Medico sportivo condannato per il decesso del ciclista per infarto

Confermata la condanna per omicidio colposo a carico di un medico sportivo che aveva rilasciato il certificato di idoneità sportiva agonistica nonostante le anomalie cardiache riscontrate nel paziente, il quale è poi deceduto durante un allenamento.

La Corte d'appello di Bologna confermava la condanna di primo grado di un medico sportivo per omicidio colposo perché aveva rilasciato il certificato di idoneità sportiva agonistica ad un paziente nonostante le anomalie cardiache riscontrate durante le visite specialistiche e le ecg. Il medico aveva inoltre omesso di informare il ragazzo delle evidenti alterazioni patologiche in modo da consentirgli di usare le necessarie cautele e di svolgere ulteriori approfondimenti diagnostici. Il ragazzo era deceduto durante un allenamento ciclistico per arresto cardiaco acuto. La difesa ha proposto ricorso per cassazione sostenendo l'insussistenza del nesso causale. Il ricorso non risulta ammissibile. Sul tema del nesso causale tra la condotta omissiva colposa e il decesso, la Corte ha affermato che «l'impiego esigibile della media diligenza e perizia medica avrebbe dovuto comportare, non già la superficiale diagnosi che aveva dato luogo al rilascio del certificato di idoneità sportiva, bensì l'effettuazione di esami maggiormente approfonditi che avrebbero evitato, con ampio margine di probabilità, la morte del predetto, la quale invece, avveniva improvvisamente durante la rischiosa attività fisica espletata». In altri termini, i giudici hanno accertato che la morte improvvisa del paziente poteva e doveva essere scongiurata mediante un diligente ed oculato comportamento professionale del ricorrente «per cui, quello diverso da lui tenuto, nel caso concreto, si palesava, sotto il duplice profilo della negligenza e dell'imperizia, colposo ed eziologicamente incisivo sul determinismo dell'evento mortale, avendo consentito l'automatica ammissione del soggetto all'attività sportiva, incompatibile con la sua situazione clinica ed essendo, di contro, razionalmente altamente credibile che la sua morte sarebbe stata evitata, se non avesse svolto l'allenamento ciclistico». Da qui, l'inammissibilità del ricorso.

Presidente Ferranti – Relatore Esposito Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Reggio Emilia del 4 giugno 2020, con cui L.E. era stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi otto di reclusione in relazione al reato di cui all'articolo 589 c.p., perché, in qualità di medico Specialista in Medicina dello Sport presso il Poliambulatorio omissis , con condotta professionale imprudente, imperita e negligente, non conforme ai canoni della migliore scienza medica, rilasciando certificato di idoneità sportiva agonistica con validità annuale a S.E. il omissis , nonostante l'ecg al massimo sforzo e in fase di recupero eseguito in pari data mostrasse reperti ampiamente significativi di ischemia miocardica infero-laterale e quindi fosse positivo per ischemia miocardica inducibile e il omissis , nonostante l'ecg eseguito in pari data mostrasse la comparsa di inversione dell'onda T in AVL, V1 e V2 e quindi un cambiamento peggiorativo nel corso dell'ultimo anno e l'ecg nella fase di recupero evidenziasse una serie di extrasistoli ventricolari di almeno due diverse morfologie con una tripletta e un sottolivellamento discendente significativo del tratto ST in D2, D3, A VF, V5, V6 e in DI AVL esami strumentali caratterizzati da aritmie ventricolari complesse e a fronte dei quali, il Dott. L. non avrebbe dovuto rilasciare l'idoneità allo sport agonistico nè nel 2012 nè nel 2013 , omettendo di informare il S. delle evidenti alterazioni patologiche sopra descritte in modo da consentirgli di usare le necessarie cautele e di svolgere ulteriori approfondimenti diagnostici, cagionava la morte del S. , che decedeva nel corso di un allenamento ciclistico per arresto cardiaco acuto da verosimile recidiva d'infarto in soggetto con esiti di pregresso infarto del miocardio antero-settale in sede sub-endocardiaca, cardiomiopatia ipertrofico-dilatativa e coro-naropatia in omissis il omissis . 