CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III SENTENZA DEL 20 FEBBRAIO 2023, numero 1700 PATTO INTEGRITÀ – VIOLAZIONI – MISURE SELF-CLEANING. La violazione del patto d'integrità non può privare l'operatore economico della possibilità di usufruire delle misure riparatorie o di self-cleaning. Il patto di integrità nella fase non dell'esecuzione, ma della scelta del contraente ha inevitabilmente il significato normativo non di porre nuovi o diversi obblighi, ma di rafforzare convenzionalmente quelli discendenti dalla normativa primaria e secondaria e dalla legge di gara. Gli obblighi posti da tale patto rappresentano un' anticipazione della soglia di tutela al pericolo di lesione ma pur sempre secondo i generali canoni dell'agire pubblico e alla disciplina dei contratti pubblici , sicché l'accertamento delle violazioni che ledano il patto presuppone comunque l'afferenza delle medesime alla gara de quo e l'esigenza che l'operatore economico non resti privo della possibilità, correlata al rispetto dei principi di proporzionalità e non discriminazione, di usufruire, anche nell'interesse della Stazione Appaltante, di quelle misure riparatorie o di self-cleaning, di cui al paragrafo sesto dell'articolo 57 della direttiva 2014/24/UE. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI SENTENZA DEL 20 FEBBRAIO 2023, numero 1703 PROCESSO – ATTO AMMINISTRATIVO – MOTIVAZIONE – INTEGRAZIONE – LIMITI. La motivazione dell'atto amministrativo è ammissibile nel corso del processo solo entro determinati limiti. Nel processo amministrativo l'integrazione in sede giudiziale della motivazione dell'atto amministrativo è ammissibile soltanto se effettuata mediante gli atti del procedimento, nella misura in cui i documenti dell'istruttoria offrano elementi sufficienti ed univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni della determinazione assunta, oppure attraverso l'emanazione di un autonomo provvedimento di convalida. Deve ritenersi, invece, inammissibile un'integrazione postuma effettuata in sede di giudizio, mediante atti processuali, o comunque scritti difensivi. Cons. St., Sez. III, numero 10448/2022. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. II SENTENZA DEL 20 FEBBRAIO 2023, numero 1722 PROVVEDIMENTO – ILLEGITTIMITÀ – DANNO – COLPEVOLEZZA P.A. In sede di risarcimento del danno da provvedimento illegittimo, il privato può limitarsi a ad invocare l'illegittimità quale indice presuntivo della colpa, restando a carico dell'Amministrazione l'onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile. L'esistenza di un danno e la riferibilità dello stesso sul piano eziologico all'agire illegittimo dell'Amministrazione non sono elementi sufficienti a configurare la responsabilità aquiliana essendo, altresì, necessario che venga accertata la sussistenza dell'elemento soggettivo. L'illegittimità dell'atto costituisce, infatti, solo uno degli indici presuntivi della colpevolezza dell'Amministrazione, da considerare unitamente ad altri, quali il grado di chiarezza della normativa applicabile, la semplicità degli elementi di fatto, il carattere vincolato della statuizione amministrativa, l'ambito più o meno ampio della discrezionalità dell'amministrazione. La colpa della P.A. può, dunque, essere individuata nella violazione dei canoni di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, ovvero in negligenza, omissioni o errori interpretativi di norme, ritenuti non scusabili, in ragione dell'interesse giuridicamente protetto di colui che con essa instaura un rapporto. Ciò premesso, Il privato danneggiato può limitarsi ad invocare detta illegittimità quale indice presuntivo della colpa, restando a carico dell'Amministrazione l'onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile o dalla complessità dei fatti, ovvero ancora dal comportamento delle parti del procedimento. Cons. St., Sez. III, numero 1500/2019 Cons. St., Sez. V, numero 5415/2019 Cons. St., Sez. IV, numero 5907/2019 Cons. St., Sez. III, numero 5228/2018. TAR ROMA, SEZ. IV SENTENZA DEL 16 FEBBRAIO 2023, numero 2791 GARA – CONTRATTO – REVISIONE PREZZI – GIURISDIZIONE. Sussiste la giurisdizione del g.a. solo qualora il contenuto della clausola di revisione dei prezzi implichi la permanenza di una posizione di potere in capo alla P.A. Sebbene vi sia un orientamento della giurisprudenza amministrativa che riconduce alla giurisdizione esclusiva del g.a. le controversie in materie revisione del prezzo, sia che la contestazione riguardi la spettanza della stessa, sia che afferisca alla determinazione dell'esatto suo importo come quantificato dal concreto provvedimento applicativo Cons. St., numero 2157/2022 T.A.R. Milano, numero 117/2022 , tuttavia, siffatto orientamento va correttamente riferito alle sole ipotesi in cui vi sia una spendita di potere pubblico. Ne consegue la spettanza alla giurisdizione del g.o. delle controversie in tema di revisione dei prezzi nel caso in cui sia in contestazione esclusivamente l'espletamento di una prestazione già puntualmente prevista nel contratto e disciplinata in ordine all'an ed al quantum del corrispettivo, giacché in tale evenienza la controversia incardinata dall'appaltatore, ai fini della percezione del compenso revisionale, ha ad oggetto una mera pretesa di adempimento contrattuale e, quindi, comporta l'accertamento dell'esistenza di un diritto soggettivo, che ricade nell'ambito della giurisdizione ordinaria. La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, invece, sussisterà qualora il contenuto della clausola implichi la permanenza di una posizione di potere in capo alla P.A. committente, attribuendo a quest'ultima uno spettro di valutazione discrezionale nel disporre la revisione. Cons. St., Sez. III, numero 2157/2022 T.A.R. Milano, Sez. IV, numero 1380/2022 Cass. S.U. numero 3935/2022 Cass., S. U., numero 21990/2020 Cass., S. U., numero 3160/2019. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V SENTENZA DEL 15 FEBBRAIO 2023, numero 1607 GARA – CLAUSOLE – PARTECIPAZIONE – IMPUGNAZIONE. Ai fini dell'impugnazione rileva soltanto la natura oggettivamente escludente della clausola impugnata e non anche i motivi soggettivi inerenti l'organizzazione del concorrente. Sono immediatamente escludenti, e legittimano alla impugnativa anche l'operatore economico che non abbia partecipato alla gara, non solo le clausole del bando che attengono ai requisiti di partecipazione, ma anche, in un'accezione più ampia le fattispecie di a clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale b regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile c disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell'offerta d condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente e clausole impositive di obblighi contra ius. Non valgono ad elidere la natura escludente delle clausole impugnate i motivi meramente soggettivi, afferenti alla sfera organizzativa ed imprenditoriale del concorrente, per cui quest'ultimo non si è dotato del requisito di partecipazione richiesto. Rileva, infatti, la natura oggettivamente escludente delle prescrizioni impugnate, da valutare in ragione dei contenuti e degli effetti che le clausole producono sul piano della partecipazione alla gara.