Cinque ore di blackout elettrico inguaiano la pasticceria, ma il danno va provato

Niente risarcimento per il titolare dell’esercizio commerciale. Respinta l’istanza avanzata nei confronti della società fornitrice dell’energia elettrica. I giudici sottolineano che non sono stati prodotti in giudizio il certificato rilasciato dall’autorità sanitaria competente allo smaltimento dei cibi non più consumabili e un listino prezzi che potesse costituire base per il calcolo del danno subito.

Niente risarcimento per la pasticceria rimasta senza corrente per cinque ore a causa di un trasformatore bruciato in una cabina. Nonostante l'addebito possibile a carico della società fornitrice di energia elettrica, fatale al titolare dell'esercizio commerciale è il non avere provato il danno lamentato, ossia l'avere dovuto buttare ben venti vaschette di gelato, da 5 chilogrammi l'una, e ben quattordici semifreddi. Il fatto risale a una calda giornata di giugno del 2013 quando una pasticceria calabrese si ritrova all'improvviso vittima di un blackout elettrico causato , si scoprirà poi, dal guasto provocato da un trasformatore bruciato in una cabina dell'Enel. La prolungata – per ben cinque ore – mancanza di energia elettrica provoca non pochi problemi al titolare della pasticceria, il quale, alla fine, non può fare altro che valutare i danni, consistenti nella perdita di venti vaschette di gelato – da 5 chilogrammi ciascuna – e di quattordici semifreddi venduti al prezzo di 15 euro l'uno. Proprio alla luce dei prodotti buttati via a causa della mancanza del blackout elettrico, il titolare della pasticceria cita in giudizio l'Enel , chiedendone la condanna al risarcimento dei danni riportati dall'esercizio commerciale e stimati in 2mila euro. Per i giudici di merito, però, è impossibile riconoscere un ristoro economico alla pasticceria, poiché è mancata la prova del danno causato dal blackout elettrico. In sostanza, il titolare della pasticceria «non ha prodotto in atti alcuna certificazione attestante la presenza di alimenti non più consumabili e destinati allo smaltimento né ha prodotto le fatture di acquisto e gli elementi da cui poter desumere il mancato guadagno». Questi dettagli sono fondamentali, secondo i giudici di merito, nonostante l'Enel non abbia dimostrato «di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno». A tradire il titolare della pasticceria è stato il non aver prodotto in giudizio «il certificato rilasciato dall'autorità sanitaria competente allo smaltimento dei cibi non più consumabili e un listino prezzi che potesse costituire base per il calcolo del danno subito». Inutile il ricorso in Cassazione proposto dall'avvocato che ha rappresentato il titolare della pasticceria. Inutili le perplessità sollevate dal legale sulla linea seguita dai giudici di secondo grado, i quali avevano «richiesto la prova del certificato di distruzione della merce avariata » pur «trattandosi di gelati», ha osservato il legale, e avevano anche «rilevato l'omessa produzione in giudizio di un listino prezzi da cui poter desumere la prova del danno» pur essendo incontestato che «l'utenza della pasticceria era stata interessata dal guasto di un trasformatore bruciato in una cabina, con durata del disservizio pari a cinque ore e due minuti», ha sottolineato il legale. Sempre ragionando in questa ottica, poi, il legale ha criticato la pronuncia di secondo grado poiché in essa i giudici hanno ritenuto «non sufficiente la prova del danno offerta dal titolare della pasticceria mediante l'escussione dei testimoni presenti nella pasticceria il giorno del blackout elettrico e che avevano, peraltro, riferito la quantità, la qualità e la tipologia dei beni deteriorati». E, allo stesso tempo, il legale ha anche lamentato la decisione dei giudici di secondo grado di «richiedere, ai fini della prova del danno, la produzione di un certificato di smaltimento e di un listino prezzi», invece di «applicare le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza, peraltro non considerando che vi era la responsabilità oggettiva dell'esercente l'attività pericolosa», cioè l'Enel, «in mancanza di prova, da parte della società fornitrice dell'energia elettrica, di aver fatto tutto il possibile per evitare il fatto dannoso. Per i giudici di Cassazione , però, tutte le obiezioni proposte dal legale non sono sufficienti a mettere in discussione la decisione di secondo grado con cui è stato negato il ristoro economico al titolare della pasticceria. Anche per i magistrati di terzo grado, difatti, «era onere del titolare della pasticceria provare il danno lamentato», cosa, invece, non avvenuta, nonostante l'indicazione fornita dai giudici di merito in merito a come «fornire agevolmente la prova del danno» subito dalla pasticceria a seguito del blackout elettrico.

