Assegno divorzile e reversibilità: il punto della Cassazione

Alla luce della ormai consolidata giurisprudenza in materia, all'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa.

I fatti. Il Tribunale di Napoli Nord aveva accertato e dichiarato il diritto della moglie divorziata e titolare di assegno divorzile a percepire una quota del 13% della pensione di reversibilità dell' ex marito deceduto . La Corte d'Appello, adita dalla coniuge superstite, riformava la sentenza rigettando la domanda di riconoscimento di una quota di reversibilità in favore della ex coniuge dichiarando la irrepetibilità delle somme dalla medesima percepite perché di natura alimentare. In particolare, secondo i giudici di secondo grado, poiché non era passata in giudicato la sentenza con cui era stato riconosciuto, in altro giudizio, il diritto all'assegno divorzile , spettava a loro stabilire, incidenter tantum , se la ex coniuge potesse esser titolare di tale diritto escludendolo ritenendo la donna autosufficiente dal punto di vista economico, con conseguente esclusione del diritto della medesima a percepire una quota di reversibilità. La ex coniuge, pertanto, ricorreva in Cassazione. Le doglianze della ex moglie.  Secondo la donna, i giudici avevano errato nel richiedere una sentenza passata in giudicato avente ad oggetto il riconoscimento dell'assegno divorzile per riconoscere il diritto alla pensione di reversibilità. Inoltre, nella propria decisione incidenter tantum la Corte non aveva applicato al caso di specie i criteri di cui all' articolo 5 L. 898/1970 per il riconoscimento dell'assegno di divorzio. La pronuncia della Corte Costituzionale. Sul punto, in materia, in un altro caso, con ordinanza del 20.10.2020 la Corte di Appello di Salerno dichiarava rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli articolo 9 e 12- bis della legge 1 dicembre 1970, numero 898 e dell' articolo 5 della legge 28.12.2005, numero 263 , nella parte in cui non prevedono che il requisito della titolarità dell'assegno sussista anche in caso di morte dell'obbligato, intervenuta, in presenza di una sentenza parziale di divorzio sullo status , prima della definitiva determinazione dell'assegno già riconosciuto in sede di provvedimenti provvisori presidenziali. In particolare, è stato osservato che «secondo il quadro delineato dalla legge, finché non è stata emessa una sentenza di divorzio, il coniuge economicamente più debole è tutelato dall'esistenza del rapporto di coniugio, che si protrae durante il periodo di separazione e comporta relativi diritti in tema di riconoscimento della pensione di reversibilità e dell'indennità di fine rapporto . Quando la sentenza viene emessa, la tutela, non più garantita dallo stato di coniugio, viene assicurata dalle norme divorzili, che equiparano coniuge ed ex coniuge ai fini della reversibilità e garantiscono una quota dell'indennità di fine rapporto». Con ordinanza numero 25 del 28.1.2022 la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile, per insufficiente motivazione in ordine alla rilevanza, la questione di legittimità costituzionale degli articolo 9, comma 2, e 12- bis , comma 1, l. 1.12.1970 numero 898 e 5 l. 28.12.2005 numero 263 , dichiarando inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli articoli sopraindicati, nella parte in cui non prevedono, ai fini della corresponsione della pensione di reversibilità e di una quota dell'indennità di fine rapporto, che il requisito della titolarità dell'assegno divorzile, in caso di morte dell'obbligato intervenuta successivamente a una sentenza parziale di divorzio, ma prima della definitiva determinazione dell'assegno, sussista anche in presenza di provvedimenti provvisori che riconoscano provvidenze economiche all'ex coniuge. La pensione di reversibilità e l'assegno divorzile la normativa. Ai sensi dell' articolo 9, comma 2, della legge numero 898 del 1970 , il diritto alla pensione di reversibilità scaturisce , insieme con altri presupposti, dalla titolarità del diritto all'assegno di divorzio . Alla luce della natura assistenziale – compensativa -perequativa dell'assegno, anche il diritto alla pensione di reversibilità rispecchia una funzione solidaristica e sottende, al contempo, istanze perequativo-compensative.  