2. Il Tribunale di Reggio Emilia ha ricostruito la vicenda criminosa nei termini seguenti 1 Il omissis , il S. si recava presso il Poliambulatorio omissis ' di omissis , al fine di effettuare una visita medico-sportiva, finalizzata al rilascio di un certificato di idoneità sportiva agonistica il Dott. L. , medico specialista, sottoponeva il S. ad un ecg da sforzo e rilasciava certificazione di idoneità alla pratica agonistica del ciclismo. 2 Il omissis , il L. visitava nuovamente il S. , previa esecuzione dell'ecg da sforzo ritenuto nella norma, certificando nuovamente al paziente l'idoneità alla pratica agonistica del ciclismo, richiedendo, tuttavia, di effettuare un ecocardiogramma per extrasistolia in fase di recupero . 3 Il S. si recava dal proprio medico di base Dott. M.A. , per ottenere la prescrizione medica di tale esame, poi eseguito il omissis , con diagnosi dilatazione biventricolare. IM ed IP lievi. . 4 omissis , il S. si recava nuovamente dal medico di base, segnalando che da tempo avvertiva affaticamento in occasione dello svolgimento di attività fisiche circostanza riferita anche ai familiari il medico di base, pertanto, gli prescriveva di sottoporsi ad un ECG da sforzo, che la persona offesa prenotava per il omissis . 5 L' omissis , il S. , dopo 30 minuti del consueto allenamento ciclistico, si accasciava sul ciglio della strada e poco dopo ne era constatato il decesso. 6 L'autopsia evidenziava che la morte era dovuta ad arresto cardiaco acuto da verosimile recidiva d'infarto in soggetto con esiti di pre-gresso infarto del miocardio antero-settale in sede subendocardica, cardiomiopatia ipertrofico-dilatativa e coronaropatia . Il giudice di primo grado, condividendo le considerazioni svolte dai periti Dott. P. e Dott. B. nominati in sede di incidente probatorio, riteneva la morte del S. causata dalla condotta colposa del L. . 3. La Corte di appello ha condiviso integralmente le argomentazioni del Tribunale. Secondo la Corte bolognese, la perizia d'ufficio del Dott. B.P. e del Dott. P.S. e le dichiarazioni rese dal consulente tecnico della difesa Dott.ssa D.C. dinanzi al Tribunale non lasciavano dubbi in ordine ai profili di colpa addebitabili all'imputato in occasione delle visite mediche e degli accertamenti prodromici al rilascio del certificato di idoneità agonistica nonché al nesso causale tra tale comportamento colposo e il decesso della vittima. La Corte territoriale ha rilevato quanto segue 1 L'analisi del tracciato l'ecg al massimo sforzo del omissis mostrava segni ampiamente significativi di ischemia miocardica infero-laterale e, pertanto, doveva essere considerata positiva per ischemia miocardica inducibile, per cui il medico non avrebbe dovuto rilasciare il certificato di idoneità agonistica. 2 L'ecg di base del omissis raffrontato con quello dell'anno precedente mostrava segni di peggioramento l'ecg a culmine dello sforzo risultava non leggibile il primo ecg eseguito nella fase di recupero evidenziava segni significativi del permanere della patologia suindicata, che avrebbero dovuto indurre il medico a non rilasciare il predetto certificato. 3 Le indagini effettuate dall'imputato sono abitualmente effettuate dai medici dello sport non si ravvisano, nell'interpretazione degli esami svolti, particolari difficoltà interpretative e la competenza e l'attenzione richieste per una corretta analisi dei dati acquisiti dall'imputato erano esigibili dall'imputato, specializzato in medicina dello sport ed esercente la professione da diversi anni. La tesi difensiva, secondo cui la presenza di alterazioni primarie e secondarie nel tracciato ecografico non apparirebbe inequivocabilmente evocativa di una cardiopatia ischemica, con conseguente assenza di ogni profilo di colpa dell'imputato - in mancanza di allegazioni di studi scientifici idonei a dimostrare l'assunto - non scalfisce il valore probatorio della relazione peritale e delle conformi dichiarazioni rese dal consulente di parte civile sulla suindicata e condivisa lettura degli esami effettuati dal medico nelle occasioni di rilascio delle certificazioni di idoneità allo sport agonistico. Il medico