La demolizione e ricostruzione di un edificio comporta il rispetto delle distanze dagli edifici adiacenti

La normativa italiana che regola le distanze tra le costruzioni, in ultimo innovata dalla legge numero 120/2020, persegue l’interesse pubblico e non quello del proprietario di immobili. In caso di demolizioni e ricostruzioni di edifici, la normativa prevede che, anche nei casi consentiti di aumento di volumetria, la nuova costruzione debba rispettare le distanze preesistenti con gli edifici adiacenti.

Il caso. Una struttura alberghiera agiva in giudizio avverso i vicini istando per la condanna degli stessi alla demolizione e arretramento di una abitazione munita di autorimessa e posta su un terrapieno adiacente all'albergo. A detta degli attori, infatti, i convenuti avevano demolito una precedente struttura e l'avevano ricostruita con un volume maggiore e più aderente rispetto al confine divisorio tra le due proprietà, comunque a distanza inferiore rispetto a quanto previsto dall'articolo 9 D.M. numero 1444/1968. Tale norma sosteneva, in sintesi, che «1 Zone A per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale 2 Nuovi edifici ricadenti in altre zone è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti 3 Zone C è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all'altezza del fabbricato più alto la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml. 12. Le distanze minime tra fabbricati - tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti - debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di i ml. 5,00 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml. 7 ii ml. 7,50 per lato, per strade di larghezza compresa tra ml. 7 e ml. 15 iii ml. 10,000 per lato, per strade di larghezza superiore a ml. 15 […]». Si difendevano i convenuti affermando la legittimità della costruzione per il rispetto delle distanze. Sia il Tribunale, che successivamente la Corte d'Appello, accoglievano la tesi degli attori e condannavano i convenuti all'arretramento della struttura. La Cassazione illustra la normativa sulle distanze e conferma la decisione d'appello sul punto. A seguito dei gradi di merito, il giudizio approdava in Cassazione seguendo il ricorso depositato da parte dei convenuti e il controricorso dell'albergo. Nel ricorso, sostanzialmente, i convenuti insistevano per la correttezza della loro opera e contestavano la decisione d'appello per non avere la stessa tenuto conto della normativa e delle decisioni del TAR nel frattempo intervenute. Con la sentenza in esame, la Cassazione rigettava il ricorso dei convenuti. La motivazione alla base della decisione era la seguente in merito alle decisioni del TAR, la Cassazione confermava che, laddove queste si fossero pronunciate sul merito, allora le risultanze processuali avrebbero dovuto essere considerate anche ai fini della decisione civile. Nel caso che ci occupa, tuttavia, i ricorsi al TAR dei convenuti in materia edilizia si erano risolti con un rigetto per vizi rituali quali l'omessa notifica alla Regione e la tardività dell'azione. Le relative decisioni, quindi, nulla pronunciavano nel merito e non potevano fare stato nel processo civile. Quanto alla materia del contendere, la Cassazione specificava come la disciplina italiana sulle distanze aveva subito negli anni diverse modifiche. L'ultima riforma, operata dalla l. numero 120/2020, aveva preso in considerazione casi come quello oggetto della lite. Secondo i Giudici, la disciplina specificava che, in materia di demolizione e ricostruzione, il proprietario era tenuto a ricostruire l'immobile demolito avendo contezza sia della precedente volumetria, che delle distanze dagli edifici adiacenti. Una maggiore volumetria di ricostruzione, in parziale deroga al principio illustrato, avrebbe potuto essere concessa dalla P.a. solo nel contesto di un intervento di rigenerazione urbana. Salvo tale eccezione la disciplina introdotta dalla l. numero 120/2020, che persegue esigenze di carattere pubblico, obbliga, in caso di demolizione con ricostruzione e quindi anche con aumento di volumetria nei casi di cui all'articolo 3 lett. D del TUE , al rispetto delle distanze preesistenti rispetto agli edifici circostanti. Come chiarito dalla relazione ministeriale al decreto semplificazioni d.l. numero 76/2020 , l'articolo 2, comma 1-ter, ha «rimosso il vincolo del medesimo sedime e della medesima sagoma ma solo per gli interventi di ristrutturazione con demolizione e ricostruzione disciplinati da un piano urbanistico che preveda un programma di rigenerazione urbana». Nel caso oggetto del giudizio non vi era alcun piano di rigenerazione urbana e conseguentemente aveva avuto ragione la Corte d'Appello a condannare i convenuti all'arretramento della struttura alle distanze di legge. Sul punto, quindi, la Cassazione rigettava il ricorso e confermava la decisione d'appello. Diversamente, in accoglimento di un motivo del controricorso, la Suprema Corte affermava come la Corte d'Appello avesse errato nel non considerare come – in materia di distanze legali – il terrapieno e muro di contenimento dovessero essere considerati come parte della struttura e soggetti quindi al rispetto delle distanze dall'edificio adiacente così, ex multis, anche Cass. numero 23843/2018 . Con il rispetto di tale principio, affermava l'albergo, vi sarebbe stata una violazione delle distanze ancora più evidente da parte dei vicini. Pertanto, la Cassazione annullava la decisione di Appello e rinviava al giudice di merito per un riesame della vicenda.