Del pari, ai sensi dell'articolo 12- bis , comma 1, della legge numero 898 del 1970, la pretesa di una quota dell'indennità di fine rapporto dipende, fra l'altro, dalla titolarità dell'assegno di cui all' articolo 5 della legge numero 898 del 1970 . Si richiede, pertanto, una pronuncia di merito, escludendo il mero accertamento incidenter tantum . Ma cosa accade se l'ex coniuge muore in pendenza del giudizio che deve ancora definire il diritto all'assegno di divorzio? Senza la prosecuzione del processo, che serve a far valere il diritto alle prestazioni inerenti all'assegno di divorzio, resterebbe la sola sentenza parziale di divorzio, passata in giudicato, che, per un verso, scioglie il vincolo matrimoniale, non offrendo le garanzie che spetterebbero all'ex coniuge in conseguenza del divorzio, e, per un altro verso, essendo la modificazione dello status correlata al divorzio antecedente alla morte, priva l'ex coniuge delle tutele che, viceversa, avrebbe se lo scioglimento fosse stato causato dal decesso. In merito alla prosecuzione del processo di divorzio, le Sezioni Unite hanno risolto il contrasto giurisprudenziale affermando che in tema di divorzio, nel caso di passaggio in giudicato della pronuncia parziale sullo status , con prosecuzione del giudizio al fine dell'attribuzione dell'assegno divorzile, il venir meno dell'ex coniuge nei confronti del quale la domanda era stata proposta nel corso del medesimo non ne comporta la declaratoria di improseguibilità, ma il giudizio può proseguire nei confronti degli eredi , per giungere all'accertamento della debenza dell'assegno dovuto sino al momento del decesso. Sez. U, numero 20494 del 24.6.2022 . Sentenza passata in giudicato o accertamento incidentale. Nel caso di specie, al momento di verificare la sussistenza del diritto della donna alla pensione di reversibilità non vi era alcuna pronuncia che accertasse il diritto della stessa all'assegno divorzile poiché la sentenza della Corte d'Appello che lo aveva riconosciuto era già stata cassata dalla Corte di Cassazione. I criteri per la determinazione dell'assegno divorzile. Secondo la ricorrente, la Corte aveva omesso di valutare, incidenter tantum , il riconoscimento del diritto all'assegno divorzile attraverso l'esame di tutti i criteri di cui alla prima parte dell' articolo 5, comma 6, della legge numero 898/1970 . Per i giudici di legittimità, il motivo è fondato alla luce della ormai consolidata giurisprudenza in materia secondo le Sezioni Unite, all'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge deve attribuirsi , oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa , che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate. Non conta dunque il tenore di vita goduto durante il matrimonio ma il ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi, tenuto conto matrimonio. A tali principi non si è attenuta la Corte partenopea la Suprema Corte, pertanto, cassa la decisione sul punto, con il conseguente rinvio alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione.

Presidente Genovese - Relatore Scotti Fatti di causa 1. Il Tribunale di Napoli Nord con sentenza del 22.5.2017 aveva dichiarato, in contraddittorio con S.M.T., coniuge superstite, il diritto di C.C.G., quale coniuge divorziata di O.A., deceduto il Omissis , e titolare dell'assegno divorzile, a percepire una quota del 13% della pensione di reversibilità del defunto e aveva rigettato le domande proposte in via riconvenzionale dall'INPS, compensando per intero le spese di lite. 2. Con la sentenza impugnata del 28.5.2018 la Corte di appello di Napoli ha accolto l'appello proposto da S.M.T. coniuge superstite avverso la predetta sentenza e ha così rigettato la domanda proposta da C.C.G. coniuge divorziata di riconoscimento di una quota di pensione di reversibilità la Corte di appello ha altresì dichiarato l'irripetibilità delle somme già percepite dalla sig.ra C. in forza della sentenza di primo grado in ragione della natura alimentare dei crediti in questione. 3. La Corte di appello di Napoli ha rilevato che la sentenza della Corte di appello che, in altro giudizio, aveva riconosciuto un assegno divorzile in favore della C. non era passata in giudicato, perché era stata cassata dalla Corte di Cassazione e ha ritenuto che, in assenza di una sentenza che si fosse pronunciata sull'esistenza del diritto all'assegno divorzile, le spettasse affermare se tale diritto sussistesse o meno al momento del divorzio e, quindi, se spettasse alla C. una quota della pensione di reversibilità. I giudici di secondo grado hanno, quindi, stabilito che, in applicazione del principio secondo cui l'assegno divorzile assolve ad una mera funzione assistenziale, come effetto ultrattivo della solidarietà che unisce i coniugi, alla sig.ra C. non competeva alcun assegno divorzile, poiché ella non era priva di mezzi di sostentamento in quanto pensionata quale ex insegnante della scuola primaria e che, di conseguenza, non le spettava neppure una quota della pensione di reversibilità. 