non aveva rilevato le patologie, dalle quali era affetto il S. e non si era astenuto dal rilasciare nelle due citate occasioni il certificato di idoneità all'attività sportiva agonistica. La tesi sostenuta dai periti e dal consulente di parte civile non poteva ritenersi inficiata dai rilievi dei consulenti di difesa, che evidenziavano la presenza di esiti di un pregresso infarto, riscontrati in sede di autopsia, dei quali il S. non si era avveduto, riferibili, secondo l'assunto difensivo, ad un periodo successivo a quello della visita del medico dello sport. La possibilità di ricercare la fonte delle aritmie maligne nella zona limitrofa al tessuto necrotico circostanza affermata anche dai periti di ufficio nominati dal G.I.P. non escludeva il nesso causale intercorso tra la condotta dell'imputato e le cause della morte. Peraltro, detto precedente infarto poteva essere collegato alla mancata diagnosi da parte della patologia cardiaca presente al momento del rilascio dei certificati di idoneità alla pratica sportiva agonistica. La Corte distrettuale ha escluso la ricorrenza di un'ipotesi di morte elettrica per un fatto aritmico del S. in assenza di una documentata indicazione circa la presenza di sintomi indicativi di altra e diversa plausibile causa alternativa della morte del S. , la tesi difensiva è stata respinta. Era poi irrilevante che il decesso non fosse avvenuto nel corso di una competizione sportiva ma durante un allenamento del S. che comunque esercitava l'attività ciclistica con impegno fisico elevato . Infatti, in caso di corretta valutazione degli esiti degli esami e, in particolare, di ecg da sforzo e in fase di recupero e di esatta diagnosi della patologia, si sarebbero potuti suggerire al paziente anche tramite il proprio medico di medicina generale a una completa valutazione cardiologica e una coronarografia che avrebbero portato all'approntamento di una terapia medica b un antiaggregante piastrinico aspirina o simili c una statina per ridurre il livello ematico di colesterolo e proteggere la parete delle arterie d un beta bloccante per ridurre il consumo di ossigeno del miocardio e proteggerlo da possibili aritmie ipercinetiche da ipertono simpatico e la non sottoposizione a sforzi fisici intensi quali l'attività sportiva agonistica caratterizzata da attività motoria al di sopra della pericolosa soglia ischemica, idonea provocare discrepanza ossigenativa su una parte del muscolo cardiaco. Tali azioni avrebbero certamente evitato il decesso del S. . 4. Il L. , a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo due motivi di impugnazione. 4.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento agli articolo 426,544 e 546 c.p.p. e alla sussistenza del nesso causale e all'interruzione dello stesso per l'interazione tra il fatto del terzo e il fatto colposo del danneggiato. Si deduce che la Corte di appello non ha fornito nessuna motivazione in merito alla qualificazione del fatto materiale di reato ed all'inquadramento del giudizio sul nesso di causalità. Con l'atto di appello si impugnava la sentenza di primo grado in quanto basata sul paradigma della causalità omissiva. A fronte di tali censure sarebbe stato necessario effettuare il procedimento ex post di eliminazione mentale proprio della causalità commissiva, al fine di verificare se la condotta attiva di rilascio dei certificati di idoneità alla pratica agonistica potesse considerarsi come causa dell'evento. Solo dopo la corretta qualificazione del fatto materiale di reato e la correlazione causale tra la condotta di rilascio dei certificati di idoneità alla pratica agonistica e l'evento si sarebbe potuto stabilire se, dato per realizzato l'ulteriore comportamento asserita-mente dovuto l'omessa indicazione al S. degli approfondimenti diagnostici necessari al rilascio del certificato di idoneità alla pratica agonistica del ciclismo , l'evento lesivo sarebbe stato impedito con grado di probabilità elevato, vicino alla certezza. L'interazione tra il fatto del terzo il Dott. M. ed il fatto colposo del danneggiato il S. , il quale aveva interrotto il follow up avviato dal L. con la prescrizione di un ecocardiogramma per extrasistolia in fase di recupero e, con esso, anche l'opportunità dell'adozione di una terapia medica aveva interrotto il nesso di causalità tra il comportamento contestato al L. e l'evento lesivo verificatosi. 