Presidente Scrima – Relatore Moscarini Rilevato che La Pasticceria omissis convenne in giudizio Enel Servizio Elettrico per sentirne pronunciare la condanna al risarcimento dei subiti, stimati nella misura di Euro 2000, in conseguenza dell'interruzione dell'energia elettrica per oltre cinque ore il giorni 20 giugno 2013, interruzione che determinò la perdita di 20 vaschette di gelato da 5 kg l'una e di 14 semifreddi venduti al prezzo di 15 Euro l'uno la società Enel Distribuzione, responsabile per la distruzione dell'energia, svolse intervento volontario affermando di essere l'unica legittimata passiva e chiedendo il rigetto della domanda il Giudice di Pace di […], acquisite prove testimoniali, dichiarò il difetto di legittimazione passiva di Enel Servizio Elettrico e rigettò la domanda ritenendo mancante la prova del danno la parte attrice non aveva prodotto in atti alcuna certificazione attestante la presenza di alimenti non più consumabili e destinati allo smaltimento nè aveva prodotto le fatture di acquisto e gli elementi da cui poter desumere il mancato guadagno il Tribunale di Castrovillari, pronunciando in grado di appello, con sentenza del 12/4/2021, ha rigettato il gravame ritenendo che, pur trovando applicazione l' articolo 2050 c.comma , in materia di responsabilità per esercizio di attività pericolosa e pur non avendo l'Enel dimostrato di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, la domanda non poteva essere accolta per mancanza di idonea prova del danno subito, prova che avrebbe dovuto essere data mediante la produzione in giudizio del certificato rilasciato dall'autorità sanitaria competente allo smaltimento dei cibi non più consumabili e da un listino prezzi che potesse costituire base per il calcolo del danno subito avverso la sentenza che, rigettando l'appello ha condannato l'appellante alle spese del grado, la soccombente ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi ha resistito E-Distribuzione SpA con controricorso il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli articolo 375, 376 e 380-bis c.p.comma la proposta del relatore, ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio. Considerato che con il primo motivo di ricorso violazione e falsa applicazione di norme e principi applicati nel caso di specie la ricorrente lamenta che la sentenza abbia richiesto la prova del certificato di distruzione della merce avariata pur trattandosi di gelati, ed abbia rilevato l'omessa produzione in giudizio di un listino prezzi, del tipo di quello esistente presso le carrozzerie per i pezzi di ricambio delle autovetture da cui poter desumere la prova del danno, essendo incontestato tra le parti che il giorno 20/6/2013 l'utenza dell'attore era stata interessata dal guasto di un trasformatore bruciato in una cabina, con durata del disservizio di 5 ore e 2 minuti, con il secondo motivo nullità della sentenza ex articolo 132, secondo co. numero 4 c.p.comma il ricorrente denunzia motivazione apparente con riguardo al capo di sentenza che ha ritenuto non sufficiente la prova del danno offerta dalla parte appellante mediante l'escussione dei propri testimoni presenti nella pasticceria il giorno dell'evento che avevano peraltro riferito la quantità, la qualità e la tipologia dei beni deteriorati, in rn2hcanza di rilievi sulla inattendibilità dei testi con il terzo motivo di ricorso violazione e falsa applicazione dell' articolo 2697 c.comma lamenta che la corte di merito abbia richiesto ai fini della prova del danno la produzione di un c ertif cato di smaltimento e di un listino prezzi e non abbia invece applicato le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza, peraltro non considerando che, ai sensi dell' articolo 2050 c.comma , vi era la responsabilità oggettiva dell'esercente l'attività pericolosa in mancanza di prova, da parte del medesimo, di aver fatto tutto il possibile per evitare il fatto dannoso con il quarto motivo di ricorso omesso esame di fatto decisivo ai sensi dell' articolo 360 c.p.comma , comma 1, numero 5 la ricorrente lamenta l'omessa valutazione di fatti decisivi, inerenti sempre le stesse circostanze di fatto il ricorso è nel suo complesso da rigettare era onere dell'attuale ricorrente provare il danno lamentato, onere che, nel caso in esame, il giudice del merito, in base ad un accertamento in fatto non censurabile in questa sede, ha ritenuto non assolto, esplicitando le ragioni di tale convincimento, sicché non risulta fondata la doglianza volta a denunciare la violazione dell' articolo 132 c.p.comma .In particolare il Tribunale non solo ha condiviso la motivazione del giudice di primo grado, quanto al rilevato difetto di prova del danno, ma ha pure indicato come l'attuale ricorrente avrebbe potuto agevolmente fornire la prova del danno in questione. Inoltre, il ricorso alla nozione di comune esperienza , da interpretare in senso rigoroso, come fatto acquisito alla Ricomma 2 21 numero 29960 sez. M3 ud. 27-09-2022 conoscenza della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile e incontestabile, costituendo una deroga al principio dispositivo ex articolo 112 c.p.comma e al principio di disponibilità delle prove ex articolo 115 c.p.comma , rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sicché può essere censurata in sede di legittimità la sola inesatta nozione del medesimo, ma non anche la sua mancata applicazione Cass., ord. numero 4428 del 20/2/2020 Cass. Ord. numero 13715 del 22/5/2019 Cass., ord. numero 7725 del 20/3/2019 Cass., numero 1126 del 2/2/2000 i pretesi vizi motivazionali, articolati ai sensi dell' articolo 360, primo co., nnumero 4 e 5 c.p.comma , sono tutti inammissibili per violazione del principio della doppia conforme e dunque per contrasto con l' articolo 348 ter quarto co. c.p.comma essendo le statuizioni di primo e di secondo grado fondate sul medesimo iter logico argomentativo v. sentenza impugnata p. 3 , nè rileva che il giudice d'appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare le statuizioni già assunte dal primo qiucice Cass., ord. 9/3/2022 numero 7724 conclusivamente il ricorso è rigettato la ricorrente è condannata a pagare, in favore della parte resistente, le spese del giudizio di cassazione liquidate come in dispositivo si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, del pagamento di una somma a titolo di contributo unificato pari a quella versata per il ricorso se dovuta. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la ricorrente a pagare, in favore della parte resistente, le spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 800 oltre Euro 200 per esborsi, più accessori di legge e spese forfetarie nella misura del 15% ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13 , comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per ii ‘versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis del citato articolo 13, se dovuto.