Decisivo, secondo i Giudici, il riferimento all’esborso economico sostenuto dall’uomo dopo che la moglie era andata via e si era trasferita in un’altra regione. Nello specifico, si parla di ben 3mila e 400 euro, cioè 2mila per le esigenze quotidiane, 700 per l’affitto e 700 per la governante, garantiti dall’uomo alla moglie.
Assegno di mantenimento post separazione anche alla moglie che è poco incisiva nel cercare un lavoro e non ha neanche chiesto il reddito di cittadinanza. I Giudici chiariscono che è impossibile ignorare la situazione complessa che deve gestire la donna , ossia i gravi problemi di salute della figlia e il contesto territoriale caratterizzato da una forte disoccupazione. Per definire la cifra dell’assegno bisogna tenere conto, precisano i Giudici, non solo del tenore di vita garantito dall’uomo durante il matrimonio ma anche quello da lui assicurato alla moglie negli anni successivi alla interruzione definitiva della loro convivenza sotto lo stesso tetto. Ufficializzata la separazione giudiziale tra Tizia e Caio, dopo quindici anni di matrimonio, i giudici di merito negano, sia in primo che in secondo grado, alla donna l’assegno di mantenimento. In particolare, in Appello viene sottolineato che «pur potendosi presumere che la cessazione di ogni attività lavorativa della donna », cinque anni dopo le nozze, «fosse stata concordata con il marito per una migliore gestione della famiglia, non risultava tuttavia specificamente allegata né, tantomeno, documentata alcuna iniziativa concreta della donna volta alla ricerca di un impiego, nonostante la sua comprovata pregressa e multiforme esperienza lavorativa». In Cassazione Tizia rivendica nuovamente, tramite il proprio avvocato, il diritto a vedersi versato un adeguato mantenimento dal marito. In questa ottica il legale lamenta l’omessa considerazione in Appello di «circostanze decisive per il giudizio, quali l’ elevatissimo tenore di vita garantito dall’uomo anche dopo la fine della convivenza , a seguito cioè della separazione di fatto intervenuta tredici anni dopo il matrimonio, allorché la donna si era trasferita con la prole dalla Lombardia in Campania, ricevendo 2mila euro per le esigenze quotidiane, 700 euro per l’affitto e 700 euro per la governante». Il legale aggiunge poi che sempre in Appello «non è stata considerata la richiesta fatta dall’uomo alla moglie di rinunciare al lavoro per dedicarsi alla famiglia» né sono stati tenuti presenti «i gravi problemi di salute di una figlia , la durata del matrimonio, l’età della moglie 46 anni al momento dell’instaurazione del giudizio di separazione, la criticità occupazionale che affligge la Regione Campania». Prima di esaminare in dettaglio la vicenda, i Giudici di Cassazione richiamano il principio secondo cui «la separazione personale presuppone, a differenza dello scioglimento del matrimonio o della cessazione degli effetti civili del matrimonio, la permanenza del vincolo coniugale, sicché i redditi adeguati cui va rapportato l’assegno di mantenimento a favore del coniuge più debole , in assenza della condizione ostativa dell’addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio , essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, da cui deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell’assegno di divorzio». Ciò posto, i Giudici aggiungono che «in relazione allo stato di bisogno che giustifica il contributo e rispetto al quale rilevano sia i redditi percepiti dal coniuge richiedente che la sua capacità lavorativa, l’attitudine al lavoro proficuo valutabile ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento da parte del giudice è costituita dalla effettiva possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita , in considerazione», però, «di ogni concreto fattore individuale ed ambientale, senza limitare l’accertamento al solo mancato svolgimento di un’attività lavorativa». Passando dalla visione generale della teoria ai dettagli della vicenda oggetto del processo, i Giudici di Cassazione catalogano come errore la decisione d’Appello con cui «è stata respinta la domanda di mantenimento» avanzata da Tizia verso Caio «senza alcuna considerazione, da un canto, del tenore di vita matrimoniale, ancora rilevante ai fini del contributo di mantenimento, e, dall’altro, all’effettiva possibilità di reperire un lavoro adeguato nella zona di trasferimento» in Campania. In particolare, per quanto riguarda il tenore di vita, i Magistrati sottolineano che «la famiglia ha potuto beneficiare di una buona disponibilità finanziaria assicurata dal lavoro dell’uomo » e annotano che «ciò è proseguito anche dopo il trasferimento in Campania della donna», grazie al «versamento, da parte del marito, della somma mensile di circa 3mila e 400 euro», includendo «2mila euro per le esigenze quotidiane, 700 euro per l’affitto e