4.2. Violazione dell'articolo 40 c.p. e vizio di motivazione in relazione alla qualificazione materiale del reato ed alla sussistenza del nesso causale tra la condotta contestata all'imputato e l'evento. Si rileva che la Corte bolognese ha erroneamente posto alla base della sentenza impugnata, il solo cd. giudizio controfattuale predittivo proprio della causalità omissiva. Il L. aveva rilasciato al S. i certificati di idoneità alla pratica sportiva agonistica sulla base delle risultanze dei tracciati dell'ecg. L'omessa indicazione al S. degli approfondimenti diagnostici necessari al rilascio del certificato di idoneità alla pratica agonistica era la logica conseguenza dell'interpretazione del L. in ordine agli esami effettuati sul S. e alla ritenuta idoneità dello stesso allo svolgimento dell'attività sportiva. Occorreva previamente effettuare il procedimento ex post di eliminazione mentale tipico della causalità commissiva, al fine di verificare se la condotta attiva di rilascio dei certificati di idoneità alla pratica agonistica potesse considerarsi come causa della morte. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. In ordine ad entrambi i motivi di ricorso, da trattare congiuntamente per ragioni di ordine logico, va osservato che la Corte territoriale ha puntualmente indicato, nella sentenza impugnata, tutti gli elementi att a dimostrare come la morte del ciclista fosse conseguita eziologicamente alla condotta colposa del Dott. L. . I giudici di merito hanno chiaramente evidenziato che già il primo ecg del omissis si era dimostrato indicativo di un'ischemia miocardica infero-laterale con test positivo per ischemia miocardica inducibile e che il successivo ecg del omissis aveva mostrato la comparsa di inversione dell'onda T in A VL, V1 e V2 ed extrasistolie in fase di recupero, aspetti tutti indicativi di un peggioramento nel corso dell'ultimo anno. È stato correttamente sottolineato, pertanto, che, stante la presenza di elementi diagnostici indicativi con certezza di ischemia miocardica inducibile e di aritmie ventricolari complesse, il L. avrebbe dovuto astenersi dal rilasciare nel 2012 e nel 2013 il certificato di idoneità allo svolgimento di attività sportiva agonistica sulla base dei Protocolli cardiologici per il giudizio di idoneità allo sport agonistico . Si è quindi sottolineato che gli esiti degli ecg del omissis e del omissis avrebbero dovuto ingenerare nel medico il sospetto della sussistenza di una cardiopatia ischemica, per cui sarebbe stato necessario svolgere esami strumentali maggiormente specifici rispetto ad un semplice ecocardiogramma. Quanto alla sussistenza del nesso causale tra la condotta omissiva colposa e il decesso si è chiarito che, a fronte di un tracciato ECG patologico, se il medico non avesse rilasciato il certificato di idoneità alla pratica agonistica del ciclismo e avesse indirizzato il paziente ad una completa valutazione cardiologica, in modo da prevenire future aritmie l'omesso riconoscimento dell'idoneità alla pratica sportiva agonistica lo avrebbe indotto a non proseguire gli allenamenti intensi in bicicletta, idonei a provocare una discrepanza ossigenativa su una parte del muscolo scheletrico . Si è conseguentemente attribuita la morte del S. , avvenuta per arresto cardiaco improvviso nel corso di attività sportiva, alla scarsa ossigenazione di una parte del tessuto miocardico - circostanza ascrivibile all'ischemia del miocardio non diagnosticata - aggravata dal superamento di una certa soglia di sforzo fisico, che aveva innescato le aritmie ventricolari maligne. L'impiego esigibile della media diligenza e perizia medica avrebbe dovuto comportare, non già la superficiale diagnosi che aveva dato luogo al rilascio del certificato di idoneità sportiva, bensì l'effettuazione di esami maggiormente approfonditi che avrebbero evitato, con ampio margine di probabilità, la morte del predetto, la quale