4. C.C.G. ha proposto ricorso per cassazione, con atto affidato a due motivi. 4.1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta, in relazione all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 3, la violazione e falsa applicazione della L. numero 898 del 1970, articolo 9, comma 3, e della L. numero 263 del 2005 , articolo 5, comma 1. Secondo la ricorrente, la Corte d'appello aveva erroneamente applicato la normativa vigente, che non prevede che, ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità dell'ex coniuge defunto, il riconoscimento giudiziale del diritto all'assegno divorzile debba essere conseguito con sentenza passata in giudicato, essendo volontà del legislatore che il diritto all'assegno divorzile sia solo giudizialmente accertato. 4.2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta, in relazione all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, nnumero 3 e 5, la violazione e falsa applicazione della L. numero 898 del 1970, articolo 5, comma 6 e articolo 9, comma 3. La ricorrente rimprovera alla Corte d'appello di aver ignorato i criteri previsti dall'articolo 5 citato, che avevano condotto a suo tempo la stessa Corte a concedere l'assegno divorzile in favore della ricorrente e di aver omesso di valutare, incidenter tantum, la spettanza alla C. dell'assegno divorzile attraverso l'esame di tutti i criteri di cui alla prima parte della L. numero 898 del 1970, articolo 5, comma 6. 4 .3. S.M.T. ha depositato controricorso, chiedendo la declaratoria di inammissibilità o il rigetto del ricorso. 4.4. L'I.N.P.S. ha depositato controricorso e ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo, con il quale deduce la violazione dell' articolo 2033 c.c. , in relazione all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 3, e reputa non condivisibile la decisione della Corte d'appello che ha affermato la natura irripetibile delle somme corrisposte alla C. per un ammontare di Euro 24.224,70 versata in unica soluzione nel luglio 2017 per arretrati, oltre la rata di agosto 2017 , attesa la natura alimentare dei crediti de quibus. 4.5. La ricorrente ha depositato memoria. La Corte ha disposto il rinvio a nuovo ruolo della trattazione del ricorso in attesa della decisione della Corte Costituzionale sulla questione di legittimità costituzionale della L. 1 dicembre 1970, numero 898, articolo 9 e 12 bis e della L. 28 dicembre 2005, numero 263 , articolo 5 sollevata dalla Corte di appello di Salerno con ordinanza del 20.10.2020 numero 44. Dopo la pronuncia della Corte Costituzionale è stata fissata adunanza al 23.1.2023. La ricorrente ha depositato ulteriore memoria eccependo l'inammissibilità del ricorso incidentale dell'INPS in quanto non notificato all'indirizzo di posta elettronica certificata indicato nell'epigrafe del ricorso. Ragioni della decisione 5. Con ordinanza del 20.10.2020 la Corte di appello di Salerno ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata, la questione di legittimità costituzionale della L. 1 dicembre 1970, numero 898, articolo 9 e 12 bis e della L. 28 dicembre 2005, numero 263 , articolo 5 nella parte in cui non prevedono che il requisito della titolarità dell'assegno sussista anche in caso di morte dell'obbligato, intervenuta, in presenza di una sentenza parziale di divorzio sullo status, prima della definitiva determinazione dell'assegno già riconosciuto in sede di provvedimenti provvisori presidenziali. In particolare, è stato osservato che Secondo il quadro delineato dalla legge, finché non è stata emessa una sentenza di divorzio, il coniuge economicamente più debole è tutelato dall'esistenza del rapporto di coniugio, che si protrae durante il periodo di separazione e comporta relativi diritti in tema di riconoscimento della pensione di reversibilità e dell'indennità di fine rapporto. Quando la sentenza viene emessa, la tutela, non più garantita dallo stato di coniugio, viene assicurata dalle norme divorzili, che equiparano coniuge ed ex coniuge ai fini della reversibilità e garantiscono una quota dell'indennità di fine rapporto. All'interno di tale sistema, la cui ratio, come si è detto, è la tutela di diritti fondamentali di soggetti deboli, vi è un vulnus, verosimilmente non considerato dal legislatore, anche in ragione del fatto che sono successivamente intervenute modifiche in tema di sentenza non definitiva di divorzio, che riguarda la posizione di chi non è più coniuge, perché divorziato, ma non ha ancora visti regolamentati i suoi diritti definitivi in tema di assegno divorzile. Vi e', per