Il quotidiano online risarcisce se si rifiuta di rimuovere o aggiornare le notizie inerenti procedimenti penali

I titolari dei siti web di quotidiani online non possono ritenersi onerati del continuo aggiornamento dei contenuti pubblicati riguardanti i procedimenti penali dei protagonisti delle notizie. Qualora però gli interessati ne facciano richiesta, un rifiuto ingiustificato delle testate giornalistiche a rimuovere o aggiornare gli articoli integra un illecito e può motivare il risarcimento dei danni.

L'articolo incriminato, avente ad oggetto un procedimento penale, veniva rimosso, a seguito di richiesta dell'interessato, dal sito web di un quotidiano. Il Tribunale adito dichiarava quindi la cessata materia del contendere per ciò che riguardava la cancellazione e rigettava le domande attoree volte ad ottenere il risarcimento dei danni per diffamazione a mezzo stampa e per la prolungata presenza della notizia sul portale del giornale, che non veniva peraltro nemmeno rettificata a seguito della piena assoluzione dell'interessato. Il gravame proposto da quest'ultimo veniva quindi rigettato la causa riguardante la responsabilità del quotidiano giungeva quindi fino in Cassazione. I Giudici di legittimità hanno affrontato la questione della possibile sussistenza di una qualche forma di responsabilità di cui il giornale deve rispondere a causa della permanenza della notizia ormai datata relativa al procedimento, che pur non diffamatoria in quanto costituente legittimo esercizio del diritto di cronaca quando fu pubblicata, non era stata comunque aggiornata alla successiva assoluzione per non sussistenza del fatto. Il Collegio ritiene non si possa affermare tout court e in termini generali un obbligo di costante aggiornamento della notizia o di rimozione della stessa una volta che sia trascorso un determinato lasso di tempo di cui non sarebbe neppure agevole una predeterminazione generalizzata , dato che ciò imporrebbe un onere estremamente gravoso e pressoché impossibile da rispettare a carico delle testate giornalistiche, al quale peraltro potrebbe anche non corrispondere un concreto interesse dei soggetti cui le medesime notizie si riferiscono. D'altra parte, però, i Giudici ritengono che il rifiuto ingiustificato di rimuovere l'articolo, o anche eventualmente solo di aggiornarne il contenuto, integra una condotta illecita che può giustificare un risarcimento del danno, che si produce a partire dalla richiesta presentata dall'interessato. Siffatta soluzione opera un ragionevole bilanciamento degli interessi contrapposti, in linea anche con quanto di sposto dalla Cass. civ. numero 5505/2012 circa la possibilità di compartecipazione dell'interessato nell'utilizzazione dei propri dati personali. Nel caso in esame, la Suprema Corte ha ritenuto che «la persistenza nel sito web di una testata giornalistica della risalente notizia del coinvolgimento di un soggetto in un procedimento penale – pubblicata nell'esercizio legittimo del diritto di cronaca, ma non aggiornata con i dati relativi all'esito di tale procedimento – non integra, di per sé, un illecito idoneo a generare una pretesa risarcitoria tuttavia, il soggetto cui la notizia si riferisce ha diritto ad attivarsi per chiederne l'aggiornamento o la rimozione, con la conseguenza che l'ingiustificato rifiuto o ritardo da parte del titolare del sito è idoneo a comportare il risarcimento del danno patito successivamente alla richiesta fermo l'onere di allegazione e prova del pregiudizio da parte dell'interessato ». Ciò ha portato a un parziale accoglimento del ricorso dell'interessato e la cassazione della sentenza in cui ha rigettato la pretesa risarcitoria.

Presidente Spirito – Relatore Sestini Fatti di causa P.G. , in proprio e quale legale rappresentante di omissis s.r.l., propose ricorso ex articolo 700 c.p.c. nei confronti della omissis Network s.p.a. già omissis s.p.a. per ottenere la cancellazione dal sito web del quotidiano omissis di un articolo ivi pubblicato il omissis -avente ad oggetto un procedimento penale avviato nei confronti del P. ovvero la sua rettifica mediante integrazione con la notizia che il P. era stato successivamente assolto per non aver commesso il fatto. Il Tribunale dichiarò non luogo a provvedere sull'istanza cautelare in considerazione del fatto che l'articolo era stato medio tempore rimosso dall'archivio web del giornale. All'esito del giudizio di merito, il Tribunale di Pordenone dichiarò cessata la materia del contendere con riferimento alla richiesta di cancellazione o aggiornamento dei dati pubblicati ondine e rigettò le domande attoree di risarcimento dei danni sia in relazione alla prospettata diffamazione a mezzo stampa sia per la prolungata permanenza della notizia sul sito web. La Corte di Appello di Trieste ha rigettato il gravame proposto dal P. in proprio e in qualità di L.R. della omissis s.r.l. , affermando -tra l'altro che non potevano considerarsi integrati gli estremi del reato di diffamazione a mezzo stampa, in quanto l'articolo rispettava i requisiti della verità della notizia, della continenza e dell'interesse pubblico alla conoscenza dei fatti era stata correttamente dichiarata la cessazione della materia del contendere in punto di aggiornamento della notizia, in quanto, a seguito della richiesta del P. , la testata giornalistica sli era attivata velocemente per assicurare l'eliminazione dell'articolo, oltreché per pubblicare un ulteriore articolo avente ad oggetto le sentenze assolutorie dopo aver adottato le suddette misure per aggiornare i dati personali dell'appellante, la testata giornalistica aveva esaurito gli oneri sulla stessa incombenti. Non è possibile, infatti, ritenere che la redazione di un giornale sia gravata dall'onere di seguire e dar conto, autonomamente e di propria sponte, degli sviluppi delle notizie precedentemente fornite, a maggior ragione se giunte a distanza di tempo considerevole l'articolo risalente al 2003 non ha carattere diffamatorio e, in conseguenza, di ciò nessun risarcimento del danno spetta al P. . Ha proposto ricorso per cassazione il soccombente, affidandosi a due motivi, ha resistito, con controricorso, la omissis Network s.p.a. Divisione Nord-Est. Il ricorso giunge all'odierna pubblica udienza a seguito di ordinanza interlocutoria numero 21982-2022. Il P.M. ha depositato conclusioni scritte con cui ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile. Il ricorrente -che aveva depositato memoria in vista della precedente adunanza camerale ha formulato tempestiva istanza di discussione orale. Ragioni della decisione 1. Col primo motivo, il ricorrente denuncia violazione dell'articolo 360 c.p.c., numero 5 perché è stato totalmente omesso l'esame di un fatto decisivo oggetto di discussione e cioè la diffamazione di P.G. e della sua società omissis con il titolo a caratteri cubitali, idoneo a generare comunque dubbi sul lettore, incidendo quindi sulla sua reputazione tanto più che gli addebiti indicati avvenivano proprio dato il suo lavoro e quindi ancora più gravi e violazione dell'articolo 360 sub 3 in relazione all'articolo 132 c.p.c. mancando appunto ogni motivazione su questo punto il tutto in relazione agli articolo 590 c.p. e 2043 c.c. . 1.1. Il motivo va disatteso, in quanto è inammissibile, ai sensi dell'articolo 348 ter, comma 5 c.p.c., in relazione al vizio ex articolo 360 c.p.c., numero 5, atteso che, a fronte di una doppia conforme di merito, il ricorrente non ha dedotto -come necessario cfr., per tutte, Cass. numero 26774/2016 che la sentenza di appello confermativa di quella di primo grado non è fondata sulle stesse ragioni inerenti alle questioni di fatto è infondato in relazione alla dedotta carenza di motivazione, giacché la Corte ha esaminato il requisito della continenza e lo ha considerato rispettato, con ciò mostrando di ritenere ininfluente le deduzioni svolte dall'appellante nell'atto di gravame ritrascritte a pagg. 19 e 20 del ricorso circa la natura di per sé diffamatoria del risalto grafico dato al titolo dell'articolo. 2. Col secondo motivo, il ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 2043-2049 c.c. e 7, nonché degli articolo 112 e 132 c.p.c. per totale mancanza di motivazione premesso che l'atto di appello aveva evidenziato che, indipendentemente dalla diffamazione come reato, c' era responsabilità del giornale per non aver pubblicato le sentenze di assoluzione e per non aver cancellato a distanza di anni la notizia dal web, se non dopo l'inizio della causa , il P. si duole che la Corte si sia limitata a dichiarare cessata la materia del contendere sulla domanda di aggiornamento del sito web senza tuttavia provvedere sulle domande di danno per il decennio in cui rimase aperto il web e non si diede comunicazione delle notizie di assoluzione evidenzia che la notizia incidendo comunque in automatico nella reputazione del soggetto anche se lecita sul piano del diritto alla cronaca , non poteva durare e permanere anni, dovendola il giornale cancellare dal sito web, non appena cessava l'interesse pubblico, realizzando così quel diritto sovrano di ciascuno, specie di un indagato, all'oblio delle notizie negative . 2.1. Il motivo merita parziale accoglimento, nei termini che seguono. 2.1.1. La Corte ha escluso che la persistenza della notizia non aggiornata su un sito web possa costituire fronte di responsabilità risarcitoria lo si desume dall'affermazione a pag. 8 che non è possibile ritenere che la redazione di un giornale sia gravata dall'onere di seguire e dar conto, autonomamente e di propria sponte, degli sviluppi delle notizie precedentemente fornite, a maggior ragione se giunte a distanza di tempo considerevole e dall'ulteriore affermazione a pag. 9 che liquida il motivo di appello volto ad accertare e quantificare il danno conseguente alla permanenza dell'articolo sul portale web rilevando che l'articolo risalente al 2003 non ha carattere diffamatorio e, in conseguenza di ciò, nessun risarcimento del danno spetta al P. affermazione che lascia intendere che il risarcimento può conseguire esclusivamente all'originario carattere diffamatorio della notizia e non anche alla permanenza di una notizia non aggiornata. Deve escludersi, pertanto, che via sia stata omissione di pronuncia o che, comunque, la Corte sia incorsa in carenza di motivazione al riguardo. 2.1.2. Resta tuttavia da esaminare il fondo della questione ossia se il giornale debba rispondere per la permanenza della notizia relativa al procedimento penale che, seppure dii per sé non diffamatoria in quanto costituente, all'epoca della pubblicazione, legittimo esercizio del diritto di cronaca , non era stata aggiornata con il dato delle successive assoluzioni ed era quindi obiettivamente idonea ad incidere in modo negativo sulla reputazione del P. . La questione posta è dunque quella della configurabilità di una lesione della reputazione e di una correlata pretesa risarcitoria a seguito nella permanenza nel sito web di una testata giornalistica di una notizia vera, ma ‘datatà e non aggiornata. 2.1.3. Sul punto, il ricorso risulta parzialmente fondato sulla base del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 7 e 17 Regolamento UE numero 679-2016 e alla stregua di precedenti di legittimità in materia di diritto all'oblio, segnatamente Cass. numero 5525-2012 e Cass. numero 13161-2016. La prima decisione non si pronuncia sul diritto al risarcimento, ma afferma il diritto dell'interessato a chiedere e a ottenere un aggiornamento dei dati che lo riguardano e anche la cancellazione di notizie dai siti internet la seconda riconosce la configurabilità del diritto al risarcimento del danno salva verifica dell'allegazione e della prova almeno presuntiva del pregiudizio con una motivazione che tiene conto sia dell'esaurimento dell'interesse a mantenere la notizia sia della mancata adesione del titolare del sito alla diffida dell'interessato alla rimozione della pubblicazione. Ritiene il Collegio che non si possa affermare tout court e in termini generali un obbligo di costante aggiornamento della notizia o di rimozione della stessa una volta che sia trascorso un determinato lasso di tempo di cui non sarebbe neppure agevole una predeterminazione generalizzata , dato che ciò imporrebbe un onere estremamente gravoso e pressoché impossibile da rispettare a carico delle testate giornalistiche titolari dei siti web, al quale potrebbe non corrispondere un concreto interesse dei soggetti cui si riferiscono le notizie. D'altra parte, deve riconoscersi alla persona interessata dalla persistenza di una pubblicazione che reputi a sé pregiudizievole il diritto di tutelare la propria reputazione e di richiedere l'aggiornamento del sito o la rimozione della notizia, con la conseguenza che, una volta che sia stata formulata una siffatta richiesta, il rifiuto ingiustificato di aggiornamento o rimozione risulta idoneo a integrare una condotta illecita tale da giustificare il risarcimento del danno prodottosi a partire dalla richiesta di aggiornamento/rimozione danno che ovviamente va allegato e provato, anche in via presuntiva . Una soluzione siffatta realizza un ragionevole bilanciamento dei contrapposti interessi e si pone in linea di continuità col rilievo già contenuto in Cass. numero 5505-2012 circa la possibilità/necessità di compartecipazione dell'interessato nell'utilizzazione dei propri dati personali ovvero di ingerirsi al riguardo, chiedendone la cancellazione, la trasformazione, il blocco, ovvero la rettificazione, l'aggiornamento, l'integrazione . In tal senso orientano il D.Lgs. numero 152 del 2006, articolo 7 secondo cui l'interessato ha diritto di ottenere l'aggiornamento o la cancellazione e l'articolo 17 Regolamento UE 679-2016 che fa parimenti riferimento al diritto dell'interessato a ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati che lo riguardano, cui si correla il dovere del secondo di provvedervi senza ingiustificato ritardo entrambi fanno dipendere dall'iniziativa dell'interessato il dovere del titolare del trattamento di attivarsi per la modifica del dato e mal si prestano a sostenere l'affermazione di un dovere dell'anzidetto titolare sanzionato a livello risarcitorio di procedere alla modifica di propria iniziativa. Deve dunque ritenersi, con specifico riferimento al caso in esame, che la persistenza nel sito web di una testata giornalistica della risalente notizia del coinvolgimento di un soggetto in un procedimento penale pubblicata nell'esercizio legittimo del diritto di cronaca, ma non aggiornatà con i dati relativi all'esito di tale procedimento non integra, di per sé, un illecito idoneo a generare una pretesa risarcitoria tuttavia, il soggetto cui la notizia si riferisce ha diritto ad attivarsi per chiederne l'aggiornamento o la rimozione, con la conseguenza che l'ingiustificato rifiuto o ritardo da parte del titolare del sito è idoneo a comportare il risarcimento del danno patito successivamente alla richiesta fermo l'onere di allegazione e prova del pregiudizio da parte dell'interessato . 2.1.4. Il motivo va dunque accolto nella parte in cui censura il rigetto radicale della pretesa risarcitoria correlata alla permanenza nel sito della notizia non aggiornata, atteso che detta pretesa è astrattamente configurabile per il periodo intercorso fra la richiesta di aggiornamento/rimozione e la data in cui, solo dopo l'introduzione del procedimento cautelare, la omissis ebbe a provvedervi fatta salva, come detto, la verifica circa la effettiva sussistenza del danno lamentato . Al riguardo va evidenziato che, sebbene la sentenza dica che la omissis si attivò velocemente , la questione è tuttora controversa dato che il ricorrente ha sottolineato che ciò avvenne solo dopo l'inizio della causa e previe plurime diffide, di talché la Corte di rinvio dovrà anche verificare la sussistenza di un ingiustificato ritardo . 3. La Corte territoriale provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte, rigettato il primo motivo, accoglie il secondo nei termini di cui in motivazione, cassa in relazione e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Trieste, in diversa composizione.