La perdita della cittadinanza non può derivare da una mera dichiarazione, necessitando l’espressa rinuncia

In tema di atti pubblici ricevuti all’estero ai sensi dell’articolo 804 c.p.c., abrogato, ma applicabile ratione temporis, la dichiarazione dell’efficacia in Italia è richiesta ai soli fini esecutivi e non quando l’atto è invocato ai fini di prova. Di conseguenza, all’atto pubblico di adozione di un minore da parte di un cittadino italiano, che sia validamente ricevuto da pubblico ufficiale, consegue l’acquisto da parte dell’adottato della cittadinanza italiana.

Il caso. Il Tribunale competente riconosceva la cittadinanza italiana ad una cittadina brasiliana, residente in Brasile e discendente da persone migrate in Brasile alla fine del 1800 sosteneva sussistere discendenza diretta in linea paterna da avo italiano atteso che il bisnonno non era stato naturalizzato cittadino brasiliano, non aveva mai perso la cittadinanza italiana e l'aveva trasmessa iure sanguinis al figlio e ai suoi discendenti, né risultava documentata alcuna rinuncia espressa alla cittadinanza italiana. Avverso tale pronuncia veniva proposto appello dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ed al Ministero dell'Interno, resisteva l'appellata. Il giudice del gravame accoglieva l'impugnativa e condannava l'appellata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio. Avverso tale provvedimento veniva proposto ricorso per cassazione sulla scorta di due motivi le amministrazioni intimate non si costituivano, mentre la ricorrente depositava memoria illustrativa. Disamina dei motivi di censura. Con il primo motivo la ricorrente denunciava la violazione e falsa applicazione dell'articolo 7 l. numero 555/1912 e dell'articolo 5 Regio Decreto numero 949/1912, nonché dell'articolo 2697 c.c. e 101, comma 2, c.p.c. La ricorrente censurava la ratio principale della sentenza impugnata basata sulla rinuncia tacita alla cittadinanza italiana da parte della nonna poiché, secondo la legislazione vigente all'epoca del matrimonio 1929 , non era ammissibile la rinuncia tacita alla cittadinanza italiana. Secondo la Corte d'Appello la rinuncia tacita alla cittadinanza italiana sarebbe configurabile nel fatto che la nonna, in occasione del matrimonio, si fosse dichiarata cittadina brasiliana. In realtà, la legge vigente all'epoca considerava come unico caso di rinuncia tacita per l'acquisto spontaneo della cittadinanza straniera la fissazione all'estero della propria residenza. Per la perdita della cittadinanza era quindi necessario un atto consapevole e volontario di acquisizione della cittadinanza straniera. Con successiva l. numero 91/1992, all'articolo 11 si precisa che all'acquisto della cittadinanza straniera, pur se accompagnato dal trasferimento all'estero della residenza non implica necessariamente la perdita della cittadinanza italiana a meno che l'interessato non vi rinunci con atto consapevole e volontario. Peraltro, recentemente, proprio con riferimento al Brasile, sono intervenute le Sezioni Unite sancendo un principio di diritto di annoverabilità della cittadinanza tra i diritti fondamentali. Con riferimento al secondo motivo, la ricorrente denunciava la violazione e falsa applicazione dell'articolo 804 c.p.c., nonché dell'articolo 101, comma 2, c.p.c. La ricorrente osservava che non esisteva alcun provvedimento di adozione del Tribunale dei minorenni brasiliano e che all'epoca dell'adozione 1961 , l'istituto in Brasile era regolato dall'articolo 375 del codice civile brasiliano del 1916, vigente sino al 2002, che prevedeva a tal fine la redazione di un atto pubblico davanti al notaio, pertanto, non vi era alcun provvedimento giudiziario da sottoporre al vaglio delle autorità italiane. L'atto pubblico di adozione era valido ed efficace in Brasile e non era richiesto alcuna accertamento dell'efficacia dell'atto attributivo di status e privo del carattere patrimoniale e contrattuale. Infatti, l'articolo 375 del codice civile brasiliano, all'epoca vigente, prevedeva che l'adozione si facesse per scrittura pubblica, non tollerante termini e condizioni e quindi con atto notarile. In conclusione, il ricorso veniva accolto, rinviando alla Corte territoriale competente, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

