Deve essere dichiarato inammissibile il ricorso avverso un provvedimento emesso dall'ente impositore in sede di autotutela e avente portata riduttiva rispetto alla pretesa contenuta in un altro avviso di accertamento in rettifica Ici emesso dal Comune.
Lo ha stabilito la Cassazione con l'ordinanza 8226/23 del 22 marzo 2023, con cui ha rigettato il ricorso della contribuente. Autotutela parziale e impugnabilità. Secondo Cass. numero 29595/2018 l'autoannullamento parziale può presentare differenti cause giustificative, a seconda che esso integri la pura riduzione quantitativa dell'originario credito erariale non importa se disposta d'ufficio ovvero su sollecitazione del contribuente la cui tesi difensiva sia in parte accolta , ovvero una riduzione non disgiunta dalla ripresa a tassazione di altri profili impositivi ancorchè di entità complessivamente inferiore a quella originariamente pretesa . Nel primo caso, l'autoannullamento non comporta nuova imposizione, bensì un semplice ridimensionamento unilaterale del credito tributario, così da ingenerare una situazione non dissimile da quella che si definisce - in ambito processuale - di mera riduzione del petitum sempre ammissibile senza violazione del contraddittorio nè dei divieti di mutatio e novità . In tal caso, l'affermata necessità di nuovo avviso con conseguente possibilità di impugnazione da parte del contribuente sortirebbe effetto eccedente il fine, dal momento che questi sarebbe ammesso a ridiscutere in contenzioso gli elementi costitutivi, rimasti fermi, dell'originaria imposizione nonostante l'avvenuta definitività di quest'ultima. Ciò spiega perchè questo tipo di annullamento parziale non richiede la notificazione di successivo avviso di accertamento ovvero di avviso bonario, ma solo la comunicazione al contribuente di quanto disposto in autotutela D.P.R. numero 37 del 1997, articolo 4, comma 2 . Nel secondo caso, al contrario, l'autoannullamento comporta nuova imposizione non importa se quantitativamente più contenuta rispetto a quella iniziale mediante deduzione di presupposti e materie imponibili dapprima non rappresentati per es., con ripresa a tassazione di altre voci e causali imponibili, non contemplate nel primo accertamento . In tale evenienza, non vi è dubbio che il contribuente debba essere posto in grado di contestare la nuova posizione assunta dall'ente impositore, mediante impugnazione dell'avviso di accertamento a tal fine notificatogli. Quindi l'annullamento parziale adottato dall'Amministrazione in via di autotutela o comunque il provvedimento di portata riduttiva rispetto alla pretesa contenuta in atti divenuti definitivi, non rientra nella previsione di cui del d.lgs. numero 546/1992, articolo 19, e non è quindi impugnabile, non comportando alcuna effettiva innovazione lesiva degli interessi del contribuente rispetto al quadro a lui noto e consolidato per la mancata tempestiva impugnazione del precedente accertamento, laddove, invece, deve ritenersi ammissibile un'autonoma impugnabilità del nuovo atto se di portata ampliativa rispetto all'originaria pretesa Cass. 7511/16 così 25673/16 . Nel caso concreto. In tema di contenzioso tributario, l'annullamento parziale adottato dall'amministrazione in via di autotutela o, comunque, il provvedimento di portata riduttiva rispetto alla pretesa contenuta in atti divenuti definitivi, non è impugnabile, non comportando alcuna effettiva innovazione lesiva degli interessi del contribuente rispetto al quadro a lui noto e consolidato per la mancata tempestiva impugnazione del precedente accertamento. Invece, è ammissibile un'autonoma impugnabilità del nuovo atto se di portata ampliativa rispetto all'originaria pretesa cfr. Cass. 7511/2016 . Il contribuente, infatti, deve essere posto nelle condizioni di non subire lesioni dei propri interessi rispetto a pretesi crediti nuovi e nella superfluità di ulteriori azioni processuali, in nome della stabilità dei rapporti giuridici, nei casi in cui l'autoriduzione della pretesa tributaria non muti sostanzialmente il quadro delle ragioni sottese alle richieste impositive al contribuente già note. Nel caso in esame, l'amministrazione