L’articolo 270, comma 1, c.p.p., stabilisce il principio del divieto di utilizzabilità dei risultati di intercettazioni disposte in procedimenti diversi, salvo che esse siano indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza.
Con sentenza numero 16571, depositata il 19 aprile 2023, la Suprema Corte si è ritrovata ad affrontare l'ennesima controversia inerente il divieto di utilizzabilità dei risultati di intercettazioni disposte in procedimenti diversi. E ricorda a riguardo che «la valutazione della indispensabilità di tali risultati ai fini dell'accertamento per cui si procede e per i quali è previsto l'arresto in flagranza, non debba essere espressivamente motivata dal giudice di merito, potendo essere compiuta anche implicitamente, mediante l'attribuzione agli elementi utilizzati di specifica rilevanza ai fini della decisione adottata» Cass. numero 5821/2022 . Inoltre, è stato anche precisato che «ai fini del divieto di utilizzazione in procedimenti diversi dei risultati di intercettazioni, la diversità del procedimento deve essere intesa in senso sostanziale e ricollegata al dato dell'alterità del procedimento, in quanto instaurato in relazione ad una notizia che derivi da un fatto storicamente diverso da quello oggetto di indagine» Cass. numero 7320/2010 . Sul tema sono intervenute anche le Sezioni Unite, affermando che, fuori dai casi in cui il risultato delle captazioni in procedimenti diversi risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza, «il divieto di cui all'articolo 270 c.p.p.non opera con rifermento agli esiti relativi ai reati che risultino connessi, ex articolo 12 c.p.p., a quelli in relazione ai quali l'autorizzazione era stata “ab origine” disposta, semprechè rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dall'articolo 266 c.p.p.» Cass. numero 51/2019 Per tutti questi motivi, il ricorso in oggetto viene rigettato.
Presidente Di Nicola – Relatore Magro Ritenuto in fatto 1. M.M. ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata deducendo vizio della motivazione e violazione di legge in ordine all'affermazione della responsabilità per il reato di cui al D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73, comma 1. In particolare, il ricorrente lamenta inosservanza ed erronea applicazione dell'articolo 130, disp. att. c.p.p., articolo 415 bis c.p.p., comma 2, articolo 416 c.p.p., comma 2, posto che il giudice di merito ha dichiarato la penale responsabilità sulla base di un compendio probatorio almeno in parte inutilizzabile, avendo disposto l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento, ai sensi dell'articolo 507 c.p.p., di due intercettazioni telefoniche intercettazione del 14 agosto 2010, da cui emergeva la data di nascita di tale M. , identificato con il ricorrente, e la registrazione audio della richiesta di intervento fatta dallo stesso M. ai Carabinieri in data 22 dicembre 2010 , del tutto assenti dal compendio processuale, mai inserite neppure nel fascicolo delle indagini del Pubblico Ministero, ed inerenti ad altro procedimento penale, ritenendole decisive ai fini del giudizio di responsabilità dell'imputato, in quanto da esse il teste S. aveva identificato la voce dell'imputato. Il ricorrente deduce, quindi, la violazione dei diritti di difesa, posto che da tali acquisizioni il giudice desumeva la piena identificabilità del ricorrente con il soggetto che aveva in uso l'utenza telefonica, sulla base del riconoscimento vocale avvenuto ad opera del suddetto operante, pur in assenza di ulteriori elementi di riscontro, quali servizi di opc, e considerato che il teste S. ha dichiarato di non aver mai visto l'imputato. La Corte d'Appello di Cagliari ha ritenuto pienamente utilizzabili le due conversazioni telefoniche ritenendo infondata l'eccezione difensiva della inutilizzabilità di tali elementi probatori in un procedimento diverso da quello in cui sono state disposte, richiamando la nozione di diverso procedimento e precisando che essa debba ancorarsi ad un criterio di valutazione sostanzialistica, per cui si ha identità di procedimenti in presenza di una connessione sostanziale tra il contenuto dell'originaria notizia di reato, per la quale sono state disposte le intercettazioni, e i reati per i quali si procede sotto il profilo oggettivo, probatorio e finalistico. 2. Il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato in diritto. 1.1. Si osserva preliminarmente che l'articolo 270 c.p.p., comma 1, stabilisce, innanzitutto, il principio del divieto di utilizzabilità dei risultati di intercettazioni disposte in procedimenti diversi, salvo che qualora esse siano indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza. In proposito, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che la valutazione della indispensabilità di tali risultati ai fini dell'accertamento per cui si procede e per i quali è previsto l'arresto in flagranza, non debba essere espressamente motivata dal giudice di merito, potendo essere compiuta anche implicitamente, mediante l'attribuzione agli elementi utilizzati di specifica rilevanza ai fini della decisione adottata Sez. 3, numero 5821 del 18/01/2022, Rv. 282804 . Inoltre, si è precisato che ai fini del divieto di utilizzazione in procedimenti diversi dei risultati di intercettazioni, previsto dall'articolo 270 c.p.p., comma 1, la diversità del procedimento deve essere intesa in senso sostanziale e ricollegata al dato deil'aiterità del procedimento, in quanto instaurato in relazione ad una notizia di reato che derivi da un fatto storicamente diverso da quello oggetto di indagine Sez.6, numero 7320 del 19/01/2010, Rv. numero 246697 . Essa non può dunque essere ricollegata a dati puramente formali, come l'iscrizione della medesima notizia di reato da parte di due diversi uffici di procura Sez.1, numero 29421 del 09/05/2006, Rv.235104 Sez.3, numero 348, del 13/11/2007, Rv.238779 Sez. 5, numero 26693 dei 20/01/2015, Rv. 264001 . D'altronde, il concetto di diverso procedimento non equivale a quello di diverso reato e in esso non rientrano quindi le indagini strettamente connesse e collegate, sotto il profilo oggettivo, probatorio e finalistico, al reato in ordine al quale il mezzo di ricerca della prova è stato disposto Sez.6, numero 11472 del 02/12/2009, Rv. 246524 . Pertanto, condivisibilmente, le Sezioni Unite hanno affermato che, fuori dai casi in cui i risultati delle captazioni in procedimenti diversi in risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza, il divieto di cui all'articolo 270 c.p.p. non opera con riferimento agli esiti relativi ai reati che risultino connessi, ex articolo 12 c.p.p., a quelli in relazione ai quali l'autorizzazione era stata ab origine disposta, sempreché rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dall'articolo 266 c.p.p. Sez. U, numero 51 del 28/11/2019, Rv.277395, Cavallo . 1.2. Orbene, tanto premesso in via generale, e precisato che il procedimento concerne un reato per il quale è previsto l'arresto in flagranza, si osserva che la Corte di appello di Cagliari ha condiviso l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale la nozione di identico procedimento -che evidentemente esclude l'operatività del divieto di utilizzazione previsto dall'articolo 270 c.p.p. concernente procedimenti diversi , - prescinda da elementi formali, come il numero di iscrizione nel registro delle notizie di reato, ma implichi una valutazione di tipo sostanziale , con la conseguenza che il procedimento è considerato identico quando tra il contenuto dell'originaria notizia di reato, alla base dell'autorizzazione, e quello dei reati per cui si procede, vi sia una stretta connessione sotto il profilo oggettivo, probatorio o finalistico, anche qualora le notizie di reato che vengono via via acquisite rientrino nella competenza territoriale di altra autorità giudiziaria. Il giudice di merito ha, pertanto, affermato che il divieto di utilizzabilità di cui all'articolo 270 c.p.p., non fosse, nei caso di specie, operante, in quanto non vi è stata utilizzazione dei risultati delle intercettazioni in procedimenti distinti ed autonomi, ma nel medesimo, identico procedimento, che scaturisce dalla medesima notizia di reato e dalla medesima, ampia indagine, condotta dalla questura di Sassari dai settembre 2009, da cui è emerso che alcuni soggetti ai vertici di un'associazione finalizzata allo spaccio di stupefacenti avessero contatti con il M Il giudice di merito ha quindi ritenuto, con motivazione congrua ed esente da vizi logici, che si non tratti di utilizzazione di materiale probatorio appartenente a un procedimento diverso - soggetta al divieto di cui all'articolo 270 c.p.p. - ma, ricorrendo ad una concezione sostanzialistica del concetto di identità di procedimento , che il procedimento fosse unico, in quanto scaturisce dalla medesima notizia di reato e in quanto concernente il medesimo traffico di stupefacenti. Giova precisare che tale controllo dà luogo a un giudizio di fatto che è censurabile in cassazione solo per mancanza o manifesta illogicità della motivazione Sez. 3, numero 46085 del 28/03/2018, Rv. 275351 . In ultimo, si osserva che il materiale probatorio acquisito è valso solo a consentire il riconoscimento vocale del ricorrente e di ricondurre quanto emerso dalle indagini e intercettazioni disposte nell'ambito del procedimento, a proposito di tale M., all'imputato l'intercettazione è pertanto venuta in rilievo non per i suoi contenuti ma esclusivamente come termine di confronto fonico ai fini del riconoscimento vocale. 2. Il ricorso deve essere, dunque, rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.