Il vano sottotetto dell’edificio condominiale deve essere considerato come pertinenza dell’ultimo appartamento laddove le sue dimensioni non debordino rispetto a quell’appartamento, sia accessibile solo con una botola sul solaio munita di scala retrattile in metallo, sia privo di finestre o punti luce ed abbia un’altezza limitata tale da impedire il facile movimento a causa della presenza di travi in legno basse.
Il proprietario di un appartamento situato in uno stabile condominiale conveniva in giudizio i proprietari dell'appartamento dell'ultimo piano per avere gli stessi realizzato opere murarie che avevano reso esclusivo l'uso di una porzione rilevante del sottotetto. Con la domanda giudiziale veniva richiesto l'accertamento del diritto di comproprietà del vano sottotetto e la restituzione dello stesso all'uso comune con risarcimento dei danni patiti. La domanda veniva accolto solo parzialmente, sulla base dell'affermazione per cui il sottotetto non aveva natura condominiale ma pertinenziale rispetto all'appartamento sottostante. La decisione veniva confermata in appello e la questione giungeva dunque all'attenzione della Suprema Corte. Il Collegio ricorda che sulla natura del sottotetto la giurisprudenza, muovendo dalla mancata sua inclusione tra le parti comuni elencate dall'articolo 1117 c.c. nella versione antecedente al 2012, qui applicabile ratione temporis, si è costantemente espressa sostenendo che «la sua determinazione debba tener conto, in primo luogo, del titolo e, soltanto in sua mancanza, della funzione in concreto impressa al bene, dovendo lo stesso essere considerato di proprietà esclusiva del titolare dell'appartamento dell'ultimo piano, quale sua pertinenza, quando avente la funzione di isolare e proteggere l'appartamento medesimo dal caldo, dal freddo e dall'umidità, fungendo da camera d'aria isolante, e, viceversa, di proprietà del condominio, quando avente dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l'utilizzazione come vano autonomo» Cass. civ. sez. II numero 6143/2016 e «oggettiva destinazione concreta, sia pure in via solo potenziale, all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune Cass. civ. sez. II numero 17249/2011 ». Nella vicenda in esame i giudici di merito, nell'affermare la natura pertinenziale della porzione di sottotetto contesa, si sono chiaramente attenuti ai suddetti principi sia facendovi espresso riferimento, ma anche perché, alla stregua degli stessi, hanno analizzato struttura e funzione del bene, valorizzando il fatto che fosse immediatamente sovrastante l'appartamento dei controricorrenti senza debordare, non fosse facilmente accessibile se non attraverso una botola posta sul solaio all'ingresso munita di scala retrattile in metallo, fosse privo di finestre o punti luce e avesse un'altezza limitata e tale da impedire, anche nei punti più alti mt. 1,80 , il facile movimento a causa della presenza di travature in legno più basse. Il ricorso viene dunque rigettato.
Presidente Manna – Relatore Pirari Rilevato che 1. C.S., proprietario di un appartamento nello stabile condominiale sito in omissis , premessa l'esistenza, all'ultimo piano del palazzo, di un vano sottotetto, accessibile attraverso una botola situata nel vano scala condominiale e utilizzato dal condominio per il deposito di materiale edile e per l'impianto centralizzato TV, e l'avvenuta esecuzione nel 1995, da parte del proprietario dell'appartamento sottostante, R.M., di opere murarie che ne avevano reso possibile l'utilizzo esclusivo di una porzione rilevante, benché non inclusa nel suo atto di compravendita, convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Bologna, quest'ultimo e B.A., onde ottenere l'accertamento del diritto di comproprietà del vano sottotetto e dell'appropriazione illecita, da parte loro, del predetto immobile, nonché la loro condanna alla restituzione alla proprietà e all'uso comune del vano, alla rimessione in pristino e al risarcimento dei danni patiti, consistiti nel mancato utilizzo del bene e nel mancato pagamento, da parte loro, dalle spese condominiali, oltre interessi legali e rivalutazione, deducendo che i convenuti. Il giudizio così incardinato, nel quale si costituirono i convenuti, chiedendo il rigetto delle domande, esitò nel parziale rigetto delle domande, pronunciata dal Tribunale adito con la sentenza numero 20998-2010, che, impugnata, dal medesimo C., fu confermata dalla Corte d'Appello di Bologna con sentenza numero 1525-2018. 