altri 700 euro per la governante». Tale disponibilità di denaro non è stata considerata in Appello mentre «è in realtà rilevante ai fine di ricostruire l’effettivo livello di vita matrimoniale» di cui ha goduto la donna, precisano i Giudici di Cassazione. Per quanto concerne i possibili sviluppi lavorativi per Tizia, «non è stata considerato l’effettiva possibilità per lei di reperire un’adeguata attività lavorativa in una regione che conosce notoriamente problemi occupazionali», osservano i Giudici di terzo grado, i quali aggiungono poi che non possono essere trascurati ulteriori dettagli, ossia «le esigenze di cura della figlia» di Tizia e delle comprensibili difficoltà di Tizia connesse alla «indisponibilità di un mezzo di trasporto personale». A fronte di tale quadro, quindi, riprende vigore la possibilità per Tizia di ottenere l’assegno di mantenimento. Su questo punto dovranno nuovamente pronunciarsi i giudici d’Appello, tenendo presenti le indicazioni fornite dai Magistrati di Cassazione i quali, in ultima battuta, ritengono non rilevanti i riferimenti a «una poco incisiva ricerca di un posto di lavoro» da parte della donna e all’assenza di prove sull’«eventuale richiesta del reddito di cittadinanza». Ciò non consente di «escludere automaticamente l’osservanza dell’obbligo, ancora normativamente esistente in sede separativa, di assistenza materiale» da parte di Caio «in favore di Tizia che non pare disporre di propri mezzi adeguati a mantenere il tenore di vita matrimoniale», chiosano i Giudici.
Presidente Genovese – Relatore Casadonte Rilevato che 1. Con sentenza numero 3076-2018, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha pronunciato la separazione giudiziale tra la sig.ra D.I. e il sig. P.R.A., coniugati dal omissis . 2. Per quel che qui ancora rileva, l'adito tribunale ha posto a carico del marito l'obbligo di contribuire al mantenimento della figlia C. [nata il omissis ] nella misura di Euro 800,00 al mese, con rivalutazione ISTAT e rimborso del 50% delle spese straordinarie, mentre ha rigettato la domanda della moglie volta ad ottenere un contributo di mantenimento per sé. 3. Con sentenza numero 2395/2020, pubblicata in data 29 giugno 2020, la Corte d'appello di Napoli, decidendo sull'appello spiegato dalla sig.ra D., ha parzialmente accolto il gravame, rideterminando l'assegno di mantenimento in favore della figlia C. in Euro 1.150,00 mensili, con decorrenza dalla domanda. 3.1. Più specificamente, la Corte di merito ha ritenuto infondata la censura relativa al mancato riconoscimento dell'assegno di mantenimento in favore dell'appellante, in quanto, pur potendosi presumere che la cessazione di ogni attività lavorativa nel 1999 fosse stata concordata con il marito per una migliore gestione della famiglia, non risultava tuttavia specificamente allegata né, tantomeno, documentata alcuna iniziativa concreta volta alla ricerca di un'attività lavorativa, nonostante la comprovata pregressa e multiforme esperienza lavorativa della sig.ra D. 3. 2. Era invece meritevole di accoglimento il secondo motivo d'appello, teso a censurare la riduzione dell'assegno di mantenimento per la figlia C. in Euro 800,00 mensili, a fronte del contributo pari a Euro 1.150,00 inizialmente disposto con ordinanza presidenziale, motivata sul rilievo che la sig.ra D. non aveva fornito prova della riduzione del reddito del marito. Invero ha osservato la corte distrettuale incombeva sul sig. P., e non sulla moglie, l'onere di documentare il proprio decremento reddituale mediante produzione delle dichiarazioni fiscali annuali. Sicché, non potendo ritenersi tale onus probandi assolto dalle generiche dichiarazioni rese dai testimoni escussi, la corte d'appello riportava l'assegno di mantenimento per la figlia C. all'importo di Euro 1.150,00 mensili, come originariamente stabilito nell'ordinanza presidenziale. 4. La sig.ra D. ha proposto ricorso per la cassazione della predetta decisione, con atto notificato in data 28 settembre 2020, sulla base di due motivi. Il sig. P. è rimasto intimato. considerato che 5. Il primo motivo violazione e falsa applicazione degli articolo 156 c.c. e 116 c.p.c. ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, nnumero 3 e 5 censura la decisione impugnata per non aver riconosciuto alla ricorrente il diritto all'assegno di mantenimento, a carico del sig. P. 5. 1. A giudizio della ricorrente, la corte d'appello partenopea, con motivazione illogica ed apparente, avrebbe omesso di considerare circostanze decisive per il giudizio, quali l'elevatissimo tenore di vita garantito dal sig. P. anche dopo la fine della convivenza, a seguito cioè della separazione di fatto intervenuta nel 2006, allorché la ricorrente si era trasferita da […] a omissis con le figlie ricevendo fino al 2015 la somma di Euro 2.000,00 per le esigenze quotidiane, di Euro 700,00 per l'affitto e altrettanto per la governante . Inoltre non era stata considerata la richiesta fatta dal P. alla moglie di rinunciare al lavoro per dedicarsi alla famiglia, i gravi problemi di salute di C., affetta da anoressia, la durata del matrimonio dal 1993 , l'età della ricorrente al momento dell'instaurazione del giudizio di separazione … , la criticità occupazionale che affligge la Regione Campania. 