la figura indicata, una disparità di trattamento sia con chi abbia già ottenuto un divorzio, sia con chi non lo abbia ottenuto. Vi è altresì disparità, tra chi abbia ottenuto una sentenza non passata in giudicato e, quindi, suscettibile di essere travolta e chi abbia ottenuto un mero provvedimento presidenziale, disparità quest'ultima processualmente giustificabile con la differenza tra provvedimento provvisorio e sentenza, ma possibile fonte di ingiustizie sostanziali . La Corte di Salerno ha, quindi, dubitato che la L. numero 898 del 1970, articolo 9, comma 2, come interpretato alla luce della L. numero 263 del 2005, articolo 5 si ponesse in contrasto con l' articolo 2 Cost. nella misura in cui subordina la funzione solidaristica della pensione alla sussistenza di presupposti meramente formali e con l' articolo 3 Cost. , comma 2, in quanto preclude irragionevolmente al destinatario di un assegno divorzile provvisorio l'accesso alla tutela pensionistica ex articolo 9, comma 2, sebbene anch'egli sia beneficiario di una forma di contribuzione economica al pari dell'ex coniuge, cui l'assegno sia stato riconosciuto con sentenza. 6. Con ordinanza numero 25 del 28.1.2022 la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile, per insufficiente motivazione in ordine alla rilevanza, la questione di legittimità costituzionale della L. 1 dicembre 1970, numero 898, articolo 9, comma 2, e articolo 12-bis, comma 1, e L. 28 dicembre 2005, numero 263 , articolo 5 nella parte in cui non prevedono, ai fini della corresponsione della pensione di reversibilità e di una quota dell'indennità di fine rapporto, che il requisito della titolarità dell'assegno divorzile, in caso di morte dell'obbligato intervenuta successivamente a una sentenza parziale di divorzio, ma prima della definitiva determinazione dell'assegno, sussista anche in presenza di provvedimenti provvisori presidenziali che riconoscano provvidenze economiche all'ex coniuge, in riferimento agli articolo 2 e 3 Cost. . La Consulta inoltre ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli articoli sopraindicati, nella parte in cui non prevedono, ai fini della corresponsione della pensione di reversibilità e di una quota dell'indennità di fine rapporto, che il requisito della titolarità dell'assegno divorzile, in caso di morte dell'obbligato intervenuta successivamente a una sentenza parziale di divorzio, ma prima della definitiva determinazione dell'assegno, sussista anche in presenza di provvedimenti provvisori presidenziali che riconoscano provvidenze economiche all'ex coniuge. 7. La Corte Costituzionale ha così riassunto il quadro normativo e motivato la propria decisione secondo la L. numero 898 del 1970, articolo 9, comma 2, come modificato dalla L. 6 marzo 1987, numero 74, articolo 13 recante Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio , il diritto alla pensione di reversibilità scaturisce, insieme con altri presupposti, dalla titolarità del diritto all'assegno di divorzio quest'ultimo, a sua volta, è giustificato da ragioni assistenziali e compensativo-perequative, che coniugano, nei rapporti orizzontali, la solidarietà con l'esigenza di riequilibrare gli effetti delle scelte condivise nello svolgimento della vita coniugale. In virtù di tale presupposto, anche il diritto alla pensione di reversibilità rispecchia una funzione solidaristica e sottende, al contempo, istanze perequativo-compensative analogamente, ai sensi della L. numero 898 del 1970, articolo 12-bis , comma 1, introdotto con la L. numero 74 del 1987, articolo 16 , la pretesa di una quota dell'indennità di fine rapporto dipende, fra l'altro, dalla titolarità dell'assegno di cui alla L. numero 898 del 1970, articolo 5 ed è giustificata dalla prevalente funzione perequativo-compensativa i diritti alla pensione di reversibilità e a una quota di indennità di fine rapporto svolgono, in sostanza, funzioni che, nei rapporti orizzontali tra ex coniugi, riflettono istanze di rilievo costituzionale, che attengono alla solidarietà e all'effettività del principio di eguaglianza tali diritti, pur traendo giustificazione e origine dai rapporti fra gli ex coniugi, producono effetti che si riverberano anche nei confronti di terzi al fine di evitare che, nell'ambito di processi relativi a pretese previdenziali, coinvolgenti gli enti obbligati a tali prestazioni, possano porsi, tramite accertamenti incidenter tantum, questioni inerenti alla spettanza in astratto del diritto all'assegno di divorzio, la L. numero 263 del 2005, articolo 5 disposizione di interpretazione autentica, ha previsto che per titolarità