Presidente Genovese - Relatore Scotti Fatti di causa 1. Con ordinanza del 2.3.2020 il Tribunale di Roma ha accolto, in contraddittorio con il Ministero dell'interno e il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il ricorso proposto da G.M.T., residente in omissis e discendente da persona emigrata in omissis alla fine del 1800 M.D., cittadino italiano, bisnonno e le ha riconosciuto la cittadinanza italiana. Secondo il Tribunale, sussisteva discendenza diretta in linea paterna da avo italiano il bisnonno M.D. non era mai stato naturalizzato cittadino omissis , non aveva mai perso la cittadinanza italiana e l'aveva così trasmessa iure sanguinis al figlio e ai suoi discendenti non risultava documentata alcuna rinuncia espressa alla cittadinanza italiana il decreto sulla grande naturalizzazione non poteva imporre l'acquisizione della cittadinanza brasiliana e la perdita di quella italiana, in contrasto con la legge italiana vigente all'epoca. 2. Avverso la predetta ordinanza di primo grado hanno proposto appello i due Ministeri convenuti, a cui ha resistito l'appellata G.M.T La Corte di appello di Roma con sentenza del 3.2.2022 ha accolto il gravame delle Amministrazioni e ha respinto la domanda dell'attrice con l'aggravio delle spese del doppio grado. La Corte di appello, prescindendo dalla posizione di M.D., nato nel omissis ed emigrato in omissis a fine ‘800, si è basata sul fatto che M.M., figlia di M.D. e di altra cittadina italiana N.A., nata il omissis , nonna della ricorrente, si era sposata in omissis con G.L., dichiarandosi in quella occasione cittadina omissis il figlio da lei adottato nel omissis , G.J.T. nato il omissis e quindi minore all'atto dell'adozione , si era sposato con T.D.F.M.G. e da tale matrimonio era nata nel omissis l'attuale ricorrente G.M.T La Corte di appello ha pertanto ritenuto che l'ava M.M. avesse rinunciato alla cittadinanza italiana, dichiarandosi brasiliana con l'atto pubblico del 1929, circostanza che risultava confermata dal fatto che ella avesse vissuto sempre in omissis , avesse colà adottato un figlio e non avesse intrattenuto legami con l'Italia. Inoltre la Corte romana ha osservato che faceva difetto un altro indefettibile presupposto perché non constava l'avvenuto riconoscimento in Italia del provvedimento di adozione del Tribunale dei minori brasiliano da parte di M.M. di G.J.T., padre dell'attrice attuale ricorrente. 3. Avverso la predetta sentenza del 3.2.2022 con atto notificato il 4.4.2022 ha proposto ricorso per cassazione G.M.T., svolgendo due motivi. Le Amministrazioni intimate non si sono costituite. La ricorrente ha depositato memoria illustrativa. Ragioni della decisione 4. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360 c.p.c., nnumero 3 e 5, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione della L. numero 555 del 1912, articolo 7 e del R.D. numero 949 del 1912, articolo 5, nonché dell'articolo 2697 c.c., nonché dell'articolo 101 c.p.c., comma 2. La ricorrente con il motivo censura la ratio principale della sentenza impugnata, basata sulla ravvisata rinuncia tacita alla cittadinanza italiana da parte della nonna M.M., sia perché sarebbe stato violato il principio del contraddittorio e l'articolo 101 c.p.c., comma 2, ponendo a fondamento della decisione un evento che non era stato oggetto di eccezione da parte dei Ministeri appellanti pag. 11-13 , sia perché secondo la legislazione vigente all'epoca del matrimonio di M.M. omissis non era ammissibile la rinuncia tacita alla cittadinanza italiana.   5. La prima censura può essere superata poiché la questione oggetto del rilievo da parte della Corte può essere ritenuta di stretto diritto e basata su di un fatto pacifico ed acquisito al processo. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l'obbligo del giudice di stimolare il contraddittorio sulle questioni rilevate d'ufficio, stabilito dall'articolo 101 c.p.c., comma 2, non riguarda le questioni di diritto ma quelle di fatto, ovvero miste di fatto e di diritto, che richiedono non una diversa valutazione del materiale probatorio bensì prove dal contenuto diverso rispetto a quelle chieste dalle parti ovvero un'attività assertiva in punto di fatto e non già solo mere difese Sez. 2, numero 1617 del 19.1.2022 Sez. 6 - 2, numero 17456 del 30.5.2022 Sez. L, numero 35974 del 22.11.2021 Sez. 3, numero 11724 del 5.5.2021 . 6. La seconda censura, in realtà trattata per prima nell'ambito del motivo alle pagine 7-11 del ricorso, è invece fondata e va accolta. Secondo la Corte d'appello la rinuncia tacita alla cittadinanza italiana sarebbe configurabile nel fatto che la signora M.M. in occasione del matrimonio contratto nel 1929 si fosse dichiarata cittadina brasiliana. 7. La legge vigente all'epoca era la L. 23 giugno 1912, numero 555. L'articolo 1 disponeva E' cittadino per nascita 1 il figlio di padre cittadino 2 il figlio di madre cittadina se il padre è ignoto o non ha la cittadinanza italiana, né quella di altro Stato, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza del padre straniero secondo la legge dello Stato al quale questi appartiene 3 chi è nato nel Regno se entrambi i genitori o sono ignoti o non hanno la cittadinanza italiana, né quella di altro Stato, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori stranieri secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono . L'articolo 7 della stessa legge disponeva Salvo speciali disposizioni da stipulare con trattati internazionali, il cittadino italiano nato e residente in uno Stato estero, dal quale sia ritenuto proprio cittadino per nascita, conserva la cittadinanza italiana, ma, divenuto maggiorenne o emancipato, può rinunziarvi . L'articolo 8 regolava i casi di perdita della cittadinanza e disponeva Perde la cittadinanza 1 chi spontaneamente acquista una cittadinanza straniera e stabilisce o ha stabilito all'estero la propria residenza 2 chi, avendo acquistata senza concorso di volontà propria una cittadinanza straniera, dichiari di rinunziare alla cittadinanza italiana, e stabilisca o abbia stabilito all'estero la propria residenza. Può il Governo nei casi indicati ai numeri 1 e 2 dispensare dalla condizione del trasferimento della residenza all'estero 3 chi, avendo accettato impiego da un Governo estero od essendo entrato al servizio militare di potenza estera, vi persista nonostante l'intimazione del Governo italiano di abbandonare entro un termine fissato l'impiego o il servizio. La perdita della cittadinanza nei casi provveduti da questo articolo non esime dagli obblighi del servizio militare, salve le facilitazioni concesse dalle leggi speciali .   L'articolo 8, peraltro in sostanziale continuità con il previgente articolo 11 c.c., del 1865 che faceva riferimento all'ottenimento della cittadinanza estera, considerava un unico caso di rinuncia tacita per l'acquisto spontaneo della cittadinanza straniera e lo stabilimento all'estero della propria residenza. Per la perdita della cittadinanza era quindi necessario, in alternativa alla formale rinuncia presso l'ufficio consolare secondo il procedimento regolato dal R.D. 2 agosto 1912, numero 949, articolo 5, un atto consapevole e volontario di acquisizione della cittadinanza straniera. Questa Corte ha avuto modo di affermare che alla luce della natura permanente ed imprescrittibile del diritto al riconoscimento della cittadinanza italiana, i figli minori di una donna italiana, che abbia sposato uno straniero e stabilito la propria residenza all'estero, perdono la cittadinanza italiana, ai sensi della L. numero 555 del 1912, articolo 12, comma 3, applicabile ratione temporis, esclusivamente nel caso in cui la madre, a seguito del matrimonio, abbia, ai sensi della L. numero 91 del 1992, articolo 11, rinunciato spontaneamente e volontariamente alla cittadinanza italiana, senza che tale rinunzia - alla luce delle sentenze della Corte costituzionale numero 