La Suprema Corte ha annullato la sentenza di condanna per insolvenza fraudolenta delle due imputate non avendo ritenuto provato l’elemento soggettivo del preordinato proposito di non adempiere. Proporre un piano di rientro dai debiti ha fatto ritenere che le stesse avessero assunto le obbligazioni contrattuali nella convinzione di poter superare un’insolvenza transitoria ed eseguire le prestazioni dovute.
Pronunciandosi sul ricorso di due donne, imputate per aver concorso nel reato di insolvenza fraudolenta continuata e aggravata dalla rilevante entità del danno patrimoniale, la Cassazione ha recentemente offerto un'utile disamina degli elementi costitutivi del reato, evidenziando altresì il confine dello stesso dal mero inadempimento contrattuale e dalla fattispecie delittuosa di truffa. Alle donne veniva attribuito di aver, nella loro qualità di socie, stipulato un contratto di fornitura con un'altra società, dissimulando il proprio stato di insolvenza e contraendo obbligazioni con il proposito di non adempierle. Gli elementi costitutivi del reato di insolvenza fraudolenta, specificamente la simulazione dello stato di insolvenza e il preordinato proposito di non adempiere alle obbligazioni contrattuali, non venivano ritenuti sussistenti dalle imputate, che se ne lamentavano con l'unico motivo di impugnazione. La Suprema Corte, ha ritenuto fondato il ricorso e ha ricordato che il tacere dell'insolvenza e il presupposto della preordinazione costituiscono il confine tra il reato contestato alle protagoniste della vicenda e il mero inadempimento contrattuale Cass. penumero , sez. II, 22 maggio 2009, numero 39890 . Nella medesima pronuncia, ricorda la Cassazione nella sentenza in commento, è stato poi chiarito che «la prova della preordinazione può essere desunta anche da argomenti induttivi seri e univoci, ricavabili dal contesto dell'azione, nell'ambito del quale anche il silenzio può acquistare rilievo come forma di preordinata dissimulazione dello stato di insolvenza, quando fin dal momento della stipula del contratto sia già maturo, nel soggetto, l'intento di non far fronte agli obblighi conseguenti». «Quanto alla prova del preordinato proposito di non adempiere alla prestazione dovuta sin dalla stipula del contratto, dissimulando lo stato di insolvenza, essa può essere desunta anche da argomenti induttivi seri e univoci, ricavabili dal contesto dell'azione e dal comportamento successivo all'assunzione dell'obbligazione» Cass. penumero , sez. II, 21 gennaio 2015, numero 6847 . Quanto al rapporto tra i reati di insolvenza fraudolenta e truffa, quest'ultimo si distingue dal primo perché in esso «la frode è attuata mediante la simulazione di circostanze e di condizioni non vere, artificiosamente create per indurre altri in errore, mentre nell'insolvenza fraudolenta la frode è attuata con la dissimulazione del reale stato di insolvenza dell'agente» da ultima, Cass. penumero , sez. V, 21 ottobre 2021, numero 44659 . Ampia disamina delle distinzioni tra i due delitti è stata offerta dalla Cass. civ., sez. II, 4 luglio 2017, numero 32055 richiamando le Cass. penumero , sez. Unite, 9 luglio 1997, numero 7738. Nel caso in esame, la Cassazione ha ritenuto mancassero elementi univoci idonei a ritener provato al di là di ogni ragionevole dubbio che le imputate avessero agito con la predeterminazione di non adempiere alle obbligazioni assunte sin dal momento della conclusione dei contratti di fornitura la circostanza emersa che solo le forniture iniziali venissero pagate regolarmente è stata ritenuta contrastante col fatto che le controparti contrattuali ignorassero le difficoltà economiche in cui le ricorrenti versavano e non appare pertanto che le stesse le avessero dissimulate. Inoltre, la proposizione di un piano di rientro che le imputate volevano concordare è stato ritenuto segno che le stesse fossero convinte di poter superare l'insolvenza transitoria e dunque eseguire le prestazioni dovute. Tutto ciò ha portato la Suprema Corte a non ritenere sussistente l'elemento soggettivo del reato del preordinato proposito di non adempiere. Il ricorso viene accolto, la sentenza annullata senza rinvio perché il fatto non costituisce reato.