Presidente Giusti – Relatore Giannaccari Fatti di causa 1.L'Albergo M. di A.A. E C. s.numero c., A.B. ed A.F., in qualità di legali rappresentanti della società, citarono in giudizio innanzi al Tribunale di Bergamo P.G. ed E.S. per sentirli condannare all'arretramento del fabbricato, dell'autorimessa e del terrapieno realizzati in posizione antistante alla struttura alberghiera in violazione delle distanze previste dal d.M 1444-68, articolo 9. La costruzione consisteva nella sopraelevazione di un vecchio manufatto adibito a laboratorio-magazzino, realizzato alla distanza di 1,5 metri dal confine ed a 6 metri dalla frontistante parete del fabbricato Albergo M. , nonché nell'ampliamento dell'edificio preesistente, posto alla distanza di dieci metri dal predetto albergo. 1.1.Il Tribunale di Bergamo accolse per quanto di ragione la domanda e condannò i convenuti ad arretrare la porzione di edificio costruita in sopraelevazione rigettò, invece la domanda in relazione all'autorimessa ed al terrapieno. 1.2.Proposero appello P.G. ed E.S. si costituirono per resistere al gravame e spiegarono appello incidentale la società Albergo M. di A.A. E C. s.numero c., A.B. ed A.F 1.3.Nel corso del giudizio d'appello, venne prodotta la sentenza del Consiglio di Stato numero 2782-2013, che aveva dichiarato inammissibile per tardività l'impugnazione proposta dalla società Albergo M. avente ad oggetto la legittimità della concessione edilizia. 1.4.La Corte d'Appello di Brescia, con sentenza del 22.11.2017, rigettò l'appello principale ed accolse l'appello incidentale. 1.5.La corte distrettuale non ritenne rilevante il giudicato amministrativo in quanto la sentenza del Consiglio di Stato si era limitata a dichiarare inammissibile l'impugnazione proposta dalla società per tardività, senza pronunciarsi nel merito della legittimità dell'intervento edilizio. In ogni caso, poiché la domanda di annullamento della concessione edilizia aveva ad oggetto il controllo di legittimità dell'esercizio del potere da parte della PA, era esclusa l'efficacia del giudicato amministrativo nelle controversie fra privati aventi ad oggetto la lesione del diritto di proprietà derivante dalla violazione delle distanze legali. 1.6.La Corte d'appello accertò che l'opera realizzata era differente dal precedente manufatto per forma altezza e volume, costituiva una nuova costruzione e violava le distanze escluse che l'intervento edilizio avesse natura di sopralzo , in relazione al quale era legittima la distanza preesistente prevista dall'articolo 5 delle NTA del Comune di Omissis . In ogni caso, la inderogabilità della normativa sui distacchi tra fabbricati prevista dal D.M. numero 1444 del 1968, articolo 9, avente rango primario, determinava l'illegittimità di ogni previsione regolamentare in contrasto con il limite minimo di distanza. 1.7.La Corte distrettuale accolse l'appello incidentale proposto dalla società con riferimento alla violazione delle distanze dell'autorimessa, che considerò parte integrante del fabbricato, in quanto l'altezza dell'autorimessa sporgeva di cm86 e, quindi di oltre 16 centimetri rispetto alle previsioni dell'articolo 7 delle NTA del Comune di Omissis . La Corte distrettuale rigettò, invece, l'appello incidentale, non ravvisando la violazione delle distanze rispetto al terrapieno, attese le sue modeste dimensioni e la funzione sostanzialmente ornamentale. 2.Avverso la sentenza della Corte d'appello hanno proposto ricorso per cassazione P.G. ed E.S. sulla base di cinque motivi. 2.1. L'Albergo M. di A.A. E C. s.numero c., A.B. ed A.F. hanno resistito con controricorso ed hanno proposto ricorso incidentale sulla base di due motivi. 2.2.I ricorrenti hanno depositato controricorso per resistere al ricorso incidentale. 2.3.In prossimità dell'udienza, le parti hanno depositato memorie illustrative. 2.4.Il Sostituto Procuratore Generale in persona del Dott. XX ha chiesto il rigetto del ricorso principale e l'accoglimento del secondo motivo del ricorso incidentale. Ragioni della decisione 1.Con il primo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell'360, comma 1, numero 5 c.p.c., l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla sentenza del Consiglio di Stato numero 2782-2013, oltre alla violazione del giudicato amministrativo, ai sensi dell'articolo 2909 c.c., relativamente al potere di disapplicazione dell'atto amministrativo illegittimo, previsto dalla L. numero 2248 del 1865, articolo 5, All. E. I ricorrenti denunciano l'erroneità della statuizione della Corte d'Appello di Brescia nella parte in cui ha affermato che il giudicato amministrativo ha avuto ad oggetto la legittimità della concessione edilizia mentre, invece, il Consiglio di Stato avrebbe accertato, con autorità di giudicato, che l'intervento edilizio doveva essere qualificato come sopralzo e non come nuova costruzione. Tale statuizione sarebbe vincolante nel giudizio avente ad oggetto la violazione delle distanze, al fine di evitare un contrasto di giudicati mentre, invece, la Corte d'appello avrebbe erroneamente disapplicato l'articolo 8 delle NTA, che esclude l'applicabilità delle norme sulle distanze per i sopralzi , con evidente violazione del ne bis in idem. Affermano i ricorrenti che il giudizio civile ed amministrativo sono caratterizzati da identità soggettiva, petitum e causa petendi, perché aventi ad oggetto l'accertamento delle distanze minime legali fra fabbricati frontistanti. 1.Il motivo è infondato. 1.1.Non merita accoglimento la censura relativa al vizio motivazionale in quanto la Corte d'appello non ha omesso l'esame della sentenza del Consiglio di Stato ma, esaminandola, ha ritenuto irrilevante il giudicato amministrativo nel presente giudizio per ragioni che questo collegio condivide. 