Furto nel supermercato: il direttore può proporre querela

Il possesso tutelato dalla norma che punisce il furto ha una accezione più ampia di quella civilistica, includendo non solo il possesso animo domini ma qualsiasi rapporto di fatto con la cosa esercitato in modo autonomo ed indipendentemente dalla titolarità del bene quale espressione di un legittimo ius possessionis.

La Corte d'Appello de L'Aquila, in riforma della sentenza di prime cure, riduceva la pena inflitta ad un imputato per il reato di furto in un supermercato avendo escluso l'incidenza della contestata recidiva. La difesa ha proposto ricorso in Cassazione invocando l'impossibilità di configurare come consumato il reato non essendovi stata una valutazione unitaria delle prove e perché il provento è rimasto sotto la costante osservazione del sistema di videosorveglianza e del direttore del punto vendita. Viene inoltre lamentata la carenza di legittimazione a proporre querela in capo al responsabile dell'esercizio commerciale. Il ricorso non trova accoglimento. La Corte territoriale ha infatti correttamente applicato i principi giurisprudenziali in tema di furto. In particolare, le Sezioni Unite con la sentenza numero 40354/2013 hanno chiarito che il bene giuridico protetto dal reato di furto «non è costituito solo dalla proprietà e dai diritti reali e personali di godimento, ma anche dal possesso, inteso nella peculiare accezione propria della fattispecie, costituito da una detenzione qualificata, cioè da una autonoma relazione di fatto con la cosa, che implica il potere di utilizzarla, gestirla o disporne. Tale relazione di fatto con il bene non ne richiede necessariamente la diretta, fisica disponibilità e si può configurare anche in assenza di un titolo giuridico, nonché quando si costituisce in modo clandestino o illecito». La conseguenza è che, in caso di furto in un esercizio commerciale, la persona offesa legittimata alla proposizione della querela è anche il responsabile dell'esercizio stesso. In sostanza, come parimenti affermato dalla giurisprudenza Cass. penumero sez. VI numero 1037/2012 , «il possesso tutelabile in sede penale ha una accezione più ampia di quella civilistica, includendo non solo il possesso animo domini ma qualsiasi rapporto di fatto con la cosa esercitato in modo autonomo ed indipendentemente dalla titolarità del bene quale espressione di un legittimo ius possessionis». Il motivo relativo alla mancata valutazione unitaria della prova si rivela privo di specificità, così come quello relativo alla mancata consumazione del reato, posto che il ricorrente si è rifiutato di restituire il bene. In conclusione, la Corte non può che rigettare il ricorso.