invece, avveniva improvvisamente durante la rischiosa attività fisica espletata. In altri termini, i giudici di merito hanno accertato che la morte improvvisa del S. poteva e doveva essere scongiurata mediante un diligente ed oculato comportamento professionale del Dott. L. , per cui, quello diverso da lui tenuto, nel caso concreto, si palesava, sotto il duplice profilo della negligenza e dell'imperizia, colposo ed eziologicamente incisivo sul determinismo dell'evento mortale, avendo consentito l'automatica ammissione del soggetto all'attività sportiva, incompatibile con la sua situazione clinica ed essendo, di contro, razionalmente altamente credibile che la sua morte sarebbe stata evitata, se non avesse svolto l'allenamento ciclistico Sez. 4, numero 38154 del 05/06/2009, R.C., Rv. 245781-2, secondo cui risponde di omicidio colposo il cardiologo, che attesti l'idoneità alla pratica sportiva agonistica di un atleta, in seguito deceduto nel corso di un incontro ufficiale di calcio a causa di una patologia cardiologia - nella specie, cardiomiopatia ipertrofica - non diagnosticata dal sanitario per l'omessa effettuazione di esami strumentali di secondo livello che, ancorché non richiesti dai protocolli medici, dovevano ritenersi necessari in presenza di anomalie del tracciato elettrocardiografico desumibili dagli esami di primo livello Sez. 4, numero 18981 del 09/03/2009, Giusti, Rv. 243993 . A fronte di tale apparato motivazionale, le obiezioni difensive non appaiono meritevoli di accoglimento. Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, non si rinvengono differenze significative in ordine ai fattori causali riportati nel capo di imputazione e quelli ritenuti nelle sentenze impugnate. Nella rubrica, infatti, si evidenzia l'aspetto finale, cioè la condotta attiva di rilascio del certificato di idoneità, elemento successivo all'omesso rilievo della patologia, aspetto il quale è implicitamente considerato dal capo di imputazione, in quanto costituisce l'antecedente logico ed imprescindibile dell'autorizzazione allo svolgimento di attività sportiva. In presenza di tracciati elettrocardiografici sospetti, l'imputato avrebbe dovuto doverosamente approfondire la verifica dell'integrità psico - fisica del paziente, per prevenire gli eventi nefasti previsti dai protocolli. Egli non poteva essere esonerato da tale obbligo soltanto perché il medico di base Dott. M. privo della specializzazione del L. aveva ricevuto informazioni sull'esito degli esami espletati. Peraltro, il ricorrente richiama altresì per relationem una serie di rilievi che avrebbe formulato nell'atto di appello, a suo dire non sarebbero stati valutati nella sentenza impugnata. Essi, però, non sono riportati nel presente ricorso, per cui non si tratta di censure proponibili in sede di legittimità. In proposito, infatti, va richiamato il costante orientamento di questa Corte, cui si ritiene di aderire, per il quale è inammissibile il ricorso per Cassazione, i cui motivi si limitino a lamentare l'omessa valutazione, da parte del giudice dell'appello, delle censure articolate con il relativo atto di gravame, rinviando genericamente ad esse, senza indicarne il contenuto, al fine di consentire l'autonoma individuazione delle questioni, che si assumono irrisolte e sulle quali si sollecita il sindacato di legittimità, dovendo l'atto di ricorso contenere la precisa prospettazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto da sottoporre a verifica Sez. 3, numero 35964 del 04/11/2014, dep. 2015, B, Rv. 264879 Sez. 2, numero 13951 del 05/02/2014, Caruso, Rv. 259704 . 2. Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e - non sussistendo ragioni di esonero - al versamento della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Egli, inoltre, va condannato al rimborso delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile S.N. che, tenuto conto della relativa complessità del presente procedimento, vanno liquidate in complessivi Euro tremila oltre I.V.A., c.p.A. e spese generali. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile S.N. che liquida in complessivi Euro 3.000,00, oltre accessori di legge.