1.2.Come correttamente affermato dalla Corte di merito, il Consiglio di Stato non ha valutato la legittimità delle norme urbanistiche del Comune di Omissis ma ha pronunciato in rito, dichiarando l'inammissibilità dei ricorsi. Infatti, come risulta dalla motivazione della sentenza del Consiglio di Stato, per due dei tre ricorsi era stata omessa la notifica alla Regione Lombardia mentre il terzo ricorso, nella parte in cui aveva impugnato le NTA, era stato dichiarato inammissibile per tardività, considerando che il dies a quo decorreva dal momento in cui gli atti avevano manifestato la concreta attitudine lesiva, coincidente con la conoscenza della concessione edilizia pag. 4 della sentenza del Consiglio di Stato del 16.4.2013 . In tali ipotesi, non può dirsi formato il giudicato amministrativo, non contenendo detta decisione nessun accertamento sul merito del ricorso, con la conseguenza che all'adito giudice ordinario non è precluso l'esame di quelle delibere nonché di disapplicarle, in caso di riconosciuta illegittimità, limitatamente al caso sottoposto al suo esame Cass. Civ., Sez. II, sentenza numero 5982 del 09/07/1987 . L'esercizio da parte del giudice ordinario del potere di disapplicare un atto della p.a. è precluso solo quando la legittimità dell'atto sia stata accertata dal giudice amministrativo con sentenza passata in giudicato, resa nel contraddittorio delle parti Cassazione civile sez. II, 04/02/2005, numero 2213 . 1.3. La Corte di merito ha anche ribadito il consolidato il principio di questa Corte, secondo cui la pronuncia del giudice amministrativo, investito della domanda di annullamento della licenza, concessione o permesso di costruire ha ad oggetto il controllo di legittimità dell'esercizio del potere da parte della Pubblica Amministrazione ovvero concerne esclusivamente il profilo pubblicistico relativo al rapporto fra il privato e la P.A., sicché non ha efficacia di giudicato nelle controversie tra privati, proprietari di fabbricati vicini, aventi ad oggetto la violazione della normativa in tema di distanze legali, che è posta a tutela non solo di interessi generali ma anche della posizione soggettiva del privato Cassazione civile sez. II, 14/05/2015, numero 9869 . 2.Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e/o falsa applicazione della L. numero 2248 del 1865, articolo 5 All. E, in relazione al contenuto delle NTA del PRG di Omissis la Corte d'appello, nell'affermare che gli strumenti urbanistici comunali non possono derogare al DM 1444-68, non avrebbe indicato nessuna delle norme tecniche del Comune di Omissis NTA contrastanti con la disciplina statale in tema di distanze fra fabbricati. Ne conseguirebbe l'inapplicabilità dell'istituto della disapplicazione previsto della L. numero 2248 del 1865, articolo 5, allegato E. in relazione all'articolo 5 delle NTA, che prevedono una nozione di sopralzo diversa da quella di nuova costruzione , ai fini del calcolo delle distanze. L'articolo 5 delle NTA prevede, infatti, che in caso di sopralzo la verifica delle si distanze si intende soddisfatta ove siano mantenuti i rapporti e le distanze esistenti e tale norma, siccome non tempestivamente impugnata dalla parte interessata non potrebbe essere disapplicata. 2.1.Con la memoria ex articolo 378 c.p.c., i ricorrenti hanno posto la questione dell'applicabilità della normativa sopravvenuta, con particolare riferimento alle modifiche previste dalla L.120 del 2020, articolo 19, comma 1, lett.a e b , ritenendo che sopraelevazione fosse legittima anche per effetto dello ius superveniens. 2.2.Nell'incipit della memoria illustrativa, i ricorrenti hanno evidenziato come il fulcro del presente giudizio sia costituito dalla disapplicazione dell'articolo 8 delle NTA del Comune di Omissis per contrasto con il D.M. numero 1444 del 1968, articolo 9. Pur prendendo atto dell'orientamento giurisprudenziale che assimila la sopraelevazione ad una nuova costruzione, rilevano come l'articolo 2 bis, comma 1 ter del Testo Unico dell'Edilizia, nella formulazione adottata dalla L. 120 del 2020, consenta l'aumento volumetrico dei fabbricati esistenti anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell'altezza massima dell'edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Inoltre, la normativa sopravvenuta avrebbe ampliato il concetto di intervento di ristrutturazione edilizia , come previsto dall'articolo 3, lettera d del citato TUE, comprendendo anche gli interventi di demolizione e ricostruzione degli edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, specificando che l'intervento possa prevedere incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana . Nel caso di specie, quindi, per effetto della normativa sopravvenuta la sopraelevazione rientrerebbe nell'ambito della ristrutturazione. 2.3.Il motivo è infondato. 2.4.La vicenda processuale va certamente esaminata alla luce dello ius superveniens, trattandosi di normativa posteriore alla proposizione del ricorso per cassazione e pertinente rispetto alle questioni in esso prospettate Cass. 19617/2018 Cass. 10547/206 . 2.5.Secondo la costante interpretazione giurisprudenziale in materia di distanze nelle costruzioni, infatti, qualora subentri una disposizione derogatoria favorevole al costruttore, si consolida salvi gli effetti di un eventuale giudicato sull'illegittimità della costruzione il diritto di quest'ultimo a mantenere l'opera alla distanza inferiore, se, a quel tempo, la stessa sia già ultimata, restando irrilevanti le vicende normative successive tra le tante Cass. Civ., Sez. II, 4.2.2021, numero 2640 Cass. Civ., Sez. II, 26.7.2013, m.18119 . Il sopravvenire della disciplina normativa meno restrittiva comporta, invero, che l'edificio in contrasto con la regolamentazione in vigore al momento della sua ultimazione, ma conforme alla nuova, non possa più essere ritenuto illegittimo, cosicché il confinante non può pretendere l'abbattimento o, comunque, la riduzione alle dimensioni previste dalle norme vigenti al momento della sua costruzione. 