La firma del garantito sul contratto di concessione di una polizza fideiussoria veniva accertata essere falsa. Lo stesso si opponeva quindi all’azione di regresso del fideiussore. Per la Cassazione però non vi è nullità né inefficacia del contratto e i giudici hanno pertanto rigettato il ricorso pronunciando un importante principio di diritto.
Al fine di ottenere alcune agevolazioni finanziare e l'erogazione di alcuni contributi all'attività d'impresa, la società protagonista del caso in esame otteneva la garanzia fideiussoria alla quale le erogazioni del Ministero erano subordinate. Dopo il versamento da parte dell'Amministrazione di una prima tranche del contributo richiesto, la stessa riteneva che la Società non avesse rispettato le condizioni necessarie a fruire del beneficio e quindi il Ministero ne chiedeva la restituzione veniva pertanto escussa la polizza fideiussoria. Il fideiussore chiedeva quindi invano la restituzione dell'importo alla Società garantita e agiva, in monitoria, in regresso. Il Tribunale emetteva quindi decreto ingiuntivo, rigettandone la relativa opposizione nonostante in primo grado fosse emerso che la firma apposta dalla Società garantita sul contratto di concessione della polizza fideiussoria era falsa. La Corte d'appello confermava quindi la sentenza, rigettando il gravame. La Società garantita ricorreva per la cassazione della sentenza della Corte territoriale al fine di far dichiarare la nullità o l'inefficacia del contratto di garanzia per falsità della sottoscrizione del legale rappresentante, censurandola nel punto in cui pur avendo attestato la falsità, i giudici di secondo grado avevano reputato che il contratto potesse comunque essere ratificato dal fatto che la garantita avesse comunque beneficiato della fideiussione, avvalendosi quindi del contratto, presentandolo al Ministero per ottenere l'erogazione del contributo. La Suprema Corte ha dichiarato tuttavia infondato il ricorso e lo ha rigettato, non ritenendo nullo il contratto né improduttivo di effetti in quanto il garantito lo aveva fatto effettivamente proprio. La fattispecie viene nello specifico inquadrata in una spendita indebita del nome del legale rappresentante, che necessita l'accertamento concreto di un'eventuale ratifica avvenuta, accertamento senz'altro positivo posto che la garantita non ha immediatamente disconosciuto la firma sul contratto denunciandone la falsità, ma se ne è addirittura avvalsa, acquisendo a sé gli effetti dell'attività svolta dal falso sottoscrittore, assumendone in questo modo le relative obbligazioni. Il successivo disconoscimento in sede di opposizione, neppure accompagnato da denuncia penale, nonché l'esito della ctu, «scolorano sul piano della decisività a fronte del formarsi in capo al giudice del motivato convincimento che quell'atto sia stato fatto proprio, nei suoi immediati vantaggi ed anche nelle successive obbligazioni, dal soggetto che ne risulta l'apparente firmatario». Il ricorso viene quindi rigettato in conformità al principio di diritto per il quale «il contratto nella specie, di garanzia cui sia stata apposta la firma apocrifa del legale rappresentante della società apparentemente firmataria è privo di effetti nei confronti della società stessa, ma può essere recepito nella sua sfera giuridica, in applicazione analogica del disposto dell'articolo 1399 c.c., qualora questa, a mezzo di atti o comportamenti concludenti, provenienti dal legale rappresentante avente allo scopo adeguati poteri rappresentativi, manifesti univocamente la volontà di avvalersene».
Presidente Frasca – Relatore Rubino Fatti di causa 1. Nel 2001 La società omissis s.a.s di B.R. presentava un progetto finalizzato all'ottenimento di agevolazioni finanziarie al Ministero Attività Produttive. Il Ministero ammetteva la società alle agevolazioni richieste, concedendo un contributo in conto impianti da erogarsi in tre rate, e subordinava l'erogazione del contributo alla presentazione di una garanzia fideiussoria da parte della società, finalizzata a garantire l'eventuale restituzione del contributo ricevuto. La SIC s.p.a., poi divenuta A., prestava la predetta garanzia a prima richiesta nell'interesse della omissis s.a.s. di B.R., fino a concorrenza dell'importo della prima tranche. 