dell'assegno deve intendersi l'avvenuto riconoscimento dell'assegno medesimo da parte del tribunale ai sensi della L. numero 898 del 1970, articolo 5 l'esclusione dell'accertamento incidenter tantum si è posta in linea di continuità con la scelta effettuata dalla L. numero 74 del 1987 di rendere automatico il riconoscimento del diritto di cui alla L. numero 898 del 1970, articolo 9, comma 2, nonché di aggiungere la previsione di cui all'articolo 12-bis poiché la novella del 1987 ha, infatti, disegnato con l'articolo 9, comma 2, un nuovo istituto , che il legislatore ha prescelto allo scopo di eliminare le occasioni di litigiosità di cui la norma abrogata si era dimostrata gravida sentenza numero 777 del 1988 escluso, dunque, dal legislatore l'accertamento incidenter tantum, si pone il problema delle ipotesi in cui l'ex coniuge muoia in pendenza del giudizio che deve ancora definire il diritto all'assegno di divorzio in tali casi, la prosecuzione del processo serve a far valere il diritto alle prestazioni inerenti all'assegno di divorzio, che sono in concreto maturate dall'ex coniuge sopravvissuto nei confronti dell'altro ex coniuge, nel periodo che intercorre fra la sentenza parziale di divorzio e la morte di quest'ultimo, prestazioni patrimoniali trasmissibili iure hereditario al contempo, l'accertamento del diritto all'assegno, nell'ambito di un giudizio in via principale e a cognizione piena, consente, facendo applicazione dei criteri fissati dalla L. numero 898 del 1970, articolo 5 di dare fondamento ai diritti alla pensione di reversibilità e a una quota dell'indennità di fine rapporto senza la prosecuzione del processo, resterebbe la sola sentenza parziale di divorzio, passata in giudicato, che, per un verso, scioglie il vincolo matrimoniale, non offrendo le garanzie che spetterebbero all'ex coniuge in conseguenza del divorzio, e, per un altro verso, essendo la modificazione dello status correlata al divorzio antecedente alla morte, priva l'ex coniuge delle tutele che, viceversa, avrebbe se lo scioglimento fosse stato causato dal decesso in merito alla prosecuzione del processo di divorzio, nelle ipotesi sopra richiamate, si registra un contrasto nella giurisprudenza della Corte di Cassazione secondo una prima ricostruzione, il procedimento di divorzio deve poter proseguire, permanendo l'interesse dell'altra parte alla pronuncia così Sez.6, 24.7.2014, numero 16951 Sez.6, 11.4.2013, numero 8874 Sez.1, 3.8.2007, numero 17041 secondo una diversa impostazione, la morte di una delle parti del processo determinerebbe la cessazione della materia del contendere in ordine alle domande accessorie ancora sub iudice, anche ove avvenisse dopo l'eventuale sentenza parziale di scioglimento per divorzio dello status coniugale, a nulla rilevando il suo passaggio in giudicato in questo senso Sez.1, 20.2.2018, numero 4092 Sez.6, 8.11.2017, numero 26489 Sez.1, 26.7.2013, numero 18130 da ultimo, i divergenti indirizzi giurisprudenziali hanno indotto la prima sezione della Corte di cassazione, con l'ordinanza interlocutoria 29.10.2021, numero 30750, a inviare gli atti al primo presidente perché valuti l'opportunità di rimettere l'esame della questione alle Sezioni unite civili. In particolare, l'ordinanza richiama l'attenzione sul contrasto giurisprudenziale relativo alle sorti del giudizio di separazione o divorzio quando intervenga, nel corso del loro svolgimento come nel caso in esame , la morte di una parte e se, dunque, un evento simile determini la cessazione della materia del contendere, sia con riferimento al rapporto di coniugio, sia a tutti i profili economici connessi e, per quel che rileva in questa sede, in presenza del passaggio in giudicato della sentenza non definitiva che ha pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, riguardo alla determinazione della quota della pensione di reversibilità in astratto spettante al coniuge divorziato e al coniuge superstite dalla soluzione del citato contrasto interpretativo dipendono tutele sostanziali, che - come sopra evidenziato - riflettono, nei rapporti orizzontali fra ex coniugi, istanze di rango costituzionale il rimettente, a fronte della richiesta applicazione di norme che presuppongono l'avvenuto accertamento del diritto all'assegno di divorzio, afferma lapidariamente che l'accertamento giudiziale di tale diritto non poteva compiersi dopo il decesso dell'obbligato, vigendo il principio della cessazione della materia del contendere con riferimento al rapporto di coniugio ed a tutti i profili economici connessi per converso, il quadro normativo e giurisprudenziale, sopra riportato, dimostra che non sussiste - e non sussisteva neppure prima dell'ordinanza interlocutoria numero 30750 del 2021 - il citato principio, bensì un contrasto interpretativo, di cui il rimettente avrebbe dovuto dare conto. 