6. Il secondo motivo violazione e falsa applicazione dell' articolo 337 ter c.c. ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, nnumero 3 e 5 lamenta l'erroneità della rideterminazione dell'assegno di mantenimento in favore della figlia C. effettuata dalla corte d'appello, essendosi la stessa limitata a confermare quanto statuito nell'ordinanza presidenziale senza tenere conto delle accresciute esigenze economiche della figlia nei quattro anni decorsi dall'instaurazione del giudizio di separazione. 7. Tanto premesso il primo motivo è fondato e va accolto. 7.1. Costituisce principio interpretativo ormai acquisito che la separazione personale, a differenza dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, sicché i redditi adeguati cui va rapportato, ai sensi dell' articolo 156 c.c. , l'assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell'addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell'assegno di divorzio cfr. Cass. 12196/2017 id. 16809/2019 id. 5605/2020 id.4327/2022 . 7.2. Ciò posto è stato altresì precisato, in relazione allo stato di bisogno che giustifica il contributo e rispetto al quale rilevano sia i redditi percepiti dal coniuge richiedente che la sua capacità lavorativa, che l'attitudine al lavoro proficuo valutabile ai fini della determinazione della misura dell'assegno di mantenimento da parte del giudice, è costituita dalla effettiva possibilità di svolgimento di un'attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale ed ambientale, senza limitare l'accertamento al solo mancato svolgimento di un ‘attività lavorativa e con esclusione di mere valutazioni astratte e ipotetiche Cass.24049/2021 . 7.3. Ebbene, nel caso di specie la corte territoriale non si è attenuta a questi principi là dove ha respinto la domanda di mantenimento della sig.ra D. senza alcuna considerazione, da un canto del tenore di vita matrimoniale, ed ancora rilevante ai fini del contributo di mantenimento, e dall'altro, all'effettiva possibilità di reperire un lavoro adeguato nella zona di trasferimento [ omissis prima e omissis dopo]. 7.4. Infatti, per quanto riguarda il tenore di vita non è contestato che la famiglia abbia potuto beneficiare di una buona disponibilità finanziaria assicurata dal lavoro del sig. P. conduttore radiofonico e disc-jochey e che ciò sia proseguito anche dopo il trasferimento in Campania della sig.ra D. con la figlia mediante il versamento da parte del marito della somma mensile di circa Euro 3.400,00 Euro 2000,00 oltre Euro 700,00 per affitto ed oltre Euro 700,00 per la governante . 7.5. Tale disponibilità non è stata considerata dalla corte territoriale mentre è in realtà rilevante ai fine di ricostruire l'effettivo livello di vita matrimoniale e il contributo dalla stessa fornito. 7.6. Inoltre, la corte d'appello non ha considerato l'effettiva possibilità per la sig.ra D. di reperire un'adeguata attività lavorativa, in una regione che conosce notoriamente tali problemi, ma anche in ragione delle caratteristiche specifiche delle esigenze di cura della figlia e delle difficoltà, pure riconosciute, quali l'indisponibilità di un mezzo di trasporto personale. 7.7. A questo riguardo, infatti, la corte territoriale ha motivato erroneamente il rigetto con la poco incisiva ricerca di un posto di lavoro allegata dall'appellante e con il mancato riferimento all'eventuale richiesta del reddito di cittadinanza, in una prospettiva astratta che non può automaticamente condurre ad escludere l'osservanza dell'obbligo, ancora normativamente esistente in sede separativa, di assistenza materiale a favore del coniuge che non disponga di propri mezzi adeguati a mantenere il tenore di vita matrimoniale. 8. Il secondo motivo è assorbito dall'accoglimento del primo, dovendosi procedere al suo esame solo alla luce della comparazione complessiva delle capacità reddituali e patrimoniali dei due coniugi separati, se non altro per regolare la contribuzione e la determinazione delle spese straordinarie che in siffatto contesto caratterizzato da una evidente disparità redditual-patrimoniale non può essere determinata senza misurare la effettiva capacità di ciascun genitore di garantire alla minore il tenore di vita quo ante. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese di questa fase, alla Corte d'appello di Napoli, diversamente composta. In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003 articolo 52.