Carta d’identità e tessera sanitaria false: i reati contestabili sono due

Confermata la condanna per possesso di documento falso e per uso di un atto falso per un uomo che aveva tentato di ottenere un finanziamento per l’acquisto di due I-phone presentando una carta d’identità elettronica e una tessera sanitaria regionale false. 

La Corte d'Appello di Milano confermava la sentenza di prime cure con cui l'imputato era stato condannato per possesso di una carta d'identità elettronica falsa e tentata truffa in concorso per aver tentato di acquistare due I-phone con apertura di finanziamento esibendo la predetta CIE e una tessera sanitaria, anch'essa falsa e solo apparentemente rilasciata dalla Regione, condotta rilevante anche ai fini del delitto di uso di atto falso ex articolo 489 c.p. Proprio su tale profilo fa leva il ricorso proposto dalla difesa in Cassazione.  Il Collegio rileva in primo luogo come correttamente i giudici di merito abbiano distinto le condotte di possesso di documenti di identificazione falsi e uso di atto falso. Nel primo caso infatti l'oggetto della condotta deve essere un documento di identità valido anche per l'espatrio, nel secondo caso invece rileva il fatto che la tessera sanitaria era stata esibita al fine di commettere la truffa.  Richiamando la giurisprudenza sul tema Cass. penumero , sez. V, numero 3182 del 14/11/2018, dep. 2019 , si ricorda infatti che «il delitto di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi articolo 497-bis c.p. si distingue da quello di uso di atto falso articolo 489 c.p. in quanto, sul piano strutturale, prescinde dall'esclusione di qualsiasi forma di concorso nella formazione dell'atto falso e, con riguardo al bene protetto, tutela l'affidabilità dell'identificazione personale e non la genuinità del documento in sè». In altre parole, ai fini della sussistenza del delitto di cui all'articolo 497-bis c.p. è sufficiente il possesso del documento valido per l'espatrio falso, a prescindere dall'uso che di esso si intenda fare. In tal senso viene in conclusione chiarito che «in tema di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi, ai sensi dell'articolo 497-bis c.p., non trova applicazione in relazione alla tessera sanitaria che non è documento valido per l'espatrio, per quanto previsto dall'articolo 35 d.P.R. numero 445/2000, che non la elenca tra i documenti espressamente indicati come equipollenti alla carta di identità».  Il ricorso viene in conclusione dichiarato inammissibile. 

Presidente Catena – Relatore Cananzi  Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Milano, con la sentenza emessa il 7 giugno 2022, confermava la sentenza del G.u.p. del Tribunale di Monza, che in sede di giudizio abbreviato aveva accertato la responsabilità penale di D.P.E., in relazione ai delitti di possesso di falso documento di identificazione, nella specie una carta di identità elettronica articolo 61, comma 1, numero 2, 110,497-bis, comma 2, c.p. - capo 1 , di tentata truffa in concorso, per aver tentato di acquistare due cellulari marca Iphone 11, con apertura di pratica di  finanziamento esibendo la predetta falsa carta di identità e una tessera sanitaria anche falsa articolo 56,  110  e  640 c.p. - capo  2 ,  infine di uso di atto falso, in relazione  alla tessera sanitaria apparentemente rilasciata dalla regione Lombardia articolo 61, comma 1, numero 2, 110 e 489 c.p. - capo 3 . 2. Il ricorso per cassazione proposto nell'interesse di D.P.E. consta di due motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall'articolo 173 disp. att. c.p.p. 3. Il primo motivo deduce violazione degli articolo 489 e 497-bis c.p. e vizio di motivazione. La Corte di appello avrebbe errato nel non ritenere la condotta dell'uso della tessera sanitaria assorbita in quella di possesso del documento di identità falso,  essendo consumata una sola condotta con la medesima finalità. La Corte avrebbe omesso una motivazione coerente rispetto al motivo di appello. 4. Il secondo motivo deduce vizio di motivazione. La Corte avrebbe reso una motivazione manifestamente illogica negando le circostanze attenuanti generiche pur a fronte della confessione dell'imputato, oltre che per aver richiamato un precedente arresto e i precedenti penali in assenza di contestazione della recidiva. 