millesimali, cosicché si è esclusa la formazione di un nuovo accordo per fatti concludenti. A completamento dell'argomentazione, la Corte di appello di Bari osserva che le delibere programmatiche relative alla cessazione del riscaldamento centralizzato non costituiscono prova della consapevolezza da parte dei condomini del distacco dal riscaldamento centralizzato operato da N. nè indice inequivoco della loro volontà di mutare la ripartizione delle spese di gestione. In conclusione, essendo la statuizione della Corte territoriale conforme a diritto, il secondo motivo è rigettato. 4. - Con il terzo motivo si denuncia che la Corte di appello abbia violato l'articolo 1136 c.c., sul quorum per la validità delle deliberazioni, con riferimento alla decisione adottata nel 1993 dagli amministratori responsabili dei tre plessi condominiali di negare distacchi unilaterali e di riservarsi di agire nei confronti di chi si era già distaccato. Anche questo motivo è infondato. Il ricorrente mostra di fraintendere un passo di Cass. 8727/2014, poiché attribuisce alla predetta pronuncia di cassazione con rinvio già intervenuta nel presente giudizio una statuizione di erroneità del mancato rilievo dell'accordo per fatti concludenti tra N. e il Condominio, laddove invece la Corte aveva semplicemente riferito un'affermazione del ricorrente nell'esporre il secondo motivo di ricorso poi assorbito . Dal chiarimento dell'equivoco segue che le indicazioni di Cass. 8727/2014 non sono state affatto disattese dalla Corte di appello. Inoltre e infine, la decisione adottata nel 1993 dai responsabili dei plessi condominiali è semplicemente esecutiva della delibera del 1992 con cui il Supercondominio si era determinato a continuare a usare l'impianto di riscaldamento centralizzato. Fuori luogo è l'invocazione della necessità di una delibera condominiale. In conclusione, il terzo motivo è rigettato e, con esso, è rigettato il ricorso nel suo complesso. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. Inoltre, ai sensi D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un'ulteriore somma pari al contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell'articolo 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio in favore del controricorrente, che liquida in Euro 4.000, oltre a Euro 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi e agli accessori di legge. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera del ricorrente, di un'ulteriore somma pari al contributo unificato previsto per il ricorso, se dovuto.