ha ridotto la pretesa impositiva di circa mille euro, ridimensionando unilateralmente il preteso credito tributario. Di conseguenza, è da escludere che possa configurarsi una nuova imposizione e l'integrazione di una lesione degli interessi della ricorrente, in quanto gli elementi costitutivi della pretesa sono rimasti immutati, salvo una riduzione del quantum ed è, del pari, da escludere una lesione dei suoi diritti di difesa, in quanto l'impugnativa relativa all'originaria pretesa è ancora sub iudice e in quel procedimento è stato acquisito fin dal primo grado anche l'ulteriore elemento del parziale annullamento della pretesa.
Presidente Stalla – Relatore Billi Fatti di causa - la ricorrente ha proposto sei motivi di impugnazione avverso la sentenza in epigrafe riportata, pronunciata dalla CTR del Lazio che, riformando la pronuncia di primo grado, ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso introduttivo, in quanto proposto avverso un provvedimento numero 399539/83/3 emesso in sede di autotutela e avente portata riduttiva rispetto alla pretesa contenuta in un altro avviso di accertamento in rettifica numero Omissis , riguardante il pagamento dell'Ici relativa all'anno 2009 emesso dal Comune di Omissis per l'importo di Euro 3.357,09 - il provvedimento di annullamento parziale, numero Omissis , oggetto del presente giudizio aveva ridotto la pretesa impositiva a Euro 2.227,89 - l'accertamento in rettifica numero Omissis risultava anch'esso sub iudice - la CTP aveva riconosciuto il diritto all'esenzione ritenendo che la ricorrente avesse dimostrato il requisito della dimora abituale presso l'immobile in Omissis , pur avendo mantenuto la residenza anagrafica fino al 2010 in Omissis - la CTR, in particolare ha ritenuto che - il provvedimento emesso in autotutela, di portata riduttiva rispetto all'originaria pretesa impositiva, non è autonomamente impugnabile, qualora il provvedimento originario sia stato già oggetto di impugnazione in sede giurisdizionale e il relativo procedimento non si è ancora esaurito - a riprova di tale affermazione, entrambe le parti avevano fatto riferimento all'altro giudizio, ognuna richiamando le sentenze emesse a proprio favore, e il provvedimento di annullamento parziale in autotutela è stato prodotto dal Omissis nel giudizio relativo all'originario avviso di accertamento e preso in considerazione dalla CTP che su di esso si era pronunciata sent. numero 8049/65/15 - il controricorrente si è costituito con controricorso, la ricorrente ha depositato memoria, mentre il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso depositando osservazioni scritte. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4, la violazione dell'articolo 112 c.p.c. per omessa motivazione tout court in ordine all'eccezione e alla domanda formulata dalla ricorrente relativamente all'inammissibilità dell'appello proposto da Omissis , perché proposto in violazione dell'articolo 342 c.p.c. La ricorrente evidenzia in proposito che, nonostante l'eccezione sia stata riportata in sentenza, dalla stessa non risulta alcuna motivazione sul punto e ritiene che tale omessa pronuncia costituisca una violazione del principio di correlazione tra il chiesto e il pronunciato. 1.1. Il motivo è infondato. La sentenza impugnata, pur dando conto della preliminare eccezione di inammissibilità dell'appello per violazione dell'articolo 342 c.p.c., ha deciso affermando l'inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio. Essa, pertanto, ha implicitamente ritenuto assorbita l'indicata eccezione. La decisione è corretta, in quanto, benché non esplicitata, è uniforme al principio di recente affermato in sede di legittimità, secondo cui, ove l'Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire e riproporre in appello le stesse ragioni ed argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato, come già dedotto in primo grado, in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimità dell'avviso di accertamento annullato, è da ritenersi assolto l'onere d'impugnazione specifica previsto del D.Lgs. numero 546 del 1992, articolo 53. Cass. numero 6302/2022, Rv. 663885 - 01 2. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4, la violazione dell'articolo 112 c.p.c. per omessa motivazione tout court in ordine all'eccezione formulata dalla ricorrente di estensione all'anno d'imposta 2009 del giudicato esterno formatosi relativamente all'anno di imposta 2008 e in relazione alla domanda di dichiarazione di improcedibilità dell'appello proposto da Omissis . La ricorrente prospetta come decisiva l'eccezione sollevata, in quanto il suo accoglimento avrebbe comportato la dichiarazione di improcedibilità dell'appello e quindi la definitività della sentenza di primo grado favorevole alla contribuente. Deve ritenersi che anche tale eccezione sia stata correttamente ritenuta assorbita, in ragione della dichiarazione dell'inammissibilità del ricorso introduttivo. 2.1. Sulla portata del giudicato esterno in materia tributaria, in ogni caso, si ricorda che l'efficacia espansiva del giudicato esterno nei rapporti di durata può in materia tributaria incontrare un limite nell'autonomia dei singoli periodi di d'imposta. E' stato da tempo chiarito in sede di legittimità che l'indifferenza della fattispecie costitutiva dell'obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d'imposta, assumono carattere tendenzialmente permanente Cass. s.u. numero 13916/2006, Rv. 589696 - 01 . Ben vi possono essere, infatti, elementi costitutivi della fattispecie a carattere tendenzialmente permanente, in quanto entrano a comporre la fattispecie medesima per una pluralità di periodi di imposta. Così lo sono, ad es., le qualificazioni giuridiche che individuano vere e proprie situazioni di fatto ad esempio ente commerciale , ente non commerciale . La giurisprudenza ha chiarito che possono assumere carattere tendenzialmente permanente anche cd elementi preliminari , come la categoria e la rendita catastale o la spettanza di una esenzione o agevolazione pluriennale . Tali elementi possono rimanere costanti anche oltre il limitato arco temporale del periodo di imposta. E' solo in riferimento a tali elementi, dal carattere tendenzialmente permanente, che viene riconosciuta la capacità espansiva del giudicato, coerente, non solo, con l'oggetto del giudizio tributario, che mira all'accertamento nel merito della pretesa tributaria e, quindi, ad una pronuncia sostitutiva dell'accertamento dell'Amministrazione finanziaria, ma anche con la considerazione unitaria del tributo, dettata dalla sua stessa ciclicità che impone, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale, di valorizzare l'efficacia regolamentare del giudicato tributario, quale norma agendi cui devono conformarsi, sia l'Amministrazione finanziaria, sia il contribuente nell'individuazione dei presupposti impositivi relativi ai successivi periodi d'imposta. 2.2. L'esenzione invocata dalla ricorrente nel caso di specie è contemplata dal D.Lgs. numero 30 dicembre 192, numero 504, articolo 8, comma 2, come modificato dalla L. 27 dicembre 2006, numero 296, articolo 1, comma 173, lettera b , secondo cui Dalla imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo, intendendosi per tale, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica, si detraggono, fino a concorrenza del suo ammontare, lire 200.000 rapportate al periodo dell'anno durante il quale si protrae tale destinazione se l'unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica. Per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari dimorano abitualmente . Nel caso in esame l'esenzione invocata poggia, non sul criterio legale principe della residenza anagrafica, ma su quello della residenza abituale, ovvero su un fatto suscettibile di modifiche nel tempo e rimesso alla prova contraria posta a carico del contribuente. Ciò posto, non è possibile ascrivere tale elemento tra quelli suscettibili di assumere un carattere permanente. In tal senso, la previsione di una detrazione rapportata al periodo dell'anno durante il quale si protrae la destinazione dell'unità immobiliare ad abitazione principale, contenuta nella diposizione sopra riportata, come evidenziato dal Procuratore Generale, costituisce espressione dell'alta possibilità che la residenza abituale subisca mutamenti e che, pertanto, non possa assurgere ad elemento della fattispecie con carattere permanente o duraturo. Va ricordato, inoltre, che l'efficacia preclusiva del giudicato non si estende, in generale, alla valutazione delle prove ed alla ricostruzione dei fatti Cass. numero 24067/2006, Rv. 593953 - 01 , ma copre soltanto le qualificazioni giuridiche o altri elementi che abbiano un valore condizionante per la valutazione e la disciplina di una pluralità di altri elementi della fattispecie Cass. numero 7417/2019, Rv. 653514 - 01, numero 1300/2018, Rv. 646807 - 01 . 3. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4, la violazione dell'articolo 132 c.p.c. per motivazione perplessa, per manifesta e irriducibile contraddittorietà della stessa se rapportata alla sentenza della Cassazione numero 7511 del 2016 citata nella stessa sentenza impugnata. Evidenzia che il precedente di legittimità risulta pronunciato rispetto ad atti impositivi divenuti definitivi, laddove nel caso di specie il provvedimento di accertamento non era definitivo, risultando pendente altro giudizio davanti alla Corte di Cassazione. 4. Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente lamenta in via subordinata, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, la violazione di norme di diritto in relazione alla sentenza della Cassazione numero 7511 del 2016, riprendendo sostanzialmente le ragioni già espresse nel terzo motivo. 5. I motivi non sono fondati e, stante la loro stretta connessione, possono essere trattati congiuntamente. Ritiene il Collegio del tutto condivisibile l'orientamento di legittimità secondo cui in tema di contenzioso tributario, l'annullamento parziale adottato dall'Amministrazione in via di autotutela o, comunque, il provvedimento di portata riduttiva rispetto alla pretesa contenuta in atti divenuti definitivi, non rientra nella previsione di cui al D.Lgs. numero 546 del 1992, articolo 19 e non è quindi impugnabile, non comportando alcuna effettiva innovazione lesiva degli interessi del contribuente rispetto al quadro a lui noto e consolidato per la mancata tempestiva impugnazione del precedente accertamento, laddove, invece, deve ritenersi ammissibile un'autonoma impugnabilità del nuovo atto se di portata ampliativa rispetto all'originaria pretesa Cass. numero 7511/2016, Rv. 639628 - 01, nello stesso senso in materia di Iva, Cass. numero 22019/2014, Rv. 632768 - 01 . La conforme giurisprudenza successiva ha chiarito come l'autoannullamento parziale può presentare differenti cause giustificative, a seconda che esso integri la pura riduzione quantitativa dell'originario credito erariale non importa se disposta d'ufficio ovvero su sollecitazione del contribuente la cui tesi difensiva sia in parte accolta , ovvero una riduzione non disgiunta dalla ripresa a tassazione di altri profili impositivi ancorché di entità complessivamente inferiore a quella originariamente pretesa . Nel primo caso, l'autoannullamento non comporta ‘nuovà imposizione, bensì un semplice ridimensionamento unilaterale del credito tributario, così da ingenerare una situazione non dissimile da quella che si definisce, in ambito processuale, di mera riduzione del petitum sempre ammissibile senza violazione del contraddittorio né dei divieti di mutatio e novità . Nel secondo caso l'autoannullamento comporta ‘nuovà imposizione non importa se quantitativamente più contenuta rispetto a quella iniziale mediante deduzione di presupposti e materie imponibili dapprima non rappresentati per es., con ripresa a tassazione di altre voci e causali imponibili, non contemplate nel primo accertamento . In tale evenienza, non vi è dubbio che il contribuente debba essere posto in grado di contestare la nuova posizione assunta dall'ente impositore, mediante impugnazione dell'avviso di accertamento a tal fine notificatogli Cass. numero 29595 del 16/11/2018, Rv. 651288 - 01 . Se è vero che i principi sopra riportati sono stati espressi in relazione a provvedimenti impositivi divenuti definitivi, da tali pronunce, derivano delle coordinate utili per la soluzione del caso di specie. La ragione dell'articolata