2. Contro la predetta sentenza C.S. propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, illustrati anche con memoria. Sono rimasti intimati R.M. e B.A. . Considerato che 1. Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1117 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, per avere i giudici d'appello affermato che il sottotetto non avesse natura condominiale, ma pertinenziale all'appartamento sottostante, senza considerare che le caratteristiche del bene, come accertate dalla consulenza tecnica d'ufficio svolta nel primo grado, erano tali da far propendere per la comproprietà dello stesso, siccome non costituente una mera intercapedine, in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l'interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, non avendo tenuto conto dell'esistenza, nel sottotetto, di un'apertura finestrata che consentiva l'accesso all'esterno della copertura per l'esecuzione dei lavori di manutenzione, in contrasto con l'asserzione, contenuta in sentenza, dell'assenza in esso di luci e affacci l'altezza al colmo misurata in metri 2,15 e tale da escludere la sua funzione di intercapedine al servizio dell'appartamento sottostante e da affermarne la sua potenziale utilizzabilità comune, in contrasto con quanto affermato dai giudici secondo cui l'altezza era limitata l'esistenza di un accesso condominiale al sottotetto posto sopra le scale comuni, tale da attestare il potenziale uso comune la sua accessibilità ai condomini mediante una botola posta sul soffitto del vano scale e con l'utilizzo di una scala condominiale, tale da attestare non solo la potenzialità dell'uso, ma l'effettivo utilizzo condominiale la sussistenza di una scala retrattile all'interno dell'appartamento dei convenuti e la presenza di un muro di separazione, attestanti l'avvenuta abusiva occupazione del bene da parte loro. I giudici, in definitiva, non avevano tenuto conto, ad avviso del ricorrente, del fatto che il sottotetto può considerarsi pertinenza dell'appartamento dell'ultimo piano solo qualora assolva all'esclusiva funzione di isolare e proteggere l'appartamento medesimo dal caldo, freddo e umidità, ma non anche quando abbia dimensioni e caratteristiche tali da consentirne un utilizzo come vano autonomo, ipotesi questa nella quale l'appartenenza del bene avrebbe dovuto essere valutata sulla base del titolo, essendo altrimenti condominiale. 2. Col secondo motivo, si lamenta l'omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5, per non avere i giudici di merito considerato le caratteristiche del vano, come riportate dal c.t.u. e descritte nel precedente motivo esistenza di un'apertura finestrata che consente l'accesso all'esterno della copertura, l'altezza al colmo del sottotetto, l'esistenza di un accesso condominiale e l'utilizzo del vano da parte del condominio per il deposito di cavi e delle interconnessioni dell'impianto televisivo . 3. Con il terzo motivo, si lamenta l'omesso esame circa un fatto decisivo ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5, per avere il giudice d'appello omesso di considerare che i convenuti, al fine di ottenere il titolo in sanatoria delle opere edilizie realizzate per appropriarsi del bene condominiale, avevano affermato di avere ottenuto il consenso unanime dei condomini all'esecuzione dell'intervento nel 1954, così riconoscendo l'altruità della proprietà e dichiarando il falso circa la data di esecuzione dei lavori risalenti al 2002, come da delibera condominiale . 4. Con quarto motivo, infine, si lamenta la violazione o falsa applicazione dell'articolo 1102 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, per avere il giudice d'appello omesso di valutare che i convenuti avevano reso una parte di vano comune di esclusiva proprietà, escludendo di fatto l'utilizzo anche solo potenziale da parte dell'attore e degli altri condomini. 5. Il primo e il quarto motivo, da trattare congiuntamente perché strettamente connessi, sono infondati. Va, innanzitutto, premesso come la previsione legale di condominialità, stabilita per i beni di cui all'elenco, non tassativo, contemplato dall'articolo 1117 c.c., derivi sia dall'attitudine oggettiva del bene al godimento comune, sia dalla concreta destinazione del medesimo al servizio comune Cass., Sez. 2, 23/08/2007, numero 17928 , e come la proprietà immobiliare, estendendosi alla proiezione verticale, nel sottosuolo e nello spazio sovrastante, dell'immobile che ne è oggetto, includa, nell'ipotesi di porzione di edificio diviso verticalmente in due parti adiacenti, anche le strutture sovrastanti, che, concorrendo a formare l'unità complessa, ne sono accessorie Cass., Sez. 2, 18/02/1981, numero 991, parla al riguardo espressamente di sottotetto . Sulla natura del sottotetto, in particolare, questa Corte, muovendo dalla mancata sua inclusione tra le porzioni immobiliari rientranti nella presunzione di condominialità di cui al ridetto articolo 1117 c.c., nella versione antecedente al 2012, applicabile ratione temporis, si è costantemente espressa sostenendo che la sua determinazione debba tener conto, in primo luogo, del titolo e, soltanto in sua mancanza, della funzione in concreto impressa al bene, dovendo lo stesso essere considerato di proprietà esclusiva del titolare dell'appartamento dell'ultimo piano, quale sua pertinenza, quando avente la funzione di isolare e proteggere l'appartamento medesimo dal caldo, dal freddo e dall'umidità, fungendo da camera d'aria isolante, e, viceversa, di proprietà del condominio, quando avente dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l'utilizzazione come vano autonomo Cass., Sez. 2, 30/03/2016, numero 6143, Cass., Sez. 2, 28/04/1999, numero 4266 Cass., Sez. 2, 12/8/2011, numero 17249 e oggettiva destinazione concreta, sia pure in via solo potenziale, all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune Cass., Sez. 2, 28/04/1999, numero 4266, cit., Cass., Sez. 2, 18/03/1987, numero 2722 Cass., Sez. 2, 12/8/2011, numero 17249 , in applicazione della presunzione di condominialità di cui alla citata disposizione, la quale opera ogniqualvolta, nel silenzio del titolo, il bene sia suscettibile, per le sue caratteristiche, di utilizzazione da parte di tutti i proprietari esclusivi Cass., Sez. 2, 20/07/1999, numero 7764 Cass., Sez. 2, 30/03/2016, numero 6143 . Orbene, è a questi principi che i giudici di merito, nell'affermare la natura pertinenziale della porzione di sottotetto contesa, si sono chiaramente attenuti, non soltanto perché vi hanno fatto espresso riferimento, ma anche perché, alla stregua degli stessi, hanno analizzato struttura e funzione del bene, valorizzando, al riguardo, il fatto che fosse immediatamente sovrastante l'appartamento dei controricorrenti senza debordare, non fosse facilmente accessibile se non attraverso una botola posta sul solaio all'ingresso munita di scala retrattile in metallo, fosse privo di finestre o punti luce e avesse un'altezza limitata e tale da impedire, anche nei punti più alti mt. 1,80 , il facile movimento a causa della presenza di travature in legno più basse. Alla stregua di tali elementi di fatto, la Corte d'Appello ha, dunque, ritenuto che il sottotetto, in ragione delle sue dimensioni, delle caratteristiche strutturali, dell'assenza di finestre o affacci e della mancata dimostrazione di un diverso impiego da parte dei condomini antecedentemente all'esecuzione dei lavori, non fosse suscettibile di utilizzo come vano autonomo, siccome inadatto alla presenza di persone, e si configurasse, invece, come mero vano tecnico, con funzione di isolamento termico. Nè il mancato accertamento, da parte del giudice di merito, di un suo uso potenziale può dirsi in contrasto con i principi testè enunciati, essendo tale valutazione implicitamente assorbita dal giudizio sulle inutilizzabilità in qualsivoglia maniera del bene in ragione delle sue caratteristiche e non essendo comunque sufficiente, al fine di affermarne la natura condominiale, che i condomini usufruiscano in concreto per i più svariati usi del sottotetto, potendo ciò unicamente comportare l'acquisizione del sottotetto al condominio per usucapione Cass., Sez. 2, 05/04/1982, numero 2090 . Stante la compiuta analisi condotta dai giudici di merito, appare allora evidente come la doglianza si risolva in un'inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento dei predetti, tesa all'ottenimento di una nuova pronuncia di fatto, certamente estranea alla natura e ai fini del giudizio di cassazione Cass., Sez. U., 25/10/2013, numero 24148 . 5.1. Dalla reiezione del primo motivo, deriva necessariamente l'assorbimento c.d. improprio del secondo mezzo, potendosi configurare la violazione dell'articolo 1102 c.c. soltanto nel caso in cui un bene comune esista, ma non anche quando la sua sussistenza sia stata esclusa, come accaduto nella specie. 6. Il secondo e il terzo motivo, da analizzare congiuntamente in ragione della stretta connessione, sono parimenti infondati. L'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5, nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. numero 2 febbraio 2006, numero 40, prevede, infatti, l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio come riferita ad un preciso accadimento o ad una precisa circostanza in senso storico-naturalistico Cass., Sez. 5, 8/10/2014, numero 21152 Cass., Sez. 3, 20/8/2015, numero 17037 Cass., Sez. 1, 8/8/2016, m. 17761 Cass., Sez. 2, 29/10/2018, numero 27415 , riferibile ad un fatto principale ex articolo 2697 c.c. ossia un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo o anche a un fatto secondario, purché controverso e decisivo Cass., Sez. 1, 8/8/2016, numero 17761 Cass., Sez. 6, /10/2017, numero 23238 , mentre è inammissibile la revisione del ragionamento decisorio del giudice, atteso che questa Corte non può mai procedere ad un'autonoma valutazione delle risultanze degli atti di causa e che il vizio non può consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, spettando soltanto al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, controllare attendibilità e concludenza delle prove e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dando liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova, sicché mai può essere censurata in sé la valutazione degli elementi probatori secondo il prudente apprezzamento del giudice Cass., Sez. 5, 11/6/2020, numero 11227 . Orbene, i fatti posti a fondamento delle due censure non consentono di suffragarne la fondatezza con riguardo a quelli posti a base del terzo motivo le dichiarazioni rese dal controricorrente al Comune onde ottenere i titoli abilitativi amministrativi , in quanto non incisivi o determinanti per la decisione, sia perché esulano dai criteri che devono guidare la valutazione del giudice al fine di verificare l'appartenenza del sottotetto in assenza di titolo, sia perché l'efficacia probatoria dell'atto ricognitivo, avente natura confessoria, si esplica così come appunto quella della confessione soltanto in ordine ai fatti produttivi di situazioni o rapporti giuridici sfavorevoli al dichiarante, nei casi espressamente previsti dalla legge, senza assumere valore di prova circa l'esistenza del diritto di proprietà o al di fuori dei casi previsti di altri diritti reali Cass., Sez. 3, 18/6/2003, numero 9687 con riguardo a quelli posti a base del secondo motivo ossia le caratteristiche del bene , perché nient'affatto omessi, ma ampiamente analizzati dal giudice di merito, risolvendosi pertanto la doglianza sul punto nella inammissibile richiesta di revisione del ragionamento decisorio. Ne consegue l'infondatezza delle censure. 7. In conclusione, va dichiarata l'infondatezza dei motivi. Nulla deve disporsi sulle spese, non avendo gli intimati spiegato difesa. P.Q.M. rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. numero 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dell'articolo 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.