L’azione di reintegrazione nel possesso, ai sensi dell’articolo 1168 c.c., può essere esperita anche per la tutela del diritto di parcheggio in quanto questo ha carattere di servitù il cui esercizio può essere limitato dalla condotta del soggetto che impedisca all’avente diritto di parcheggiare sul fondo.
Il caso. Due coniugi agivano in giudizio avverso dei vicini di casa, lamentando di avere subito uno spossessamento. L'azione di reintegrazione ai sensi dell'articolo 1168 c.c., quindi, seguiva la condotta di spoglio tenuta dai vicini di casa convenuti i quali avevano impedito l'accesso ad un fondo adibito a cortile e parcheggio di autovetture agli attori apponendo una sbarra che impediva loro il passaggio. Il Tribunale, a seguito dell'istruttoria processuale, dichiarava la sussistenza di una turbativa del possesso del bene e condannava i convenuti alla reintegrazione degli attori nel possesso del cortile, condannando altresì gli stessi alla rimozione del manufatto. A seguito della soccombenza i convenuti o meglio i loro eredi agivano in grado di appello contestando l'esito del primo giudizio. La Corte d'Appello pur dichiarando la cessazione della materia del contendere in quanto la sbarra era già stata rimossa a seguito di un giudizio intentato da altre parti, aveva rigettato l'appello proposto e confermato la sentenza di primo grado che dichiarava il diritto degli originari attori a parcheggiare nell'area di cortile illegittimamente chiusa dai convenuti. La sentenza di appello, tuttavia, spiegava che il riconoscimento del diritto degli originari attori consisteva in un diritto personale di parcheggio e che la decisione andasse a sanzionare la privazione di tale diritto. Non si trattava invece, sempre per i giudici di appello, di una servitù con carattere reale, dato che per tale dichiarazione sarebbe stato necessario che l'esercizio del diritto di parcheggio fosse stato “continuato e consentito”, circostanze che non parevano essere presenti nel caso in oggetto. Con la sentenza di appello, quindi, veniva confermato esclusivamente il diritto personale dei coniugi ad accedere e transitare sul fondo. La Cassazione chiarisce la natura del diritto di parcheggio. Alla luce della ambiguità della decisione d'appello, i coniugi-attori decidevano di impugnare la sentenza proponendo ricorso in Cassazione. Il ricorso, sostanzialmente era incentrato sull'errore commesso dalla Corte d'Appello nel riconoscere come la posizione degli attori avesse un valore di solo di diritto di transito veicolare e non come diritto reale costituito da una servitù di parcheggio. Con la sentenza numero 7620 del 16 marzo 2023 la Cassazione accoglieva il ricorso presentato dai coniugi. Il ragionamento della Cassazione era il seguente la Corte d'Appello si era basata, nella propria decisione, su un orientamento giurisprudenziale risalente e ormai superato. La sentenza di riesame, infatti, aveva riconosciuto che il diritto dei coniugi era sostanzialmente un diritto di natura personale, non soggetto a possesso ad usucapionem o ad acquisto a titolo originario citando i precedenti arresti di Cass., sez. II, 8137/2004, Cass., sez. II, numero 5769/2013 , e che tale diritto non potesse neppure essere costituito in via negoziale per impossibilità dell'oggetto, dovendosi invece trattare di un diritto rientrante nello schema tipico del diritto d'uso o altro schema contrattuale come la locazione, l'affitto o il comodato così in Cass., sez. II, 23708/2014 . Secondo la Cassazione, tuttavia, tale ragionamento era stato superato da un successivo orientamento giurisprudenziale che prevedeva che il diritto di parcheggio avesse natura reale e fosse astrattamente configurabile come una servitù volontaria. Il più moderno orientamento giurisprudenziale, infatti, prevedeva che lo schema di cui all'articolo 1027 c.c. fosse applicabile alla costituzione di un diritto di servitù di parcheggio nell'ottica del quale un fondo potesse avere una maggiore utilitas nel diritto di parcheggiare su un fondo servente attiguo. Tale diritto, quindi, aveva carattere reale e non personale così in Cass., Sez. II, numero 7561/2019 e Cass., Sez. II, 16698/2017 . La Cassazione concludeva quindi che, per la formulazione dell'articolo 1027 c.c., non era preclusa la costituzione di una servitù di parcheggio su fondo altrui, a condizione che, avendo contezza della situazione concreta, tale facoltà costituisca un maggiore favore per un fondo a vantaggio di un altro. Una volta presente tale diritto reale, allora il soggetto titolare può ben agire con azione di reintegrazione ai sensi dell'articolo 1068 c.c. per tutelarsi da eventuali spossessamenti preclusivi del suo accesso e parcheggio sul fondo altrui. La Corte d'Appello avrebbe quindi errato nel non riconoscere la natura reale del diritto di parcheggio, essendo rilevanti solo gli elementi fattuali della vicenda e non elementi soggettivi quali l'esercizio “continuato e consentito”, che afferivano al riconoscimento di diritti personali, e non ad una servitù a carattere reale. Si aggiunge, poi, che il riconoscimento dell'elemento di realità avrebbe consentito agli attori di legare il diritto di parcheggio al fondo e trasmetterlo così ad eventuali eredi o aventi causa. In ragione di tali argomentazioni, la Suprema Corte cassava la decisione di appello e rinviava il giudizio al merito, perché venisse nuovamente giudicato dal giudice del riesame sulla base dei predetti principi giuridici e avendo contezza della citata, più recente, giurisprudenza.