87 del 1975 e numero 30 del 1983 - possa costituire la mera conseguenza dell'acquisto della cittadinanza del coniuge straniero L. numero 555 del 1912, articolo 10 ovvero di una volontà abdicativa non liberamente determinata L. numero 555 del 1912, articolo 8 , Sez. 1, numero 19428 del 3.8.2017 Sez. 6 - 1, numero 22608 del 5.11.2015 . Si è detto inoltre, sia pur con riferimento alla normativa successiva, che ai sensi della L. numero 91 del 1992, articolo 11, l'acquisto della cittadinanza straniera, pur se accompagnato dal trasferimento all'estero della residenza, non implica necessariamente la perdita della cittadinanza italiana, a meno che l'interessato non vi rinunci con un atto consapevole e volontario. Infatti, come si evince dall'articolo 4 Cost., dall'articolo 15 della Dichiarazione universale dei diritti dell'Uomo del 10 dicembre 1948 e dal Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, ogni persona ha un diritto soggettivo permanente ed imprescrittibile allo stato di cittadino, che è azionabile in via giudiziaria in ogni tempo e può perdersi solo per rinuncia. In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, dichiarando la cittadinanza italiana della ricorrente - e di suo figlio - in quanto, sebbene trasferitasi in omissis acquistando la cittadinanza di quel Paese, mai aveva esplicitamente rinunciato a quella italiana . Sez. 1, numero 22271 del 3.11.2016 . Recentemente - e proprio con riferimento al omissis - sono autorevolmente intervenute nel dibattito anche le Sezioni Unite, affermando che l'istituto della perdita della cittadinanza italiana, disciplinato dal codice civile del 1865 e dalla L. numero 555 del 1912, ove inteso in rapporto al fenomeno della cosiddetta grande naturalizzazione degli stranieri presenti in omissis alla fine dell'Ottocento, implica un'esegesi restrittiva delle norme afferenti, nell'alveo dei sopravvenuti principi costituzionali, essendo quello di cittadinanza annoverabile tra i diritti fondamentali. In questa prospettiva, l'articolo 11 c.c., numero 2, del 1865, nello stabilire che la cittadinanza italiana è persa da colui che abbia ottenuto la cittadinanza in paese estero , sottintende, per gli effetti sulla linea di trasmissione iure sanguinis ai discendenti, che si accerti il compimento, da parte della persona all'epoca emigrata, di un atto spontaneo e volontario finalizzato all'acquisto della cittadinanza straniera - per esempio integrato da una domanda di iscrizione nelle liste elettorali secondo la legge del luogo -, senza che l'aver stabilito all'estero la residenza, o anche l'aver stabilizzato all'estero la propria condizione di vita, unitamente alla mancata reazione ad un provvedimento generalizzato di naturalizzazione, possa considerarsi bastevole a integrare la fattispecie estintiva dello status per accettazione tacita degli effetti di quel provvedimento. Sez. U., numero 25317 del 24.8.2022 . 8. Il ragionamento seguito dalla Corte capitolina non ha fatto retta applicazione delle norme e dei principi sopra illustrati.   La perdita della cittadinanza non poteva essere fatta derivare dalla mera dichiarazione della nonna della ricorrente di essere cittadina brasiliana, non accompagnata dall'espressa rinuncia alla cittadinanza italiana nelle modalità previste dalla legislazione dell'epoca L. numero 555 del 1912, articolo 7 del R.D. numero 949 del 1912, articolo 5 . Inoltre, non può essere fatta derivare dalla dichiarazione di un soggetto titolare di doppia cittadinanza la rinuncia ad una di esse per il semplice fatto di aver dichiarato in uno dei due Stati di appartenenza di essere cittadino di quello Stato. Il fatto che M.M. fosse cittadina italiana all'atto del matrimonio non è revocato in dubbio non era quindi possibile ravvisare alla luce della legge dell'epoca una rinuncia tacita desunta da comportamenti comunque non concludenti, senza un'espressa dichiarazione di volere rinunciare alla cittadinanza italiana nei modi previsti dal R.D. numero 949 del 1912, articolo 5. Deve quindi ritenersi, almeno con riferimento alla posizione dell'ava M.M., sussistente il fatto costitutivo della discendenza ininterrotta da cittadino italiano senza che sia stata fornita prova ex adverso del fatto estintivo. 9. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360 c.p.c., nnumero 3 e 5, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell'articolo 804 c.p.c., applicabile ratione temporis, della L. numero 184 del 1983, articolo 27, comma 1, articolo 34, comma 3, e articolo 35, comma 1, della L. numero 91 del 1992, articolo 3, commi 1 e 2, dell'articolo 115 c.p.c., nonché dell'articolo 101 c.p.c., comma 2. Il motivo è diretto contro l'affermazione incidentale di pagina 5 della sentenza impugnata, configurante autonoma ratio decidendi capace di sorreggere anche da sola la decisione, secondo cui faceva difetto anche un altro indefettibile presupposto perché il provvedimento di adozione del Tribunale dei minori brasiliano da parte di M.M. nei confronti di G.J.T., padre dell'attrice attuale ricorrente, non risultava essere stato riconosciuto in Italia. Tale affermazione è stata poi ripresa dalla Corte romana anche a pagina 6 della sentenza con il riferimento alla mancanza di prova che fosse stato riconosciuto in Italia il provvedimento di adozione sopra richiamato, circostanza afferente alla prova della discendenza diretta e ininterrotta, e cioè a un elemento costitutivo della domanda. La ricorrente lamenta da un lato, anche in questo caso, la violazione dell'articolo 101 c.p.c., comma 2 dall'altro, osserva che non esisteva alcun provvedimento di adozione del Tribunale di minorenni brasiliano e che all'epoca 26.6.1961 l'adozione in omissis era regolata dall'articolo 375 c.c., brasiliano del 1916 vigente sino al 2002 che prevedeva a tal fine la redazione di un atto pubblico davanti al Notaio, sicché non vi era alcun provvedimento giudiziario da sottoporre al vaglio delle autorità italiane. Secondo la ricorrente, era viceversa applicabile alla fattispecie l'abrogato articolo 804 c.p.c., secondo il quale l'efficacia esecutiva nella Repubblica degli atti contrattuali ricevuti da pubblico ufficiale in paese estero poteva essere dichiarata con sentenza della Corte d'appello del luogo in cui l'atto doveva eseguirsi, previo accertamento che l'atto aveva forza esecutiva nel paese estero nel quale era stato ricevuto e che non conteneva disposizioni contrarie all'ordine pubblico italiano. Tuttavia, secondo la ricorrente, non vi era alcun apprezzabile interesse a richiedere ai sensi dell'articolo 804 c.p.c. siffatta dichiarazione presuppone un interesse concreto al conferimento di efficacia esecutiva dell'atto ai soli fini esecutivi in senso stretto l'atto pubblico di adozione era valido ed efficace in omissis e certificava il rapporto di filiazione fra M.M. e G.J.T. non era richiesto alcun accertamento dell'efficacia dell'atto di adozione, attributivo di status e privo del carattere patrimoniale e contrattuale e tale atto era invece stato utilizzato come mero mezzo di prova.   Infine, aggiunge ancora la ricorrente, il principio dell'acquisto automatico della cittadinanza italiana del minore adottato da cittadino italiano è contenuto nella L. 5 febbraio 1992, numero 91, articolo 3, commi 1 e 2, secondo il quale 1. Il minore straniero adottato da cittadino italiano acquista la cittadinanza. 2. La disposizione del comma 1 si applica anche nei confronti degli adottati prima della data di entrata in vigore della presente legge , che ribadisce quanto disposto della L. 4 maggio 1983, numero 184, articolo 27 e 35, secondo cui Per effetto dell'adozione l'adottato acquista lo stato di figlio nato nel matrimonio degli adottanti, dei quali assume e trasmette il cognome e L'adozione pronunciata all'estero produce nell'ordinamento italiano gli effetti di cui all'articolo 27 . 10. Il rilievo d'ufficio da parte della Corte territoriale in questo caso verte su di una questione mista di fatto e di diritto sulla quale non era stata sollecitata dalle parti Sez. 1, numero 3543 del 6.2.2023 Sez. 2, numero 1617 del 19.1.2022 Sez. 3, numero 11724 del 5.5.2021 ma appare assorbente il rilievo della fondatezza delle censure prioritariamente esposte dalla ricorrente. 