2.6. Ai fini della decisione della controversia, è opportuno esaminare sommariamente lo stato della normativa e della giurisprudenza in materia. 2.7.Innanzitutto, la nozione di ricostruzione di un edificio, in passato, era individuata in un intervento che fosse contenuto nei limiti preesistenti di altezza, volumetria, sagoma e area di sedime dell'edificio. Le eventuali eccedenze invece andavano considerate come nuova costruzione. Da ciò discendeva, in tema di distanze, che le nuove costruzioni dovevano essere soggette alle distanze legali, mentre per le ricostruzioni le distanze erano quelle previste per l'edificio originario in tal senso Cass. Civ., Sez. II numero 473/2019 . 2.8. Tale distinzione si basava su una serie di disposizioni, a partire dalla L. numero 457 del 1987, articolo 31, comma 1, lett. d , per passare poi all'articolo 3, comma 1, lett. d , del Testo Unico dell'Edilizia D.P.R. numero 6 giugno 2001 numero 380 , il quale, nella sua formulazione originaria, prevedeva che nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, a quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica . Basandosi su tale norma, la giurisprudenza ha quindi ripetutamente ribadito che si ha ricostruzione, che segue le sorti dell'edificio preesistente, quando ci si contenga nei limiti di sagoma, volumi, area di sedime di quest'ultimo, si ha nuova costruzione per ciò che eccede ex multis Cass. Civ, Sez. II, numero 15041/2018 . 2.9. Il D. L. 69 del 2013 ha novellato l'articolo 3 del T.U dell'edilizia, comprendendo, nell'ambito della ristrutturazione edilizia gli interventi consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica. Nella nuova formulazione, per aversi una ricostruzione bastava dunque rispettare la volumetria originaria, senza necessità di rispettare la sagoma. 2.10. Il D.L. numero 32 del 2019, convertito nella L. 55 del 2019, è intervenuto sul tema delle distanze per le costruzioni al fine di semplificare e velocizzare i procedimenti sottesi alla realizzazione degli interventi edilizi di rigenerazione del tessuto edificatorio nelle aree urbane. 2.11.In questo quadro, la L.55 del 2019 ha operato una serie di modifiche agli standard urbanistici fissati dal D.M. numero 1444 del 1968, che prevedeva limiti inderogabili di distanza tra i fabbricati , tali da vincolare i comuni nell'adozione degli strumenti urbanistici e tali da poter essere invocati, previa disapplicazione dello strumento urbanistico eventualmente difforme, nelle controversie tra privati. 2.12.I cambiamenti al D.M. numero numero 1444 del 1968 sono in concreto intervenuti mediante le modifiche apportate dal D.L. numero 32 del 2019 all'articolo 2 bis del TU edilizia, con riferimento a quelle disposizioni che consentivano a Regioni e Province autonome di adottare disposizioni derogatorie sulle distanze legali. 2.13.Il D.L. numero 32 del 2019 ha aggiunto i seguenti commi al citato articolo 2 bis 1-bis. Le disposizioni del comma 1 sono finalizzate a orientare i comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio. 1-ter. In ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest'ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell'area di sedime e del volume dell'edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell'altezza massima di quest'ultimo. 2.14. Discende da quanto sopra delineato che con le modifiche apportate dal D.L. numero 32 del 2019, articolo 5, all'articolo 2 bis del TU edilizia, la demolizione e ricostruzione di un fabbricato è consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell'area di sedime e del volume dell'edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell'altezza massima di quest'ultimo. In caso diverso, le eventuali disposizioni derogatorie sulle distanze devono comunque essere previste dai Comuni nell'ambito degli strumenti urbanistici. 2.15. Dette previsioni non consentivano quindi l'aumento di volumetria e le leggi regionali in contrasto con la legge statale sono state dichiarate illegittime dalla Corte Costituzionale in tutte le occasioni in cui è stata adita. 2.16.E' utile ricordare la sentenza della Corte Costituzionale numero 30 del 2020, che, pronunciandosi sulla legittimità dell'articolo 9, comma 8 bis della Legge Regionale Veneto numero 14 del 2009, la quale consentiva deroghe alle altezze dei fabbricati, ha ribadito l'inderogabilità delle norme sulle distanze previste dal D.M. numero 1444-68, articolo 9. 2.17.La Corte Costituzionale è nuovamente intervenuta con la sentenza numero 70-2020 per dichiarare costituzionalmente illegittime le previsioni della Legge Regionale Puglia numero 5 del 2019 Piano Casa Puglia che consentiva, in caso di demolizione e ricostruzione un aumento volumetrico. Con tale decisione, ribadendo il suo consolidato orientamento tra le tante Corte Cost numero 86/2019 Corte Cost. 125/2017 , il giudice delle leggi ha ribadito, sulla base del D.L. numero 32 del 2019, articolo 2 bis, l'inderogabilità delle norme statali, in quanto necessarie a offrire una protezione unitaria su tutto il territorio nazionale in relazione alle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza. 2.18. Anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato, nelle prime applicazioni delle modifiche apportate dal D.L. numero 32 del 2019, articolo 5 all'articolo 2 bis del TU Edilizia, ha affermato che la demolizione e ricostruzione di un fabbricato è consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell'area di sedime e del volume dell'edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell'altezza massima di quest'ultimo in caso diverso, le eventuali disposizioni derogatorie sulle distanze devono comunque essere previste dai Comuni nell'ambito degli strumenti urbanistici Consiglio di Stato sez. IV, 16/10/2020, numero 6282 in fattispecie antecedente al S.L. numero 76 del 2020, convertito nella L. numero 120 del 2020, che ha ulteriormente modificato l'articolo 2 bis del TU Edilizia . 