Illuminante è la decisione della Corte Suprema di Cassazione a Sezioni Unite numero 5657 del 23 febbraio 2023 perché, nel soffermarsi sulla natura e sul funzionamento di un leasing contraddistinto da una clausola di doppia indicizzazione, fornisce utilissime coordinate di orientamento per capire quando un contratto possa ritenersi meritevole di tutela, escludendo la sussistenza di uno strumento derivato implicito.
Due i principi di diritto enunciati «il giudizio di “immeritevolezza” di cui all'articolo 1322, secondo comma, c.c. va compiuto avendo riguardo allo scopo perseguito dalle parti, e non alla sua convenienza, né alla sua chiarezza, né alla sua aleatorietà» «la clausola inserita in un contratto di leasing, la quale preveda che a la misura del canone vario in funzione sia delle variazioni di un indice finanziario, sia delle fluttuazioni del tasso di cambio tra la valuta domestica ed una valuta straniera b l'importo mensile del canone resti nominalmente invariato, e i rapporti di dare/avere tra le parti dipendenti dalle suddette fluttuazioni siano regolati a parte non è un patto immeritevole ex articolo 1322 c.c., né costituisce uno “strumento finanziario derivato” implicito, e la relativa pattuizione non è soggetta alle previsioni del d. lgs. 58/98». Il caso. Nel 2006 una società a responsabilità limitata stipulava un contratto di leasing avente, in sintesi, le seguenti caratteristiche a franco svizzero quale valuta nominale di riferimento b rimborso del finanziamento in euro c pagamento di rate mensili di entità variabile sia in funzione delle fluttuazioni del tasso LIBOR 3 mesi-CHF, che del cambio tra l'euro e il franco svizzero. A seguito dell'inadempimento dell'utilizzatrice, la concedente il leasing otteneva dal Tribunale di Udine un decreto ingiuntivo nei confronti della società debitrice. Seguiva l'opposizione basata sul presupposto che la clausola di indicizzazione altro non fosse che uno strumento finanziario implicito da ritenersi nullo perché stipulato dalla banca in assenza dei preventivi obblighi di informazione imposti dal TUF. Impostazione, questa, accolta dal Tribunale in quanto il leasing si mostrava contraddistinto, al suo interno, da due autonomi strumenti finanziari derivati. La Corte di Appello di Triste rigettava il gravame in considerazione, tuttavia, dell'invalidità ai sensi dell'articolo 1322 c.c. della clausola di rischio cambio. Da qui il ricorso per cassazione e l'Ordinanza interlocutoria della Terza Sezione civile numero 8603/2022 volta a sollecitare una pronuncia a Sezioni Unite ritenendo non persuasivo l'orientamento che nega la qualificazione di derivato implicito ad una clausola di siffatta natura. Quando il contratto è da ritenersi meritevole di tutela. Ricordano, anzitutto, le Sezioni Unite che il giudizio di «meritevolezza» non coincide col giudizio di «liceità» del contratto, del suo oggetto o della sua causa. Secondo la Relazione al Codice civile la meritevolezza è un giudizio che deve investire non il contratto in sé, ma il risultato con esso avuto di mira dalle parti, cioè lo scopo pratico o causa concreta. Al punto che il risultato del contratto dovrà dirsi immeritevole solo quando sia contrario alla coscienza civile, all'economia, al buon costume od all'ordine pubblico. Questo principio, se pur anteriore alla Costituzione, è stato da questa consacrato negli articolo 2, secondo periodo 4, secondo comma, e 41, comma 2. Lungo tale direttrice, l'accertamento della contrarietà deve riguardare non il patto, bensì il risultato cui esso mira con i princìpi di solidarietà, parità e non prevaricazione posti a fondamento dei rapporti privati. Sono stati perciò ritenuti in sede di legittimità «immeritevoli» i contratti che avevano per scopo o per effetto quello di a attribuire ad una delle parti un vantaggio ingiusto e sproporzionato, senza contropartita per l'altra b porre una delle parti in una posizione di indeterminata soggezione rispetto all'altra c costringere una delle parti a tenere condotte contrastanti coi superiori doveri di solidarietà costituzionalmente imposti. La clausola oscura non rende il contratto immeritevole di tutela. Puntualizzano le Sezioni Unite che l'equazione stabilita dalla Corte territoriale per cui “macchinosità della clausola = immeritevolezza” è erronea. Una clausola astrusa od inintelligibile non rende il contratto nullo o immeritevole atteso che il giudice deve ricorrere agli strumenti legali di ermeneutica. La clausola oscura andrà interpretata, in mancanza di altri criteri, almeno in modo che le si possa dare un senso, oppure contra proferentem. Viene osservato che, da un punto di vista epistemologico, esistono non concetti facili e concetti difficili, bensì concetti noti e concetti ignoti i primi sono comprensibili ed i secondi no, se non vengano spiegati. In tale direzione una clausola mai può ritenersi macchinosa in senso assoluto. Può esserlo in senso relativo, se contenuta, a titolo esemplificativo, in un testo predisposto unilateralmente e sottoposto a persona priva delle necessarie competenze per comprenderlo. In tale ipotesi, si dirà che il contratto è annullabile poiché il consenso del contraente è stato dato per errore o carpito con dolo. Oppure si dirà che il proponente è tenuto al risarcimento del danno per non avere fornito alla controparte le necessarie informazioni precontrattuali, ove imposte dalla legge o dal dovere di buona fede. Un contratto aleatorio e/o squilibrato non è immeritevole di tutela. Avvertono poi le Sezioni Unite che l'alea giuridica non deve essere confusa con l'alea economica. Del contratto solo la prima ne forma l'oggetto e ne è elemento essenziale rappresentando la c.d. susceptio periculi. Nella specie, causa del contratto di leasing era il trasferimento della proprietà di un immobile, giammai di un rischio dietro il pagamento di un prezzo. Appurato che il contratto aleatorio non è, di per sé, immeritevole di tutela, analoga conclusione è tratta in merito allo squilibrio tra le contrapposte obbligazioni delle parti. Ciò sol considerando che la libertà negoziale è principio cardinale del nostro ordinamento e del diritto dei contratti. Ad avviso cioè della Corte, se il soggetto abilitato all'esercizio del credito ha il dovere di rispettare le regole del gioco e comportarsi in buona fede, nondimeno ha anche il diritto di pianificare in piena libertà le proprie strategie imprenditoriali e commerciali. È pertanto da escludere la immeritevolezza del contratto se la differenza tra le controprestazioni è stata compresa e accettata in piena libertà ed autonomia. Neppure lo squilibrio delle prestazioni può farsi coincidere con la convenienza del contratto. Viene precisato, al riguardo, che colui che ha fatto un cattivo affare non può pretendere di sciogliersi dal contratto invocando lo squilibrio delle prestazioni. Infine, viene osservato che se lo squilibrio economico tra le prestazioni è genetico legittima il ricorso alla rescissione per lesione se è sopravvenuto legittima il rimedio della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta. Conclude la Corte Suprema il proprio ragionamento segnalando che il giudizio di «immeritevolezza» di un contratto ai sensi dell'articolo 1322, comma 2, c.c., non può essere formulato in astratto ed ex ante, limitandosi a considerare il solo contenuto oggettivo dei patti contrattuali, ma va compiuto in concreto ed ex post, ricercando - iuxta alligata et probata partium - lo scopo perseguito dalle parti. Non esiste il derivato implicito nel contratto di leasing indicizzato. Passando al tema del derivato implicito nel leasing, il Supremo Collegio premette come in merito a questa tematica non possa configurarsi, nella sostanza, un contrasto di giurisprudenza di legittimità. Che la clausola indicizzata — la quale faccia dipendere gli interessi dovuti dall'utilizzatore dalla variazione di un indice finanziario insieme ad un indice monetario come nella specie — non possa ritenersi uno strumento derivato, tantomeno implicito, è stato stabilito dalle decisioni numero 4569/2021 e numero 26358/2021 e viene ribadito anche nella pronuncia qui annotata. Difatti, la causa nulla ha in comune con quella dei derivati elencati dalla legge difettano poi gli elementi essenziali che accomunano la maggior parte degli strumenti finanziari derivati tipici. Rientrano nella categoria degli “strumenti finanziari collegati alla valuta” soltanto quelli per mezzo dei quali le parti intendono speculare sull'andamento del mercato delle valute, e non quelli che si limitano a determinare il valore d'una prestazione rinviando ad un indice monetario, comunque determinato Cass., numero 19226/2009 . Discostandosi dalla posizione di parte della dottrina sul punto, le Sezioni Unite ritengono che non merita dignità concettuale il derivato implicito per esso intendendosi un patto dotato di autonomia causale ma aggiunto o accessorio ad altro negozio. Viene precisato dalle Sezioni Unite che il contratto di leasing ha ovviamente sempre una funzione anche di finanziamento, ed un finanziamento può legittimamente essere concesso in valuta nazionale od in valuta estera. Un finanziamento in valuta estera ha lo scopo di evitare i rischi connessi alla svalutazione della moneta nazionale e cioè il rischio della svalutazione per il creditore, e il rischio della