8. Nel frattempo le Sezioni Unite hanno risolto il contrasto a cui aveva fatto riferimento la Consulta, affermando che in tema di divorzio, nel caso di passaggio in giudicato della pronuncia parziale sullo status, con prosecuzione del giudizio al fine dell'attribuzione dell'assegno divorzile, il venir meno dell'ex coniuge nei confronti del quale la domanda era stata proposta nel corso del medesimo non ne comporta la declaratoria di improseguibilità, ma il giudizio può proseguire nei confronti degli eredi, per giungere all'accertamento della debenza dell'assegno dovuto sino al momento del decesso. Sez. U, numero 20494 del 24.6.2022 . 9. Prima di procedere all'esame dei motivi di ricorso è opportuno puntualizzare con nitida chiarezza la scansione temporale delle vicende processuali. E cioè - la sig.ra C. aveva contratto matrimonio con O.A. il Omissis e se ne era separata il Omissis - il ricorso per divorzio era stato proposto da O.A. il Omissis - il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con sentenza parziale del 3.3.2011 aveva dichiarato sciolto il matrimonio - la causa era proseguita per le sole questioni patrimoniali, che riguardavano la richiesta da parte della sig.ra C. di una quota del TFR dell'ex marito e la corresponsione dell'assegno divorzile - il Tribunale ha rigettato le domande della sig.ra C. - l' O. si è risposato con la sig.ra S. - pendente il giudizio di appello proposto dalla sig.ra C., il Omissis l' O. è deceduto - con sentenza del 4.2.2016 la Corte di appello di Napoli ha accolto parzialmente il gravame e ha riconosciuto alla sig.ra C. un assegno divorzile di Euro 1.000,00 mensili dalla data della domanda sino alla morte dell'ex coniuge a carico degli eredi - proposto ricorso per cassazione da parte degli eredi O., con ordinanza numero 26489 dell'8.11.2017 questa Corte ha cassato la sentenza impugnata e ha dichiarato cessata la materia del contendere - la Cassazione ha osservato al proposito i ricorrenti hanno denunciato, con i primi tre motivi, violazione di norme di diritto e vizi motivazionali in ordine all'an e, nei restanti motivi, in ordine al quantum debeatur dell'assegno divorzile. L'esame dei suddetti motivi è tuttavia precluso dal rilievo pregiudiziale del decesso di O. nel corso del giudizio di appello. Trova infatti applicazione la condivisibile giurisprudenza secondo la quale la morte di uno dei coniugi, sopravvenuta in pendenza del giudizio di separazione personale o di divorzio, anche nella fase di legittimità, comporta la declaratoria di cessazione della materia del contendere, con riferimento al rapporto di coniugio ed a tutti i profili economici connessi l'evento della morte ha l'effetto di travolgere ogni pronuncia in precedenza emessa e non ancora passata in giudicato . - nel frattempo con ricorso del 13.5.2016 la sig.ra C. aveva chiesto al Tribunale di Napoli Nord il riconoscimento di una quota della pensione di reversibilità dell'ex marito - tale diritto veniva riconosciuto dal Giudice di primo grado con sentenza del 22.5.2017 - la sentenza di primo grado è stata riformata dalla sentenza qui impugnata del 28.5.2018 della Corte di appello di Napoli. 10. La Corte territoriale è pervenuta a questo approdo attraverso tre passaggi logici. In primo luogo, l'accertamento della spettanza dell'assegno divorzile, presupposto del riconoscimento del diritto alla percezione di una quota della pensione di reversibilità del de cuius non poteva essere basato sulla sentenza del 4.2.2016 nel giudizio divorzile che non era passata in giudicato ed era stata cassata dalla Suprema Corte. In secondo luogo, non era però necessario che tale accertamento fosse compiuto con sentenza passata in giudicato, sicché in assenza di una sentenza sulla spettanza dell'assegno divorzile era necessario statuire sul punto accertando se al momento del divorzio il diritto spettava o meno alla sig.ra C In terzo luogo, tale diritto non sussisteva perché l'assegno divorzile ha una finalità meramente assistenziale e la sig.ra C., pensionata ed ex insegnante, non era priva di mezzi di sostentamento. 11. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. numero 898 del 1970, articolo 9, comma 3, e della L. numero 263 del 2005 , articolo 5, comma 1, e in particolare rimprovera alla Corte d'appello di aver erroneamente applicato la normativa vigente, che non prevede che, ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità dell'ex coniuge defunto, il riconoscimento giudiziale del diritto all'assegno divorzile debba essere conseguito con sentenza passata in giudicato, essendo volontà del legislatore che il diritto all'assegno divorzile sia solo giudizialmente accertato. 