11. Anche nel merito, infatti, il motivo di ricorso è fondato e va accolto. La Corte di appello si fonda sulla sussistenza di un provvedimento di adozione del Tribunale dei minori brasiliano, e cioè di un provvedimento giurisdizionale, per lamentarne il mancato riconoscimento in Italia. Invece la legge brasiliana dell'epoca, e cioè l'articolo 375 c.c., all'epoca vigente, prevedeva che l'adozione si facesse per scrittura pubblica, non tollerante termini e condizioni, e quindi con atto notarile, nel caso prodotto dalla parte ricorrente come docomma 9. Il Tribunale dei Minorenni, come chiarisce la ricorrente e come risulta dal certificato e relativa traduzione dal portoghese docomma 9 prodotto dalla ricorrente, si era limitato a dar mandato per l'annotazione dell'atto di adozione rogato dal Notaio il 26.6.1961 in virtù di un'ordinanza del Giudice Ausiliario del Tribunale Privato di Minori, di questo Distretto Giudiziario, datato questo diciassette del corrente anno e firmato dal cancelliere del 1 Ufficio, con la presente registro l'adozione, che è stata redatta presso il 13 Ufficio Notarile di questa Capitale . Ai sensi della legge italiana vigente nel 1962, e quindi dell'articolo 26 preleggi, la forma dell'atto era regolata primariamente dalla legge nazionale del luogo in cui esso era compiuto. Non trattandosi di un atto giurisdizionale, l'atto di adozione non necessitava di riconoscimento in Italia. 12. L'articolo 804 c.p.c., all'epoca vigente abrogato, a far data dal 31.12.1996, dalla L. 31 maggio 1995, numero 218, articolo 73, come sostituito, da ultimo, dal D.L. 23 ottobre 1996, numero 542, articolo 10, convertito, con modificazioni, nella L. 23 dicembre 1996, numero 649 disponeva L'efficacia esecutiva nella Repubblica degli atti contrattuali ricevuti da pubblico ufficiale in paese estero è dichiarata con sentenza della Corte d'appello del luogo in cui l'atto deve eseguirsi, previo accertamento che l'atto ha forza esecutiva nel paese estero nel quale è stato ricevuto e che non contiene disposizioni contrarie all'ordine pubblico italiano . Tuttavia la necessità di tale incombente era prevista ai soli fini esecutivi, come ha chiarito più volte la giurisprudenza di questa Corte, e non quindi quando sia fatto valere a fini probatori, come nella fattispecie. Si è infatti affermato che la dichiarazione di riconoscimento del figlio naturale, resa all'estero dal cittadino italiano, nelle forme alternativamente previste dall'articolo 26 disp. genumero , comma 1, è suscettibile di diretta iscrizione nel registro delle nascite, a norma del R.D. 9 luglio 1939, numero 1238, articolo 84, 85 ed 89, sull'ordinamento dello stato civile, e rende conseguenzialmente operanti gli obblighi patrimoniali inerenti al rapporto di parentela secondo la legge italiana in base all'articolo 20 delle citate disposizioni , senza che occorra richiedere un provvedimento giurisdizionale di delibazione ai sensi dell'articolo 804 c.p.comma Sez. 1, numero 2358 del 9.3.1988 . Si è anche sostenuto che l'accertamento dell'efficacia esecutiva in Italia degli atti ricevuti da pubblico ufficiale in Paese estero, disciplinata dall'articolo 804 c.p.c., postula, pur nel silenzio di tale norma, che l'atto straniero abbia i requisiti sostanziali e formali del titolo esecutivo richiesti per l'atto ricevuto in Italia, nonché in base, al combinato disposto dell'articolo 474 c.p.c., numero 3, e articolo 804 c.p.c., che si tratti di atto contrattuale e non meramente dichiarativo o ricognitivo contenente una obbligazione di somme di denaro Sez. 1, numero 1380 del 5.3.1982 principio questo affermato anche da Sez. 1, numero 2363 del 15.5.1978 secondo cui l'accertamento dell'efficacia esecutiva in Italia degli atti contrattuali ricevuti da un pubblico ufficiale in Paese estero, disciplinata dall'articolo 804 c.p.c., e richiesto soltanto ai fini esecutivi in senso stretto esso è perciò limitato ai soli atti pubblici contenenti