L’ordinanza numero 13425 del 16 maggio 2023 si mostra particolarmente interessante perché chiarisce la percentuale di soddisfazione del creditore di regresso tardivamente insinuatosi in una procedura di concordato fallimentare con assuntore.
La questione dibattuta Questi i termini dell'articolata vicenda in lite. La società assuntrice del concordato fallimentare di Beta S.p.a. in amministrazione straordinaria notificava a una banca atto di precetto riportando quanto segue a che la banca era risultata soccombente nel giudizio di revocatoria fallimentare avanzato da Beta e conclusosi con sentenza di condanna della banca medesima a pagare in favore di Beta l'importo di circa euro 27.000 b che la banca era pertanto tenuta a restituire all'assuntrice del concordato di Beta, il ridetto importo detratta la somma di circa € 8.000 che costituiva credito di rivalsa ex articolo 71 l. fall., pari alla percentuale riconosciuta agli altri creditori chirografari 99,9% calcolata sul residuo non ancora soddisfatto del 29,50%, atteso che i creditori chirografari erano già stati pagati in misura del 70,50% per effettuo di tre riparti intervenuti anteriormente alla proposta di concordato fallimentare. La banca proponeva opposizione a precetto sostenendo che l'importo da dedurre al credito dell'assuntrice ammontava alla maggior somma di € 27.000 risultante dall'applicazione della percentuale concordataria del 99,9% da applicarsi sull'intero intero credito di rivalsa. Il Tribunale accoglieva l'opposizione della banca mentre la Corte distrettuale, in riforma della sentenza impugnata dall'assuntrice, la rigettava. Segnatamente, il secondo Giudice rilevava che la banca ― risultata soccombente nel giudizio di revocatoria fallimentare ― una volta restituito quanto ricevuto, avrebbe potuto insinuarsi tardivamente nel passivo della procedura di Beta per il recupero di quanto versato ex articolo 71 l. fall., partecipando però, ai sensi dell'articolo 112 l. fall., solo ai riparti successivi alla sua insinuazione. In sostanza, la banca non aveva diritto a partecipare ai tre riparti pagati ai creditori chirografari per una percentuale complessiva del 70,50% dei loro crediti bensì concorreva soltanto per la percentuale concordataria promessa dalla società assuntrice pari al 99,9% sul residuo credito del 29,50%. L'istituto di credito ricorreva, senza successo, per Cassazione. L'insinuazione tardiva del creditore di regresso nel concordato fallimentare Ad avviso della banca, per quel che qui rileva, la Corte territoriale avrebbe fornito una errata lettura dell'articolo 71 l. fall. non considerando che il suo ritardo nella richiesta di partecipazione ai riparti precedenti era dipeso dalla durata del giudizio di revocatoria fallimentare e quindi da una causa ad essa non imputabile. Sul punto, la Corte Suprema ricorda il proprio orientamento secondo cui «in tema di partecipazione al riparto dell'attivo fallimentare dei creditori tardivi, la l. fall., articolo 71, non configura una ipotesi di accertamento ex lege della non imputabilità al creditore del ritardo nella insinuazione al passivo, atteso che ciò – risolvendosi nell'assunto della specialità dei crediti concorsuali nascenti dall'esito positivo della revocatoria e, quindi, della retroattività assoluta della loro insinuazione, con effetto dirompente sull'attività di accertamento del passivo e di riparto dell'attivo - è privo di riscontro nel sistema, il quale, se non considera illecita la prestazione del fallito soggetta a revocatoria, non apprezza, però, nella posizione del convenuto soccombente in revocatoria, ragioni meritevoli di particolare tutela» cfr. Cass. numero 10578/2004 e Cass. numero 8977/2019 . Reputano i Giudici di legittimità che la questione dell'imputabilità del ritardo non rivesta rilievo dirimente ai fini del decidere poiché la banca ha fatto valere la propria pretesa non già nei confronti della procedura ma dell'assuntore quest'ultimo, però, si era impegnato a fornire la provvista per il pagamento, nella misura del 99,9% dei creditori chirografari residui pari al 29,50% del crediti e, secondo quanto insindacabilmente accertato