Presidente Lombardo – Relatore Mocci Fatti di causa 1. R.E. e S.F. con ricorso al Tribunale di Grosseto esercitavano azione di spoglio o turbativa del possesso nei confronti di M.G., B.D. e R.A. Gli attori deducevano di essere proprietari dal 1999 di un appartamento sito in omissis , facente parte di un fabbricato composto da più unità immobiliari, denominato condominio omissis e che, a seguito della apposizione di una sbarra meccanica, gli era stato impedito l'accesso veicolare alle aree prospicienti la propria abitazione, quali la parte retrostante dell'immobile e quella antistante l'ingresso dello stabile condominiale. Gli attori chiedevano, ai sensi degli articolo 703 e 669 sexies c.p.c., la reintegrazione e la manutenzione nel possesso, mediante la consegna degli strumenti necessari all'apertura della sbarra che impediva l'accesso, il transito e la sosta veicolare. 2. Si costituivano i convenuti M. e R. e chiedevano l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri condomini e, nel merito, il rigetto della domanda. 3. Il Tribunale di Grosseto esperita l'istruttoria mediante prove testimoniali dichiarava la sussistenza della turbativa del possesso e condannava i convenuti a reintegrare gli attori nel possesso delle relative porzioni immobiliari e a cessare ogni turbativa mediante consegna del meccanismo di apertura della sbarra oltre alla rifusione delle spese di lite. 4. Avverso tale pronuncia proponeva appello F., in qualità di erede di M.G., ed R.A. . 5. Si costituivano in appello gli originari attori, R. e S., chiedendone il rigetto. 6. La Corte d'Appello di Firenze dichiarava cessata la materia del contendere relativamente all'accesso mediante la sbarra preclusiva e dichiarava il diritto degli appellati R. e S. di accesso e di transito veicolare sull'area oggetto di causa. In particolare, la Corte d'Appello di Firenze riscontrava che gli appellanti avevano evidenziato come non vi fosse più ragione di provvedere sulla domanda relativa al possesso della chiave telecomando per l'apertura della sbarra atteso che, nelle more del giudizio di appello, tale sbarra era stata rimossa in forza di altra sentenza del Tribunale di Grosseto promossa da altri condomini del condominio omissis nei confronti dei comproprietari in comunione indivisa dell'aria di cui è causa. Restava da decidere, pertanto, esclusivamente la questione in merito alla domanda possessoria relativa al parcheggio nella area di proprietà esclusiva solo di alcuni condomini in quanto distinta e separata dal condominio di via omissis . Gli appellanti avevano esercitato sull'area oggetto di causa, al pari degli altri condomini, un possesso caratterizzato tanto dal corpus che dall'animus nella convinzione che l'area fosse comune a tutti, tanto che all'inizio dell'anno 2003 il condominio a mezzo del proprio amministratore aveva chiesto al Comune di omissis l'istallazione di una sbarra automatica per regolare l'accesso a dette porzioni immobiliari. Solo successivamente era stata affrontata la questione della sbarra di accesso al condominio e la volturazione dell'autorizzazione edilizia al nome dei proprietari dell'area retrostante il fabbricato. La domanda di reintegra non risultava pertanto fondata sulla pretesa di una servitù di parcheggio bensì sulla privazione del possesso sino ad allora esercitato sull'area in conformità al disposto contenuto dell'articolo 1168 c.c. Sul punto relativo al possesso del dispositivo necessario il comando della sbarra poteva ritenersi cessata la materia del contendere. Quanto agli altri motivi di appello gli stessi dovevano ritenersi solo parzialmente fondati in quanto non poteva negarsi il transito veicolare non essendo questo finalizzato solo al parcheggio ma anche al trasporto di persone e al deposito di bagagli e, dunque, non poteva negarsi il transito in quanto compatibile con l'esercizio del diritto di parcheggio del titolare. La mancata o insufficiente prova del possesso continuato e consentito poteva ritenersi sussistente riguardo al consentito in quanto i testi escussi avevano evidenziato che nel corso degli anni gli appellati erano stati più volte invitati a non parcheggiare le vetture nell'area in contestazione. Sussisteva prova del presupposto del continuato in quanto anche se esercitato nel periodo invernale non escludeva il possesso dovendosi i condomini adattare allo spazio insufficiente nel periodo estivo. La Corte d'Appello affermava, dunque, che doveva riconoscersi ai convenuti in appello il diritto di accesso e transito veicolare. 