obbligazioni di somme di danaro, i quali soltanto sono considerati dall'ordinamento italiano titoli esecutivi articolo 474 c.p.c., numero 3 . La finalità prettamente esecutiva dell'incombente si correlava all'assenza di alcun termine per la richiesta di riconoscimento e attualmente l'istituto è disciplinato dalla L. 31 maggio 1995, numero 218, articolo 68, secondo cui le norme di cui all'articolo 67 si applicano anche rispetto all'attuazione e all'esecuzione forzata in Italia di atti pubblici ricevuti in uno Stato estero e ivi muniti di forza esecutiva. Dunque, né in base alla legge dell'epoca dell'atto 1962 , né in base alla legge attualmente vigente, è richiesto il riconoscimento in Italia di un atto pubblico attributivo di uno status e invocato a fini probatori, mentre il riconoscimento era ed è previsto solo se si intendeva o si intenda attuare o eseguire in Italia le obbligazioni che ne discendono, ossia per farne valere l'efficacia coattiva. 13. V'e' infine da aggiungere che per la legge italiana L. numero 91 del 1992, articolo 3 il minore straniero - e quindi G.J.T., che aveva pochi mesi quando è stato adottato il omissis da cittadino/a italiano - e cioè da M.M. - acquista la cittadinanza e ciò vale anche per chi sia stato adottato prima della data di entrata in vigore della L. numero 91 del 1992, e quindi sotto il vigore della precedente Legge sulla Cittadinanza numero 555 del 1912. 14. Valido riscontro della correttezza delle conclusioni attinte si rinviene nella circolare del Ministero dell'Interno K.28.4.del 13.11.2020, basata sul parere del Ministero della Giustizia, illustrata dalla ricorrente alle pagine 17 e 18 del ricorso, secondo cui Tale interpretazione, secondo il citato Dicastero, risulta coerente con i principi generali dell'Ordinamento di Stato Civile, nell'ambito del quale l'iscrizione o la trascrizione di un atto nei registri ha la sola funzione di attribuire certezza giuridica e dare pubblicità ai fatti registrati, giammai quella di incidere sul momento costitutivo di uno status giuridico il cui sorgere scaturisce esclusivamente dagli atti o dai fatti ai quali la legge attribuisce l'efficacia costitutiva del rapporto giuridico. In tema di adozione internazionale, il titolo avente efficacia costitutiva del nostro status civitatis non può che essere il provvedimento di adozione atto di adozione in quanto, determinando il sorgere del rapporto di filiazione, incide anche sull'acquisto della nostra cittadinanza. In conclusione, la trascrizione negli atti di stato civile del decreto di adozione emesso dall'autorità giudiziaria o altra competente nello Stato straniero non è condizione costitutiva dello status civitatis italiano. Rende solo possibile l'efficacia ex tunc del provvedimento divenuto definitivo e dà pubblicità e certezza all'atto fondamentale, costitutivo del diritto di cittadinanza del minore straniero adottato . 15. La Corte ritiene pertanto di enunciare il seguente principio di diritto ai sensi dell'articolo 384 c.p.c. In tema di atti pubblici ricevuti all'estero ai sensi dell'articolo 804 c.p.c., abrogato ma applicabile ratione temporis, la dichiarazione di efficacia in Italia è richiesta ai soli fini esecutivi e non quando l'atto è invocato a fini di prova. Di conseguenza, all'atto pubblico di adozione di un minore da parte di cittadino italiano, che sia validamente ricevuto dal pubblico ufficiale - secondo la legge dello Stato in cui l'atto è compiuto - e applicabile in Italia ai sensi dell'articolo 26 preleggi, consegue l'acquisto da parte dell'adottato della cittadinanza italiana in forza della L. 23 giugno 1912, numero 555, all'epoca vigente, e della L. 5 febbraio 1992, numero 91, articolo 3, commi 1 e 2, a termini del quale l'acquisto della cittadinanza italiana da parte del minore straniero adottato da cittadino italiano opera retroattivamente . 16. Per i motivi esposti meritano accoglimento entrambi i motivi di ricorso, e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie entrambi i motivi di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.