Nessuna via di fuga per l’uomo finito sotto processo per la condotta tenuta, nel contesto di un palazzo, dinanzi l’ingresso dell’appartamento della madre. I giudici sottolineano che egli si è trattenuto, contro la volontà della donna, in uno spazio che fa parte dell’appartamento, poiché ne costituisce l’accesso.
Condannato per violazione di domicilio il figlio che si piazza all'ingresso dell'appartamento della madre, chiedendo insistentemente di entrare, nonostante il rifiuto ricevuto, e arriva poi a prendere a calci la porta della casa con tale violenza da riuscire a scardinarla. Ricostruito il fattaccio, risalente a quasi sette anni fa, i giudici di merito ritengono sacrosanta, sia in primo che in secondo grado, la condanna dell'uomo sotto processo egli si è reso colpevole del «reato di violazione di domicilio, aggravato dalla violenza sulle cose » ai danni della madre . Nello specifico si è appurato che l'uomo «si è introdotto nella casa della madre, contro la volontà della donna, scardinando la porta di ingresso». Per l'avvocato che rappresenta l'uomo sotto processo, però, i giudici di merito hanno commesso un errore di valutazione, avendo ritenuto «consumato un unico reato di violazione di domicilio, aggravato dalla violenza sulle cose» mentre invece «nei fatti oggetto di processo sono distinguibili due distinti reati commessi in tempi diversi il tentativo di violazione di domicilio, non portato a consumazione per l'opposizione frapposta dalla persona offesa il danneggiamento della porta, che è intervenuto in un momento successivo e che non è strumentalmente collegato all'intenzione dell'uomo di entrare nell'abitazione della madre ma rappresenta la reazione rabbiosa avuta dall'uomo a seguito di una discussione, di carattere economico, con la madre». Chiara la tesi difensiva «l'uomo non è riuscito a entrare nell'abitazione» della madre e «il danneggiamento della porta è intervenuto in un secondo momento e non è collegato all'intenzione di entrare» di forza «nell'appartamento». Per i giudici di Cassazione, però, a smentire il legale provvedono «le dichiarazioni rese dalla persona offesa, da un sovrintendente di Polizia nonché quanto documentato nel verbale di arresto». In sostanza, «da tali atti emerge che l'uomo, al fine di accedere nell'abitazione contro la volontà della madre, ha sferrato dei calci con cui aveva scardinato la porta», e ciò significa, secondo i giudici, che «il danneggiamento è avvenuto contestualmente alla violazione di domicilio». I magistrati tengono poi a sottolineare l'avvenuta consumazione del reato di domicilio. Su questo punto, difatti, a prescindere dall'effettivo forzato ingresso dell'uomo nella casa della madre, non si può ignorare che «egli si è trattenuto contro la volontà della donna in uno spazio che faceva parte dell'appartamento di lei, costituendone l'accesso, e negli spazi immediatamente antistanti all'ingresso dell'abitazione». Questo dettaglio è fondamentale poiché, chiariscono i giudici, Codice Penale alla mano, è prevista tutela «non solo per l'inviolabilità dell'abitazione e dei luoghi di privata dimora, ma anche per le loro appartenenze, intendendosi per tali quei luoghi caratterizzati da uno stretto rapporto di funzionalità, servizio o accessorietà con l'abitazione, ancorché non costituenti con questa un corpo unico». Di conseguenza, «il pianerottolo antistante l'abitazione e su cui si apre la soglia della casa ne costituisce appartenenza, anche se al servizio di tutti i condòmini». Difatti, «commette il delitto di violazione di domicilio chi si introduce all'interno di un edificio condominiale sul pianerottolo e avanti alla soglia dell'abitazione di uno dei condòmini avente, come gli altri, diritto di escludere l'intruso».
