Sospensione condizionale della pena: quando la Corte d’appello non incorre nel divieto di reformatio in peius?

Un imputato, accusato dei reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali, e a cui in secondo grado era stata riconosciuta la sospensione condizionale della pena subordinandola ai lavori di pubblica utilità, ricorre in Cassazione lamentando la violazione del divieto di reformatio in peius.

La doglianza è infondata. Il tema della possibilità o meno per il giudice dell'impugnazione di subordinare la sospensione condizionale della pena ad uno degli obblighi previsti dall'articolo 165, comma 1, c.p., è stato oggetto di divergenti soluzioni nella giurisprudenza di legittimità. Questa Corte predilige la tesi secondo cui «la richiesta di sospensione condizionale comporta l'implicita accettazione delle ulteriori condizioni previste per legge» in quanto in tale ipotesi si tratta di aspetti che sono in ogni caso sottratti alla determinazione delle parti e rimesse al vaglio del giudice, con la conseguenza che «non è necessario un espresso e dettagliato accordo sul contenuti ulteriore della condizione». Per poter dirimere la controversia in oggetto, il Collegio ha, quindi, affermato che «non incorre nel divieto di reformatio in peius la Corte d'appello che, in difetto di appello sul punto della parte pubblica, si limiti a modificare le modalità di applicazione del beneficio condizionandolo all'adempimento di uno degli obblighi previsti dall'articolo 165 c.p.». Per tutti questi motivi, ne segue il rigetto del ricorso.

Presidente Di Stefano – Relatore Di Geronimo Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Napoli, pronunciando a seguito di impugnazione del solo imputato, confermava la condanna del predetto per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali e, rilevando che al ricorrente era stata riconosciuta la sospensione condizionale della pena per la seconda volta, subordinava il beneficio allo svolgimento dei lavori di pubblica utilità. 2. Il ricorrente ha proposto un unico motivo di impugnazione, con il quale lamenta la violazione del divieto di reformatio in peius, sottolineando che il pubblico ministero non aveva impugnato la sentenza di primo grado e, quindi, la Corte di appello non avrebbe potuto modificare il trattamento sanzionatorio, subordinando la sospensione condizionale allo svolgimento dei lavori di pubblica utilità. Sottolinea il ricorrente che, nel caso di specie, la Corte di appello non poteva rilevare d'ufficio l'illegalità della pena e modificarla in senso sfavorevole all'imputato. 3. Il procedimento è stato trattato in forma cartolare, ai sensi del D.L. numero 137 del 2020 articolo 23, comma 8, e D.L. 23 luglio 2021, numero 105 articolo 7. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Il tema della possibilità o meno per il giudice dell'impugnazione di subordinare la sospensione condizionale della pena ad uno degli obblighi previsti dall'articolo 165, comma 1, c.p.p., è stato oggetto di divergenti soluzioni nella giurisprudenza di legittimità. Secondo un primo orientamento, incorre nel divieto di reformatio in peius la Corte d'appello che abbia disposto la revoca della sospensione condizionale della pena in difetto di appello sul punto della parte pubblica, non anche nei casi in cui modifichi, in senso peggiorativo, le modalità di applicazione del beneficio condizionandolo all'adempimento di uno degli obblighi previsti dall'articolo 165 c.p. Sez.2, numero 34727 del 30/6/2022, Pastore, Rv.283845-02 . Sia pur pronunciando su una fattispecie diversa, sembra esprimere un principio convergente con quello sopra indicato anche Sez.5, numero 11738 del 30/1/2020, Crescenzo, Rv. 278929, che, con riguardo alla subordinazione della sospensione al risarcimento del danno, ha statuito che il giudice di appello, pronunciandosi su impugnazione della parte civile, può subordinare la sospensione condizionale al pagamento di una provvisionale, essendo tale istituto funzionale a soddisfare le esigenze di anticipazione della liquidazione del danno in favore della parte civile, causate dalla durata del processo. 