2. Nel giugno 2002 socio accomandatario della omissis diveniva S.A 3. Nel 2005, ritenuto che la società non avesse rispettato le condizioni necessarie per fruire del beneficio, il Ministero chiedeva la restituzione del contributo e veniva escussa la polizza fideiussoria. 4. La A., dopo aver pagato e chiesto invano la restituzione dell'importo alla società garantita e all'accomandatario, agiva in via monitoria, in regresso, contro la omissis s.a.s di B.R. e contro la B., in proprio e nella qualità di socio accomandatario al momento della firma, nonché verso la nuova società e verso gli accomandanti. 5. Facevano opposizione la B., la omissis s.a.s di S.A. e i soci accomandanti. La A. rinunciava in parte, e il giudizio proseguiva solo nei confronti della B. in proprio, e della omissis s.a.s di S.A Nel corso del giudizio di primo grado emergeva, a seguito di consulenza grafica che la firma B.R. apposta sul contratto di concessione della polizza fideiussoria tra A. e omissis s.a.s. di B.R. era falsa. 6. Il tribunale rigettava comunque l'opposizione, confermando il decreto ingiuntivo, affermando che, anche se la firma era falsa, la polizza era pur sempre riconducibile alla società, che l'aveva fatta propria producendola al Ministero per ottenere l'agevolazione concordata. 7. La Corte d'appello di Roma, dinanzi alla quale proponeva appello la B., confermava la sentenza del tribunale rigettando l'appello, ritenendo la polizza fideiussoria comunque riconducibile alla società, che se ne era avvalsa per ottenere l'erogazione del finanziamento, e al suo socio accomandatario all'epoca della conclusione del contratto. Rigettava il gravame proposto da B.R. per la riforma della decisione del Tribunale di Roma numero 741/2014, ritenendo che, al di là della individuazione della persona fisica di chi abbia agito in nome e per conto di una società, ai fini della impegnatività del negozio rileva la circostanza che la stessa società se ne sia giovata la sentenza richiama analoga affermazione contenuta in Cass. numero 22891 del 2016 in tema di falso uso del nome del legale rappresentante, che argomenta in termini di applicazione analogia della ratifica societaria di negozio pur concluso senza un valido consenso . Aggiunge che depositando la polizza fideiussoria al Ministero delle Attività Produttive, al fine di ottenere le agevolazioni finanziarie previste dalla L. numero 488 del 1992 per la realizzazione di un programma di investimenti la omissis SAS di BASSONE R e.c. ha realizzato una condotta specificamente diretta ad avvalersi del contratto di garanzia pur malamente stipulato sopportandone ogni conseguenza. Puntualizza che la responsabilità della B. quale socio accomandatario si fonda sul fatto che ricopriva tale carica al momento della sottoscrizione e dell'utilizzo della polizza rimanendo irrilevante la successiva cessione delle quote ed anche che la prima erogazione fosse avvenuta successivamente alla variazione del socio accomandatario, conseguente alla cessione delle quote. Conferma l'implicito rigetto della domanda di rivalsa proposta dalla B. contro la società omissis di S.A. s.a.s., atteso che la B. rimaneva tenuta all'adempimento delle obbligazioni contratte dalla società durante il periodo in cui aveva ricoperto la carica di socio illimitatamente responsabile. 8. Avverso la sentenza numero ro 1109/2019, pronunciata dalla Corte di appello di Roma e pubblicata il 14 febbraio 2019, propone ricorso per cassazione, fondato su un unico motivo, B.R., nei confronti di A. Credit Insurance, omissis s.a.s. di S.A. e c. nonché di S.A. in proprio. 9. A. C.C.S.A. de S.R., che nelle more del giudizio ha acquisito, mediante fusione per incorporazione, la A. Credit Insurance, si costituisce depositando controricorso, illustrato da memoria in data 1.3.2022. 11. Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, con le quali chiede l'accoglimento del ricorso. La sola A. ha depositato memoria in vista della trattazione in pubblica udienza. Ragioni della decisione 1.Propone ricorso per Cassazione la sola B.R. denunciando, con l'unico motivo, la nullità o inesistenza del contratto di garanzia per falsità della sottoscrizione del legale rappresentante della s.a.s. nonché la violazione e falsa applicazione degli articolo 1325,1418,1399 c.c. in relazione all'articolo 360, numeri 3 e 5, c.p.c 1.1. La ricorrente censura la sentenza impugnata laddove, pur avendo dato atto della falsità della firma apposta in calce al contratto di fideiussione, ha reputato che il contratto potesse comunque essere ratificato come se fosse stato stipulato da un falsus procurator e ha attribuito valore di ratifica da parte della società al fatto che la stessa, e per essa il suo accomandatario, avesse beneficiato della garanzia avvalendosi del contratto, avendolo presentato al Ministero per ottenere l'erogazione del contributo, secondo lo schema della falsa rappresentanza. 