e del tutto condivisa soluzione interpretativa va rinvenuta nella necessità che il contribuente sia posto nelle condizioni di non subire lesioni dei propri interessi rispetto a pretesi crediti nuovi e nella superfluità di ulteriori azioni processuali, in nome della stabilità dei rapporti giuridici, nei casi in cui l'autoriduzione della pretesa tributaria non muti sostanzialmente il quadro delle ragioni sottese alle richieste impositive al contribuente già note. Nel caso in esame l'amministrazione ha ridotto la pretesa impositiva da Euro 3.357,09 a Euro 2.227,89, riducendo unilateralmente il preteso credito tributario. E' da escludere, sulla base di quanto prospettato dalle parti ed evincibile nella sentenza impugnata, che possa configurarsi una nuova imposizione nei termini sopra meglio chiariti. L'originario provvedimento impositivo risulta, peraltro, pacificamente impugnato, ed effettivamente questo, pendente in sede di legittimità, viene deciso nella stessa udienza in cui è trattato presente procedimento. E' da escludere, quindi, una lesione degli interessi della ricorrente, in quanto gli elementi costitutivi della pretesa sono rimasti immutati, salvo una riduzione del quantum ed e', del pari, da escludere una lesione dei suoi diritti di difesa, in quanto l'impugnativa relativa all'originaria pretesa è ancora sub iudice e in quel procedimento, come correttamente ha evidenziato la sentenza impugnata, è stato acquisito fin dal primo grado anche l'ulteriore elemento del parziale annullamento della pretesa. Restano, pertanto, in tale ipotesi salvaguardati, sia l'interesse della pubblica amministrazione a veder riconosciuto il proprio credito tributario, sia quello della ricorrente a negare la pretesa, in quanto il giudice di legittimità è chiamato oggi in un diverso procedimento a pronunciarsi sulla fondatezza della residua pretesa erariale in questo senso Cass. numero 18625 del 07/09/2020, Rv. 658662 - 01, Cass. numero 9521 del 2021 . Non ignora il Collegio una pronuncia più risalente di segno contrario, secondo cui è impugnabile, ex D.Lgs. numero 546 del 1992, articolo 19, l'annullamento parziale, adottato nell'esercizio del potere di autotutela, di un avviso impositivo già definitivo, trattandosi di un atto contenente la manifestazione di una compiuta e definitiva pretesa tributaria, rispetto a cui, pur se riduttivo dell'originaria pretesa, non può privarsi il contribuente della possibilità di difesa Sez. 5, Sentenza numero 14243/2015, Rv. 635875 - 01 . Tenuto conto che si tratta di un'unica pronuncia, cui hanno fatto seguito diverse pronunce, anche successive, nel senso dell'inammissibilità dell'impugnazione dell'annullamento parziale adottato nell'esercizio del potere di autotutela, nei termini sopra esposti, deve ritenersi ormai superato quell'isolato orientamento. 6. Con il quinto motivo di ricorso la ricorrente lamenta in via subordinata, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, la violazione di norme di diritto in relazione all'omesso riconoscimento dell'esenzione ICI come riconosciuto dalla sentenza di primo grado, nonostante fosse stata fornita la dimostrazione del fatto che l'abitazione principale si trovasse in Omissis . Il motivo è inammissibile, in quanto mira a sollecitare una nuova ricostruzione probatoria e in fatto, preclusa in questa sede. Inoltre, una volta escluso dal giudice di merito il fatto dell'ubicazione dell'abitazione principale nell'immobile in questione, corretta è stata l'applicazione del regime giuridico di riferimento. 7. Con il sesto motivo si lamenta l'ingiustizia della condanna alle spese di lite liquidate in Euro 500,00. Il motivo è inammissibile, in quanto il suo accoglimento presuppone la cassazione della sentenza impugnata, ipotesi esclusa nella specie per tutte le ragioni sopra esposte. 8. Segue il rigetto del ricorso. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza. Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente a pagare in favore del controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida nell'importo di Euro 750,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 - bis dello stesso articolo 13.