11.1. Il motivo è infondato. La L. 1 dicembre 1970, numero 898, articolo 9, al comma 2 dispone che in caso di morte dell'ex coniuge e in assenza di un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, il coniuge rispetto al quale è stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio abbia diritto, se non passato a nuove nozze e sempre che sia titolare di assegno ai sensi dell'articolo 5, alla pensione di reversibilità, sempre che il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza. Il comma 3 aggiunge che qualora esista un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, una quota della pensione e degli altri assegni a questi spettanti è attribuita dal tribunale, tenendo conto della durata del rapporto, al coniuge rispetto al quale è stata pronunciata la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e che sia titolare dell'assegno di cui all'articolo 5. A norma della legge di interpretazione autentica 28 dicembre 2005, numero 263, articolo 5 per titolarità dell'assegno ai sensi dell'articolo 5 deve intendersi l'avvenuto riconoscimento dell'assegno medesimo da parte del tribunale ai sensi della L. numero 898 del 1970, articolo 5 . Ben vero, quindi non è necessaria una pronuncia passata in giudicato ed è sufficiente una pronuncia giudiziale Sez. 1, numero 4107 del 20.2.2018, Rv. 647625 - 01 Sez.1, numero 24041 del 26.9.2019 come correttamente argomenta la ricorrente a contrario con riferimento alla disposizione dell' articolo 548 c.c. che esclude il coniuge separato dai diritti successori solo se la sentenza che gli addebita la separazione è passata in cosa giudicata. 11.2. In questo caso, però, non v'era neppure quella, poiché, anche prescindendo dal fatto che il Tribunale aveva respinto la domanda dovendosi superare una lettura pedissequamente letterale della L. numero 263 del 2005, articolo 5 che si riferisce testualmente al solo giudice di primo grado , la sentenza di appello della Corte partenopea del 4.2.2016 che aveva riconosciuto il diritto all'assegno divorzile alla sig.ra C. era già stata cassata dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza numero 26489 del 2017 . Non vi era quindi in alcun momento alcuna pronuncia che accertasse il diritto della signora C. all'assegno divorzile. 11.3. Non rileva in senso contrario che la predetta decisione numero 26489/2017 di questa Corte non sia allineata ai principi successivamente coniati dalle Sezioni Unite con la sentenza numero 20495 del 24.6.2022, secondo la quale in tema di divorzio, la morte dell'ex coniuge ricorrente nel corso del procedimento per la revisione dell'assegno divorzile, ai sensi della L. numero 898 del 1970, articolo 9, comma 1, non comporta la dichiarazione di improseguibilità dello stesso, ma gli eredi subentrano nella posizione del coniuge richiedente la revisione, al fine dell'accertamento della non debenza dell'assegno a decorrere dalla domanda sino al decesso, nonché nell'azione di ripetizione dell'indebito, articolo 2033 c.c. , per la restituzione delle somme non dovute. La decisione è infatti passata in giudicato formale. E' pur vero che la pronuncia di cessazione della materia del contendere costituisce, in seno al rito contenzioso ordinario, una fattispecie di estinzione del processo, creata dalla prassi giurisprudenziale, contenuta in una sentenza dichiarativa della impossibilità di procedere alla definizione del giudizio per il venir meno dell'interesse delle parti alla naturale conclusione del giudizio stesso tutte le volte in cui non risulti possibile una declaratoria di rinuncia agli atti o di rinuncia alla pretesa sostanziale. Alla emanazione di una sentenza di cessazione della materia del contendere, pertanto, consegue, da un canto, la caducazione di tutte le pronunce emanate nei precedenti gradi di giudizio e non passati in cosa giudicata, dall'altro, la sua assoluta inidoneità ad acquistare efficacia di giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere, limitandosi tale efficacia di giudicato al solo aspetto del venir meno dell'interesse alla prosecuzione del giudizio con l'ulteriore conseguenza che il giudicato può dirsi formato solo su tale circostanza, ove la relativa pronuncia non sia impugnata con i mezzi propri del grado in cui risulta emessa . Sez. U, numero 1048 del 28.9.2000 Sez. 1, numero 4714 del 3.3.2006 Sez. 3, numero 12887 del 4.6.2009 . E tuttavia ciò che rileva è l'inesistenza di una pronuncia di accertamento del diritto all'assegno, che consegue al giudicato formale di Cass. 26489/2017 , e non già l'accertamento in negativo dell'inesistenza del diritto. 