5. Il Pubblico ministero, nella  persona  del  Sostituto  Procuratore  generale, ha depositato requisitoria e conclusioni scritte - ai sensi del D.L. 127 del 2020,23 comma 8, - datate 17 novembre 2022 con le quali ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. 6. Il ricorso è stato trattato senza intervento delle parti, ai sensi del dl. numero 137 del 2020, articolo 23, comma 8, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto del D.L. numero 105 del 2021, articolo 7, comma 1. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Il primo motivo è manifestamente infondato. 2.1 A ben vedere la Corte di appello, con motivazione non illogica e corretta in relazione ai principi di diritto,  distingue le condotte di possesso di documenti di identificazione falsi e quello di uso di atto falso. Per il primo richiama la circostanza che debba  trattarsi di documento di identità anche valido per l'espatrio. Per il secondo la circostanza che nel caso in esame la tessera sanitaria fu esibita per commettere la truffa.  Con  ciò,  seppur  implicitamente, la Corte di appello distingue la condotta di possesso del documento di identificazione dall'uso dell'atto falso, operando in tal senso correttamente. A riguardo deve richiamarsi la distinzione fra le due fattispecie di reato già delineata da ultimo da Sez. 5, Sentenza numero 3182 del 14/11/2018, dep. 2019, Rodriguez, Rv. 275412 -01. Con tale pronuncia, al cui orientamento aderisce il Collegio, si richiamava il principio per cui  Il delitto di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi articolo 497-bis c.p. si distingue da quello di uso di atto falso  articolo 489 c.p. in  quanto, sul piano strutturale, prescinde dall'esclusione di qualsiasi forma di concorso nella formazione dell'atto falso e, con riguardo al bene protetto, tutela l'affidabilità dell'identificazione personale e non la genuinità del documento in sé Sez. 5, numero 15833 del 27/01/2010, P.G. in proc. Marku, Rv. 246846 . In sostanza, proseguiva Sez. 5, Rodriguez, in tal senso è eloquente la diversa collocazione delle due norme nel sistema del codice penale, essendo quella di cui all'articolo 489 c.p. inserita nel capo II, titolo III, libro II, dedicato alle ‘falsità in atti, mentre quella di cui all'articolo 497-bis c.p. inserita nel capo IV dedicato alle ‘falsità personali. Tale argomento, in effetti, depone per l'interpretazione secondo la quale la ratio della norma di cui all'articolo 497-bis c.p. -non per nulla frutto dell'intervento legislativo di cui al D.L.27 luglio 2005, numero 144, conv. nella L. 31  luglio  2005, numero 155  Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale - deve individuarsi nella tutela non della genuinità del documento in sé, quanto in quella dell'affidabilità dell'identificazione personale. La diversità dei beni giuridici in sé vale anche per il caso in esame, come valeva per  il caso di Sez. 5, Rodriguez, che riguardava una carta di identità falsa della quale era contestato sia il possesso articolo 497-bis c.p. che l'uso articolo 489 c.p.   il delitto di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi  presuppone  il mero possesso di un documento falso valido per l'espatrio, indipendentemente dall'uso che di esso si intenda fare Sez. 5, numero 39408 del 18/07/2012, D'Agostino, Rv. 253579 nello stesso senso Sez. 5, numero 40272 del 11/07/2016, Bertoli e altri, Rv. 267791 .Tale principio è stato declinato anche quanto al rapporto fra l'articolo 497-bis  e il delitto di sostituzione di persona  articolo 494 c.p. -che è contrassegnato da un'esplicita clausola di sussidiarietà rispetto ad altri delitti contro la fede pubblica - cosicché il secondo non è assorbito dal primo, ma i due reati concorrono Infatti, la seconda articolo 497-bis delle due disposizioni punisce il  mero possesso o la fabbricazione del documento, indipendentemente dalla successiva utilizzazione, mentre la prima articolo 494 c.p. - nel caso la sostituzione avvenga ricorrendo ad un documento di identificazione contraffatto –presuppone proprio tale  utilizzazione, la quale costituisce, pertanto, un fatto ulteriore e autonomo rispetto a quello incriminato dall'articolo 497-bis c.p. Sez. 5, numero 23029 del 03/04/2017, Filograsso, Rv. 270206 .2.2 Tanto premesso deve rilevarsi come nel caso in esame tali principi escludano che la condotta di uso di atto falso, quale la tessera sanitaria, possa essere ricondotta alla fattispecie dell'articolo 497-bis c.p. Per un verso la tessera