1.2. Pur denunciando nella rubrica la nullità o l'inesistenza del contratto, rileva che in effetti non si trattava né di contratto inefficace ma ratificabile né di contratto nullo non ratificabile, ma di una terza ipotesi, riconducibile al contratto stipulato sotto nome altrui pur se con la decisiva variante che il falso nome è stato usato da colui che ha agito come legale rappresentante della società, essendo questa stata indicata come parte contrattuale . E' stato accertato quindi che si è verificata la stipulazione di un contratto con sostituzione di persona ed usurpazione del nome del legale rappresentante della società, cui è stata intestata la polizza fideiussoria al contempo gravandola delle obbligazioni restitutorie conseguenti alla escussione della polizza. Riconosce che a determinate condizioni il contratto sotto falso nome ben può essere inteso come riferito sia dall'autore della dichiarazione che dalla sua controparte contrattuale al vero portatore del nome e produrre effetti nei confronti di quest'ultimo, secondo lo schema della falsa rappresentanza. 1.3. Sottolinea che parte della dottrina ritiene il contratto stipulato dall'usurpatore di nome altrui nullo per mancanza di volontà del soggetto a cui quella dichiarazione si attribuisce, ovvero per mancanza dell'accordo tra le parti, il che escluderebbe la possibilità della ratifica. Evidenzia che la peculiarità nel caso di specie è che il contratto è stato riferito alla società, imputando a quest'ultima il contratto di garanzia con tutti gli effetti anche di carattere negativo che ne sono conseguiti e ritiene la situazione assimilabile a una spendita indebita del nome del legale rappresentante della società come ritenuto dal giudice di merito, ipotesi non immediatamente riconducibile a quella della rappresentanza diretta, essendo possibile l'applicazione in via analogica della relativa disciplina codicistica. 1. 4. Conclude nel senso che il contratto ben avrebbe potuto essere ratificato dalla società, ma tale ratifica poteva provenire solo dal legale rappresentante di essa, che avrebbe dovuto compiere un atto formale in tal senso, che a sua volta avrebbe dovuto essere oggetto di indagine da parte del giudice di merito. Sostiene che invece non si è indagato se ci fosse l'intenzione, da parte della società, di far propri gli effetti della polizza stipulata sotto falso nome. 2. La A., nel proprio controricorso, sostiene l'inammissibilità del gravame avversario per difetto di interesse, e perché la sentenza impugnata ha deciso in conformità alla giurisprudenza della Corte, e l'esame dei motivi non offre elementi per mutare orientamento. Sottolinea che la fideiussione non necessita di prova scritta e che, a norma di legge, è efficace anche se il debitore non ne ha conoscenza, che la prestazione finanziaria pubblica è stata richiesta dalla società omissis Suole, che ha in tal modo realizzato, come affermato dalla corte d'appello, una condotta specificamente diretta ad avvalersi del contratto di garanzia pur malamente stipulato, sopportandone ogni conseguenza. Essendo queste le premesse, l'apocrifia della firma del soggetto oblato che all'epoca dei fatti, era socio accomandatario illimitatamente responsabile della società richiedente il finanziamento costituisce un dato irrilevante. Sottolinea infine che il caso va inquadrato nell'ambito dell'accesso alla finanza pubblica agevolativa, che è essenziale a sostegno del sistema produttivo e può operare solo se a sua volta assistita da specifiche guarentigie in questo contesto, la causa concreta della garanzia, necessaria per accedere ai finanziamenti agevolati, è quella di realizzare la più completa elisione del rischio per la finanza pubblica, e a garantire al creditore la P.A. l'oggetto della prestazione. Richiama a tal fine un precedente di questa Corte Cass. numero 65 del 2012, nel quale, a proposito dei negozi autonomi di garanzia, o polizze fideiussorie, con i quali una società di assicurazione garantisce all'Amministrazione finanziaria, a norma del D.P.R. numero 26 ottobre 1972, numero 633, articolo 38-bis, la restituzione delle somme indebitamente versate da questa in sede di procedura di rimborso anticipato tramite conto fiscale, si afferma l'irrilevanza giuridica dell'aspetto soggettivo della garanzia, valendo il dovere restitutorio del finanziamento pubblico su di un piano meramente oggettivo, attesa l'inderogabile esigenza di tutela della finanza pubblica . 