dalla Corte territoriale, aveva promesso la medesima percentuale di pagamento 99,9% del 29,50% del credito anche ai terzi revocati garantendo loro lo stesso trattamento riservato ai creditori chirografari. Pertanto, puntualizza la Prima Sezione, la differenza tra il credito soddisfatto dal terzo nella percentuale del 99,9% sul 29,50% e la residua parte del credito, a prescindere dalla sussistenza o meno della causa di imputabilità al creditore dell'insinuazione tardiva, segue la sorte dei creditori non insinuati e anteriori all'amministrazione straordinaria di esso, quindi, ne risponde la società in amministrazione straordinaria, salvi gli effetti della esdebitazione ex art 142 l.fall. L'insegnamento della Corte Suprema Di qui, nel rigettare il ricorso dell'istituto di credito, il seguente principio di diritto «in tema di procedure concorsuali, nell'ipotesi di concordato fallimentare con assunzione nel quale il proponente si sia obbligato a pagare i creditori chirografari e gli eventuali terzi revocati in misura non superiore alla percentuale residua spettante ai creditori chirografari per effetto di pregressi piani di riparto nella specie, il 29,50% , il creditore di regresso, soccombente nel giudizio di revocatoria fallimentare, non può chiedere all'assuntore del concordato il pagamento della differenza tra l'intero credito e la quota residua ridotta in percentuale per effetto dei pregressi riparti che il proponente si era obbligato a corrispondere a tutti i creditori chirografari» . Qualche precedente sulla partecipazione dei creditori tardivi al riparto dell'attivo fallimentare Sul tema in esame, cfr., Cass. numero 8977/2019, richiamata anche nell'ordinanza annotata, ove chiarito che «il credito di restituzione, ex articolo 71 l. fall. sorto in capo al creditore solo anni dopo le date di effettuazione dei riparti parziali e di cui il creditore abbia legittimamente ottenuto l'ammissione al passivo, esclude il concorso ex post del creditore ai riparti già effettuati in quanto è a tal fine ininfluente l'accertamento circa la imputabilità, o meno, del ritardo nella sua richiesta di insinuazione» in senso conforme, v. anche Cass. numero 10578/2004, secondo cui «l'ordinanza emessa dal tribunale sul reclamo ex articolo 26 l. fall. avverso il decreto del giudice delegato che, in sede di formazione del piano di riparto, disattende le osservazioni formulate da un creditore, non è censurabile in cassazione per vizi della motivazione, essendo il ricorso ammesso soltanto per violazione di legge ai sensi dell'articolo 111 Cost. ne consegue che non è censurabile in sede di legittimità la motivazione purché sussistente dell'apprezzamento di merito circa la sussistenza o non di cause del ritardo della insinuazione ai sensi dell'articolo 101 l. fall. non imputabili al creditore tardivo, rilevanti, ai sensi dell'articolo 112 l. fall., agli effetti della partecipazione al riparto». Per la giurisprudenza di merito, v. App. Torino, 3 marzo 2014, numero 454 «In tema di partecipazione dei creditori tardivi al riparto dell'attivo fallimentare, l'articolo 71. l. fall. – che prevede l'ammissione al passivo di chi, per effetto del positivo esperimento dell'azione revocatoria da parte del curatore, abbia restituito quanto aveva ricevuto dal fallito – non configura un'ipotesi di accertamento ex lege della non imputabilità al creditore del ritardo dell'insinuazione al passivo, atteso che il sistema normativo non prevede la specialità dei crediti concorsuali nascenti dall'esito positivo della revocatoria né, quindi, la retroattività assoluta della loro insinuazione, e se non considera necessariamente illecita la prestazione del fallito soggetta a revocatoria, non apprezza, però, nella posizione del convenuto soccombente in revocatoria, ragioni meritevoli di particolare tutela» Trib. Roma, 20 novembre 2013, consultabile in Dejure, alla cui stregua «in base all'articolo 71 l. fall., nel testo ante riforma, l'ammissione al passivo del soggetto che ha eseguito la restituzione dei pagamenti revocati non è possibile qualora il medesimo soggetto abbia impugnato il titolo giudiziario a fronte del quale ha eseguito detta restituzione, dovendosi attendere la definitività della relativa sentenza».