sanitaria non è documento valido per l'espatrio, in quanto non equipollente alla carta di identità, come osservato dalla Procura generale, in quanto il D.P.R. numero 445 del 2000, articolo 35, tra i documenti  espressamente  indicati come equipollenti  alla  carta  di  identità cfr. Sez. 6, numero 645 del 20/12/2016, dep. 2017 .Per altro verso perché la condotta di cui all'articolo 497-bis riguarda anche il solo possesso, non anche l'uso del  documento,  cosicché comunque l'uso contestato al capo 3 risulterebbe comunque autonomamente rilevante, in quanto lesivo, per quanto su evidenziato, della genuinità del documento in sé. Pertanto può affermarsi,  in tema di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi, ai sensi dell'articolo 497-bis c.p., che non trova applicazione in relazione alla tessera sanitaria che non è documento valido per l'espatrio, per quanto previsto dal D.P.R. numero  445 del 2000, articolo 35, che non la elenca tra i documenti espressamente indicati come equipollenti alla carta di identità. 3. Il secondo motivo è manifestamente infondato per consolidato orientamento giurisprudenziale. Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte le circostanze attenuanti generiche hanno lo scopo di estendere le possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole all'imputato in considerazione di  altrimenti non codificabili situazioni e  circostanze che effettivamente incidano sull'apprezzamento dell'entità del reato e della capacità a delinquere del suo autore. In tal senso la necessità di tale adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, avendo il giudice l'obbligo, quando ne affermi la sussistenza, di fornire apposita e specifica motivazione idonea a fare emergere gli elementi atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio ex multis e da ultime Sez. 3, numero 19639 del 27 gennaio 2012, Gallo e altri,  Rv.  252900   Sez.5, numero 7562 del 17/01/2013 - dep.15/02/2013, P.G. in proc. La Selva, Rv. 254716 . Ed è in questa cornice che devono essere  inseriti gli ulteriori principi per cui la concessione o meno delle attenuanti generiche rientra nell'ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l'adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo,  anche quindi limitandosi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio Sez. 6 numero 41365 del 28 ottobre 2010,  Straface,  rv  248737  Sez. 2, numero 3609 del 18 gennaio 2011, Sermone e altri, Rv. 249163 . Nel caso  in esame la Corte di appello ha fatto buon governo dei principi predetti, per altro esercitando con  adeguata  motivazione la discrezionalità consentita  per un  verso  non  ha  trascurato  la  confessione, ma l'ha ritenuta non rilevante ai fini della attenuazione della pena, in quanto intervenuta a fronte di un un quadro indiziario già consolidato, oltre che subvalente rispetto al precedente arresto dell'imputato, sempre per uso di atto falso, intervenuto appena sette mesi prima  si tratta di  motivazione congrua e logica,  come  tale  insuscettibile di sindacato di legittimità, né la dedotta omessa contestazione della recidiva esclude la correttezza del ragionamento, avendo la Corte territoriale richiamato l'arresto e non una sentenza di condanna, ben potendo valorizzare anche la pendenza di procedimenti. Per  altro è ben  legittimo il diniego delle  circostanze attenuanti generiche motivato con l'esplicita valorizzazione negativa dell'ammissione di colpevolezza, in quanto dettata da intenti utilitaristici e non da effettiva resipiscenza sez. 1, numero 35703 del 05/04/2017, Lucaioli, Rv. 271454 -01 massime conformi numero 6934 del 1991 Rv. 187671 -01, numero 12426 del 1994 Rv. 199886 -01, numero 11732 del 2012 Rv. 252229 -01 . 5. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna della parte ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p. come modificato ex L. 23 giugno 2017, numero 103 , al pagamento delle spese del procedimento e al versamento  della  somma  di Euro 3.000,00 in favore della Cassa  delle  ammende, così equitativamente determinata  in  relazione ai motivi di ricorso che inducono a ritenere la parte in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. 13/6/2000 numero 186 . P.Q.M. Dichiara  inammissibile  il  ricorso  e  condanna  il  ricorrente  al  pagamento  delle  spese  processuali  e  della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.