Presidente Piccialli – Relatore Dawan Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di L'Aquila, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Vasto, esclusa l'incidenza della contestata recidiva, ha ridotto la pena inflitta a D.C.F. per il reato di cui all'articolo 624 c.p 2. Avverso la prefata sentenza ricorre l'imputato, a mezzo del difensore, che solleva i seguenti motivi 2.1. Inosservanza di legge processuale per mancata pronuncia di una sentenza di non doversi procedere per difetto di querela, rilevandosi una presunta carenza di legittimazione a presentare querela in capo al responsabile dell'esercizio commerciale. 2.2. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione al giudizio di responsabilità per il reato di furto consumato, per non esservi stata una valutazione unitaria della prova. 2.3. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione per avere configurato il reato come furto consumato, anziché tentato il prevenuto è rimasto sotto la costante osservazione del sistema di videosorveglianza e del direttore del punto vendita nè risulta che il bene trafugato sia stato in alcun modo occultato. 2.4. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla richiesta di applicazione nella causa di non punibilità di cui all'articolo 131-bis c.p., attesa la qualificazione del fatto reato quale furto tentato. 2.5. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alle attenuanti generiche ex articolo 62 numero 4 e 62-bis c.p 3. In data 13/02/2023, sono pervenute, a sostegno del ricorso proposto, conclusioni scritte dell'avv. Sandro Stivaletta. 4. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato. 2. Il primo motivo è manifestamente infondato, avendo fatto la Corte territoriale corretta applicazione dei principi stabiliti sul punto dalla giurisprudenza di legittimità. Investite della questione, già le Sezioni Unite sent. numero 40354 del 18/07/2013, Sciuscio hanno stabilito che Il bene giuridico protetto dal reato di furto è costituito non solo dalla proprietà e dai diritti reali e personali di godimento, ma anche dal possesso, inteso nella peculiare accezione propria della fattispecie, costituito da una detenzione qualificata, cioè da una autonoma relazione di fatto con la cosa, che implica il potere di utilizzarla, gestirla o disporne. Tale relazione di fatto con il bene non ne richiede necessariamente la diretta, fisica disponibilità e si può configurare anche in assenza di un titolo giuridico, nonché quando si costituisce in modo clandestino o illecito. Ne discende che, in caso di furto di una cosa esistente in un esercizio commerciale, persona offesa legittimata alla proposizione della querela è anche il responsabile dell'esercizio stesso, quando abbia l'autonomo potere di custodire, gestire, alienare la merce . Su tali principi si è assestata la giurisprudenza di legittimità Sez. 5, numero 3736 del 04/12/2018, dep. 2019, Lafleur Nadia, Rv. 275342 - 01 Ai fini della procedibilità di un furto commesso all'interno di un supermercato, il responsabile della sicurezza dell'esercizio commerciale è legittimato a proporre querela, anche quando non sia munito dei poteri di rappresentanza del proprietario, in quanto titolare della detenzione qualificata della cosa in custodia, che è compresa nel bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice. Nello stesso senso, Sez. 5, numero 11968 del 30/01/2018, Piricò, Rv. 272696 - 01 . In sostanza, il possesso tutelabile in sede penale ha una accezione più ampia di quella civilistica, includendo non solo il possesso animo domini ma qualsiasi rapporto di fatto con la cosa esercitato in modo autonomo ed indipendente dalla titolarità del bene quale espressione di un legittimo ius possessionis, di guisa che il responsabile di un esercizio commerciale, pur sprovvisto di poteri di rappresentanza o institori del proprietario dei beni posti in vendita, ha legittimazione alla proposizione della querela per i fatti di furto della merce detenuta ed esposta al pubblico così, Sez. 6 numero 1037 del 15/06/2012, dep. 2013, Vignoli, Rv. 253888 -01 . Il secondo motivo si appalesa del tutto aspecifico, perché si limita ad enunciare, in termini generici e meramente contestativi, una mancata valutazione unitaria della prova, rispetto al valore probatorio riconosciuto alle immagini del sistema di videosorveglianza che riprendono l'imputato aggirarsi tra gli scaffali del supermercato , considerate congiuntamente al dato testimoniale del direttore del punto vendita, il quale ha riferito di avere invitato l'imputato a rientrare nel supermercato dopo che, al suo passaggio, si era attivato il segnale della barre antitaccheggio, ma che questi era fuggito, inseguito dal direttore, tenendo in mano il profumo che poi gettava in mezzo ad una siepe. Con argomentazione non manifestamente illogica, la sentenza impugnata ha, pertanto, concluso attribuendo il fatto all'odierno ricorrente. Alla medesima stregua, ha anche ritenuto che il fatto debba qualificarsi in termini di furto consumato, non avendo il D.C. restituito il bene. Il ricorrente, peraltro, prende le mosse da un presupposto fattuale avulso dalle risultanze probatorie, ovvero che i dipendenti del supermercato abbiano mantenuto un costante controllo sulla condotta furtiva mediante il sistema di videosorveglianza, il che non è avvenuto. La commissione del furto, infatti, è stata rilevata solo dopo che l'imputato ha superato le casse del supermercato, attivando così il sistema di protezione dei beni. E, comunque, quand'anche si volesse ritenere che i sorveglianti abbiano mantenuto un effettivo controllo sul prevenuto per tutta la durata della condotta, ciò non inciderebbe in ogni caso sulla struttura della fattispecie, da qualificarsi sempre come furto consumato. Integra, invero, il reato di furto consumato e non tentato la condotta di colui che si impossessi, superando la barriera delle casse, di merce prelevata dai banchi sottraendola al pagamento, a nulla rilevando che il fatto sia avvenuto sotto il costante controllo del personale del supermercato incaricato della sorveglianza Sez. 4, numero 7062 del 09/01/2014, Bergantino, Rv. 259263 - 01 . La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi che individuano il momento di consumazione del delitto di furto, in quanto il criterio distintivo tra consumazione e tentativo risiede nella circostanza che l'imputato consegua, anche se per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva Sez. 5, numero 26749 del 11/04/2016, Ouerghi, Rv. 267266 - 01 . Ai fini della configurazione dell'autonoma disponibilità della cosa, che segna il momento acquisitivo a cui l'impossessamento è funzionale, non rileva il dato temporale ex se, essendo sufficiente che l'agente abbia conseguito, anche solo momentaneamente, l'esclusiva signoria di fatto sul bene, assumendo, invece, decisivo rilievo la effettiva concretizzazione del rischio di definitiva dispersione, pur se questa non si sia, di fatto, realizzata per l'intervento di fattori causali successivi ed autonomi. Ai fini della configurabilità del tentativo, occorre che il complesso delle cautele adottate dal soggetto passivo del reato consenta un contestuale intervento impeditivo che, di fatto, precluda all'agente l'esercizio di autonomi poteri dispositivi sulla cosa, escludendo ex ante il pericolo di definitiva dispersione del bene sottratto. In sostanza, il criterio distintivo tra consumazione e tentativo risiede nella circostanza che l'imputato consegua, anche se per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, Nel caso in esame, correttamente i Giudici di merito hanno ritenuto configurata la concreta fattispecie nella forma consumata, posto che il D.C. è stato colto nella condotta delittuosa solo dopo il superamento della casse, arrivando finanche a fuggire ed acquisire una disponibilità - seppure per breve tempo - autonoma e immediata della refurtiva, da lui gettata al solo fine di evitare l'accertamento di un fatto già consumato. Quanto poi alla vigilanza mantenuta mediante il dispositivo dell'antitaccheggio, è noto come tale placca consenta una mera rilevazione acustica della merce occultata al passaggio alle casse, ma non il controllo a distanza e diretto sul bene ex multis, Sez. 5 numero 4036 del 26/11/2015, dep. 2016, Craciun, Rv. 267564 -01 Sez. 5, numero 6168 del 16/10/2015, PM in proc. Altobelli, Rv. 266071 -01 . Immune dalle sollevate censure si rivela poi il diniego, espresso dalla Corte di merito, sulla causa di non punibilità di cui all'articolo 131-bis c.p. Premesso che le determinazioni del giudice di merito in ordine alla configurabilità della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto sono insindacabili in Cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esente da vizi logico-giuridici ed idonea a dar conto delle ragioni del decisum, si osserva che, nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata è senz'altro da ritenersi adeguata, avendo la Corte territoriale affermato che non può ritenersi di particolare tenuità un furto commesso avvalendosi della presenza di un soggetto minore che si vede nelle immagini di videosorveglianza . La doglianza sulle circostanze generiche e su quella dell'articolo 62, numero 4, c.p. quest'ultima, peraltro, già riconosciuta in primo grado - si appalesa confusa e del tutto generica, non idonea a scalfire l'assunto della Corte territoriale che ha implicitamente valorizzato, quanto al diniego delle attenuanti generiche, la mancanza di elementi di significato positivo tale da renderne meritevole il ricorrente. 3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.