Dimissioni durante la gravidanza: è sempre necessaria la convalida del servizio ispettivo del Ministero del lavoro

Rigettato il ricorso volto a sostenere la non necessità della convalida da parte del Ministero del lavoro delle dimissioni presentate dalla lavoratrice durante la gravidanza, la Suprema Corte conferma l’obbligo.

In caso di dimissioni volontarie, la richiesta presentata dalla lavoratrice durante il periodo di gravidanza, nonché quelle presentate dalla lavoratrice o dal lavoratore durante il primo anno di vita del bambino deve essere convalidata dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro territorialmente competente. Nel caso recentemente giunto fino ai banchi della Cassazione, in primo grado venivano ritenute operative le dimissioni rassegnate, ma le stesse venivano tuttavia dichiarate inefficaci in secondo grado per non essere mai intervenuto il suddetto provvedimento di convalida. La riforma del primo grado si basava sulla considerazione che ai sensi dell'articolo 55, d.lgs. numero 151/2001, l'efficacia delle dimissioni era sospesa fino alla convalida da parte del servizio ispettivo e non, come ritenuto dal primo giudice, fino alla cessazione del periodo protetto di astensione per maternità fruito dall'interessata. Viene quindi respinto il ricorso del datore di lavoro, che sosteneva la non necessità della convalida la disposizione dell'articolo 55, comma 4, d.lgs. numero 151/2001 «non si presta ad essere interpretata nel senso propugnato dal ricorrente secondo il quale la inefficacia delle dimissioni non convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, sarebbe limitata al solo periodo “protetto”, per cui una volta trascorso detto periodo le stesse sarebbero produttive della estinzione del rapporto di lavoro». La specifica finalità antiabusiva perseguita dalla norma in tema di convalida risulterebbe in larga parte vanificata ove si accedesse all'opzione per la quale una volta trascorso il periodo protetto non sarebbe necessaria la convalida.

Presidente Esposito – Relatore Pagetta Rilevato che 1. il giudice di primo grado, in parziale accoglimento della originaria domanda proposta da N.B. nei confronti di B. I di B.G. e C s.a.s e di B.G. quale socio accomandatario, ha dichiarato la esistenza inter partes di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 1.11.2006 al 21.5.2008 con diritto della ricorrente all'inquadramento nel IV livello c.c.numero l. Commercio Terziario e condannato la società resistente in solido con il socio accomandatario al pagamento delle differenze retributive e del tfr maturati dall'8 gennaio 2008 -data nella quale la N. , assente per maternità, aveva rassegnato le dimissioni - al 22 maggio 2008 in coincidenza con il venir meno del periodo protetto con ritenuta piena operatività delle rassegnate dimissioni 2. la Corte di appello di Roma, in accoglimento del gravame della lavoratrice ed in parziale riforma della decisione di primo grado, nel resto confermata, ha dichiarato, ai sensi D.Lgs. numero 151 del 2001, articolo 55, comma 4, la inefficacia delle dimissioni rassegnate per non essere mai intervenuto il prescritto provvedimento di convalida da parte dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro e condannato gli originari convenuti al pagamento in favore della suddetta degli importi corrispondenti alle retribuzioni mensili percepite dall'8 gennaio 2008 fino alla data di deposito del ricorso di primo grado, detratto raliunde perceptum nella misura risultante dalla documentazione reddituale prodotta 3. la statuizione di riforma, unica rilevante in questa sede, è stata fondata sulla considerazione che ai sensi del D.Lgs. numero 151 del 2001, articolo 55, la efficacia delle dimissioni era sospesa fino alla convalida da parte del servizio ispettivo del Ministero del lavoro, e non, come viceversa ritenuto dal primo giudice, fino alla cessazione del periodo protetto di astensione per maternità fruito dalla interessata 4. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso B.G. in proprio e quale legale rappresentante di B. I di B.G. e C s.a.s sulla base di due motivi la parte intimata non ha svolto attività difensiva. Considerato che 1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. numero 151 del 2001, articolo 55 censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto che anche dopo il venir meno del periodo protetto collegato all'astensione per maternità, al fine della efficacia delle dimissioni, occorresse, comunque, la convalida dell'ufficio ispettivo del Ministero del Lavoro sostiene che tale interpretazione del disposto dell'articolo 55 cit. si poneva in contrasto con la ratio della norma positiva intesa a garantire la spontaneità e autenticità delle dimissione in funzione di tutela dei diritti costituzionalmente protetti dalla Cost., articolo 37 e sgg. in relazione al solo periodo riconosciuto come abbisognevole di tutela particolare, e non, quindi, per il periodo successivo 2. con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli articolo 1372 e 1218 c.c. nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, censurando la sentenza impugnata per avere escluso che la condotta successiva della lavoratrice si configurasse quale comportamento concludente di recesso dal rapporto di lavoro richiama in tale senso la avvenuta percezione dell'indennità di disoccupazione e l'attività prestata in favore di terzi subito dopo avere rassegnato le dimissioni ed il fatto che il licenziamento era stato impugnata ad oltre due anni di distanza dalle dimissioni 3. il primo motivo di ricorso è infondato il D.Lgs. numero 151 del 2002, articolo 55, comma 4, nel testo ratione temporis applicabile così recita In caso di dimissioni volontarie La richiesta di dimissioni presentata dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante il primo anno di vita del bambino o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento, deve essere convalidata dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio. A detta convalida è condizionata la risoluzione del rapporto di lavoro 3.1. la disposizione non si presta ad essere interpretata nel senso propugnato dal ricorrente secondo il quale la inefficacia delle dimissioni non convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, sarebbe limitata al solo periodo protetto , per cui una volta trascorso detto periodo le stesse sarebbero produttive della estinzione del rapporto di lavoro tale approdo ermeneutico non è innanzitutto sorretto dal dato testuale in quanto l'ultimo periodo del comma 4 4 dell'articolo 55 D.Lgs. cit. utilizza una formula ampia, di carattere generale, dalla quale non è in alcun modo dato inferire che la necessità della convalida sia destinata a venire meno una volta trascorso il periodo oggetto di particolare protezione in secondo luogo, occorre considerare la specifica ratio che sorregge la disposizione che è quella di salvaguardare la genuinità e la spontaneità della volontà dismissiva espressa dalla lavoratrice o dal lavoratore in un periodo particolarmente delicato, corrispondente alla gravidanza ed al primo anno di vita del bambino, contro eventuali abusi datoriali volti a viziare o condizionare in vario modo la formazione della volontà in altri termini, il legislatore ha inteso evitare che la estinzione del rapporto di lavoro fosse solo formalmente riconducibile all'iniziativa del lavoratore o della lavoratrice presumendo che le dimissioni potessero essere influenzate da ragioni collegate alla specifica situazione che induce a privilegiare esigenze di tutela della prole rispetto alla stabilità dell'occupazione lavorativa così Cass. numero 4919-2014 e che possano essere indotte dal datore di lavoro che approfitti di una peculiare situazione psicologica del dipendente. Per questa ragione il legislatore ha inteso affidare ai servizi ispettivi ministeriali la verifica della effettività della volontà di risolvere il rapporto condizionando alla convalida l'efficacia del negozio di recesso 3.2. alla luce delle considerazioni che precedono risulta del tutto evidente che la specifica finalità antiabusiva perseguita dalla norma in tema di convalida risulterebbe in larga parte vanificata ove si accedesse all'opzione per la quale una volta trascorso il periodo protetto non sarebbe necessaria la convalida da parte dei servizi ispettivi ministeriali per il prodursi della efficacia del negozio di recesso il legislatore ha, infatti, inteso tutelare una volta per tutte la genuinità e spontaneità della volontà del dipendente con riferimento al momento delle dimissioni ed in relazione a tale elemento temporale la cessazione del periodo protetto costituisce un fattore neutro, inidoneo ad incidere, ora per allora, sulla modalità di formazione della volontà dismissiva espressa dal dipendente la correttezza della opzione ermeneutica qui condivisa trova ulteriore conferma nell'essere quella maggiormente coerente con la Cost., articolo 37 secondo cui le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento dell'essenziale funzione familiare e assicurare alla madre ed al bambino una speciale adeguata protezione 4. il secondo motivo di ricorso è inammissibile per difetto di specificità le censure articolate, non risultano infatti incentrate sul significato e la portata applicativa delle norme indicate in rubrica ma risultano intese a sollecitare direttamente un diverso apprezzamento delle emergenze istruttorie in tema di comportamento concludente della N. , sulla base di circostanze peraltro già considerate dal giudice di merito e da questi ritenute non significative nel senso voluto dal ricorrente 5. non si fa luogo al regolamento delle spese di lite non avendo la parte intimata svolto attività difensiva 6. sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. numero 115 del 2002, comma 1 bis dell'articolo 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese di lite. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.