Concordato in appello: quali sono i limiti per richiederlo?

Il concordato in appello può essere richiesto esclusivamente in relazione all’accoglimento di uno dei motivi già avanzati con l’atto di impugnazione e non può avere ad oggetto richieste nuove avanzate nella udienza di trattazione del giudizio di secondo grado.

Questo è quanto recentemente affermato dalla Corte di Cassazione in una sentenza emessa a seguito del ricorso di un imputato per i reati di ricettazione e rapina che lamentava la violazione dell'articolo 599-bis c.p.p. e difetto di motivazione in relazione all'ordinanza della Corte d'appello con la quale veniva respinta la richiesta di concordato avente ad oggetto il riconoscimento della continuazione fra i fatti giudicati nel giudizio in corso e quelli già oggetto di sentenza della stessa Corte. La Suprema Corte ha confermato l'impossibilità di applicare nel caso concreto la procedura per il concordato in appello disciplinato dall'articolo 599-bis c.p.p. e articolo 602, comma 1-bis c.p.p. e ribadito che in seguito alla riforma del 2017, «il concordato in appello è proponibile soltanto sui motivi di appello già avanzati e non può avere ad oggetto richieste nuove formulate al di fuori dell'atto di impugnazione». Sono infatti presupposti imprescindibili per l'applicazione del concordato Che sia stato proposto appello dalla parte che ne fa istanza Che sia stato anche proposto un motivo in relazione alla richiesta che forma oggetto del concordato. Quindi, in assenza di motivi proposti dalla difesa sulla continuazione esterna nell'atto di impugnazione della condanna in primo grado, «deve escludersi che la richiesta potesse essere validamente formulata solo nella fase del giudizio di appello che rimane incardinato esclusivamente sui motivi proposti e può avere ad oggetto soltanto quelle doglianze». Viene quindi affermato il principio di diritto per il quale «il concordato in appello può essere richiesto esclusivamente in relazione all'accoglimento di uno dei motivi già avanzati con l'atto di impugnazione e non può avere ad oggetto richieste nuove avanzate nella udienza di trattazione del giudizio di secondo grado». L'impugnazione viene ritenuta infondata e il ricorso rigettato.

Presidente Diotallevi – Relatore Pardo Ritenuto in fatto 1.1 La Corte di Appello di Brescia, con sentenza in data 26 ottobre 2021, confermava la sentenza del G.U.P. del Tribunale di Bergamo del 6 aprile 2021 che aveva condannato D.S. alla pena di anni 3, mesi 4 di reclusione ed Euro 1.200,00 di multa in ordine ai reati di ricettazione e rapina. 1.2 Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione la difesa dell'imputato deducendo, con distinti motivi qui riassunti ex articolo 173 bis disp. att. c.p.p. - inosservanza ed erronea applicazione degli articolo 27,1 e 3 della Costituzione in relazione all'articolo 606 lett. b c.p.p. per eccessività della pena irrogata anche in relazione alla omessa concessione della attenuante di cui all'articolo 62 numero 4 c.p. - violazione dell'articolo 599 bis c.p.p. e difetto di motivazione in relazione all'ordinanza della corte di appello con la quale era stata respinta la richiesta di concordato all'udienza del 26 ottobre 2021 avente ad oggetto il riconoscimento della continuazione fra i fatti giudicati nel presente giudizio e quelli già oggetto della sentenza della stessa corte di appello bresciana del 13-3-2018. Considerato in diritto 2.1 Il ricorso è proposto per motivi infondati e deve, pertanto, essere respinto. Ed invero, quanto al primo motivo, va rilevato che correttamente e con ampia motivazione il giudice di appello ha escluso la possibilità di applicare l'invocata attenuante di cui all'articolo 62 numero 4 c.p. alla luce della molteplicità degli oggetti trafugati. Trattasi pertanto di motivazione agganciata a precisi argomenti di fatto non sindacabili nella presente sede in quanto esposti in assenza di qualsiasi illogicità. 2.2 Infondato è anche il secondo motivo, dovendosi concordare con le conclusioni cui è pervenuta la corte di appello in ordine all'impossibilità di applicare nel caso in esame la procedura prevista per il concordato in appello disciplinato dagli articolo 599 bis e 602 comma 1 bis c.p.p. come reintrodotti dalle L. numero 103 del 2017 ed invero, ai sensi delle suddette norme previste dalla riforma del 2017, il concordato in appello è proponibile soltanto sui motivi di appello già avanzati e non può avere ad oggetto richieste nuove formulate al di fuori dell'atto di impugnazione. Tale conclusione si impone alla luce dell'inequivocabile dettato normativo che nelle due norme citate richiama la possibilità per ciascuna delle parti processuali di richiedere il consenso dell'altra su tutti o anche solo alcuni dei motivi di appello ne consegue pertanto che presupposti imprescindibili per l'applicazione della richiesta di concordato sono a che sia stato proposto appello dalla parte che ne fa istanza b che sia stato anche proposto un motivo in relazione alla richiesta che forma oggetto del concordato. Così che, in assenza di motivi proposti dalla difesa del D. sulla continuazione c.d. esterna nell'atto di impugnazione avverso la pronuncia di condanna in primo grado, deve escludersi che la richiesta potesse essere validamente formulata solo nella fase del giudizio di appello che rimane incardinato esclusivamente sui motivi proposti e può avere ad oggetto soltanto quelle doglianze. Peraltro, nel caso in esame, va pure sottolineato come la sentenza con la quale si chiedeva applicarsi l'istituto della continuazione esterna, in quanto pronunciata nel 2018, è pure antecedente la pronuncia di primo grado del presente procedimento così che nel proporre appello il motivo sulla continuazione esterna ben avrebbe potuto essere avanzato. Deve pertanto affermarsi il seguente principio di diritto il concordato in appello può essere richiesto esclusivamente in relazione all'accoglimento di uno dei motivi già avanzati con l'atto di impugnazione e non può avere ad oggetto richieste nuove avanzate nella udienza di trattazione del giudizio di secondo grado. In conclusione, l'impugnazione deve ritenersi infondata alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.