3. Il ricorso è infondato, e va pertanto rigettato. 3. 1. I fatti, che emergono con chiarezza dalla sentenza impugnata e non sono neppure contestati nella loro ricostruzione della ricorrente, indicano che nel caso di specie si è verificata non una attività svolta da un falsus procurator, quanto, come evidenzia la stessa ricorrente, l'ipotesi, distinta, del contratto stipulato sotto nome altrui, o con sostituzione di persona, pur se con la decisiva variante che il falso nome è stato usato da colui che ha agito come legale rappresentante della società, essendo questa stata indicata come parte contrattuale analogamente all'ipotesi alla base di Cass. numero 22891 del 2016 . Nel caso di specie, infatti, non si è verificato che una persona, correttamente identificata, abbia agito in nome e per conto della s.a.s. assumendo di averne i poteri, dei quali era invece sprovvisto. E' rimasto accertato invece che vi è stata la sottoscrizione della polizza fideiussoria, da parte di una persona rimasta sconosciuta, che ha firmato, nella qualità di debitore, con il nome della socia accomandataria dell'epoca, B.R., per conto della omissis di B.R. s.a.s. E' stato altresì accertato in giudizio che il documento, che era necessario a norma di legge per consentire alla omissis s.a.s. di B.R. di accedere ai finanziamenti previsti dalla L. numero 488 del 1992, e che era stato predisposto a tal fine secondo il modello indicato dalla relativa circolare ministeriale, sia stato portato a conoscenza, da un lato, del Ministero delle Attività Produttive, creditore garantito, e dall'altro della società debitrice, dalla garante A., e che il predetto documento sia stato fatto proprio ed utilizzato dalla società garantita, che non solo nulla ha rilevato in ordine alla prestazione della garanzia e quindi alla riconducibilità in capo alla società della richiesta di garanzia e alla assunzione in capo alla stessa degli impegni economici da essa derivanti , ma soltanto grazie a quella garanzia ha potuto incassare la prima tranche del finanziamento, che altrimenti il Ministero, senza idonea garanzia del recupero delle somme, ove dovuto, non avrebbe erogato. 4. Il contratto stipulato in tal modo non è nullo come affermato, in fattispecie in qualche misura analoga, da Cass. numero 27008 del 2020, che evoca quell'orientamento minoritario sia in dottrina che in giurisprudenza, che riconduce alla nullità la stessa attività svolta dal rappresentante senza poteri - e neppure la ricorrente, del resto, nello sviluppo argomentativo del motivo ipotizza la nullità, affermandone invece l'inefficacia - ma sarebbe improduttivo di effetti nella sfera giuridica dell'apparente firmatario, a meno che questi non lo faccia proprio. 4.1. A monte, occorre distinguere le ipotesi in cui l'autore della dichiarazione abbia voluto per sé il risultato del negozio, ovvero abbia inteso attribuirlo al titolare del nome usato, dovendosi procedere volta a volta ad una delicata operazione ermeneutica del comune volere dei contraenti. Nel caso in esame il contratto di garanzia non avrebbe potuto essere riferito al dichiarante quale persona fisica, risultando dal contratto medesimo che la beneficiaria della garanzia era la s.a.s L'usurpatore, o l'usurpatrice, del nome della legale rappresentante, infatti, non ha riferito il contratto né a sé stesso né alla persona fisica della quale ha usato falsamente il nome nella specie, B.R. piuttosto, come detto, l'ha riferito alla società, imputando comunque a quest'ultima il contratto di garanzia della restituzione del finanziamento. Con la conseguenza che il Ministero erogatore del finanziamento ha prestato il suo consenso, ed erogato la prima tranche del finanziamento, consapevole che esso era garantito dalla polizza fideiussoria che il soggetto finanziato aveva richiesto. 