2.19. Al fine di allargare l'ambito degli interventi di ristrutturazione e riqualificazione urbana, senza incorrere nel rilievo di incostituzionalità, il legislatore è nuovamente intervenuto sul Testo Unico dell'Edilizia. 2.20. Il D. L. 16.7.2020 m.76, articolo 10 convertito con modificazioni dalla L.11.9.2020 numero 120 ha inciso profondamente sulla struttura del D.P.R. numero 6.6.2001, numero 380 attraverso una serie di interventi puntuali, aventi come finalità l'esigenza di semplificare e accelerare le procedure edilizie, di assicurare il recupero e la qualificazione del patrimonio esistente e lo sviluppo di processi di rigenerazione urbana, decarbonizzazione, efficientamento energetico, messa in sicurezza sismica e contenimento del consumo del suolo . 2.21.Le singole previsioni del decreto sono intervenute su specifici profili della disciplina edilizia, con l'obiettivo pratico di fornire strumenti normativi favorevoli alla rigenerazione dei tessuti urbani. 2.22.Secondo autorevole dottrina, con il decreto semplificazioni, il legislatore statale ha compiuto una manutenzione straordinaria del Testo Unico dell'Edilizia , proseguendo nel percorso intrapreso con il decreto sbloccacantieri del 2019, che, pur avendo indicato una serie di obiettivi ritenuti prioritari nella rigenerazione urbana, era intervenuto soprattutto in materia di distanza tra costruzioni con previsioni che non avevano superato il vaglio di costituzionalità. 2.23.Proprio in tema di distanze tra gli edifici, la novità introdotta dalla L. 120 del 2020 è proprio la rivisitazione del concetto di ristrutturazione edilizia D.P.R. numero 380 del 2001, articolo 3, comma 1 lett. d ed il suo conseguente coordinamento con la definizione di manutenzione straordinaria D.P.R. numero 380 del 2001, articolo 3, comma 1, lett.b . In tal senso sono orientate le norme in tema di demolizione ricostruzione, che costituiscono il fulcro della normativa inserita con la L.120 del 2020. 2.24. Ai sensi dell'articolo 3, lettera d costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. La norma prosegue affermando che, nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia, sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica, per l'applicazione della normativa sull'accessibilità, per l'istallazione di impianti tecnologici e per l'efficientamento energetico. Inoltre, al solo fine di promuovere interventi di rigenerazione urbana, sono ammessi incrementi di volumetria, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali. 2.25.Con le modifiche apportate dall'articolo 3, lett. d , gli interventi di ristrutturazione possono, quindi, consistere anche in demolizioni e ricostruzioni in cui, rispetto all'edificio originario mutino la sagoma, i prospetti, il sedime e le caratteristiche planivolumetriche e tipologiche. In tali casi, l'intervento deve mantenersi rispettoso unicamente del volume preesistente, con possibilità di formazione di un manufatto tipologicamente anche radicalmente diverso dal preesistente. 2.26. Quando, invece, la legislazione vigente o gli strumenti comunali lo consentano , sono ammessi incrementi di volumetria anche per interventi di rigenerazione urbana . 2.27.Questa flessibilità derogatoria non è ammessa né per gli edifici tutelati, per le zone A o come diversamente definite dalle leggi regionali così come nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico , fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici. In tali ipotesi, la ricostruzione ed il ripristino degli edifici crollati o demoliti deve mantenersi fedele all'esistente, ossia deve rispettare non solo il volume ma anche la sagoma, il sedime e le caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio demolito, senza possibilità di incrementi volumetrici. 2.28. E' stato osservato in dottrina che gli interventi di ristrutturazione edilizia sarebbero fortemente penalizzati qualora dovessero rispettarsi anche per i nuovi edifici le distanze tra costruzioni previste dal D.M. numero 1444-68, articolo 9 nell'ambito di interventi di rigenerazione urbana che abbiano come fine un nuovo modello di città urbana e lo sviluppo del territorio. 2.29. Le criticità emerse con il c.d Decreto del Fare D. L. 69 del 2013 e con il Decreto Sbloccacantieri L.55 del 2019 sono state, quindi, superate con il nuovo testo dell'articolo 2 bis, comma 1 ter, che consente di sfruttare gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell'altezza massima dell'edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. 