2.1. Di diverso avviso, invece, è altra parte della giurisprudenza, propensa a ritenere che l'imposizione di uno degli obblighi contemplati dall'articolo 165 c.p., in quanto idonei ad aggravare il complessivo trattamento sanzionatorio, non potrebbe essere disposto d'ufficio da/ giudice dell'impugnazione, in assenza di appello da parte del pubblico ministero. In tal senso si è ritenuto che sia illegittima, perché peggiorativa per l'imputato ed adottata in violazione dell'articolo 597, comma 3, c.p.p., la statuizione disposta d'ufficio dal giudice di appello, in assenza di impugnazione della parte pubblica sul punto, con la quale il già concesso beneficio della sospensione condizionale sia condizionato al pagamento delle somme dovute per il risarcimento dei danni in favore della parte civile Sez.II, numero 12789 del 13/2/2020, Vinci, Rv. 279033 . In senso conforme si era espressa anche una più risalente pronuncia secondo cui violerebbe il divieto di reformatio in peius, la decisione officiosa del giudice di appello di subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione del manufatto abusivo Sez.3, numero 30557 del 15/7/2011, Di Martino, Rv. 251041 . 3. La prima soluzione, secondo cui la sottoposizione ai lavori di pubblica utilità disposta d'ufficio non determina la violazione del divieto di reformatio in peius, appare preferibile, in quanto si pone in continuità con i consolidati principi elaborati in relazione alla revoca della sospensione condizionale e, quindi, ad un provvedimento ancor più gravoso per l'imputato. Per costante giurisprudenza, il provvedimento che dispone, ai sensi dell'articolo 168, comma 3, c.p., la revoca della sospensione condizionale, quando il beneficio risulti concesso in presenza delle cause ostative indicate al comma 4 dell'articolo 164 c.p., ha natura dichiarativa, in quanto ha riguardo ad effetti di diritto sostanziale che si producono ope legis e possono essere rilevati in ogni momento sia dal giudice della cognizione sia in applicazione del comma 1- bis dell'articolo 674 c.p.p., dal giudice dell'esecuzione, e, dunque, anche dal giudice di appello in mancanza di impugnazione del pubblico ministero Sez.3, numero 56279 del 24/10/2017, Principalli, Rv. 272429 Sez.U, numero 7551 del 08/04/1998, Cerroni, Rv. 210798 Sez.6, numero 49115 del 17/10/2022, Vicentelli . Applicando tale principio alle ipotesi in cui la sospensione condizionale sia stata illegittimamente disposta, in assenza della necessaria subordinazione ad una delle condizioni previste dall'articolo 165 c.p., si deve ritenere che il giudice ben potrebbe disporre direttamente la revoca della sospensione condizionale della pena, anziché limitarsi ad imporre la condizione illegittimamente omessa. In buona sostanza, se si ritiene di dare continuità al principio per cui la revoca della sospensione può essere disposta anche in assenza di impugnazione da parte del pubblico ministero, a maggior ragione si deve ritenere legittima la mera subordinazione alla condizione prevista ex articolo 165 c.p Tale soluzione, peraltro, garantisce un risultato maggiormente vantaggioso per l'imputato che, in luogo della revoca del beneficio, viene sottoposto ad un regime che, sia pur meno favorevole rispetto all'omessa indicazione della condizione, è comunque più vantaggioso rispetto alla revoca tout court della sospensione. In conclusione, deve affermarsi il principio secondo cui non incorre nel divieto di reformatio in peius la Corte d'appello che, in difetto di appello sul punto della parte pubblica, si limiti a modificare le modalità di applicazione del beneficio condizionandolo all'adempimento di uno degli obblighi previsti dall'articolo 165 c.p 4. Occorre considerare, inoltre, che a tale conclusione si giunge anche valorizzando un ulteriore e diverso profilo, concernente la possibilità di ritenere la non opposizione allo svolgimento dei lavori di pubblica utilità implicitamente manifestata dall'imputato che richieda, sia pur genericamente, la sospensione condizionale della pena, come verificatosi nel caso in esame. Anche su tale aspetto deve segnalarsi l'esistenza di orientamenti non univoci circa la possibilità di ritenere il consenso dell'imputato alla sottoposizione ai lavori di pubblica utilità implicitamente contenuto nella richiesta