Presidente Genovese - Relatore Crolla Fatti di causa 1. omissis spa in liquidazione di seguito denominata per brevità omissis , assuntrice del concordato fallimentare di omissis spa in Amministrazione Straordinaria, omologato in data 12/3/2010, notificava l'11/1/2012 a omissis spa, che aveva incorporato omissis spa e che successivamente diverrà Unicredit spa atto di precetto per l'importo di Euro 21.188,45 precisando a che la Banca era risultata soccombente nel giudizio di revocatoria fallimentare della rimessa di lire 53.975.013 affluita sul conto corrente in essere presso la Banca di Roma spa promosso dall'Amministrazione Straordinaria e conclusosi con la pronuncia della Corte di Cassazione che, annullando la sentenza della Corte di Appello di Torino, aveva fatto rivivere la sentenza della Tribunale di Biella di revoca della rimessa bancaria e di condanna l'istituto di credito al pagamento in favore della procedura della somma di Euro 27.875,77 b che, quindi, la Banca era tenuta alla restituzione, in favore dell'assuntore del concordato, del suindicato importo maggiorato degli interessi e delle spese legali e detratta la somma, pari ad Euro 8.215,13, che costituiva il credito di rivalsa ex articolo 71 l.fall. nella versione ratione temporis applicabile , pari alla percentuale riconosciuta agli altri creditori chirografari 99,9% calcolata sul residuo non ancora soddisfatto del 29,50%, atteso che i creditori chirografari erano già stati pagati in misura del 70,50% per effettuo di tre riparti intervenuti anteriormente alla proposta di concordato fallimentare. 1.1 La Banca proponeva opposizione al precetto assumendo che l'importo da dedurre al credito dell'assuntore ammontava alla maggior somma Euro 27.847,89 risultante dall'applicazione della percentuale concordataria del 99,9% da applicarsi sull'intero intero credito di rivalsa. 2 Il Tribunale di Biella accoglieva l'opposizione condividendo il criterio di calcolo prospettato dall'opponete sull'impugnazione di omissis , la Corte di Appello di Torino ha accolto l'appello ed, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato l'opposizione proposta dall'istituto di credito. 2.1 La Corte ha rilevato, per quanto di interesse in questa sede, che la Banca soccombente nel giudizio di revocatoria fallimentare, una volta restituito quanto ricevuto, poteva insinuarsi tardivamente nel passivo della procedura per il recupero di quanto versato ex articolo 71 l fall. scontando la regola generale prevista dall'articolo 112 l fall e, quindi, partecipando solo ai riparti successivi alla sua insinuazione. 2.2 La terza revocata, pertanto, non aveva diritto a partecipare ai tre riparti che avevano pagato i creditori chirografari per una percentuale complessiva del 70,50% dei loro crediti, ma concorreva solo per la percentuale concordataria promessa dal terzo assuntore pari al 99,9% sul residuo credito del 29,50%. 3 Unicredit spa ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a due motivi omissis spa ha svolto difese mediante controricorso illustrato con memoria. Ragioni della decisione 1 Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex articolo 360 comma 1 nr 3 c.p.c. in relazione all'articolo 112 c.p.c. principio di corrispondenza tra il chiesto e il giudicato , con conseguenziale nullità della sentenza articolo 3601 comma nr 4 c.p.c. si sostiene che la sentenza avrebbe travisato e travalicato i limiti dell'appello proposto da omissis che con l'unico motivo di gravame, a dire della banca, aveva chiesto la revisione della sentenza di primo grado contestando in radice la sussistenza del credito di rivalsa ex articolo 71 l.fall non essendosi la banca, soccombente in revocatoria, insinuata nel passivo dell'amministrazione straordinaria della società omissis di cui omissis si era resa assuntore. 2 Il motivo è infondato. 