rivalutazione per il debitore . Un finanziamento non importa se in forma di mutuo o di leasing il cui importo è parametrato ad un rapporto di cambio è un debito di valore e non di valuta. Nella specie, si tratta di una normale clausola-valore, attraverso la quale le parti individuano il criterio al quale commisurare la prestazione del debitore. In questa direzione 1 l'aleatorietà del contratto non è che un effetto naturale della clausola-valore 2 la previsione che eventuali conguagli a favore dell'una o dell'altra parte fossero regolati a parte e non incidessero sul valore della rata non è che una modalità esecutiva delle reciproche obbligazioni, insuscettibile di riverberare effetti sulla qualificazione del contratto. Segue la previsione di maggiori oneri non muta la causa del contratto. Concludono le Sezioni Unite evidenziando che la clausola di rischio cambio non snatura la causa del contratto di leasing. Per qualificare un contratto il giudice deve avere riguardo all'intento negoziale delle parti, non al risultato economico di esso, e tanto meno alla sua convenienza per una delle parti. Il contratto non muta natura e causa soltanto perché uno dei suoi elementi presenti un'occasionale difformità rispetto allo schema legale tipico. Viene precisato che un contratto può dirsi atipico soltanto quando il rapporto per come disciplinato dalle parti diventi «del tutto estraneo al tipo normativo, perché trae le proprie ragioni di essere dall'adeguamento degli strumenti giuridici alle mutevoli esigenze della vita sociale e dei rapporti economici» v. Cass. numero 3645/1969 Cass., numero 116/1974 Cass. numero 982/2002 Cass. numero 11096/2004 . Da ultimo, viene rammentato che le prestazioni atipiche poste a carico di una delle parti non mutano la causa tipica del contratto, se in questo permane la prevalenza degli elementi propri dello schema tipico. Ragion per cui la previsione di maggiori o minori obblighi a carico di una delle parti non è, di per sé, sufficiente a concludere che quel contratto, mercé la pattuizione di quegli obblighi aggiuntivi, abbia mutato causa o natura e sia diventato atipico. In conclusione, la clausola di indicizzazione quale quella in esame viene ritenuta lecita e non può costituire, da sola, la violazione dei doveri di correttezza e buona fede da parte di un intermediario creditizio o finanziario. In ogni caso, l'eventuale violazione di questi doveri di correttezza nella fase delle trattative non potrebbe condurre ad una dichiarazione di immeritevolezza del contratto. Al più, potrebbe configurarsi l'annullamento del contratto per vizio del consenso errore o dolo , oppure una responsabilità precontrattuale o ancora il risarcimento del danno. Il giudizio sulla meritevolezza serve difatti a stabilire se il contratto possa produrre effetti. Il contratto immeritevole è improduttivo di effetti mentre il contratto eseguito senza buona fede fa sorgere il diritto alla risoluzione o al risarcimento del danno. Viene conseguentemente cassata dalle Sezioni Unite la decisione impugnata con rinvio della causa alla Corte territoriale per provvedere, in diversa composizione, sulla base dei due principi di diritto sopra richiamati. Per la più recente dottrina. Sul tema trattato dalle Sezioni Unite nella pronuncia qui annotata, cfr. Natale, Le clausole di indicizzazione nei contratti di leasing al vaglio delle sezioni unite, in Il Foro it., 2022, 1643 Foresta, La possibile nullità della clausola di doppia indicizzazione dei mutui fondiari Barclays, in Giur. it., 2022, 824 Pistelli, I prestiti in valuta fra contratto e concorrenza, in Nuova Giur. civ. comm., 2022, 108 D'Alessandro, Trasparenza e abusività delle clausole di indicizzazione degli interessi, in Jus civ., 2021, 1978 Natale, Sulla deriva dei derivati in Cassazione, Foro It., 2021, 2883 Travan, Divisore incerto e nullità della clausola di indicizzazione del tasso d'interesse, in Giur. it., 2021, 1085 Maffeis, Derivati come clausole corre la finanza, esita il diritto, in Banca borsa e tit. cred., 2021, 311.
Presidente Curzio – Relatore Rossetti Fatti di causa 1. Nel 2006 la società Omissis s.r.l. che in seguito muterà ragione sociale in A.C.S. s s.r.l. e che d'ora innanzi sarà in ogni caso indicata come la ACS stipulò con la società Omissis s.r.l. che in seguito muterà forma e ragione sociale in omissis di R.G. e C. s.numero c. d'ora innanzi, la OMISSIS un contratto di leasing avente ad oggetto un immobile. Il debito della società utilizzatrice OMISSIS venne garantito da cinque persone fisiche, e cioè P.D., R.L., R.V., R.G. e S.M 2. Il contratto di leasing prevedeva che a la valuta nominale di riferimento del contratto fosse il franco svizzero b la società utilizzatrice rimborsasse il finanziamento in Euro c il rimborso dovesse avvenire in 15 anni, mediante pagamento di un anticipo, di 179 rate mensili di Euro 4.487,60 ciascuna termine poi prorogato in corso di esecuzione del contratto , e di un prezzo finale di riscatto d la rata dovuta dall'utilizzatrice alla concedente potesse aumentare o diminuire in funzione di due variabili d' sia in funzione della variazione del tasso LIBOR 3 mesi - CHF d' sia in funzione delle variazioni del tasso di cambio tra l'Euro e il franco svizzero. 3. Il modo e la misura in cui il canone di leasing dovesse variare erano stabiliti dal contratto come segue a la rata poteva variare sia in aumento che in diminuzione b la variabilità del canone dipendente dalle fluttuazioni del tasso LIBOR era illimitata in aumento, e limitata in diminuzione non oltre due punti in meno dell'indice di base , e si sarebbe applicata a partire dal canone in scadenza nel mese in cui si era verificata la variazione del tasso LIBOR c la variabilità del canone dipendente dalle fluttuazioni del cambio franco/Euro era illimitata sia in aumento che in diminuzione d la misura della variazione del canone dipendente dalle fluttuazioni del cambio franco/Euro doveva determinarsi con una formula matematica, pari al canone, diviso per il cambio al momento del pagamento della rata, e moltiplicato per la differenza tra cambio storico cioè il cambio fissato convenzionalmente dalle parti alla stipula del contratto e cambio alla scadenza del canone. Unica differenza tra l'ipotesi di apprezzamento del franco e quella di apprezzamento dell'Euro in corso di contratto era che nel primo caso apprezzamento del franco, e quindi variazione a favore del debitore a base del calcolo si sarebbe dovuto porre l'importo della rata al netto dell'IVA, e nel secondo caso deprezzamento del franco, e quindi variazione a favore del creditore a base del calcolo si sarebbe dovuto porre l'importo della rata al lordo dell'IVA e infine, il contratto prevedeva che eventuali variazioni del canone non avrebbero comportato l'aumento o la diminuzione della rata mensilmente dovuta, ma sarebbero state regolate a parte, con periodiche rimesse reciproche tra le parti. 4. Sei anni dopo la stipula del contratto la società concedente, lamentando l'inadempimento della società utilizzatrice, chiese ed ottenne dal Tribunale di Udine il decreto ingiuntivo 6 ottobre 2012 numero 2376, pronunciato nei confronti della debitrice e dei suoi garanti, per l'importo di Euro 128.840,58, a titolo di canoni scaduti e non pagati. 5. Tutti gli intimati proposero, congiuntamente, opposizione al decreto. A fondamento dell'opposizione dedussero che il contratto di leasing, nella parte in cui conteneva la clausola di variabilità del canone nella misura sopra descritta, andava qualificato come strumento finanziario implicito , e doveva ritenersi perciò nullo, in quanto stipulato senza che fossero stati assolti da parte della banca i preventivi obblighi di informazione imposti dal d. lgs. 58/98. Chiesero perciò la revoca del decreto ingiuntivo e, in via riconvenzionale, la condanna della ACS alla restituzione di tutte le somme pagate a titolo di indicizzazione del canone, nonché la condanna dell'intermediario al risarcimento del danno. 6. Il Tribunale di Udine con sentenza 24.2.2015 numero 314 ritenne che la clausola la quale prevedeva la variazione del canone in funzione sia del tasso LIBOR che del tasso di cambio tra l'Euro ed il franco svizzero contenesse in realtà due strumenti finanziari derivati, autonomi rispetto al contratto di leasing. Ne dichiarò perciò la nullità, poiché la società utilizzatrice non aveva ricevuto le informazioni precontrattuali prescritte dalla legge prima della stipula di contratti aventi ad oggetto strumenti finanziari. Ridusse di conseguenza il credito della concedente ACS a 78.131 Euro, e la condannò a risarcire il danno patito dalla utilizzatrice OMISSIS , quantificato in Euro 13.102 né la sentenza, né il ricorso, né il controricorso precisano di che danno si tratti . La sentenza fu appellata dalla ACS. 7. Con sentenza 19 dicembre 2018 numero 751 la Corte d'appello di Trieste ha rigettato il gravame, adottando però una motivazione diversa rispetto a quella del Tribunale. La Corte d'appello ha definito l'intero contratto sottoposto al suo esame come una sorta di swap , lo ha qualificato aleatorio e lo ha dichiarato rientrante nel genus delle scommesse p. 13-14 della sentenza d'appello . Ha poi aggiunto che la clausola di ancoraggio del canone al tasso di cambio tra franco svizzero ed Euro era astrusa, macchinosa, complessa e oscura , e provocava uno squilibro nelle prestazioni p. 16 , in quanto la formula di calcolo del rischio cambio differiva a seconda che la variazione fosse favorevole o sfavorevole al concedente che il contratto era stato qualificato come contenente elementi riconducibili a strumenti finanziari derivati anche dal consulente d'ufficio nominato in primo grado che al momento della stipula - sempre ad avviso del c.t.u. - era prevedibile un apprezzamento del franco rispetto all'Euro. Detto ciò, la Corte d'appello ha concluso che per le esposte ragioni l'opposizione al decreto ingiuntivo andava accolta in quanto la sola clausola di rischio cambio era invalida ex articolo 1322, comma 2, c.c. , e non già perché il contratto fosse nullo a causa della violazione degli obblighi di informazione precontrattuale prescritti dal d. lgs. 58/98. 8. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione dalla ACS, con ricorso fondato su due motivi. La OMISSIS ed i suoi cinque fideiussori hanno resistito con controricorso. 9. Il ricorso venne assegnato alla Terza Sezione civile di questa Corte e discusso nell'adunanza camerale del 9 febbraio 2022. Con ordinanza interlocutoria 16 marzo 2022 numero 8603 la Terza Sezione civile di questa Corte ha rimesso gli atti al Primo Presidente, affinché fosse valutata l'opportunità di assegnazione del ricorso a queste Sezioni Unite. La suddetta ordinanza, dopo aver ravvisato l'esistenza di contrastanti decisioni di questa Corte circa la validità di clausole come quella oggetto del presente giudizio, ha ritenuto non persuasivo l'orientamento che nega alle clausole suddette la qualificazione di derivati impliciti , e sollecita queste Sezioni Unite a stabilire, siccome questioni di massima di particolare importanza a se la clausola di cui si discorre sia un mero meccanismo di indicizzazione, oppure costituisca una scommessa , o comunque abbia una finalità speculativa b se la suddetta clausola muti la causa del contratto di leasing, inquinandola , ed in questo caso con quali effetti c se la relativa pattuizione, a causa della sua oscurità, violi i doveri di correttezza e buona fede da parte del predisponente. 10. Per effetto della suddetta ordinanza interlocutoria il ricorso è stato fissato dinanzi a queste Sezioni Unite per l'odierna udienza, prima della quale ambo le parti hanno depositato memoria. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte nelle quali ha chiesto l'accoglimento del ricorso. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso. Col primo motivo la ACS dichiara di voler denunciare sia il vizio di violazione di legge ex articolo 360 c.p.c., numero 3 con riferimento agli articolo 1362,1363,1366,1367,1371 c.c. 1 d. lgs. 58/98 , sia quello di nullità processuale ex articolo 360 c.p.c., numero 4, sia quello di omesso esame di un fatto decisivo, ex articolo 360 c.p.c., numero 5. Al di là di tali indicazioni, non del tutto coerenti rispetto al contenuto oggettivo del ricorso, l'illustrazione del motivo contiene in realtà due censure. 1.1. Con una prima censura pp. 10-14 del ricorso la società ricorrente sostiene che la Corte d'appello avrebbe malamente interpretato il contratto. L'errore sarebbe consistito nel non apprezzare adeguatamente la comune volontà delle parti, che fu quella di stipulare un normale contratto di leasing in valuta estera. Che fosse intenzione delle parti stipulare un contratto in valuta estera si sarebbe dovuto desumere, ad avviso della ricorrente, dalla valutazione complessiva delle clausole contrattuali e dalla condotta delle parti anche nella fase precedente la stipula. Se la Corte d'appello avesse tenuto conto del fatto che il contratto fu stipulato in valuta estera, avrebbe dovuto trarre la conclusione che le clausole di indicizzazione del canone non solo non erano affatto atipiche, ma costituivano normali clausole diffuse nella prassi bancaria in tutti i rapporti finanziari accesi in divisa estera, quando il debitore sia un soggetto residente in un paese dell' area Euro . La contestata clausola, pertanto, non aveva altro effetto che consentire al debitore di restituire in Euro un finanziamento concessogli in altra valuta. 1.2. Con una seconda censura p. 15-17 la società ricorrente sostiene che la Corte d'appello, oltre a male interpretare il contratto, lo avrebbe anche malamente qualificato. Deduce la ricorrente che la clausola di doppia indicizzazione prevista dal contratto non possedeva alcuna delle caratteristiche tipiche degli strumenti finanziari derivati non l'astrazione, non l'autonomia, non l'esistenza d'un capitale puramente nozionale, non la previsione del valore da assegnare ai reciproci flussi finanziari nel caso di cessazione degli effetti del contratto e cioè il c.d. mark to market . 1.3. Ambedue le censure sono inammissibili per difetto di rilevanza, in quanto non coerenti rispetto alla ratio decidendi sottesa dalla sentenza impugnata. La Corte d'appello infatti ha rigettato il gravame non perché - come aveva invece ritenuto il Tribunale - le parti avessero stipulato un contratto di swap non preceduto da adeguata informazione. Lo ha rigettato sul presupposto che il contratto stipulato dalle parti fosse immeritevole di tutela ai sensi dell'articolo 1322, comma 2, c.c Rispetto a tale ratio decidendi non vengono dunque in rilievo né questioni di interpretazione, né questioni di qualificazione. 1.3.1. Non vengono in rilievo questioni di interpretazione, dal momento che il contenuto oggettivo del contratto e il significato da attribuire al testo delle previsioni contrattuali non è stato mai in discussione tra le parti. Queste avevano ben chiaro quali fossero gli obblighi nascenti dal contratto semplicemente, controvertevano sulla validità dei patti che quegli obblighi avevano generato. 1.3.2. Nemmeno vengono in rilievo, nella motivazione della sentenza impugnata, questioni di qualificazione del contratto. La Corte d'appello infatti ha accolto l'opposizione a decreto ingiuntivo non già sul presupposto che la banca concedente avesse violato gli obblighi di informazione precontrattuale previsti dalla legge nel caso di vendita di strumenti finanziari derivati così la sentenza, p. 18 , ma perché ha ritenuto il patto di rischio cambio immeritevole di tutela in quanto aleatorio, speculativo e incoerente rispetto alle effettive necessità di un contratto di leasing p. 17 . La qualificazione del contratto come una sorta di swap , contenuta a p. 13 della sentenza impugnata, non ha dunque giocato alcun ruolo nell'iter argomentativo del giudice d'appello. E' stata infatti la ritenuta immeritevolezza del patto di indicizzazione a determinare il giudice d'appello al rigetto del gravame, e non la violazione delle norme dettate dal d. lgs. 58/98 in tema di vendita di strumenti finanziari. 2. Il secondo motivo. Col secondo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., numero 3, la violazione dell'articolo 1322 c.c., nonché il vizio di omesso esame d'un fatto decisivo, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., numero 5. Deduce la ricorrente che il contratto da essa stipulato con la OMISSIS non presentava alcuno dei presupposti che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, debbono ricorrere per poter qualificare un contratto come immeritevole , ex articolo 1322, comma 2, c.c La clausola di indicizzazione contenuta nel contratto, infatti - non attribuiva alcun vantaggio ingiusto e sproporzionato ad una parte soltanto, e senza contropartita il contratto prevedeva che il canone potesse sia aumentare, sia diminuire, in modo speculare - non poneva alcuna delle parti in una posizione di soggezione rispetto all'altra - non costringeva alcuna delle parti alla violazione di doveri di solidarietà sociale costituzionalmente imposti. L'illustrazione del motivo prosegue sostenendo che il richiamo del Tribunale al principio di correttezza fu ultroneo, dal momento che se un contratto è validamente stipulato, la scorrettezza di una delle parti può al massimo integrare gli estremi dell'inadempimento. Sicché, anche ad ammettere che la banca avesse preteso somme non dovute, l'unico rimedio possibile sarebbe stata la ripetizione dell'indebito, e non la statuizione di immeritevolezza del contratto. Infine, la ricorrente osserva come la decisione della Corte d'appello abbia avuto per effetto quello di trasformare un contratto in cui la prestazione tra le parti era stata pattuita in valuta estera, in un contratto avente ad oggetto un debito pecuniario espresso in valuta nazionale. Ma se è la legge stessa a consentire la stipula di obbligazioni in valuta estera, ad avviso della ricorrente non v'e' ragione per ritenere immeritevole la clausola che indicizzi l'obbligazione del debitore rinviando ad una valuta 2.1. La censura di omesso esame del fatto decisivo non viene neanche illustrata ed è perciò inammissibile. La censura di violazione dell'articolo 1322, comma 2, c.c., è fondata. 