di sospensione condizionale della pena. 4.1. Secondo l'orientamento maggioritario, la richiesta di sospensione condizionale della pena avanzata dall'imputato, che ha già usufruito del beneficio in relazione a precedente condanna, implica il consenso alla subordinazione della misura all'adempimento di uno degli obblighi previsti dall'articolo 165 c.p., comma 1, trattandosi di prescrizione che il giudice deve necessariamente disporre a norma del comma 2 del medesimo articolo qualora intenda riconoscere nuovamente tale beneficio Sez.6, numero 8535 del 2/2/2021, Rv. 280712 Sez. 6, numero 12079 del 20/02/2020, Taher, Rv. 278725 Sez. 2, numero 29001 del 29/09/2020, Bongi, Rv. 279773 Sez. 5, numero 19721 del 11/04/2019, P., Rv. 276248 . In senso difforme, si è ritenuto che la sospensione condizionale della pena subordinata all'obbligo di prestazione di attività non retribuita a favore della collettività non può prescindere dalla non opposizione dell'imputato, manifestata personalmente dal medesimo, anche quando il beneficio previsto dall'articolo 163 c.p. è concesso a persona che ne abbia già usufruito Sez. 5, numero 7406 del 27/09/2013, dep. 2014, Mellone, Rv. 259517 Sez. 3, numero 26259 del 10/05/2018, Madaghiele, Rv. 273320 . 4.2. Ritiene il collegio di aderire al primo orientamento che trova conferma nel tenore letterale dell'articolo 165 c.p., lì dove la norma non richiede l'espresso consenso dell'imputato, ma semplicemente la mancanza di opposizione alla subordinazione alla prestazione del lavoro non retribuito. La non opposizione può essere dunque implicitamente desunta anche dalla circostanza che l'imputato abbia invocato incondizionatamente il riconoscimento del beneficio pur sapendo che, avendone già usufruito, potrà essergli accordato per legge solo in maniera condizionata ed anche imponendogli la prestazione dell'attività lavorativa. Occorre precisare, peraltro, che tale soluzione non trova ostacolo nella recente sentenza resa dalle Sezioni unite che, pronunciando in relazione al procedimento speciale di cui all'articolo 444 c.p.p., hanno affermato che l'accordo delle parti sull'applicazione di una pena detentiva di cui viene richiesta la sospensione condizionale deve estendersi anche agli obblighi ulteriori eventualmente connessi ex lege alla concessione del beneficio, indicandone, quando previsto, la durata, con la conseguenza che, in mancanza di pattuizione anche su tali elementi, la sospensione non può essere accordata e, qualora al suo riconoscimento sia subordinata l'efficacia della stessa richiesta di applicazione della pena, questa deve essere integralmente rigettata Sez.U, numero 23400 del 27/1/2022, Boccardo, Rv. 283191 . Tale principio è stato affermato sottolineando la peculiare natura del patteggiamento, nell'ambito del quale l'accordo tra le parti giunge a disciplinare anche aspetti che, altrimenti, sarebbero rimessi alla discrezionalità del giudice. Con riferimento al giudizio ordinario, quindi, rimane preferibile la tesi secondo cui la richiesta di sospensione condizionale comporta l'implicita accettazione delle ulteriori condizioni previste dalla legge, proprio perché in tale ipotesi si tratta di aspetti che sono in ogni caso sottratti alla determinazione delle parti e rimesse al vaglio del giudice, con la conseguenza che non è necessario un espresso e dettagliato accordo sul contenuto ulteriore della condizione. 4.3. Il suddetto principio determina rilevanti conseguenze in ordine alla tematica concernente la sussistenza o meno della violazione del divieto di reformatio in peius nel caso in cui la subordinazione agli obblighi venga disposta dalla Corte di appello. Invero, se si ritiene che la richiesta di sospensione condizionale presuppone - quale implicito ed indefettibile requisito - anche l'accettazione della sottoposizione agli obblighi previsti dall'articolo 165 c.p., ne consegue che l'imputato non può lamentare alcunché rispetto ad un elemento della pronuncia che egli stesso aveva, sia pur implicitamente, accettato nel momento in cui ha chiesto la sospensione condizionale della pena. 5. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso va rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.