2.1 L'impugnata sentenza ha dato conto, in maniera esaustiva e condivisibile, delle ragioni per le quali è stato ritenuto che il motivo di appello investisse la decisione di primo grado anche nella parte in cui aveva riconosciuto il diritto della banca ad ottenere il pagamento di quanto versato in dipendenza del positivo esperimento, da parte della procedura, dell'azione revocatoria nella percentuale concordataria, da applicare non sull'intero credito ma sulla quota residua del 29,50%. 2.2 La Corte ha, infatti, affermato che l'appellante, chiedendo espressamente il rigetto dell'opposizione all'atto di precetto, dove si riconosceva il diritto della banca ad essere soddisfatta nella misura del 99,9% del 29,50%, altro non ha fatto che far valere l'erroneità della sentenza nella parte in cui ha accertato la sussistenza del credito della Banca in percentuale maggiore rispetto a quella da essa applicata, con conseguente sussistenza del motivo di impugnazione sul punto e ciò indipendentemente dal fatto che, per conseguire il risultato richiesto, omissis tratti diffusamente e principalmente la questione afferente la qualità o meno di Unicredit di creditore in rivalsa ex articolo 71 l fall. . 2.3 Orbene, è pur vero che secondo l'orientamento di questa Corte, indicato dal ricorrente, l'interpretazione della domanda è operazione riservata al giudice del merito, il cui risultato non è censurabile in sede di legittimità a meno che non vi sia un errore traducibile in un vizio del ragionamento logico decisorio, rilevabile dal contenuto della domanda, idoneo a determinare un vizio attinente alla individuazione del petitum , ma nel caso di specie di specie la Corte distrettuale ha escluso ogni violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, dedotta come vizio di nullità processuale ex articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4 proprio sulla scorta dell'esame delle conclusioni rassegnate dalla omissis nel giudizio di primo grado dove veniva chiesta la conferma del precetto che aveva quantificato il credito di rivalsa della Banca nella minore somma di Euro 8.215,13 rispetto all'importo da quest'ultima conteggiato in Euro 27.847,89 sicché, in buona sostanza, la questione controversa si riduceva alla quantificazione del credito di rivalsa nei confronti del terzo assuntore del concordato fallimentare della Banca soccombente nell'azione revocatoria promossa dalla società omissis spa in amministrazione straordinaria . 3. Con il secondo motivo la Banca deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto articolo 3601 comma nr 3 c.p.c. in relazione agli articolo 70,112 e 135 l.fall. nonché all'articolo 1321 c.c., anche in combinato disposto tra loro, con conseguenziale nullità della sentenza o del procedimento articolo 3601 comma nr 4 c.p.c. la Corte di Appello non avrebbe valutato appieno la portata dell'assunzione del concordato fallimentare che non prevedeva alcuna limitazione dell'obbligo del pagamento dell'assuntore ai creditori insinuati al momento dell'omologa la sentenza, inoltre, avrebbe fatto una scorretta lettura dell'articolo 71 l.fall. il contenuto è stato trasfuso nel comma 2 dell'articolo 70 l.fall. non considerando che il ritardo nella richiesta della banca di partecipazione ai riparti precedenti era dipeso dalla durata del procedimento di revocatoria fallimentare e, quindi, da una causa non imputabile infine, sarebbe violato il principio, sancito dall'articolo 135 l.fall., dell'obbligatorietà del concordato per tutti i creditori, ivi compresi quelli non insinuati nel passivo al momento dell'omologa del concordato. 3.1 Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato. 3.2 In particolare il primo e il terzo profilo della censura non si confrontano con il decisum la Corte non ha affatto sottratto il credito di rivalsa della banca dall'ambito applicativo degli obblighi di pagamento assunti dal omissis con la proposta concordataria. 