8. R.E. e S.F. hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi di ricorso. 9. F.L. e R.A. hanno resistito con controricorso. 10. Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell'udienza hanno insistito nelle rispettive richieste. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato violazione dell'articolo 112 c.p.c. Secondo i ricorrenti la sentenza della Corte d'Appello di Firenze sarebbe affetta dal vizio di extra petizione. La domanda da loro spiegata aveva ad oggetto la tutela del possesso sull'area prospiciente l'edificio di cui l'appartamento da essi acquistato faceva parte, ciò a fronte della lesione perpetrata dai convenuti mediante la chiusura della sbarra precedentemente apposta che impediva il transito veicolare sino a quel momento esercitato. I ricorrenti avevano chiesto al Tribunale di disporre la reintegrazione o comunque la manutenzione nel possesso delle aree mediante la consegna degli strumenti necessari all'apertura della sbarra che impediva l'accesso, il transito e la sosta veicolare. Tale domanda accolta sia in fase interdittale, sia all'esito del relativo giudizio di merito è stata accolta dalla Corte d'Appello solo quanto all'accesso e al transito e non al parcheggio. La sentenza della Corte d'Appello di Firenze a fronte di domanda di reintegra e manutenzione nel possesso avrebbe pronunciato una sentenza dichiarativa dell'esistenza del possesso corrispondente al diritto degli appellati all'accesso e al transito e non al parcheggio così alterandosi sia la causa petendi che il petitum. 2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato in via subordinata violazione dell'articolo 345 c.p.c Secondo i ricorrenti il giudizio aveva ad oggetto solo lo spoglio e non erano mai state introdotte domande di carattere petitorio sicché la pretesa di accertamento dell'insussistenza di una servitù o di diritti personali di parcheggio sarebbe tardiva e dunque inammissibile. 2.1 I primi due motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono fondati. La Corte d'Appello con una motivazione a tratti incomprensibile ha parzialmente accolto l'appello di F.L. e R.A. senza chiarire le ragioni di tale accoglimento e limitando il riconoscimento dello spoglio solo in relazione all'accesso e al transito e non al parcheggio nell'area in esame. Il fondamento della decisione sembra doversi cogliere nella condivisione della tesi degli allora appellanti secondo cui il diritto di parcheggiare le autovetture su uno spazio di proprietà altrui è espressione di un possesso a titolo di proprietà del suolo, ma non di un potere di fatto riconducibile al contenuto di un diritto di servitù, in quanto privo delle caratteristiche tipiche di detto diritto, ovverosia della realitas, intesa come inerenza dell'utilitas al fondo dominante e, corrispondentemente, del peso al fondo servente, costituendo sempre estrinsecazione di una mera comodità e di un vantaggio del tutto personali per le persone accedenti al preteso fondo servente cfr Sez. 2, Sentenza numero 1551/2009, Rv. 606484 - 01 . In base a questo orientamento, si è affermato che il diritto di parcheggio, in quanto avente natura personale, non soltanto non è suscettibile di possesso ad usucapionem e, conseguentemente, di acquisto a titolo originario in tal senso, Sez. 2, Sentenza numero 8137/2004, Rv. 572413-01 Sez. 2, Sentenza numero 5769/2013, Rv. 625685-01 , ma non può neppure essere costituito per via negoziale, essendo il relativo contratto nullo per impossibilità dell'oggetto e dovendosi piuttosto inquadrare siffatta convenzione nell'ambito dei negozi costitutivi di un diritto d'uso o in altro schema contrattuale tipico - locazione, affitto, comodato Sez. 2, Sentenza numero 23708/2014, Rv. 633110-01 . La Corte d'Appello di Firenze, tuttavia, non ha tenuto conto del fatto che la giurisprudenza di questa Corte ha superato tale indirizzo interpretativo ritenendo, invece, configurabile una servitù volontaria di parcheggio, in quanto il titolo costitutivo può ancorare tale utilità a vantaggio direttamente del fondo dominante, al fine di garantirne la migliore utilizzazione, piuttosto che delle persone che concretamente ne beneficino, e che, in tali casi, la trasmissione del relativo diritto avvenga unitamente alla cessione dei fondi secondo il principio di ambulatorietà. Si è detto, infatti, che In tema di servitù, lo schema previsto dall'articolo 