2.30. Ne è seguita la modifica dell'articolo 2 bis, comma 1 ter del Testo Unico dell'Edilizia, da parte della L.120 del 2020, che, nel nuovo testo, così recita in ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell'area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione è comunque consentita nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l'intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell'altezza massima dell'edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti 2.31.La norma introduce il principio secondo cui ogni intervento di demolizione ricostruzione, nel contesto di un intervento unitario, indipendentemente dalla qualificazione come ristrutturazione o nuova costruzione in ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici , può essere realizzato sulla linea di confine del fabbricato demolito, anche ove quest'ultimo risulti legittimamente posto ad una distanza da fabbricati e da confini inferiore da quelle attualmente previste. La norma prosegue indicando la possibilità che anche eventuali incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti all'intervento possano essere collocati sul filo dell'edificio preesistente, anche fuori della sagoma e con superamento dell'altezza del manufatto demolito. 2.32. Così ricostruito il quadro normativo in relazione allo ius superveniens, nel caso di specie, la normativa sopravvenuta non incide sulla fattispecie in esame, in cui il fabbricato ricostruito è diverso dal preesistente manufatto per forma, altezza e superficie pag.11 della sentenza impugnata e l'intervento costruttivo non rientra nel regime derogatorio previsto dall'articolo 3 lettera d , ovvero per promuovere un intervento di rigenerazione urbana. 2.33.Si tratta di costruzione realizzata dal privato in violazione del D.M. numero 1944-68, articolo 9, in ragione dell'entità delle modificazioni apportate al volume ed alla collocazione del fabbricato, che rendevano l'opera realizzata nel suo complesso oggettivamente diversa da quella preesistente. L'opera aumentava il volume e modificava la sagoma dell'edificio demolito, senza rispettare le distanze preesistenti, e cioè di quelle conformi alla normativa vigente al momento in cui è stato realizzato l'intervento originario Cassazione civile sez. II, 24/06/2022, numero 20428 Cass. Civ., Sez. II, 14.4.2022, numero 12196 . 2.34. L'intervento costruttivo è avvenuto in assenza di alcun intervento di pianificazione urbanistica, che legittimasse l'aumento di volumetria. 2.35.La normativa introdotta sulle distanze dalla L.120/2020 è coerente con il perseguimento dell'interesse pubblico e non già con la tutela del diritto dominicale dei proprietari degli immobili finitimi alla nuova costruzione, tutela che è invece assicurata dalla disciplina predisposta, anche in tema di distanze, dal codice civile e dal D.M. numero 1444-68. 2.36.Allo stato attuale della normativa, in ogni caso di demolizione con ricostruzione e quindi anche in presenza di aumento di volumetria nei casi consentiti dall'articolo 3, lett. d del TUE la costruzione deve rispettare le distanze preesistenti. 2.37. Come chiarito anche dalla relazione ministeriale al decreto semplificazioni D.L. numero 76 del 2020 , l'articolo 2, comma 1-ter, ha rimosso il vincolo del medesimo sedime e della medesima sagoma ma solo per gli interventi di ristrutturazione con demolizione e ricostruzione disciplinati da un piano urbanistico che preveda un programma di rigenerazione urbana, nella specie non sussistente. 2.38. L'ulteriore profilo di ricorso riguarda la qualificazione dell'intervento edilizio. I ricorrenti sostengono che si tratti di sopralzo di un edificio preesistente e non di nuova costruzione, ragione per la quale esso sarebbe legittimo ai sensi dell'articolo 5 delle NTA del Comune di Omissis , che così dispone in caso di sopralzo la verifica delle distanze si intende soddisfatta ove siano mantenuti i rapporti e le distanze esistenti , mentre la distanza di metri dieci rispetto alle pareti finestrate dei fabbricati antistanti si applicherebbe agli interventi di nuova costruzione e di ampliamento, ai sensi dell'articolo 8 delle NTA. 2.39. Anche tale profilo è infondato. 2.40. Come correttamente statuito dalla Corte di merito, in tema di distanze tra costruzioni, il D.M. numero 2 aprile 1968 numero 1444, articolo 9 comma 2, essendo stato emanato su delega della l. 17 agosto 1942 numero 1150, articolo 41 quinquies cd. legge urbanistica , aggiunto dalla l. 6 agosto 1967 numero 765, articolo 17, ha efficacia di legge dello Stato, sicché le sue disposizioni in tema di limiti inderogabili di densità, altezza e distanza tra i fabbricati prevalgono sulle contrastanti previsioni dei regolamenti locali successivi, ai quali si sostituiscono per inserzione automatica Cassazione civile sez. unumero , 07/07/2011, numero 14953 Cassazione civile sez. II, 15/01/2021, numero 624 . 2.41 Ne consegue che, una volta che i Comuni abbiano proceduto alla pianificazione del territorio, effettuando la ripartizione per zone omogenee, le distanze minime sono quelle previste dal citato decreto numero 1444 del 1968, articolo 9, sia nel caso in cui lo strumento urbanistico preveda distanze inferiori, sia nel caso di assenza di previsioni sul punto. Nella prima ipotesi si verifica l'inserimento automatico della norma cogente di cui al decreto numero 1444 del 1968, in sostituzione della illegittima previsione di distanze inferiore a quella minima. Nella seconda ipotesi quando cioè lo strumento urbanistico non contenga previsioni al riguardo, ragioni di ordine sistematico e di interpretazione conforme impongono l'analoga conclusione della inserzione automatica della disciplina dettata dal richiamato decreto. 2.42, Nel caso di specie, poiché l'intervento edilizio era diverso dal preesistente manufatto per forma, altezza, volume e superficie, doveva osservare la distanza di dieci metri dall'edificio frontistante, per inserzione automatica dell'articolo 9 del DM 1444-68 ed in conformità all'articolo 8 delle NTA del Comune di Omissis . 