Presidente Vessicchelli – Relatore Cirillo Ritenuto in fatto 1. La sentenza impugnata è stata pronunziata il 12 ottobre 2021 dalla Corte di appello di Bologna, che ha confermato la decisione del Tribunale di Forlì che aveva condannato B.S. per il reato di violazione di domicilio aggravato dalla violenza sulle cose, ritenendo in esso assorbito anche il reato di danneggiamento originariamente contestato. Secondo la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, il 5 novembre 2016, l'imputato si era introdotto nella casa della madre, contro la volontà di quest'ultima, scardinando la porta di ingresso. 2. Avverso la sentenza della Corte di appello, l'imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del proprio difensore di fiducia. 2.1 Con un unico motivo, deduce i vizi di motivazione e di inosservanza della legge penale. Sostiene che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere consumato un unico reato di violazione di domicilio aggravato dalla violenza sulle cose, atteso che nei fatti oggetto di processo sarebbero distinguibili due distinti reati commessi in tempi diversi il tentativo di violazione di domicilio, non portato a consumazione per l'opposizione frapposta dalla persona offesa il danneggiamento alla porta, che sarebbe intervenuto in un momento successivo e che non sarebbe strumentalmente collegato all'intenzione di entrare nell'abitazione, ma costituirebbe la reazione rabbiosa che l'imputato avrebbe avuto a seguito di una discussione di carattere economico avuta con la madre. Entrambi i reati, non perseguibili d'ufficio, andrebbero ritenuti estinti per remissione di querela. 3. Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. 1.1. L'unico motivo è inammissibile. Esso, infatti, si basa su una diversa ricostruzione dei fatti, secondo la quale l'imputato non sarebbe riuscito a entrare nell'abitazione e il danneggiamento sarebbe intervenuto in un secondo momento e non sarebbe collegato all'intenzione di entrare nell'appartamento. Con tale motivo, dunque, il ricorrente tende a sollecitare - al di fuori dell'allegazione di specifici travisamenti di emergenze processuali ed in presenza, comunque, di un apparato motivazionale che non si espone a rilievi di carenza o di illogicità di macroscopica evidenza - una non consentita rivalutazione delle fonti probatorie e un inammissibile sindacato sulla ricostruzione dei fatti operata dalla Corte di appello Sez. U, numero 12 del 31/05/2000, akani, Rv. 216260 e numero 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944 . Sotto altro profilo, va rilevato che il motivo è privo di specificità, perché meramente reiterativo di identiche doglianze proposte con i motivi di gravame, disattese nella sentenza impugnata con corretta motivazione in diritto e congrua e completa argomentazione in punto di fatto cfr. pagine 2 e 3 della sentenza , con le quali il ricorrente non si è effettivamente confrontato. La Corte di appello, in particolare, ha posto in rilievo che la ricostruzione dei fatti prospettata dalla difesa era smentita dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa e dal sovrintendente A.F. nonché da quanto documentato nel verbale di arresto. Da tali atti emergeva che l'imputato, al fine di accedere all'abitazione contro la volontà della madre, aveva sferrato dei calci con i quali aveva scardinato la porta il danneggiamento, dunque, era avvenuto contestualmente alla violazione di domicilio. La Corte territoriale, inoltre, ha correttamente evidenziato che il reato di cui all' articolo 614 c.p. andava considerato consumato anche se l'imputato, come sostenuto nel ricorso, non fosse entrato all'interno dell'abitazione della madre. Egli, infatti, si era trattenuto contro la volontà della proprietaria in uno spazio che faceva parte dell'appartamento, costituendone l'accesso, e negli spazi immediatamente antistanti all'ingresso dell'abitazione. Al riguardo, va evidenziato che il reato previsto dall' articolo 614 c.p. tutela non solo l'inviolabilità dell'abitazione e dei luoghi di privata dimora, ma anche le loro appartenenze , intendendosi per tali quei luoghi caratterizzati da uno stretto rapporto di funzionalità, servizio o accessorietà con l'abitazione, ancorché non costituenti con questa un corpo unico. Il pianerottolo antistante l'abitazione e sul quale si apre la soglia della stessa costituisce, quindi, appartenenza di essa, anche se al servizio di tutti i condomini commette, pertanto il delitto di violazione di domicilio, e non il semplice tentativo, chi si introduca - invito domino - all'interno di un edificio condominiale sul pianerottolo e avanti alla soglia dell'abitazione di uno dei condomini avente - come gli altri - diritto di escludere l'intruso” Sez. 5, numero 12751 del 20/10/1998, Palmieri, Rv. 213418 . 2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione, consegue, ai sensi dell' articolo 616 c.p.p. , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende, che deve determinarsi in Euro 3.000,00. 3. La natura dei rapporti oggetto della vicenda impone, in caso di diffusione della presente sentenza, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003 articolo 5 2 in quanto imposto dalla legge.