Falsa testimonianza: che valore hanno le dichiarazioni rese nelle sommarie informazioni?

Il quesito può una condanna per falsa testimonianza essere pronunciata esclusivamente sulla base del contrasto tra le dichiarazioni rese in dibattimento da un soggetto in veste di testimone e quelle rese nel corso delle sommarie informazioni testimoniali? La Corte di Cassazione, affrontata la questione, enuncia un importante principio di diritto.

Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione ha analizzato la valenza che può essere attribuita, quale parametro di confronto, alle dichiarazioni rese in dibattimento dal testimone con quelle che lo stesso aveva reso in sede di sommarie informazioni testimoniali durante le indagini preliminari. La Corte d'appello, nel caso di specie, confermava la condanna per falsa testimonianza per un uomo fondata sulla discordanza delle affermazioni in suddette e distinte sedi. Con il proprio ricorso in Cassazione quest'ultimo sosteneva che la Corte territoriale si era di fatto limitata a rilevare la difformità tra le deposizioni, omettendo di verificare che i fatti inizialmente esposti in sede di indagine fossero quelli effettivamente rispondenti a verità. La Suprema Corte, nel dirimere la controversia, ha ricordato che le dichiarazioni lette per la contestazione possono essere valutate unicamente ai fini della credibilità del testimone articolo 500, comma 2 c.p.p. , mentre nel caso di specie le stesse sono state utilizzate dai giudici come metro di valutazione di quanto dichiarato in tale veste. Quest'ultimo è immune da responsabilità nell'ambito del processo in cui depone, potendo essere ritenuto attendibile o meno, tanto che l'articolo 476, comma 2 c.p.p. stabilisce espressamente che non può essere arrestato per reati concernenti il contenuto della disposizione. Uno dei modi per confermare o smentire l'attendibilità delle dichiarazioni è confrontarle con quelle rese in precedenza e contenute nel fascicolo del PM. Viene quindi enunciato il principio di diritto per il quale «non può essere pronunciata condanna per falsa testimonianza esclusivamente sulla base del contrasto tra le dichiarazioni rese in dibattimento e quelle rese nel corso delle indagini preliminari ed utilizzate per le contestazioni di cui all'articolo 500 c.p.p.». Tale contrasto, conclude la Corte «può assumere rilevanza ai fini dell'accertamento del reato solo ove siano emersi altri elementi di prova atti a riscontrare la veridicità delle prime dichiarazioni e la falsità di quelle successivamente rilasciate».

Presidente Petruzzellis – Relatore Vigna Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Avellino del 24 settembre 2020, con la quale C.G. era condannato alla pena di anni due di reclusione, ritenutane la penale responsabilità in ordine al reato di cui all'articolo 372 c.p., perché, deponendo come testimone dinnanzi all'autorità giudiziaria nel processo penale a carico di C.L. , imputato per avere compiuto atti osceni in luogo pubblico, all'udienza del 18 ottobre 2018, affermava il falso, negando le precedenti dichiarazioni invero, a domanda del giudice se l'imputato si fosse o meno spogliato, rispondeva di non averlo visto, laddove ai carabinieri di omissis aveva dichiarato testualmente notavo che il C.L. , nell'area dove era collocata la sorgente, si rotolava per terra 91 pantaloni e le mutande abbassati completamente nudo, tanto che si vedevano i genitali . 2.Avverso la sentenza, ricorre per cassazione C. , a mezzo del difensore di fiducia, deducendo i seguenti motivi 2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articolo 192 c.p.p. e 372 c.p Sia il primo, che il secondo giudice non hanno compiuto alcun accertamento al fine di verificare se i fatti originariamente affermati dinanzi ai carabinieri fossero in qualche modo corrispondenti al vero e la Corte d'appello si è limitata a restringere il proprio accertamento alla sola difformità tra le due deposizioni, omettendo di verificare che i fatti inizialmente esposti in sede di indagine fossero quelli effettivamente rispondenti a verità. A fronte di contestazione formulata ai sensi dell'articolo 500 c.p.p., non è automatica la falsità della deposizione del teste, in quanto le contestazioni vengono effettuate al solo fine di valutare la credibilità del testimone. La Corte di appello ha omesso la valutazione delle risultanze processuali, ritenendo irrilevante la circostanza che C. avesse dichiarato di non avere visto C. , di persona, ma di avere appreso da altri tali circostanze. 2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articolo 132,133, e 62-bis c.p., nonostante il ricorrente nel corso della deposizione testimoniale avesse chiesto scusa, ammettendo il proprio sbaglio, nonché degli articolo 163 e 164 c.p Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste. 2.11 primo motivo di ricorso è prevalentemente articolato in punto di fatto, ma pone, tuttavia, la questione della valenza che può essere attribuita, quale parametro di confronto con le dichiarazioni rese in dibattimento, con quelle che il testimone aveva in precedenza reso nel corso delle indagini preliminari e che, nel corso del processo in cui la testimonianza viene resa, sono state utilizzate per le contestazioni di cui all'articolo 500 c.p.p 2.1. Com'è noto, infatti, le dichiarazioni lette per la contestazione possono essere valutate unicamente ai fini della credibilità del testimone articolo 500, comma 2, c.p.p. , mentre, dalla lettura della sentenza in esame, emerge chiaramente che sono state proprio le dichiarazioni rese dal ricorrente a sommarie informazioni testimoniali dinanzi ai Carabinieri, in data 29 agosto 2012, nell'ambito del procedimento a carico di C.L. , a fungere da metro di valutazione di quanto dallo stesso dichiarato, in veste di testimone, nel processo celebrato nei confronti del predetto. La Corte di merito ha dato per pacifico tale assunto. Nell'ambito del processo in cui rende la sua deposizione, il testimone è, infatti, immune da responsabilità, potendo unicamente essere ritenuto attendibile o meno, tanto che l'articolo 476, comma 2, c.p.p. stabilisce espressamente che, a differenza di quanto consentito dal previgente codice, non può essere arrestato per reati concernenti il contenuto della deposizione. Uno dei modi per confermarne l'attendibilità ci per converso per farne risaltare la non credibilità è rappresentato proprio dall'utilizzo delle dichiarazioni rese in precedenza dal testimone e contenute nel fascicolo del Pubblico ministero articolo 500, comma 1, c.p.p. . Sembra, tuttavia, evidente come lo statuto di quelle dichiarazioni non possa subire mutamenti nel corso dell'eventuale successivo giudizio a carico del dichiarante, accusato di essere stato falso o reticente, nè che possa cambiare la rilevanza giuridica di quelle dichiarazioni, dovendosi, in particolare, escludere che il relativo contenuto possa fungere da esclusivo parametro di genuinità o falsità della deposizione testimoniale resa dibattimento. 2.2. Quanto ora affermato, non contrasta con la circostanza che l'articolo 372 c.p. non contempli alcun parametro legale di riferimento, potendo la falsità della deposizione emergere dal confronto con una qualsiasi delle altre risultanze processuali a mero titolo di esempio, si pensi alla concorde deposizione di più testimoni vedi Sez. 6, numero 11240 del 22/02/2022, Di Giunta, non mass. . La natura giuridica che il vigente codice di rito attribuisce alla disciplina delle contestazioni dibattimentali di cui all'articolo 500 c.p.p. ed il suo rapporto con il reato di falsa testimonianza non possono, dunque, subire variazioni nel passaggio dal processo in cui sono state rese le deposizioni testimoniali a quello successivamente instaurato al fine di accertare la sussistenza del delitto di falsa testimonianza, pena, altrimenti, la sostanziale abrogazione del comma 2 di tale previsione normativa. La stessa affermazione, in apparenza contrastante, contenuta in una non recente pronuncia di questa Corte di legittimità Sez. 6, numero 38107 del 04/06/2009, Ottaviano ed altri, Rv. 245367 , per cui è stata ritenuta impropria l'osservazione del giudice di merito che, evocando l'articolo 500 c.p.p., aveva ritenuto di non poter effettuare il confronto comparativo tra dichiarazioni procedimentali e dichiarazioni dibattimentali, per dedurne la corrispondenza al vero delle prime e la falsità delle seconde, può essere comunque condivisa alla condizione che da altri elementi processuali sia emersa la situazione così descritta, laddove nel caso in esame non risultano acquisiti dati probatori aggiuntivi atti a dimostrare la veridicità delle dichiarazioni rese dall'imputato alla Polizia giudiziaria, constando, anzi, a parere della difesa elementi di segno opposto, non considerati nè apprezzati dalla Corte di merito, come, ad esempio, il fatto che l'imputato ha dichiarato reiteratamente di avere appreso da terzi quanto riferito. 3.Deve conclusivamente affermarsi il principio che non può essere pronunciata condanna per falsa testimonianza esclusivamente sulla base del contrasto tra le dichiarazioni rese in dibattimento e quelle rese nel corso delle indagini preliminari ed utilizzate per le contestazioni di cui all'articolo 500 cod., proc. penumero . Tale contrasto può assumere rilevanza ai fini dell'accertamento del reato solo ove siano emersi altri elementi di prova atti a riscontrare la veridicità delle prime dichiarazioni e la falsità di quelle successivamente rilasciate. 4. Alla luce di tale principio, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste i residui motivi sono assorbiti dalla natura della pronuncia. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.