Vessata e denigrata la moglie incinta: marito condannato per maltrattamenti

I Giudici pongono in evidenza il clima di pesante sopraffazione vissuto dalla donna in casa, alternato a momenti di quiete, a remissioni di querele, ad inutili promesse, da parte dell’uomo, di cambiare vita.

Condannato per maltrattamenti il marito che è solito denigrare, sia fisicamente che moralmente, la moglie. Ricostruita la triste vicenda, i giudici di merito ritengono sacrosanta, sia in primo che in secondo grado, la condanna dell’uomo finito sotto processo per i comportamenti tenuti tra le mura domestiche ai danni della moglie. All’uomo, condannato a sei anni e sei mesi di reclusione, viene addebitato sia il reato di maltrattamenti che quello di violenza sessuale , a fronte dei soprusi fisici e morali realizzati ai danni della consorte, che ha fornito i dettagli dell’incubo vissuto in casa. In Cassazione, però, l’avvocato che difende l’uomo sotto processo punta a mettere in discussione la credibilità della donna. In questa ottica egli sostiene, a fronte dell’accusa di maltrattamenti, che solo alcuni episodi siano stati confermati, e aggiunge, poi, che «la condotta della donna è stata tesa solamente a creare difficoltà al marito, con incongruenze ed esagerazioni infine concretizzate nel deciso mutamento di condotta dopo l’iniziativa dell’uomo di radicare un giudizio di separazione personale». In realtà, secondo il legale, « il rapporto di coppia era conflittuale in ragione delle ristrettezze economiche dei due coniugi e in conseguenza della fortissima gelosia che la donna nutriva nei confronti della prima famiglia del marito». Per quanto concerne la violenza sessuale lamentata dalla donna, il legale sottolinea come i giudici di merito si siano «limitati a ritenere l’attendibilità della donna senza scendere nei dettagli e senza por mente alle descrizioni del tutto generiche ed incongrue dei pretesi episodi di molestia, cui tra l’altro non aveva fatto seguito alcun riscontro medico». Per i Giudici di Cassazione, però, non vi sono i presupposti per mettere in dubbio la versione dei fatti fornita dalla donna. Su questo fronte, difatti, «la valutazione di attendibilità » della donna «è passata attraverso l’esame del conflittuale rapporto tra i due coniugi, nonché dei ripensamenti e delle ambiguità comportamentali della persona offesa e delle gelosie da lei nutrite nei riguardi della prima famiglia del marito». Correttamente, poi, « le condotte della donna, oggettivamente non lineari in più di un passaggio, sono state fatte risalire alla sua condizione , essendo ella comunque legata al marito, suo sostanziale punto di riferimento nello Stato, dal quale appariva assai complesso prendere le distanze, se non in esito ad ulteriori dolorosi passaggi personali, tali da farle superare difficoltà e debolezze di personalità». Impossibile, poi, catalogare «i non contestati gravi fatti di lesione personale» subiti dalla donna come «episodi isolati», poiché «appare assai arduo, tenuto conto altresì del succedersi di tali fatti nel tempo, ritenerli elementi del tutto privi di contatto con la realtà quotidiana della coppia», anche tenendo conto del « clima di pesante sopraffazione vissuto dalla donna in casa , alternato a momenti di quiete, a remissioni di querele, ad inutili promesse, da parte dell’uomo, di cambiare vita», osservano i Magistrati. In questo quadro si inserisce un ulteriore inequivocabile dettaglio pure « l’annuncio di una gravidanza era stato motivo di ulteriore pesante denigrazione, morale e fisica, dell’uomo nei riguardi della moglie». Sacrosanto, quindi, parlare di maltrattamenti, a fronte della «costante denigrazione riservata dall’uomo alla consorte». Ciò anche alla luce del principio secondo cui «il delitto di maltrattamenti in famiglia non è integrato soltanto da percosse, lesioni, ingiurie, minacce, privazioni e umiliazioni imposte alla vittima, ma anche dagli atti di disprezzo e di offesa alla sua dignità, che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali». Identico ragionamento va fatto, chiariscono i magistrati di Cassazione, riguardo agli « episodi di violenza sessuale » contestati all’uomo e «adeguatamente inseriti nel contesto di squilibrati rapporti personali» fra lui e la consorte. Spiegabili, comunque, secondo i Giudici, le ragioni delle ritardate denunce delle molestie subite dalla donna. In sostanza, si è appurato che «la donna ha effettivamente dimostrato – con le sue condotte di oggettiva violazione delle misure cautelari disposte in suo favore e di indebito avvicinamento al partner – un’attrazione non irrilevante verso il marito», e quindi le non tempestive «denunce di aggressione sessuale risultano ancor più sofferte e, quindi, veritiere e credibili».