2.2. Questa Corte ha già stabilito che il giudizio di meritevolezza di cui all'articolo 1322, comma 2, c.c., non coincide col giudizio di liceità del contratto, del suo oggetto o della sua causa. Secondo la Relazione al Codice civile la meritevolezza è un giudizio che deve investire non il contratto in sé, ma il risultato con esso avuto di mira dalle parti, cioè lo scopo pratico o causa concreta che dir si voglia ex aliis, Sez. U -, Sentenza numero 4222 del 17/02/2017 Sez. U, Sentenza numero 4223 del 17/02/2017 Sez. U, Sentenza numero 4224 del 17/02/2017 Sez. 3, Sentenza numero 10506 del 28/04/2017 . Ed il risultato del contratto dovrà dirsi immeritevole solo quando sia contrario alla coscienza civile, all'economia, al buon costume od all'ordine pubblico così la Relazione al Codice, p. 603, II capoverso . Questo principio, se pur anteriore alla promulgazione della Carta costituzionale, è stato da questa ripreso e consacrato negli articolo 2, secondo periodo Cost., 4, comma 2, e 41, comma 2. Un contratto dunque non può dirsi immeritevole sol perché poco conveniente per una delle parti. L'ordinamento garantisce il contraente il cui consenso sia stato stornato o prevaricato, non quello che, libero ed informato, abbia compiuto scelte contrattuali non pienamente satisfattive dei propri interessi economici. Affinché dunque un patto atipico possa dirsi immeritevole , ai sensi dell'articolo 1322 c.c., è necessario accertare la contrarietà non del patto, ma del risultato cui esso mira con i principi di solidarietà, parità e non prevaricazione che il nostro ordinamento pone a fondamento dei rapporti privati. Sono stati perciò ritenuti immeritevoli, ai sensi dell'articolo 1322, comma secondo, c.c., contratti o patti contrattuali che, pur formalmente rispettosi della legge, avevano per scopo o per effetto di a attribuire ad una delle parti un vantaggio ingiusto e sproporzionato, senza contropartita per l'altra sentenze 22950/15 19559/15 b porre una delle parti in una posizione di indeterminata soggezione rispetto all'altra sentenze 4222/17 3080/13 12454/09 1898/00 9975/95 c costringere una delle parti a tenere condotte contrastanti coi superiori doveri di solidarietà costituzionalmente imposti sentenza 14343/09 . 2.3. Nel caso di specie la Corte d'appello ha reputato che la clausola di rischio cambio fosse immeritevole ex articolo 1322 c.c. spendendo tre argomenti, e cioè 1 il calcolo della variazione del saggio di interesse dovuto dall'utilizzatrice era astruso e macchinoso 2 la clausola che disciplinava il rischio cambio era caratterizzata da aleatorietà e squilibrio, in quanto prevedeva una differente base di calcolo dell'indicizzazione, a seconda che l'Euro si fosse apprezzato o deprezzato rispetto alla valuta di riferimento 3 il c.t.u. aveva accertato che fin dalla stipula del contratto era prevedibile un costante apprezzamento del franco svizzero sull'Euro. Tutti e tre questi argomenti sono erronei in punto di diritto. Essi né singolarmente, né complessivamente, sono idonei a giustificare un giudizio di immeritevolezza ex articolo 1322 c.c., alla luce dei principi stabiliti da questa Corte e sopra ricordati. 2.4. Il primo argomento è erroneo perché una clausola contrattuale astrusa od inintelligibile non rende il contratto nullo o immeritevole ex 1322 c.c Dinanzi a clausole contrattuali oscure il giudice deve ricorrere agli strumenti legali di ermeneutica articolo 1362-1371 c.c. , e non ad un giudizio di immeritevolezza. La clausola oscura andrà dunque interpretata, in mancanza di altri criteri, almeno in modo che le si possa dare un senso articolo 1371 c.c. , oppure contra proferentem articolo 1370 c.c. . Quanto, poi, all'affermazione secondo cui una clausola macchinosa sarebbe di per sé immeritevole, essa non può essere condivisa per due ragioni. 2.4.1. La prima ragione è che, da un punto di vista epistemologico, non esistono concetti facili e concetti difficili . Esistono concetti noti e concetti ignoti i primi sono comprensibili ed i secondi no, se non vengano spiegati. Una clausola contrattuale non può dirsi dunque mai macchinosa in senso assoluto. Può esserlo in senso relativo, ad es. se contenuta in un testo contrattuale predisposto unilateralmente e sottoposto a persona priva delle necessarie competenze per comprenderlo. Ma in quest'ultima ipotesi non si dirà che quel contratto è immeritevole si dirà, piuttosto, che il contratto è annullabile poiché il consenso del contraente è stato dato per errore o carpito con dolo. Oppure si dirà che il proponente è tenuto al risarcimento del danno per non avere fornito alla controparte le necessarie informazioni precontrattuali, ove imposte dalla legge o dal dovere di buona fede. Molti contratti contengono per necessità clausole assai articolate e complesse ad esempio i contratti di handling aeroportuale, le assicurazioni dei rischi agricoli, il noleggio di piattaforme off-shore, il project financing di opere pubbliche, ma anche i contratti di massa come quelli di somministrazione di energia elettrica ma non constano precedenti che abbiano dichiarate nulle tali clausole soltanto a causa della loro complessità. L'equazione stabilita dalla Corte d'appello, per cui macchinosità della clausola = immeritevolezza è dunque erronea in punto di diritto. 2.4.2. La seconda ragione è che nel caso di specie la pretesa macchinosità consisteva in una banale moltiplicazione d'un rapporto per una differenza, come descritto supra, al p. 3, lettera d , della sezione Fatti di causa una operazione dunque puramente aritmetica, e niente affatto macchinosa . 2.5. Il secondo argomento speso dalla sentenza impugnata per pervenire al giudizio di immeritevolezza della clausola la clausola è caratterizzata da aleatorietà e squilibrio è erroneo in punto di diritto sotto due profili. 2.5.1. In primo luogo la sentenza impugnata mostra di confondere l'alea economica, insita in ogni contratto, con l'alea giuridica, che del contratto forma invece oggetto e ne è elemento essenziale e cioè la susceptio periculi. E nel caso di specie causa del contratto era il trasferimento della proprietà di un immobile, non il trasferimento di un rischio dietro pagamento di un prezzo. In ogni caso un contratto aleatorio non e', per ciò solo, immeritevole di tutela ex articolo 1322 c.c La vendita del raccolto futuro emptio spei , l'assicurazione sulla vita a tempo determinato per il caso di morte, la rendita vitalizia sono tutti contratti aleatori e se la legge ne consente la stipula, l'aleatorietà non può ritenersi di per sé una caratteristica tale da rendere immeritevole di giuridica esistenza il contratto. Ne' è inibito alle parti stipulare contratti aleatori atipici questa Corte infatti ha già affermato la liceità e la meritevolezza di contratti alesatori non espressamente previsti dalla legge ad esempio, in materia di c.d. vitalizio atipico ex multis, Sez. 2, Sentenza numero 8209 del 22/04/2016 Sez. 3, Sentenza numero 2629 del 27/04/1982 . Neppure è vietato inserire elementi di aleatorietà in un contratto commutativo. Le parti d'un contratto infatti, nell'esercizio del loro potere di autonomia negoziale, ben possono prefigurarsi la possibilità di sopravvenienze che incidono o possono incidere sull'equilibrio delle prestazioni, ed assumerne, reciprocamente o unilateralmente, il rischio, modificando in tal modo lo schema tipico del contratto commutativo e rendendolo per tale aspetto aleatorio, con l'effetto di escludere, nel caso di verificazione di tali sopravvenienze, l'applicabilità dei meccanismi riequilibratorii previsti nell'ordinaria disciplina del contratto articolo 1467 e 1664 c.c. . E l'assunzione del suddetto rischio, come già stabilito da questa Corte, può risultare anche per implicito dal regolamento convenzionale che le parti hanno dato al rapporto e dal modo in cui hanno strutturato le loro obbligazioni Sez. 1, Sentenza numero 948 del 26/01/1993, Rv. 480454 - 01 Sez. 2, Sentenza numero 17485 del 12/10/2012, Rv. 624088-01 Sez. 3, Ordinanza numero 8881 del 13/05/2020 Sez. 2, Sentenza numero 2622 del 4.2.2021 in motivazione . 2.5.2. La Corte d'appello ha poi ritenuto che la clausola di indicizzazione di cui si discorre sarebbe immeritevole perché le contrapposte obbligazioni delle parti erano squilibrate e le ha ritenute squilibrate perché la misura della variazione del saggio degli interessi non era simmetrica una pari variazione del rapporto di cambio tra il franco svizzero e l'Euro avrebbe infatti comportato variazioni diverse del saggio di interessi, a seconda che la variazione fosse stata a favore del concedente o dell'utilizzatore. La Corte d'appello, quindi, ha mostrato implicitamente - ma inequivocamente - di ritenere che a il concetto di equilibrio delle prestazioni di un contratto sinallagmatico consista in una paritaria e perfetta equipollenza tra le contrapposte obbligazioni b ogni minimo disallineamento tra questa perfetta parità possa essere sindacato dal giudice, amputando parti del contratto per ricondurlo all'equità. Ambedue queste affermazioni sono tuttavia erronee, per più ragioni. 2.5.3. La prima ragione è che il diritto dei contratti non è un egualitario letto di Procuste che imponga l'assoluta parità tra le parti quanto a condizioni, termini e vantaggi contrattuali. E' bene ricordare che la libertà negoziale è principio cardine del nostro ordinamento e del diritto dei contratti. L'ordinamento garantisce in egual misura tanto la protezione contro gli abusi di posizioni dominanti, quanto il diritto di iniziativa economica. Se il soggetto abilitato all'esercizio del credito ha il dovere di rispettare le regole del gioco e comportarsi in buona fede, nondimeno ha anche il diritto di pianificare in piena libertà le proprie strategie imprenditoriali e commerciali, come già ripetutamente affermato da questa Corte da ultimo, con ampiezza di motivazioni, Sez. 1, Sentenza numero 1184 del 21.1.2020 nello stesso senso, Sez. 3, Ordinanza numero 28022 del 14/10/2021 . Non è dunque lo iato tra prestazione e controprestazione che può rendere un contratto immeritevole di tutela ex articolo 1322 c.c., se quella differenza sia stata in piena libertà ed autonomia compresa ed accettata. La seconda ragione è che lo squilibrio delle prestazioni non può farsi coincidere la convenienza del contratto. Chi ha fatto un cattivo affare non può pretendere di sciogliersi dal contratto invocando lo squilibrio delle prestazioni . L'intervento del giudice sul contratto non può che essere limitato a casi eccezionali, pena la violazione del fondamentale principio di libertà negoziale così, ex multis, Sez. 6 - 2, Ordinanza numero 36740 del 25/11/2021, Rv. 663148 - 01 . La terza ragione è che lo squilibrio economico tra le prestazioni se è genetico legittima il ricorso alla rescissione per lesione se è sopravvenuto legittima il rimedio della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta. L'esistenza di tali rimedi esclude dunque la necessità stessa di ricorrere a fantasiose invenzioni circa la immeritevolezza d'un contratto che preveda prestazioni squilibrate . La quarta ragione è che, anche ad ammettere che il calcolo del conguaglio degli interessi, per come previsto dal contratto, fosse più vantaggioso per il concedente rispetto all'utilizzatore, questa circostanza non basta di per sé a rendere immeritevole ex articolo 1322 c.c Si potrà discutere se questa clausola sia valida ex articolo 1341 c.c. oppure se sia frutto dell'approfittamento d'uno stato di bisogno od ancora se non sia stata adeguatamente illustrata in sede precontrattuale ma nel primo caso soccorrerà il rimedio della nullità nel secondo quello della rescissione nel terzo quello dell'annullamento del contratto per errore o del risarcimento del danno. In conclusione, il giudizio di immeritevolezza di cui è menzione nell'articolo 1322 c.c. non può mai trasformarsi in una magica porta di Ishtar attraverso la quale veicolare un inammissibile intervento del giudice sulla convenienza dell'affare. 2.5.4. La Corte d'appello ha altresì ritenuto che il contratto fosse squilibrato perché la clausola di rischio cambio prevedeva due differenti modalità di calcolo del conguaglio degli interessi, a seconda che il franco svizzero si apprezzasse o si deprezzasse rispetto all'Euro. La differenza cui la Corte d'appello ha attribuito valore decisivo ai fini del rigetto della domanda proposta dalla ACS consisteva in ciò che in caso di apprezzamento del franco sull'Euro e quindi di vantaggio per l'utilizzatore , la base di calcolo del conguaglio era rappresentata dall'importo della rata di leasing al netto dell'IVA nel caso di deprezzamento del franco e quindi di vantaggio per il concedente la base di calcolo del conguaglio era rappresentata dall'importo della rata di leasing al netto dell'IVA. La Corte d'appello, quindi, ha giudicato immeritevole un patto contrattuale limitandosi a registrare un dato puramente esteriore la differenza della formula di calcolo del conguaglio degli interessi. Tuttavia qualsiasi valutazione circa la validità o la meritevolezza di un patto contrattuale non potrebbe mai limitarsi all'esame del suo contenuto, senza apprezzarne gli effetti, e senza valutare se essi siano sorretti da una giusta causa. In questo modo la Corte d'appello ha violato il millenario principio per cui soltanto cum nulla subest causa, constare non potest obligatio. E sebbene non spetti a questa Corte sindacare il merito della controversia, è doveroso rilevare che astrattamente la clausola ritenuta dalla Corte d'appello immeritevole avrebbe potuto avere varie giustificazioni. Se infatti il franco svizzero si fosse apprezzato rispetto all'Euro, il concedente avrebbe ricevuto una prestazione in Euro di valore nominale inferiore a quella che gli sarebbe spettata in valore reale, e tale riduzione avrebbe riguardato l'intero credito sia la parte pagata dall'utilizzatore a titolo di rimborso del finanziamento, sia la parte pagata a titolo di imposta. Il concedente, dunque, in tal caso avrebbe ricevuto un corrispettivo inferiore a quello preventivato, e ciò avrebbe alterato il suo piano finanziario e questa sarebbe potuta essere teoricamente una valida ragione per porre a base del calcolo del conguaglio anche l'IVA. Se invece il franco svizzero si fosse deprezzato rispetto all'Euro, l'utilizzatore avrebbe versato in Euro una prestazione in valore nominale superiore a quella che avrebbe dovuto versare in valore reale. Ma degli importi versati dall'utilizzatore, però, il concedente doveva necessariamente stornarne un'aliquota a titolo di IVA, e di tale importo non sarebbe stato in potere del concedente pretenderne la restituzione dall'erario, per restituire l'eccedenza all'utilizzatore e questa sarebbe potuta essere teoricamente una valida ragione per porre a base del calcolo del conguaglio anche l'IVA Tali considerazioni, svolte solo a mò d'esempio, corroborano la conclusione che il giudizio di immeritevolezza d'un contratto, ex articolo 1322, comma 2, c.c., non può essere formulato in astratto ed ex ante, limitandosi a considerare il solo contenuto oggettivo dei patti contrattuali, ma va compiuto in concreto ed ex post, ricercando - beninteso, iuxta alligata et probata partium - lo scopo perseguito dalle parti. 2.6. Infine, la Corte d'appello ha reputato immeritevole la clausola di cui si discorre, sul presupposto che il consulente d'ufficio aveva accertato che fin dalla stipula del contratto era prevedibile un costante apprezzamento del franco svizzero sull'Euro . Ma l'eventualità che uno dei contraenti taccia alla controparte circostanze note circa lo sviluppo o la convenienza dell'affare potrebbe costituire una violazione dei doveri di correttezza e buona fede nella conclusione dei contratti, e dunque anche in questo caso i rimedi previsti dall'ordinamento possono essere l'annullamento del contratto per errore o il risarcimento del danno, ma non certo il giudizio di immeritevolezza del contratto. 2.7. In conclusione, la Corte d'appello ha formulato in iure un giudizio di immeritevolezza del contratto, ex articolo 1322, comma 2, c.c., dopo avere accertato in facto circostanze irrilevanti ai fini del suddetto giudizio aleatorietà, difficoltà di interpretazione, asimmetria delle prestazioni . Ha dunque, in questo modo, falsamente applicato il suddetto articolo 1322 c.c 3. Le questioni poste dall'ordinanza di rimessione. La ritenuta inammissibilità del primo motivo di ricorso consente a questo Collegio di pronunciarsi, nell'interesse della legge, sulla questione in esso dibattuta, e segnalata come contrastata, oltre che di particolare importanza, dall'ordinanza di rimessione. Questa Corte ha infatti già stabilito che l'articolo 363, comma 3, c.p.c. consente l'enunciazione del principio di diritto anche nel caso in cui un solo motivo del ricorso sia dichiarato inammissibile, se esso involga una questione di particolare importanza così Sez. U -, Sentenza numero 16601 del 05/07/2017, p. 5 delle Ragioni della decisione . 3.1. Con ordinanza 16.3.2022 numero 8603 la Terza Sezione civile di questa Corte ha a ravvisato l'esistenza d'un contrasto nella giurisprudenza di questa Corte, circa la validità delle clausole di indicizzazione degli interessi inserite in contratti di vario tipo sia di leasing che di mutuo stipulati in valuta estera e identiche a quella oggetto del presente giudizio, nonché circa la loro qualificabilità come strumenti finanziari derivati b ritenuto non persuasiva l'opinione, espressa da alcune decisioni di questa Corte, secondo cui le suddette clausole non costituirebbero uno strumento finanziario derivato c sottoposto a queste Sezioni Unite le questioni seguenti c' se clausole come quella oggetto del contendere siano una mera forma di indicizzazione oppure un derivato implicito , e quindi una scommessa con fine speculativo c se la clausola oggetto del contendere possa avere per effetto di snaturare la causa del contratto di leasing, trasformandolo in un contratto di altro tipo o in un contratto a causa mista c''' se il relativo patto contrattuale comporti violazione dell'obbligo di buona fede, per la mancanza di chiarezza ed informazione, conseguenti alla natura puramente speculativa della clausola . 4. Sull'esistenza del contrasto. Preliminarmente rileva il Collegio come non possa propriamente parlarsi dell'esistenza d'un contrasto nella giurisprudenza di questa Corte, sul tema della qualificazione e della validità di clausole che, come quella oggetto del presente giudizio, prevedano la variazione degli interessi dovuti dall'utilizzatore d'un bene concesso in leasing, in funzione delle oscillazioni d'un indice sia finanziario che monetario. La validità di tali clausole, in fattispecie identica a quella oggi in esame, è già stata esaminata in diverse occasioni da questa Corte. In particolare la questione è stata esaminata da Sez. 3, Sentenza numero 4659 del 22/02/2021, la quale ha escluso che le suddette clausole possano qualificarsi come strumenti finanziari derivati impliciti e poi da Sez. 3, Ordinanza numero 26538 del 30.9.2021, la quale ha ritenuto erronea l'interpretazione del contratto con cui il giudice di merito aveva ritenuto squilibrata , in quanto favorevole ad una sola delle parti, la suddetta clausola. Gli altri due precedenti segnalati come contrastanti dall'ordinanza di rimessione Cass. 16907/19 e Cass. 23655/21 in realtà non possono ritenersi tali. Quanto a Sez. 3, Sentenza numero 16907 del 30.6.2019, tale decisione si è limitata a dichiarare - correttamente - insindacabile in sede di legittimità il giudizio con cui il giudice di merito aveva ritenuto indeterminabile la misura degli interessi dovuti dall'utilizzatore in leasing al concedente. Tale decisione, dunque, non ha affrontato né la questione della natura della clausola, né quella della sua contrarietà a buona fede. Quanto, infine, a Sez. 3, Ordinanza numero 26538 del 30.9.2021, tale decisione non solo si è occupata di un problema ben diverso se e quanto il giudice di merito, nel motivare il giudizio di indeterminatezza d'una clausola di indicizzazione, potesse discostarsi dalle valutazioni già compiute su quella clausola dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato , ma per di più - aveva ad oggetto un contratto di mutuo e non di leasing - aveva ad oggetto un contratto stipulato con un consumatore e non tra imprese commerciali, come nel caso oggi in esame - aveva ad oggetto un contratto nel quale la clausola di indicizzazione prevedeva la variabilità non solo degli interessi, ma anche del capitale. Non esiste, dunque, alcun sostanziale contrasto nella giurisprudenza di questa Corte. 5. Sulla distinzione tra derivati impliciti e clausole di indicizzazione. Prima di stabilire se una clausola come quella oggetto del presente giudizio patto costituisca o meno uno strumento finanziario derivato reputa questa Corte doveroso premettere di non potere seguire le nimiae subtilitates con cui parte della dottrina ha proposto infinite distinzioni e sottodistinzioni in tema di strumenti finanziari derivati. Compito del giudice di legittimità è infatti assicurare l'esatta interpretazione della legge , e l'esatta interpretazione consiste nel sussumere le nuove fattispecie concrete, fino a quando sia possibile, in categorie giuridiche note, piuttosto che partorirne continuamente di nuove. 5.1. Una clausola inserita in un contratto di leasing, la quale faccia dipendere gli interessi dovuti dall'utilizzatore dalla variazione di un indice finanziario insieme ad un indice monetario, in un caso come quello di specie, non è uno strumento finanziario derivato, e tanto meno un derivato implicito . 5.2. Gli strumenti finanziari derivati sono accordi negoziali definiti dall'articolo 1 d. lgs. 58/98. La clausola oggetto del presente giudizio non rientra in tale previsione né avendo riguardo al testo vigente all'epoca della conclusione del contratto di leasing di cui si discorre né avendo riguardo al testo di esso oggi vigente né facendo ricorso all'analogia legis. 5.3. La clausola di cui si discorre, innanzitutto, non è uno strumento finanziario derivato in base alla normativa vigente ratione temporis. Il contratto di cui si discorre è stato stipulato nel 2006 così il controricorso, p. 3 . A quella data la nozione di strumenti finanziari derivati era contenuta nell'articolo 1, comma 3, d. lgs. 24.2.1998 numero 58 nel testo modificato dal d. lgs. 17.1.2003 numero 6, ed anteriore alle modifiche di cui al d. lgs. 29.12.2006 numero 303 . Tali erano considerati - i contratti futures su strumenti finanziari, su tassi di interesse, su valute, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti - i contratti di scambio a pronti e a termine swaps su tassi di interesse, su valute, su merci nonché su indici azionari equity swaps , anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti - i contratti a termine collegati a strumenti finanziari, a tassi d'interesse, a valute, a merci e ai relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti - i contratti di opzione per acquistare o vendere gli strumenti indicati nelle precedenti lettere e i relativi indici, nonché i contratti di opzione su valute, su tassi d'interesse, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti - le combinazioni di contratti o di titoli indicati nelle precedenti lettere. Nessuna di queste definizioni è idonea a ricomprendere la clausola oggetto del contendere. 5.4. La clausola in esame non costituirebbe comunque uno strumento finanziario neanche se la si volesse esaminare - per completezza ed astraendo dal caso concreto - alla luce della legislazione vigente. Strumento finanziario derivato , per la legge vigente, è solo l'operazione che rientra tra quelle definite come tali dal d. lgs. 58/98, e concordate nell'ambito delle operazioni previste dal suddetto testo unico. Questi strumenti finanziari derivati sono - o quelli previsti dall'Allegato I al d. lgs. 58/98, Sezione C , punti 4-10 articolo 1, comma 2 ter, lettera a , d. lgs. 58/98 - o quelli individuati dal Ministro dell'economia con proprio decreto articolo 1, comma 2 bis, d. lgs. 58/98 . Tuttavia nessuna delle previsioni contenute nelle suddette norme è tale da includere, senza residui, la clausola di rischio cambio concordata dalle parti del presente giudizio. E' evidentemente da escludere la ricorrenza nel caso di specie d'una ipotesi di derivati connessi a merci d. lgs. 58/98, Allegato I, Sezione C. nnumero 5, 6 e 7 di derivati per il trasferimento del rischio di credito Allegati I, cit., numero 8 di derivati connessi a variabili climatiche, tariffe di trasporto, tassi di inflazione o altre statistiche economiche ufficiali Allegato I, cit., numero 10 . Resterebbero dunque soltanto le ipotesi di cui ai nnumero 4 e 9, e cioè - numero 4 Contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati future , swap , accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, quote di emissione o altri strumenti finanziari derivati, indici finanziari o misure finanziarie che possono essere regolati con consegna fisica del sottostante o attraverso il pagamento di differenziali in contanti - numero 9 contratti finanziari differenziali. Tuttavia la clausola di cui si discorre non è sussumibile in alcuna di queste categorie, per la semplice ragione che attraverso essa le parti non hanno scambiato nulla né hanno inteso trarre frutto da uno scambio di valori comunque determinati. Il contratto aveva infatti ad oggetto la locazione finanziaria dell'immobile ivi catastalmente indicato così il controricorso, p. 3 . Per effetto di esso la società concedente ha assunto l'obbligo di acquistare l'immobile, la società utilizzatrice quello di goderne e restituire le rate. Nessun reciproco scambio di flussi di denaro era previsto tra le parti, né fu interesse delle parti concludere quel contratto per lucrare sulle previste fluttuazioni valutarie, e tanto meno per coprire un rischio di credito. 5.5. Infine, la clausola di rischio cambio inserita nel contratto di leasing oggetto del presente giudizio non può qualificarsi strumento finanziario derivato nemmeno facendo ricorso all'analogia, per due ragioni sia perché la sua causa - per quanto dedotto dalle parti - nulla ha in comune con quella degli strumenti finanziari derivati elencati dalla legge sia perché è privo di alcuni elementi essenziali che accomunano la maggior parte degli strumenti finanziari derivati tipici. 5.5.1. Quanto al primo aspetto, s'e' visto che l'articolo 1 d. lgs. 58/98 accomuna nella definizione di strumenti finanziari derivati ipotesi molto diverse tra loro, raggruppabili però in quattro fenotipi principali la compravendita ad es., l'acquisto di futures la copertura di rischi ad es., i credit default swap la concessione dietro corrispettivo di un diritto di opzione lo scambio di pagamenti il cui importo è determinato rinviando a variabili differenti. La clausola che àncora il saggio degli interessi dovuti dal debitore di un contratto di leasing ad un indice monetario non rientra in alcuna di queste categorie. La clausola suddetta, infatti, non costituiva una compravendita né un'opzione, e tanto meno aveva lo scopo di coprire un certo rischio o scommettere sull'andamento dei cambi. La clausola si limitava ad agganciare il debito dell'utilizzatore ad un valore monetario, e questa Corte ha già stabilito che rientrano nella categoria degli strumenti finanziari collegati alla valuta soltanto quelli per mezzo dei quali le parti intendono speculare sull'andamento del mercato delle valute, e non quelli che si limitano a determinare il valore d'una prestazione rinviando ad un indice monetario, comunque determinato Sez. 1, Sentenza numero 19226 del 04/09/2009, in motivazione . 5.5.2. Quanto al secondo aspetto, gli elementi unificanti di quella indistinta nebulosa che va sotto il nome di strumenti finanziari derivati sono, per quanto in questa sede rileva, almeno tre, già individuati da queste Sezioni Unite con la sentenza numero 8770 del 12/05/2020, a p. 11, p. 4.5 dei Motivi della decisione , ed in particolare 1 oggetto del negozio deve essere la c.d. differenzialità , e cioè l'intento di trarre vantaggio dalla differenza di due valori variabili ad essa le parti mirano su essa fanno leva per il perseguimento dei rispettivi interessi è essa che costituisce il cuore dell'operazione economica. Nel presente caso, invece, oggetto del negozio era indubitabilmente l'acquisto di un immobile, non la speculazione su un titolo 2 uno strumento finanziario derivato presuppone l'esistenza di un capitale nozionale , cioè la somma di denaro astrattamente assunta quale base di calcolo dei reciproci flussi finanziari tra le parti nel presente caso invece il capitale produttivo dei flussi finanziari era reale e realmente dovuto, e non già nozionale 3 non era prevista nel contratto di leasing oggetto del contendere la possibilità - tipica dei derivati - di sciogliersi da esso avvalendosi dell'opzione mark to market Cass. 8770/20, cit., p. 4.7 . 5.6. Non sono per contro condivisibili gli argomenti maggiormente enfatizzati da parte della dottrina per sostenere la tesi secondo cui clausole come quella qui in esame costituirebbero strumenti finanziari derivati impliciti . 5.6.1. In primo luogo, la nozione stessa di derivato implicito è concettualmente inservibile per quanti ritengono che frustra fit per plura, quod potest fieri per pauciora. Se per derivato implicito si intendesse un patto dotato di una sua autonomia causale, ma aggiunto od accessorio ad altro negozio, la categoria non merita dignità concettuale ci troveremmo infatti di fronte ad un normale negozio con una sua causa ed un suo oggetto, che se pur collegato ad altro negozio resta sottoposto alla disciplina per esso prevista dalla legge. Lo spedizioniere-vettore, ad es., assume le obbligazioni scaturenti dal contratto di spedizione e da quello di trasporto, ed a nessuno verrebbe in mente di sostenere che ha stipulato un trasporto implicito . Se invece per derivato implicito si intendesse qualunque clausola contrattuale la quale abbia per effetto di subordinare le tipiche prestazioni dovute da una delle parti ad eventi futuri ed incerti, ovvero preveda che le contrapposte prestazioni di dare gravanti su ciascuna parte siano conguagliate per produrre un valore differenziale , tale nozione sarebbe giuridicamente inutile. Infatti una pattuizione parte di un più ampio contratto, e priva di autonomia causale rispetto al negozio cui accede, non è pensabile come negozio autonomo, né esplicito, né implicito. Così, ad esempio, se un appaltatore concedesse al committente una garanzia ex articolo 1667 c.c. di quattro anni invece che di due, diremo che quell'appaltatore ha assunto un'obbligazione pattizia aggiuntiva, non diremo certo che le parti hanno stipulato una fideiussione implicita . 5.6.2. In secondo luogo la tesi - formulata in dottrina - secondo cui qualsiasi clausola che faccia dipendere l'an e il quantum di una prestazione pecuniaria da un parametro esterno variabile sarebbe una scommessa finanziaria è insostenibile essa infatti adotta una nozione di così sconfinata latitudine, che vi rientrerebbero - ad esempio - la vendita del raccolto futuro emptio spei l'assicurazione con clausola di regolazione del premio l'indicizzazione del corrispettivo negli appalti a misura e sinanche la tariffa di somministrazione di acqua da parte del gestore del servizio idrico. Anche questi principi sono stati già affermati da questa Corte, allorché ha stabilito che l'articolo 1933, comma 1, c.c. non s'applica a quei contratti i quali, pur caratterizzati dall'alea, non sono riconducibili alla nozione di giuoco e di scommessa e tra questi contratti rientrano quelli - proprio come nel caso di specie - in cui sia apposta una clausola di rischio cambio , per l'eventualità che il corso di conversione della valuta in cui è espresso il credito venga a mutare nella vigenza del contratto Sez. 3, Sentenza numero 2288 del 06/02/2004, Rv. 569925 - 01 . 5.6.3. Allo stesso modo, costituisce un puro artificio la tesi anch'essa sostenuta in dottrina secondo cui la previsione di un tasso minimo dovuto dal cliente, inserita in un contratto di finanziamento a tasso indicizzato, costituirebbe una inconsapevole vendita da parte del cliente al finanziatore di una option floor, e dunque un contratto derivato. Infatti la previsione per cui, anche nel caso di fluttuazione dell'indice di riferimento per la determinazione degli interessi, il debitore sia comunque tenuto al pagamento di un saggio di interessi minimo, non è che una clausola condizionale, in cui l'evento condizionante è la fluttuazione dell'indice di riferimento al di sotto di una certa soglia, e l'evento condizionato la misura del saggio dunque un patto lecito e consentito dall'articolo 1353 c.c 5.6.4. Infine, la circostanza che le parti di un contratto decidano di regolare periodicamente i reciproci rapporti di dare ed avere mediante conguagli in denaro è una mera modalità di adempimento dell'obbligazione, ovviamente lecito Sez. 3 -, Sentenza numero 921 del finanziario derivato. E' da escludere, in particolare, che la sola pattuizione di regolazione periodica delle reciproche obbligazioni variabili di dare ed avere, possa bastare per sussumere il contratto nella nozione di contratti finanziari differenziali di cui alla Sezione C , numero 9 , dell'Allegati I al d. lgs. 58/98. Accezioni così late della differenzialità finirebbero per assegnare a quest'ultima espressione un significato talmente ampio, da trasformarla in un concetto bon à tout faire, comprensivo - ad esempio - dei contratti di conto corrente bancario o delle assicurazioni con clausola di regolazione del premio. 5.7. La corretta qualificazione giuridica di clausole come quella oggetto del presente giudizio deve muovere del rilievo che il contratto oggetto del contendere aveva ad oggetto una operazione reale leasing prevedeva che il valore del debito complessivo dell'utilizzatore fosse determinato in franchi svizzeri, e accordava all'utilizzatore la facoltà di pagare in Euro. Il contratto di leasing ha ovviamente sempre una funzione anche di finanziamento, ed un finanziamento può legittimamente essere concesso in valuta nazionale od in valuta estera. Un finanziamento in valuta estera ha lo scopo di evitare i rischi connessi alla svalutazione della moneta nazionale e cioè il rischio della svalutazione per il creditore, e il rischio della rivalutazione per il debitore . Un finanziamento in moneta estera può avvenire con due modalità a la prima modalità è prevedere che l'indebitamento venga direttamente denominato ed erogato nella valuta estera ad es., il concedente acquista l'immobile in franchi, e lo dà in locazione finanziaria all'utilizzatore, che avrà facoltà di pagare in franchi o in Euro, secondo la previsione dell'articolo 1278 c.c. b la seconda modalità è esprimere sia la provvista erogata dal concedente, sia le rate dovute dall'utilizzatore in valuta domestica, ma agganciarne il valore al rapporto di cambio con una valuta estera. In questo modo si realizza indirettamente lo stesso risultato della pattuizione sub a . In conclusione, un finanziamento non importa se in forma di mutuo o di leasing il cui importo è parametrato ad un rapporto di cambio è un debito di valore e non di valuta. La clausola di cui si discorre dunque non è che una normale clausola-valore, attraverso la quale le parti individuano il criterio al quale commisurare la prestazione del debitore. Pertanto - l'aleatorietà del contratto, lungi dal costituire un indice della presenza d'un derivato implicito , non è che un effetto naturale d'una altrettanto normale clausola-valore - la previsione che eventuali conguagli a favore dell'una o dell'altra parte fossero regolati a parte, e non incidessero sul valore della rata che restava costante non è che una modalità esecutiva delle reciproche obbligazioni, insuscettibile di riverberare effetti di sorta sulla qualificazione del contratto. Il titolo dell'obbligazione infatti non muta solo perché cambi il termine di adempimento. Del resto, il creditore ha facoltà di accettare un adempimento parziale articolo 1181 c.c. o di rinunciare al termine stabilito a suo favore articolo 1185 c.c. , e ciò dimostra che la possibilità di regolare a parte alcune delle obbligazioni e non altre, oppure una aliquota dell'unica obbligazione, è un effetto normale dello statuto delle obbligazioni civili. 5.8. Resta solo da aggiungere che le considerazioni sin qui svolte non mutano per il fatto che il contratto oggetto del presente giudizio prevedeva una doppia indicizzazione, agganciando le variazioni del canone sia alle variazioni del tasso LIBOR, sia alle variazioni del rapporto di cambio franco-Euro. Ed infatti a l'indicizzazione del canone al tasso LIBOR costituisce una normale clausola onnipresente nei finanziamenti a tasso variabile essa è pacificamente lecita e non costituisce un derivato b l'indicizzazione del canone alle fluttuazioni del rapporto di cambio costituisce una clausola-valore, secondo quanto appena esposto così inquadrata, anch'essa è pacificamente lecita e non costituisce un derivato. Non è dunque sostenibile che dalla combinazione di due clausole, tutte e due lecite e non costituenti uno strumento finanziario derivato, possa sorgere un contratto illecito e che costituisca uno strumento finanziario derivato. 6. Se la clausola di rischio cambio snaturi la causa del contratto di leasing. E' ben vero che l'inserimento di elementi spurii in un contratto legalmente o socialmente tipico può determinarne la trasformazione in altro tipo. Per stabilire se un contratto, a causa di pattuizioni eterogenee rispetto allo schema tipico, abbia mutato causa e natura, questa Corte ha da tempo dettato tre criteri. Il primo criterio è che la qualificazione del contratto come atipico deve dipendere dai suoi effetti giuridici, non da quelli economici anche la fideiussio indemnitatis può produrre gli effetti dell'accollo, ma non è un accollo. Il giudice pertanto per qualificare un contratto deve avere riguardo all'intento negoziale delle parti, non al risultato economico di esso, e tanto meno alla sua convenienza per una delle parti ex multis, Sez. 3, Sentenza numero 10004 del 24/06/2003 . Il secondo criterio è che un contratto non muta natura e causa, sol perché uno dei suoi elementi presenti un'occasionale difformità rispetto allo schema legale tipico. Un contratto può dirsi atipico solo quando il rapporto per come disciplinato dalle parti diventi del tutto estraneo al tipo normativo, perché trae le proprie ragioni di essere dall'adeguamento degli strumenti giuridici alle mutevoli esigenze della vita sociale e dei rapporti economici così già Sez. 3, Sentenza numero 3645 del 07/11/1969 ma sostanzialmente nello stesso senso, ex multis, Sez. 3, Sentenza numero 116 del 14/01/1974 Sez. 3, Sentenza numero 982 del 28/01/2002 Sez. 1, Sentenza numero 11096 del 11/06/2004 . Il terzo criterio, infine, è che le prestazioni atipiche poste a carico di una delle parti non mutano la causa tipica del contratto, se in questo permane la prevalenza degli elementi propri dello schema tipico principio, anche questo, pacifico e risalente, a partire da Sez. 3, Sentenza numero 116 del 14/01/1974, Rv. 367676 - 01 . 6.1. Se così e', ne segue che la previsione di maggiori o minori obblighi a carico di una delle parti, rispetto a quelli scaturenti dallo schema contrattuale tipico, non è di per sé sufficiente a concludere che quel contratto, merce' la pattuizione di quegli obblighi aggiuntivi, abbia mutato causa e natura. Questo è il principio che emerge, inequivoco, dall'analisi della giurisprudenza di questa Corte, la quale - ad esempio - ha ritenuto che - il contratto di concessione del diritto d'uso articolo 1021 c.c. non muta causa sol perché sia imposto un facere a carico del proprietario della cosa Sez. 2, Sentenza numero 462 del 17/02/1955, Rv. 880375 - 01 - il contratto di associazione tra professionisti ex lege 1815/1939 non muta causa sol perché preveda la possibilità che il singolo associato sia escluso per delibera unanime degli altri Sez. 1, Sentenza numero 4032 del 16/04/1991, Rv. 471679 - 01 - il contratto di deposito di generi alimentari deperibili non muta causa in contratto d'opera sol perché siano imposti obblighi di manutenzione ed avviso a carico del depositario Sez. 3, Sentenza numero 534 del 20/01/1997, Rv. 501858 - 01 - il contratto di commissione non muta causa sol perché sia escluso il diritto del commissionario alla provvigione Sez. 3, Sentenza numero 982 del 28/01/2002, Rv. 551881 - 01 - la fideiussione non muta causa sol perché il fideiussore si obblighi a pagare a prima richiesta Sez. U, Sentenza numero 412 del 12/01/2007, Rv. 594355 - 01 - il contratto di mediazione non muta causa sol perché il soggetto intermediato si obblighi a pagare la provvigione per il solo fatto che il mediatore abbia svolto la sua attività, anche senza esito Sez. 3, Sentenza numero 6171 del 13/03/2009, Rv. 607083 - 01 - il contratto preliminare di vendita non muta causa sol perché preveda il pagamento anticipato del prezzo da parte del promissario acquirente Sez. 1, Sentenza numero 4863 del 01/03/2010, Rv. 612335 - 01 . Questi pochi esempi, trascelti tra innumerevoli, dimostrano come per la basta rilevare la presenza di obblighi aggiuntivi rispetto allo schema contrattuale tipico, per concludere che il relativo contratto abbia mutato causa e sia divenuto atipico. 6.3. L'applicazione di questi principi alle clausole di rischio cambio come quelle oggetto del presente giudizio impone di concludere che esse non mutano né punto, né poco, la causa del contratto di leasing. La presenza della suddetta clausola infatti non consente di affermare che, merce' essa, scopo dell'utilizzatore non fu acquisire un immobile, ma fu investire del denaro per realizzare un lucro finanziario invece che commerciale. Allo stesso modo, la presenza della suddetta clausola non basta per sostenere che fosse volontà del concedente concludere il contratto al solo fine di speculare sul tasso di cambio. Del resto, una banale conferma della impensabilità che un leasing immobiliare indicizzato sia assimilabile ad un contratto di investimento finanziario la si ricava, sul piano della logica, da un'ovvia reductio ad absurdum se un risparmiatore, volendo investire il proprio denaro, si vedesse consigliare dall'intermediario finanziario la stipula d'un contratto di leasing immobiliare indicizzato ad una valuta estera, difficilmente quell'intermediario eviterebbe un giudizio di responsabilità per violazione della regola di adeguatezza, o suitability rule che dir si voglia. 7. Se la previsione d'una clausola di rischio cambio sia contraria a buona fede. L'ordinanza di rimessione sollecita infine queste Sezioni Unite p. 9 , a stabilire se la pattuizione della clausola di rischio cambio, più volte descritta. costituisca una violazione dei doveri di correttezza e buona fede da parte della società concedente, per la mancanza di chiarezza e di informazione, conseguenti alla natura puramente speculativa della clausola . 7.1. Premesso che tale questione non risulta essere stata dedotta in giudizio né dalla società opponente, né dalla società opposta né risulta essere stata rilevata ex officio dal Tribunale o dalla Corte d'appello , per completezza d'esame osservano queste Sezioni Unite che meritevolezza del contratto e rispetto dei doveri di buona fede sono questioni distinte e separate. Un contratto invalido può essere eseguito in buona fede, così come uno valido può essere eseguito in mala fede. Il giudizio di meritevolezza serve a stabilire se il contratto possa produrre effetti il giudizio sul rispetto della buona fede serve a stabilire molte cose prima della stipula può servire a stabilire se il consenso di una delle parti sia stato carpito con dolo o dato per errore dopo la stipula, può servire a stabilire come debba interpretarsi il contratto articolo 1366 c.c. dopo l'adempimento, può servire a stabilire se questo sia stato inesatto articolo 1375 c.c. . Infine, il contratto immeritevole è improduttivo di effetti, il contratto eseguito senza buona fede fa sorgere il diritto alla risoluzione o al risarcimento del danno. Alla luce di questi noti principi è agevole concludere che la sola pattuizione di una clausola di rischio cambio come quella oggetto del presente giudizio non può costituire, da sola, violazione dei doveri di correttezza e buona fede da parte di un intermediario creditizio o finanziario. In ogni caso anche l'eventuale violazione dei suddetti doveri di correttezza nella fase delle trattative, e di buona fede nell'esecuzione del contratto, non potrebbe condurre ad una dichiarazione di immeritevolezza del contratto. Quelle violazioni potrebbero condurre teoricamente solo all'annullamento del contratto per vizio del consenso errore o dolo , oppure all'affermazione di una responsabilità precontrattuale, od ancora al risarcimento del danno. Tali principi, proprio con riferimento ad una clausola-valore inserita in un contratto di mutuo, sono stati condivisi anche da CGUE 20.9.2017, in causa C-186/16, Andriciuc vs. Banca Româneasca, secondo cui se il finanziatore, pur essendo a conoscenza o potendo conoscere eventuali future fluttuazioni del cambio a sfavore del mutuatario, non lo avverte di tale circostanza in sede precontrattuale, viola il dovere di buona fede e, se il contratto è stipulato con un consumatore, pattuisce una clausola che produce un significativo squilibrio tra le parti e' conforme CGUE 20.9.2018, in causa C-51/17, OTP Bank vs. Ilye's and Kiss . 8. La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio alla Corte d'appello di Trieste, in differente composizione, la quale tornerà ad esaminare l'appello proposto dalla OMISSIS applicando il seguente principio di diritto il giudizio di immeritevolezza di cui all'articolo 1322, comma 2, c.c. va compiuto avendo riguardo allo scopo perseguito dalle parti, e non alla sua convenienza, né alla sua chiarezza, né alla sua aleatorietà . 9. Va, infine, formulato nell'interesse della legge ex articolo 363 c.p.c. il seguente principio di diritto La clausola inserita in un contratto di leasing, la quale preveda che a la misura del canone varii in funzione sia delle variazioni di un indice finanziario, sia delle fluttuazioni del tasso di cambio tra la valuta domestica ed una valuta straniera b l'importo mensile del canone resti nominalmente invariato, e i rapporti di dare/avere tra le parti dipendenti dalle suddette fluttuazioni siano regolati a parte non è un patto immeritevole ex articolo 1322 c.c., né costituisce uno strumento finanziario derivato implicito, e la relativa pattuizione non è soggetta alle previsioni del d. lgs. 58/98 . 10. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio. P.Q.M. Per questi motivi la Corte di cassazione - rigetta il primo motivo di ricorso - accoglie il secondo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d'appello di Trieste, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.