3.Con il terzo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, la violazione e/o falsa applicazione del disposto di cui agli articolo 113 e 115 c.p.c e la nullità della sentenza, ai sensi dell'articolo 132 numero 4 c.p.c., in quanto la Corte d'appello non avrebbe considerato che vi era una discrasia in ordine alla misurazione delle distanze, sulla base delle diverse conclusioni cui erano giunti il CTU in primo grado ed in appello. Tale discrasia si riverberebbe sulla nullità della motivazione. 3.1.Il motivo è inammissibile perché difetta di specificità per non avere il ricorrente allegato gli atti ed i documenti su cui il motivo di ricorso si fonda, attraverso la trascrizione, anche sommaria, delle consulenze svolte nei gradi di merito. 5.Con il quarto motivo di ricorso, si deduce, ai sensi dell'articolo 360 numero 3 e numero 5 c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli articolo 7 e 8 delle NTA del Comune di Omissis , per avere la Corte di merito ritenuto che l'autorimessa sporgesse di sedici centimetri rispetto al limite massimo di sporgenza dalla quota zero, facendo coincidere il piano di calpestio dell'autorimessa interrata con la soletta dell'autorimessa stessa. L'errore della Corte consisterebbe nell'aver applicato l'articolo 8, comma 12 delle NTA, che disciplina le autorimesse edificate a confine mentre, nel caso di specie, l'autorimessa sarebbe posta alla distanza di 1,5 metri dal confine e troverebbe, pertanto, applicazione dell'articolo 8 comma 11 delle NTA, del quale rispetterebbe le condizioni. Dalla CTU emergerebbe infatti che il pavimento del piano terra del fabbricato e il piano di calpestio esterno sporgono di 16 cm oltre la fascia di tolleranza e non la soletta dell'autorimessa, come invece erroneamente ritenuto dalla Corte d'Appello di Brescia. 6.Con il quinto motivo di ricorso, si deduce, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5, l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, con riferimento agli elaborati peritali della CTU di secondo grado ed alle osservazioni critiche del proprio CT. I ricorrenti rilevano come la Corte d'Appello di Brescia abbia omesso di considerare le risultanze della relazione peritale, che dimostrerebbe il pieno rispetto alla fascia di tolleranza di 70 cm della soletta di copertura dell'autorimessa interrata. La Corte avrebbe anche omesso di considerare che i 16 cm di eccedenza riguarderebbero il piano di calpestio esterno soprastante, elemento estraneo alla soletta dell'autorimessa. 6.1.I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente perché attinenti al calcolo della distanza dell'autorimessa, sono infondati. 6.2.L'articolo 8, comma 11 delle NTA del Comune di Omissis prevede che per le costruzioni completamente interrate-in tutte le zone la distanza minima dai confini deve essere di mt 1,50 . 6.3.L'articolo 8, comma 12 delle NTA così recita E' ammessa la costruzione a confine nei seguenti casi ove si tratti di autorimessa o di locale di servizio interrati aventi altezza interna non superiore a mt 2,30 e sporgenza rispetto alla quota 00 come definita dal precedente articolo 7 non eccedente i 70 cm. 6.4. E' incontestato ed è stato oggetto di puntuale accertamento da parte della Corte d'appello che l'autorimessa realizzata dai ricorrenti non era completamente interrata in quanto il piano di copertura sporgeva di 86 cm. 6.5.In tale ipotesi, la sporgenza sarebbe stata ammissibile solo in caso di costruzione posta al confine e non nei casi in cui la costruzione sia realizzata a distanza dal confine in tal caso, l'autorimessa deve essere completamente interrata e ad una distanza minima di mt 1, 50 dal confine. 6.6.Assorbente al riguardo appare la considerazione che l'articolo 873 c.c., che stabilisce per le costruzioni su fondi limitrofi, se non unite o aderenti, la distanza non minore di tre metri, assegna ai regolamenti locali la sola potestà di disporre una distanza maggiore, ma non già di definire la nozione di costruzione, cioè di stabilire le caratteristiche in base alle quali l'opera possa definirsi costruzione e quindi ritenersi soggetta alla normativa sulle distanze Cass. numero 23843 del 2018 Cass. numero 144 del 2016 Cass. numero 5136 del 2015 Cass. numero 19530 del 2005 6.7.La nozione di costruzione, agli effetti dell'articolo 873 c.c., è infatti necessariamente unica e non può subire deroghe, sia pure al limitato fine del computo delle distanze legali, da parte delle norme locali, atteso il loro rango secondario e la delimitata competenza loro assegnata in materia. 6.8.Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ai fini dell'osservanza delle norme in materia di distanze legali stabilite dagli articolo 873 c.c. e delle norme dei regolamenti locali integrativi della disciplina codicistica, la nozione di costruzione non si identifica con quella di edificio, ma si estende a qualsiasi manufatto non completamente interrato avente i caratteri della solidità, stabilità ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell'opera stessa Cass. numero 23856 del 2018 Cass. numero 27399 del 2014 Cass. 15972 del 2011 . Solanto l'immobile completamente interrato si sottrae pertanto al rispetto della normativa in tema di distanze, non anche quello che si eleva dal suolo, indipendentemente dalla relativa altezza Cass. numero 3793 del 2012 Cass. 5956 del 1996 . 6.9. Alla luce della nozione unitaria di costruzione, il piano di copertura dell'autorimessa comprende non solo la soletta ma anche il terrazzo che la ricopre, il quale è strettamente integrato alla soletta ed emerge complessivamente dal piano di campagna, violando l'articolo 11 delle NTA del Comune di Omissis . 6.10. Correttamente, la Corte di merito, ai fini della determinazione della quota zero, ha richiamato l'articolo 7 NTA, che considera la media delle quote del terreno lungo la linea di intersezione di esso con l'edificio da costruire ed ha ritenuto che dovesse tenersi conto dell'intero perimetro dell'edificio di nuova costruzione, comprensivo della villa e dell'autorimessa, in conformità alla nozione unitaria di costruzione. 7. Deve essere esaminato il ricorso incidentale. 7.1. Deve essere, in primo luogo, rigettata l'eccezione di inammissibilità del ricorso incidentale, sia in relazione alla carenza di interesse, per essere i fratelli A. e l'Albergo M. vittoriosi in relazione alla regolarità dell'autorimessa, sia perché sarebbe stata introdotta una domanda nuova. 7.2.Osserva il collegio che il primo motivo dell'appello incidentale, con il quale era stato impugnato il rigetto della domanda di arretramento dell'autorimessa, era stato parzialmente accolto dalla Corte d'appello pag. 15-15 della sentenza impugnata , che ha aderito alla terza ipotesi elaborata dal CTU, tenendo conto del perimetro della villa e dell'autorimessa mentre i ricorrenti in via incidentale avevano chiesto che venisse calcolato il perimetro della sola autorimesse in tal modo, la demolizione avrebbe interessato non solo la soletta ma anche il terrazzo che la ricopriva. 7.3. Poiché l'appello incidentale era stato parzialmente accolto, sussisteva l'interesse a ricorrere in cassazione al fine di ottenere una pronuncia più favorevole. 7.4. Ne' sussiste il vizio di novità della domanda poiché la demolizione dell'autorimessa, e non solo della soletta, era stata riproposta in sede di appello incidentale, ove, solo in via subordinata era stato chiesta la demolizione della porzione eccedente la sporgenza massima di 70 cm dalla quota 0. 7.5.Ne consegue che non vi è stata modifica della domanda ma riproposizione, della domanda proposta in via principale, che era stata rigettata dalla Corte d'appello. 7.6. I motivi, contrariamente a quanto eccepito dai ricorrenti, sono specifici in quanto idonei a censurare con chiarezza la statuizione della Corte d'appello. 7.7.Con il primo motivo, si deduce, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 la violazione e/o falsa applicazione degli articolo 7 e 8 delle NTA del PRG del Comune di Omissis in materia di distanze delle autorimesse dal confine si rileva che la quota zero dovesse essere calcolata sulla base del perimetro della sola autorimessa e non dell'autorimessa e della villa, come affermato dalla Corte d'appello. Sarebbe quindi errata l'adesione alla terza ipotesi interpretativa elaborata dal CTU in quanto l'articolo 7 del NTA del Comune di Omissis individuerebbe la quota zero con riferimento all'edificio da costruire da identificarsi nella sola autorimessa. La decisione della Corte di merito sarebbe erronea perché basata esclusivamente sul fatto che il titolo abilitativo edilizio era comprensivo sia del fabbricato residenziale che dell'autorimessa, atteso il rapporto di pertinenzialità tra edificio ed autorimessa. 7.8. il motivo è infondato. 7.9. Come argomentato in relazione al quarto e quinto motivo del ricorso principale, la Corte di merito, ai fini della determinazione della quota zero, ha correttamente applicato l'articolo 7 NTA, che considera la media delle quote del terreno lungo la linea di intersezione di esso con l'edificio da costruire ed ha ritenuto che dovesse tenersi conto dell'intero perimetro dell'edificio di nuova costruzione, comprensivo della villa e dell'autorimessa, in conformità alla nozione unitaria di costruzione. 8.Con il secondo motivo del ricorso incidentale, si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli articolo 873 c.c. e articolo 8 NTA del PRG del Comune di Omissis per avere la Corte di merito escluso che il terrapieno realizzato sopra l'autorimessa fosse un'opera rilevante ai fini del calcolo delle distanze dal confine poiché costituiva un'opera di modeste dimensioni con funzioni sostanzialmente ornamentali. La Corte d'appello ha ritenuto che le ridotte dimensioni del terrapieno e la sua sporgenza da terra possano essere calcolate a partire dai 70 cm di altezza previsti per l'autorimessa, non considerando invece, più correttamente, l'intera altezza del terrapieno che fuoriesce dal piano originario di campagna. 8.1.Il motivo è fondato. 8.2. Questa Corte ha affermato, con orientamento che si condivide, che, in tema di distanze legali, diversamente dal muro di contenimento di una scarpata o di un terrapieno naturale, che, per la parte che adempie alla sua specifica funzione, non può considerarsi costruzione agli effetti della disciplina di cui all'articolo 873 c.c., devono invece ritenersi soggetti a tale norma, perché costruzioni, il terrapieno e il relativo muro di contenimento elevati ad opera dell'uomo per creare un dislivello artificiale o per accentuare il naturale dislivello esistente Cass. numero 23843 del 2018 Cass. numero 10512 del 2018 Cass. numero 11388 del 2013 . 8.3.La sentenza impugnata ha errato nell'affermare che il terrapieno non era soggetto al rispetto delle distanze perché costituiva un'opera di modeste dimensioni con funzioni sostanzialmente ornamentali, senza verificare se fosse opera dell'uomo e se adempiva alla specifica funzione di sostegno e contenimento. 8.4.Il motivo deve, pertanto, essere accolto. 8.5.La sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Brescia in diversa composizione. 8.7.Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese relative al presente giudizio di legittimità. 9.Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale, rigetta il ricorso principale ed il primo motivo del ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Brescia in diversa composizione. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.