Presidente Sarno – Relatore Cerroni Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 26 ottobre 2021 la Corte di Appello di Bologna ha confermato la sentenza del 21 settembre 2020 del Tribunale di Bologna, in forza della quale V.S. era stato condannato alla pena di anni sei mesi sei di reclusione per i reati, uniti dal vincolo della continuazione, di cui agli articolo 572, 61 numero 11-quinquies c.p. capo A 81 capoverso, 582, 585 in relazione agli articolo 576 e 577 c.p. capo B 81 , 609-bis e 609 -ter , comma 1 numero 5-ter e comma 1 numero 5 -quater c.p. capo C in danno del coniuge K.A. 2. Avverso la predetta decisione è stato proposto ricorso per cassazione articolato su cinque motivi di impugnazione. 2.1. Col primo motivo il ricorrente ha lamentato la mancata assunzione di prove decisive e in relazione alla mancata acquisizione della documentazione idonea a comprovare non credibilità della persona offesa e non attendibilità della sua narrazione. In proposito non vi era dubbio, contrariamente ai rilievi della Corte territoriale, che la produzione di documenti era subordinata alle regole generali di non manifesta superfluità e di rilevanza rispetto al giudizio, laddove detta istanza istruttoria era strumentale solamente rispetto al tema di attendibilità e credibilità della parte civile. 2.2. Col secondo motivo, quanto ai contestati maltrattamenti, in realtà erano stati confermati solamente gli episodi di cui al capo B, che infatti non era oggetto di impugnazione. Del pari la condotta della parte civile era stata tesa solamente a creare difficoltà all'imputato, con incongruenze ed esagerazioni infine concretizzate nel deciso mutamento di condotta dopo l'iniziativa del ricorrente di radicare un giudizio di separazione personale. In realtà il rapporto di coppia era conflittuale in ragione delle ristrettezze economiche dei due e in conseguenza della fortissima gelosia che la parte civile nutriva nei confronti della prima famiglia dell'imputato. 2.3. Col terzo motivo, quanto alla contestata violenza sessuale, la sentenza impugnata si era limitata a ritenere l'attendibilità della donna senza scendere nei dettagli e senza por mente alle descrizioni del tutto generiche ed incongrue dei pretesi episodi di molestia, cui tra l'altro non aveva fatto seguito alcun riscontro medico. 2.4. Col quarto motivo è stato censurato il mancato riconoscimento dell'ipotesi di minore gravità, di cui all'ultimo comma dell' articolo 609- bis c.p. 2.5. Col quinto motivo infine il ricorrente si è doluto quanto alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche, il cui rigetto - nonostante il corretto comportamento processuale - era stato anche giustificato dalla violazione della misura del divieto di avvicinamento alla parte civile, violazione la cui responsabilità andava ascritta proprio a quest'ultima. 3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell'inammissibilità del ricorso. 4. La parte civile ha dimesso memoria di conclusioni. Considerato in diritto 5. Il ricorso è infondato. 5.1. In via del tutto preliminare, peraltro, si osserva che i motivi di ricorso possono peraltro essere esaminati prendendo in considerazione sia la motivazione della sentenza impugnata sia quella della sentenza di primo grado, e ciò in quanto i giudici di merito hanno adottato decisioni e percorsi motivazionali comuni. La struttura motivazionale della sentenza di appello si salda pertanto con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo ex plurimis , Sez. 1, numero 8868 del 26/06/2000, Sangiorgi, Rv. 216906 cfr. da ult. Sez. 5, numero 40005 del 07/03/2014, Lubrano Di Giunno, Rv. 260303 , cui occorre far riferimento per giudicare della congruità della motivazione, integrando e completando quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quella d'appello Sez. 1, numero 1309 del 22/11/1993, dep. 1994, Scardaccione, Rv. 197250 . 5.2. In ordine quindi al primo motivo di censura, è nozione consolidata che, nel giudizio d'appello, la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, prevista dall' articolo 603, comma 1, c.p.p. , è subordinata alla verifica dell'incompletezza dell'indagine dibattimentale ed alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria tale accertamento è rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivata ex plurimis , già ricordate dal Procuratore generale, Sez. 6, numero 48093 del 10/10/2018, G., Rv. 274230 Sez. 6, numero 8936 del 13/01/2015, Leoni, Rv. 262620 . In proposito, e contrariamente ai rilievi del ricorrente, la Corte territoriale ha abbondantemente dato conto delle ragioni di superfluità della richiesta istruttoria, ed alcunché di illogico può ravvisarsi al riguardo. Al contrario, proprio la descrizione del contenuto di simile compendio è tale da confermare la correttezza del giudizio di superfluità, in quanto la valutazione di attendibilità comunque attribuita alla parte civile ad opera delle sentenze di merito - è passata attraverso l'esame del conflittuale rapporto tra le parti, nonché dei ripensamenti e delle ambiguità comportamentali della persona offesa, delle gelosie nutrite dalla stessa donna nei riguardi della prima famiglia dell'odierno ricorrente. Laddove le condotte della K., oggettivamente non lineari in più di un passaggio, sono state non illogicamente fatte risalire, anche con l'ausilio di soggetti tecnici istituzionali e per ciò solo oggettivamente disinteressati, alla condizione della stessa parte civile, comunque legata al marito suo sostanziale punto di riferimento nello Stato, dal quale appariva assai complesso prendere le distanze se non in esito ad ulteriori dolorosi passaggi personali, tali da farle superare difficoltà e debolezze di personalità. In relazione proprio alla valutazione di attendibilità, il ricorrente per vero neppure si confronta specificamente con quanto osservato dalla Corte territoriale, la quale appunto - tratteggiando la personalità della persona offesa - ha ritenuto non illogicamente di attribuire credibilità ai racconti della donna. 5.3. Per quanto poi riguarda il secondo profilo di doglianza, vero è anzitutto che sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito Sez. 6, numero 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601 Sez. 6, numero 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482 . Ciò posto, per un verso la sentenza impugnata ha escluso che i non contestati gravi fatti di lesione personale rappresentassero solamente episodi isolati ed invero, tenuto conto altresì del succedersi di tali fatti nel tempo, appare assai arduo, anche sotto il profilo del senso comune, ritenerli monadi del tutto prive di contatto con la realtà quotidiana della coppia , e d'altro lato ha dato conto del clima di pesante sopraffazione che era vissuto in casa, alternato a momenti di quiete, a remissioni di querele, ad inutili promesse di cambiare vita. Mentre l'annuncio di una gravidanza era stato motivo di ulteriore pesante denigrazione, morale e fisica, del ricorrente nei riguardi della moglie. In definitiva, infatti, è nozione comune che il delitto di maltrattamenti in famiglia non è integrato soltanto dalle percosse, lesioni, ingiurie, minacce, privazioni e umiliazioni imposte alla vittima, ma anche dagli atti di disprezzo e di offesa alla sua dignità, che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali Sez. 6, numero 44700 del 08/10/2013, P., Rv. 256962 , ed è quanto è stato adeguatamente rappresentato dalla Corte territoriale, traendo non illogica valutazione dagli elementi emersi nel corso dell'ampia istruttoria, e dalla costante denigrazione riservata dal V. alla propria consorte. 5.4. Eguali considerazioni non possono non essere formulate avuto riguardo ai contestati episodi di violenza sessuale, adeguatamente inseriti nel medesimo contesto di squilibrati rapporti personali fatto proprio dai Giudici del merito con motivazione certamente non incongrua. Ciò anche laddove - in particolare con la pronuncia del Tribunale bolognese - è stata fornita ampia spiegazione circa le ragioni delle ritardate denunce delle molestie subite, anche in ragione del fatto che la persona offesa - con le sue condotte di oggettiva violazione delle misure cautelari disposte in suo favore, e di indebito avvicinamento al partner indagato - aveva effettivamente dimostrato un'attrazione non irrilevante verso costui. Sì che le relative denunce di aggressione sessuale risultano ancor più sofferte, e quindi veritiere e credibili. 5.5. In ordine poi al mancato riconoscimento dell'ipotesi di minore gravità, di cui all'ultimo comma dell' articolo 609 -bis   cit., vero è che la sentenza impugnata ha dato atto che la relativa istanza è stata formulata in sede di conclusioni, e che comunque essa si è pronunciata nel merito della richiesta. Ciò posto, sì che la sollecitazione alla pronuncia vi era in effetti stata, la circostanza attenuante della minore gravità può essere riconosciuta solo all'esito di una valutazione globale del fatto che tenga conto del grado di coartazione esercitato sulla vittima, delle sue condizioni fisiche e mentali, dell'entità della compressione della libertà sessuale e del danno arrecato, anche in termini psichici, al soggetto passivo, sicché deve escludersi che la sola tipologia dell'atto possa essere sufficiente per ravvisare o negare tale attenuante ad es. Sez. 3, numero 39445 del 01/07/2014, S., Rv. 260501 . Ciò non toglie che la valutazione complessivamente operata dai Giudici del merito appaia certamente non arbitraria o illogica, tenuto altresì conto della ricorrenza di specifiche aggravanti nel fatto e delle ribadite condizioni della donna, di cui vi è complessivamente adeguata traccia motivazionale. 5.6. In relazione infine all'invocato riconoscimento delle attenuanti generiche, è nozione comune che il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell' articolo 133 c.p. , considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione Sez. 5, numero 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269 . Infatti, al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall' articolo 133 c.p. , quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all'entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all'uopo sufficiente Sez. 2, numero 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 . Tenuto conto della compenetrazione argomentativa tra le due decisioni, al riguardo sono state invero sottolineate quali elementi di prevalente rilievo, ed anche in proposito non si scorgono vizi motivazionali, tanto la durata delle condotte maltrattanti quanto la ripetizione degli episodi lesivi. 5.6.1. Anche sotto questo residuale profilo non si ravvisano quindi ragioni di annullamento della decisione impugnata. 6. L'infondatezza dei motivi di impugnazione non può pertanto che comportare il rigetto del ricorso, con la condanna altresì del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nei termini di cui al dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di Appello di Bologna con separato decreto di pagamento ai sensi degli articolo 82 e 83 D.P.R. numero 115 del 2002 , disponendo il pagamento in favore dello Stato.