11.4. La Corte non può condividere neppure l'argomentazione della ricorrente che dà rilievo al fatto che al momento della proposizione della domanda l'accertamento operato dalla sentenza 4.2.2016 della Corte napoletana ancora non era stato eliminato, dovendosi, ovviamente, verificare la situazione con riferimento al momento della decisione. Secondo questa tesi il presupposto necessario ai fini dell'applicazione della L. numero 898 del 1970, articolo 9 sarebbe stato financo insensibile alla decisione della Cassazione che avesse cassato la sentenza 4.2.2016 per ragioni diverse dalla cessazione della materia del contendere, poniamo per una accertata violazione di legge. La ricorrente cerca di trar conforto nelle proprie argomentazioni dalla pronuncia di questa Corte, Sez. 1, numero 27875 del 12.10.2021, che peraltro riguardava la diversa ipotesi di un assegno divorzile fissato giudizialmente e mai revocato, ma in concreto di fatto non corrisposto. 12. Il secondo passaggio logico seguito dalla Corte di appello cfr supra, p. 10 secondo cui non era necessario che l'accertamento del diritto all'assegno fosse compiuto con sentenza passata in giudicato, e che in assenza di una sentenza sulla spettanza dell'assegno divorzile era necessario statuire sul punto, accertando se al momento del divorzio il diritto spettava o meno alla sig.ra C., non è stato oggetto di impugnazione, che sul punto competeva alla controricorrente. E del resto tale affermazione della Corte non si pone in distonia con il recente dictum delle Sezioni Unite sopra ricordato, che ammette che si controverta fra ex coniuge ed eredi del coniuge defunto della spettanza dell'assegno divorzile fino alla morte del preteso obbligato. 13. Occorre quindi esaminare il secondo motivo diretto contro il terzo passaggio logico della sentenza impugnata, secondo il quale il diritto della sig.ra C. all'assegno divorzile non sussisteva perché l'assegno divorzile ha una finalità meramente assistenziale e la sig.ra C., pensionata ed ex insegnante, non era priva di mezzi di sostentamento. Al riguardo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della L. numero 898 del 1970, articolo 5, comma 6, e della L. numero 898 del 1970, articolo 9, comma 3, e rimprovera alla Corte d'appello di aver ignorato i criteri previsti dall'articolo 5 citato, che avevano condotto la stessa Corte a concedere l'assegno divorzile in favore della ricorrente e di aver omesso di valutare, incidenter tantum, la spettanza alla C. dell'assegno divorzile attraverso l'esame di tutti i criteri di cui alla prima parte della L. numero 898 del 1970, articolo 5, comma 6. 14. Il motivo è fondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte nella sua più autorevole espressione che ha definitivamente chiarito i presupposti per l'attribuzione dell'assegno divorzile superando l'arresto numero 11504 del 10.5.2017 a cui si è conformata la Corte napoletana. Secondo le Sezioni Unite, all'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch'essa assegnata dal legislatore all'assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endo-coniugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi il riconoscimento dell'assegno di divorzio in favore dell'ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. numero 898 del 1970, articolo 5, comma 6, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante, e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell'assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto Sez. U, numero 18287 del 11.7.2018 . A tali principi non si è attenuta la Corte partenopea e la decisione va quindi cassata sul punto, con il conseguente rinvio alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità. 15. Il ricorso incidentale dell'INPS, che presuppone l'inesistenza del diritto della ricorrente principale, resta ovviamente assorbito. In ogni caso il ricorso era stato notificato il 5-11.12.2018 a mezzo posta alla sig.ra C. presso l'avv. C.C. in via Omissis , e quindi del tutto ritualmente e non già presso la cancelleria della Corte di Cassazione come ipotizza la ricorrente in memoria 20.12.2022, dichiarandosene all'oscuro sino all'emissione dell'ordinanza interlocutoria. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso principale, rigettato il primo e assorbito il ricorso incidentale dell'INPS, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.