4. 2. La situazione finisce quindi per essere assimilabile ad una spendita indebita del nome del legale rappresentante del la società, come ritenuto dal giudice di merito. La falsificazione della sottoscrizione del vero legale rappresentante dà luogo - sul piano dell'apparenza - alla riferibilità del negozio alla società, alla persona giuridica, esattamente come la conclusione del negozio da parte di chi dichiari di rappresentare un soggetto che non è abilitato a rappresentare. Se l'ipotesi non è immediatamente riconducibile a quella della rappresentanza diretta, è tuttavia possibile l'applicazione in via analogica della relativa disciplina codicistica. 5. Inoltre, rileva la circostanza che il contratto di garanzia non è un contratto formale, con la conseguenza che la mancanza di sottoscrizione da parte del vero legale rappresentante non è determinante per l'esistenza del contratto nemmeno quanto all'onere della forma scritta. 6. In una situazione siffatta è quindi possibile, mediante l'applicazione analogica delle norme sulla rappresentanza, la ratifica da parte della società, che certamente va accertata in concreto, con un accurato esame di atti o comportamenti concludenti, che integrino una manifestazione di volontà, anche tacita, di avvalersi del contratto di garanzia facendolo proprio, provenienti dalla società e per essa dal suo legale rappresentante dotato allo scopo adeguati poteri rappresentativi, idonei a recuperare l'atto nella propria sfera giuridica cfr. Cass. numero 27335/05 e numero 20805/11, nel senso che nel caso di negozio concluso nel nome di una società, il comportamento dal quale possa inferirsi l'esistenza della ratifica deve provenire dall'organo istituzionalmente competente a provvedere su di essa . 6.1. Tanto, come ricordato, è stato in effetti accertato dal giudice di merito, che ha verificato che la società, in persona del suo legale rappresentante dell'epoca, portata formalmente a conoscenza dell'avvenuta prestazione della garanzia da parte della garante, non soltanto non l'ha immediatamente disconosciuta, denunciando la falsità della firma ed esplicitando che il proprio legale rappresentante non aveva mai sottoscritto il contratto, ma se ne è avvalsa, facendola propria ed acquisendo in tal modo a sé gli effetti dell'attività svolta dal falso sottoscrittore ed assumendone le relative obbligazioni , nell'ambito procedimentale del finanziamento richiesto al Ministero, all'interno del quale l'avvenuta prestazione di idonea garanzia era una tappa indefettibile per poter ricevere il finanziamento. 6.2. Il successivo disconoscimento della firma sul contratto, effettuato solo in sede di opposizione al decreto ingiuntivo richiesto dalla garante in via di regresso dopo aver pagato, neppure accompagnato da una denuncia penale, ed anche l'esito della CTU confermativo della apocrifia della firma, scolorano sul piano della decisività a fronte del formarsi in capo al giudice del motivato convincimento che quell'atto sia stato fatto proprio, nei suoi immediati vantaggi ed anche nelle conseguenti obbligazioni, dal soggetto che ne risulta l'apparente firmatario. Il ricorso va pertanto rigettato, in conformità al presente principio di diritto Il contratto nella specie, di garanzia cui sia stata apposta la firma apocrifa del legale rappresentante della società apparentemente firmataria è privo di effetti nei confronti della società stessa, ma può essere recepito nella sua sfera giuridica, in applicazione analogica del disposto dell'articolo 1399 c.c., qualora questa, a mezzo di atti o comportamenti concludenti, provenienti dal legale rappresentante avente allo scopo adeguati poteri rappresentativi, manifesti univocamente la volontà di avvalersene . Si dispone la compensazione delle spese del presente giudizio, in ragione della complessità della questione, e delle oscillazioni dottrinarie e giurisprudenziali sul tema. Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la parte ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall'obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. numero 115 del 2002, comma 1 bis dell'articolo 13, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di legittimità tra le parti. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto.