Inammissibile il ricorso presentato da un’associazione non riconosciuta senza indicare il legale rappresentante

Il ricorso per cassazione proposto da un’associazione non riconosciuta senza l’indicazione della persona fisica che abbia la direzione o la presidenza secondo gli accordi degli associati e senza che tale indicazione nemmeno figuri nella procura rilasciata per il ricorso, recante una firma illeggibile, è inammissibile.

Il Tribunale di Lecco rigettava la domanda di risoluzione di un contratto di locazione proposta nei confronti dall'Associazione Culturale conduttrice, che utilizzava l'immobile come sede di ritrovo, uso che poteva essere modificato solo previa autorizzazione della locatrice. Secondo quest'ultima infatti la controparte aveva mutato l'uso dell'immobile senza chiedere la propria autorizzazione, incorrendo in un inadempimento contrattuale giustificativo della risoluzione. La domanda veniva infatti accolta in sede di seconde cure. L'Associazione Culturale ha proposto ricorso per cassazione. Il ricorso risulta manifestamente inammissibile in quanto non viene indicato chi sia il legale rappresentante pro tempore dell'Associazione. Il ricorrente non è infatti individuabile né dall'intestazione del ricorso, né tramite valida procura sottoscritta con firma leggibile. Deve dunque trovare applicazione il principio secondo cui «il ricorso per cassazione che venga proposto da un'associazione non riconosciuta senza l'indicazione della persona fisica che abbia la direzione o la presidenza secondo gli accordi degli associati e senza che tale indicazione nemmeno figuri nella procura rilasciata per il ricorso, recante una firma illeggibile, è inammissibile per mancata dimostrazione della capacità processuale di cui all'ultimo comma dell'articolo 75 c.p.c.».

Presidente Frasca – Relatore Graziosi Rilevato che Il Tribunale di Lecco, con sentenza numero 368-2017, rigettava la domanda di risoluzione di contratto di locazione proposta nei confronti della conduttrice Associazione Culturale omissis, quale locatrice di un immobile sito in […]. Si trattava di un contratto stipulato in data 2 gennaio 2007, con cui l'immobile era stato concesso ad uso di ritrovo per associazione culturale , uso che la parte conduttrice avrebbe potuto mutare soltanto se autorizzata dalla locatrice. Quest'ultima aveva agito adducendo che controparte aveva mutato l'uso senza chiedere la propria autorizzazione, così commettendo inadempimento giustificativo della risoluzione a ciò aveva aggiunto la domanda di risarcimento dei conseguenti danni. GE.IM. proponeva appello, cui resisteva Associazione Culturale Omissis. La Corte d'appello di Milano, con sentenza del 3 dicembre 2018, accoglieva la domanda di risoluzione, dichiarando dunque la risoluzione del contratto con conseguente ordine di immediato rilascio rigettava invece l'azione risarcitoria. Associazione Culturale Omissis ha proposto ricorso, articolato in due motivi. GE.IM. si è difesa con controricorso. Considerato che 1. Il primo motivo denuncia, in riferimento all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, violazione e/o falsa applicazione degli articolo 1456,1375 e 1176 c.c La Corte d'appello - osserva la ricorrente - ha ritenuto che alla sua decisione non osti quanto addotto da GE.IM. davanti al giudice amministrativo avverso un provvedimento del Comune di […] del 27 ottobre 2015 con cui, ritenuto accertato il mutamento d'uso, il Comune aveva intimato alle parti contrattuali di rimettere in pristino l'immobile e ciò perché in tale giudizio amministrativo si sarebbe fatto riferimento a nozioni di carattere urbanistico-amministrativo , mentre il giudizio davanti alla corte territoriale sarebbe stato attinente al rispetto del contenuto del contratto di locazione quanto alla corrispondenza o meno all'uso ivi stabilito dell'abituale o in ogni caso assai ricorrente attività di preghiera vi si praticava preghiera islamica . Obietta la ricorrente che la clausola risolutiva espressa non avrebbe comportato automaticamente lo scioglimento del contratto, occorrendo ai sensi dell'articolo 1218 c.c. l'accertamento dell'imputabilità dell'inadempimento del debitore almeno a titolo di colpa , essendo inoltre possibile che la parte rinunciasse anche tacitamente ad avvalersi della clausola risolutiva espressa. E GE.IM. sin dal principio e del tutto il corso del giudizio avrebbe tenuto l'avrebbe riconosciuto il giudice d'appello stesso - un comportamento incompatibile con l'avvalersi di tale clausola si citano, per dimostrarlo, le conclusioni di controparte nel ricorso presentato ex articolo 447 bis c.p.c. nonché un passo del ricorso in appello, deducendone poi che GE.IM., agendo davanti al giudice amministrativo, avrebbe dimostrato di avere interesse alla prosecuzione del contratto, rinunciando alla clausola sul mutamento dell'uso. Pertanto la corte territoriale avrebbe giuridicamente errato. 2. Il secondo motivo denuncia, in riferimento all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4, violazione e/o falsa applicazione degli articolo 132, comma 2, numero 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., sostenendo che, rispetto a quanto dinanzi evidenziato , la motivazione formulata dal giudice d'appello sarebbe incomprensibile e irriducibilmente contraddittoria. 3. Il ricorso è manifestamente inammissibile, in quanto nella procura speciale del ricorso non viene indicato chi sia il legale rappresentante pro tempore di Associazione Culturale Omissis - d'altronde la sottoscrizione di detta procura consiste in una firma assolutamente illeggibile - i dati identificativi del legale rappresentante non sono stati indicati neppure nell'incipit del ricorso. Si rileva che la mancata indicazione, nell'intestazione del ricorso per cassazione, dei dati della persona fisica che riveste la legale rappresentanza dell'ente ricorrente non determinerebbe l'inammissibilità del ricorso stesso qualora la sottoscrizione della relativa procura, adeguatamente decifrabile nel suo indicativo contenuto, sciolga ogni incertezza in ordine al soggetto che propone il ricorso cfr. Cass. sez. L, 11 ottobre 1984 numero 5100 . Nel caso in esame, peraltro, come si è appena evidenziato nessuno dei due elementi potenzialmente identificativi - e quindi nè l'indicazione del ricorrente nella intestazione del ricorso, nè la presenza di una valida procura sottoscritta con firma leggibile dal ricorrente - ricorre come tale, onde il ricorso patisce l'inammissibilità suddetta, che assorbe ogni altro profilo. 4. Peraltro, non si può non rilevare che, oltre a quella appena esaminata che emerge ictu oculi, nel caso in esame sussiste una più profonda e peculiare per l'elevato calibro sostanziale che la connota - causa di inammissibilità del presente ricorso. Invero l'articolo 36 c.c. statuisce che l'entità giuridica nella cui sussunzione apparentemente la ricorrente si presenta, cioè un'associazione non riconosciuta, in quanto tale può stare in giudizio nella persona di coloro cui è conferita la presidenza o la direzione secondo gli accordi degli associati . È dunque di ineludibile necessità la identificazione di chi, proponendo il ricorso, proclama di assumere il ruolo di rappresentare in giudizio l'associazione non riconosciuta, in quanto si tratta di soggetti di cui la norma esige la individuazione mediante tali specifici accordi. La carenza della identificazione stessa potrebbe, altrimenti, trasfondersi nella indeterminatezza della parte in sé, originando dunque una radicale inammissibilità del ricorso - anche a monte, appunto, della inammissibilità per mancanza di identificazione di chi ha conferito la procura -, il quale non indica proprio la parte che lo ha proposto. E nel caso in esame tale fattispecie prioritaria di non identificabilità sussiste, considerato quanto già più sopra si evidenziava sul contenuto del ricorso, il quale, prima ancora che la procura che gli è accessoria, risulta anonimo, ovvero non attribuibile ad un soggetto giuridico persona fisica identificato esercente la rappresentanza, pur essendo l'atto funzionalizzato al primo impulso processuale. Coordinando la previsione del ricordato articolo 36, là dove dispone esige espressamente che l'associazione non riconosciute sta in giudizio nella persona di coloro cui, secondo gli accordi, è conferita la presidenza o la direzione, con quella dell'ultimo comma dell'articolo 75 c.p.c. che la richiama, risulta palese che l'atto introduttivo del giudizio deve indicare la persona cui allude la prima norma, esigenza che risulta funzionale al raggiungimento dello scopo dell'atto stesso in punto di riferibilità all'associazione non riconosciuta, una volta considerata l'assenza di una emersione della stessa nell'ordinamento attraverso meccanismi come il riconoscimento propri delle associazioni riconosciute e delle fondazioni o la pubblicità come per le società . Peraltro, e proprio per questo, inidonea ad evidenziare la rappresentanza ai sensi dell'articolo 75, ultimo comma, c.p.c. risulterebbe anche la presenza nella procura della firma leggibile di una persona, cui non si accompagni l'indicazione di quella qualità. Questo particolare rigore trova, del resto, spiegazione nella previsione della norma dell'articolo 38, primo inciso, c.c., che allude alle persone che rappresentano l'associazione. Il principio di diritto che viene in rilievo è il seguente il ricorso per cassazione che venga proposto da un'associazione non riconosciuta senza l'indicazione della persona fisica che abbia la direzione o la presidenza secondo gli accordi degli associati e senza che tale indicazione nemmeno figuri nella procura rilasciata per il ricorso, recante una firma illeggibile, è inammissibile per mancata dimostrazione della capacità processuale di cui all'ultimo comma dell'articolo 75 c.p.c. . 5. In conclusione, il ricorso è radicalmente inammissibile ne consegue la condanna della ricorrente alla rifusione a controparte delle spese processuali, liquidate come da dispositivo. Seguendo l'insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 numero 4315 si dà atto, ai sensi del D.P.R. numero 115-2012, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere a controparte le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 4000, oltre a C 200 per gli esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.