3.3 Al riguardo i giudici di seconde cure hanno evidenziato, alle pagine 10 e 11 della sentenza, che il proponente si era avvalso della facoltà di cui all'articolo 124,4 comma l.fall di limitare gli impegni assunti con il concordato, con il pagamento del 99%, ai soli creditori ammessi al passivo, anche provvisoriamente, per l'importo residuo, tenuto conto dei riparti, e quindi per il 29,50% la proposta concordataria disciplinava espressamente anche la sorte dei crediti di rivalsa prevedendo l'accollo ogni onere relativo all'eventuale pagamento nella percentuale concordataria delle banche convenute, ricollegabile all'esercizio del diritto di rivalsa ai sensi dell'articolo 71 l.fall., e ciò a fronte del trasferimento a favore di omissis delle cause civili pendenti aventi ad oggetto le azioni revocatorie fallimentari, ivi compresa quella contro la Banca di Roma spa . 3.4 Ciò premesso e venendo alla quantificazione dell'importo del credito che la banca da diritto di compensare con il controcredito fatto valere da omissis , in qualità di cessionaria dell'azione di revocatoria fallimentare vittoriosamente esperita contro la banca, il nucleo della doglianza di parte ricorrente si incentra sulla sussistenza della asserita causa di non imputabilità alla banca nell'aver fatto valere il proprio credito di rivalsa dopo che erano stati effettuati tre riparti, grazie ai quali i creditori chirografari avevano ottenuto il pagamento nella percentuale complessiva del 70,50%. 3.5 Al riguardo va segnalato l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, richiamato dalla impugnata sentenza, secondo il quale in tema di partecipazione al riparto dell'attivo fallimentare dei creditori tardivi, la l. fall., articolo 71, non configura una ipotesi di accertamento ex lege della non imputabilità al creditore del ritardo nella insinuazione al passivo, atteso che ciò - risolvendosi nell'assunto della specialità dei crediti concorsuali nascenti dall'esito positivo della revocatoria e, quindi, della retroattività assoluta della loro insinuazione, con effetto dirompente sull'attività di accertamento del passivo e di riparto dell'attivo - è privo di riscontro nel sistema, il quale, se non considera illecita la prestazione del fallito soggetta a revocatoria, non apprezza, però, nella posizione del convenuto soccombente in revocatoria, ragioni meritevoli di particolare tutela cfr. Cass. numero 10578/2004 e 8977/2019 . 3.6 A ben vedere, la questione dell'imputabilità del ritardo non riveste rilievo dirimente nella presente controversia poiché la Banca ha fatto valere la propria pretesa non già nei confronti della procedura ma dell'assuntore quest'ultimo, come sopra si è visto, si è impegnato a fornire la provvista per il pagamento, nella misura del 99,9% dei creditori chirografari residui pari al 29,50% del crediti e, secondo quanto insindacabilmente accertato dalla sentenza, ha promesso la medesima percentuale di pagamento 99,9% del 29,50% del credito anche ai terzi revocati garantendo loro lo stesso trattamento riservato ai creditori chirografari. 3.7 La differenza tra il credito soddisfatto dal terzo nella percentuale del 99,9% sul 20,50% e la residua parte del credito, a prescindere dalla sussistenza o meno della causa di imputabilità al creditore dell'insinuazione tardiva, segue la sorte dei creditori non insinuati e anteriori all'amministrazione straordinaria di esso. quindi, ne risponde la società in amministrazione straordinaria, salvi gli effetti della esdebitazione ex articolo 142 l.fall. 3.8 Può essere quindi enunciato il seguente principio di diritto in tema di procedure concorsuali, nell'ipotesi di concordato fallimentare con assunzione nel quale il proponente si sia obbligato a pagare i creditori chirografari e gli eventuali terzi revocati in misura non superiore alla percentuale residua spettante ai creditori chirografari per effetto di pregressi piano di riparto nella specie, il 29,50% , il creditore di regresso, soccombente nel giudizio di revocatoria fallimentare, non può chiedere all'assuntore del concordato il pagamento della differenza tra l'intero credito e la quota residua ridotta in percentuale per effetto dei pregressi riparti che il proponente si era obbligato a corrispondere a tutti i creditori chirografari . 4 Conclusivamente il ricorso va rigettato. 5 Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.200 di cui Euro 200 per esborsi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 %, IVA e CAP. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.