1027 c.c. non preclude in assoluto la costituzione di servitù aventi ad oggetto il parcheggio di un'autovettura su un immobile di proprietà altrui, a condizione che, in base all'esame del titolo, tale facoltà risulti essere stata attribuita a diretto vantaggio del fondo dominante, per la sua migliore utilizzazione, quale utilitas di carattere reale Sez. 2, Sent. numero 7561 del 2019, Sez. 2, Sent. numero 16698 del 2017 . Tale orientamento che il collegio intende seguire, essendosi oramai consolidato e non riscontrandosi pronunce successive di segno contrario, si fonda sul disposto di cui all'articolo 1027 c.c. e sulla considerazione che tale norma non tipizza tassativamente le utilità suscettibili di concretizzare il contenuto della servitù volontaria, ma si limita a stabilire le condizioni che consentono di distinguere le stesse dai rapporti di natura personale, e che, connettendosi il principio di tassatività dei diritti reali alle caratteristiche strutturali della situazione di vantaggio esercitabile erga omnes, indipendentemente dal suo contenuto, resti indifferente la natura dell'utilitas prevista dal titolo, rilevando invece l'istituzione, per via convenzionale, del rapporto di strumentalità e di servizio tra immobili che, incidendo sulla qualitas fundi, attribuisce all'utilità carattere di realità, così da poter essere fruita da qualunque proprietario del fondo dominante senza essere imprescrindibilmente legata ad una attività personale del singolo beneficiario. Deve ribadirsi che In tema di servitù, lo schema previsto dall'articolo 1027 c.c. non preclude in assoluto la costituzione di servitù avente ad oggetto il parcheggio di un'autovettura su fondo altrui, a condizione che, in base all'esame del titolo e ad una verifica in concreto della situazione di fatto, tale facoltà risulti essere stata attribuita come vantaggio in favore di altro fondo per la sua migliore utilizzazione. Dunque, anche il possesso può consistere in un potere sulla cosa corrispondente ad una servitù di parcheggio, mentre la sentenza in esame, con un percorso argomentativo che come si è detto è tortuoso e poco intellegibile, ha riconosciuto la tutela possessoria ai ricorrenti solo in relazione all'accesso e al transito dei veicoli negandola per il parcheggio con un riferimento del tutto ultroneo al presupposto del possesso continuato e consentito . In conclusione, deve affermarsi il seguente principio di diritto Ai fini della tutela possessoria ex articolo 1168 c.c. lo spoglio può avere ad oggetto anche il possesso corrispondente ad una signoria di fatto sul bene corrispondente ad una servitù di parcheggio e, dunque, può realizzarsi con modalità tali da precludere al possessore la possibilità di transito attraverso un passaggio a ciò destinato indipendentemente dalla sussistenza o meno della titolarità del corrispondente diritto reale. Si impone pertanto la cassazione della sentenza con rinvio alla Corte d'Appello di Firenze in diversa composizione che in applicazione dei principi sopra esposti dovrà riesaminare la questione della tutela possessoria anche in relazione all'accertamento del possesso in relazione al parcheggio sull'area in contestazione. 3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato violazione degli articolo 112 e 100 c.p.c La sentenza violerebbe anche il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato nella parte in cui non ha deciso sulla questione afferente alla consegna da parte degli appellanti del congegno di apertura della sbarra, affermando che sarebbe intervenuta la cessazione della materia del contendere. La causa della cessazione sarebbe derivata dall'esecuzione di un'altra sentenza del Tribunale di Grosseto senza tuttavia che fosse venuta meno la contestazione della pretesa possessoria spiegata dai ricorrenti. La sbarra infatti era stata tolta in esecuzione della suddetta sentenza prevedendosi l'istallazione al suo posto di dissuasori. Peraltro, R.E. occupava un posto auto per effetto della sentenza del Tribunale di Grosseto e una chiave di dissuasori era stata consegnata anche a lui in attesa dell'esito dell'appello interposto da F. e R.A. . Pertanto, il fatto rappresentato dagli appellanti non poteva ritenersi venuto meno a seguito della sentenza permanendo l'interesse alla pronuncia che dichiarasse l'intervenuta lesione possessoria e ordinasse per l'effetto la reintegra o la cessazione della turbativa. 3.1 Il terzo motivo di ricorso è assorbito dall'accoglimento dei primi due spetterà al giudice del rinvio rivalutare la sussistenza o meno dell'attualità dell'interesse alla tutela possessoria degli originari attori. 4. La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Firenze in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Firenze in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.