Presidente Beltrani – Relatore Nicastro Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 20/04/2021, la Corte d'appello di Catania, in parziale riforma della sentenza del 16/03/2017 del Tribunale di Catania, dichiarava non doversi procedere nei confronti di S.S.M. per il reato di insolvenza fraudolenta continuata e aggravata dall'avere cagionato alla persona offesa un danno patrimoniale di rilevante gravità , per essere lo stesso reato estinto per prescrizione, mentre confermava la condanna di C.A. e di S.C. per il medesimo reato. Secondo il capo d'imputazione, lo stesso era stato contestato alle due imputate, in concorso anche con S.S.M. , perché, in concorso tra loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso ed in tempi diversi, S.S.M. quale amministratore dell'omonima società esercente commercio di carni bovine, C.A. e S.C. quali soci della suddetta società, stipulando con la società ASAG un contratto di fornitura di carni per un importo settimanale di Euro 40.000,00, subentrando in tale rapporto alla società gestita dal S.A. , padre di S.S.M. , dissimulando il proprio stato di insolvenza segnatamente affermando che era cambiata solo la denominazione sociale della ditta ed affermando che la loro società era solida ed in forte crescita , contraevano obbligazioni con la società ASAG col proposito di non adempierle, omettendo pagamenti per importo complessivo di Euro 632.246,51. Con l'aggravante di avere cagionato alla persona offesa un danno patrimoniale di rilevante gravità. In Catania sino al 06.08.2010 . 2. Avverso l'indicata sentenza della Corte d'appello di Catania, hanno proposto ricorsi per cassazione, con un unico atto, C.A. e S.C. , per il tramite del proprio difensore, affidati a un unico motivo. Con tale motivo, le ricorrenti deducono, in relazione all'articolo 606, comma 1, lett. b ed e , c.p.p., l'erronea applicazione dell'articolo 641 c.p., nonché Contraddittorietà intratestuale della motivazione - Vizio di travisamento della prova e di illogicità della motivazione desumibile dal testo del provvedimento impugnato e dagli atti processuali , con riguardo alla motivazione della sentenza impugnata in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di insolvenza fraudolenta della dissimulazione dello stato di insolvenza e del preordinato proposito di non adempiere le obbligazioni contratte. Quanto al primo elemento della dissimulazione dello stato di insolvenza, le ricorrenti rappresentano che, diversamente da quanto affermato dalla Corte d'appello di Catania, I a corretta lettura delle deposizioni testimoniali smentiva che gli imputati - in particolare, S.C. unica imputata sentita in dibattimento - avessero dichiarato di essere a conoscenza che, già nel 2007, quando iniziarono le forniture di carne, S.A. marito di C.A. e padre di S.S.M. e di S.C. era gravato da ingenti debiti e che le due ricorrenti avevano rinunciato all'eredità dello stesso S.A. in ragione di ciò. Quanto al secondo elemento del preordinato proposito di non adempiere le obbligazioni contratte, le ricorrenti rappresentano che le dichiarazioni dei testimoni S.F. amministratrice unica di ASAG s.p.a. e L.A. responsabile delle vendite di ASAG s.p.a. smentivano l'affermazione della Corte d'appello di Catania che soltanto le iniziali forniture venivano pagate regolarmente nei 40 giorni successivi alla emissione della fattura , atteso che i predetti testimoni e, in particolare, S.F. , avevano affermato che per i primi anni S.S.M. aveva pagato le forniture ricevute da ASAG s.p.a. Le ricorrenti rappresentano altresì l'evidente erroneo sillogismo determinato dalla Corte del merito, la quale considera il pagare in ritardo equiparabile al non pagare e, con ulteriore salto logico, alla prova del preordinato intento - al momento di contrarre l'obbligazione - di non adempiere al proprio impegno . Considerato in diritto 1. L'unico motivo è fondato. 2. Preliminarmente, è opportuno rammentare alcuni principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità con riguardo all'elemento materiale e psicologico del reato di insolvenza fraudolenta. La Corte di cassazione ha anzitutto definito la linea di confine tra tale reato e il mero inadempimento contrattuale, statuendo che integra il reato di insolvenza fraudolenta la condotta di chi tiene il creditore all'oscuro del proprio stato di insolvenza al momento di contrarre l'obbligazione, con il preordinato proposito di non adempiere la dovuta prestazione, mentre si configura solo un illecito civile nel mero inadempimento non preceduto da alcuna preordinazione Sez. 2, numero 39890 del 22/05/2009, Cuccinotto, Rv. 245237-01 Sez. 2, numero 34192 del 11/07/2006, Leopaldi, Rv. 234774-01 . In quest'ultima pronuncia, la Corte ha chiarito che la prova della preordinazione può essere desunta anche da argomenti induttivi seri e univoci, ricavabili dal contesto dell'azione, nell'ambito del quale anche il silenzio può acquistare rilievo come forma di preordinata dissimulazione dello stato di insolvenza, quando fin dal momento della stipula del contratto sia già maturo, nel soggetto, l'intento di non far fronte agli obblighi conseguenti. Sempre con riguardo alla rilevanza del silenzio, è stato ribadito che, ai fini della configurabilità del reato di insolvenza fraudolenta, può assumere rilievo anche il silenzio dell'agente, quale forma di dissimulazione del proprio stato di insolvenza, nel caso in cui tale condizione non sia stata manifestata all'altra parte contraente al momento della stipula del contratto, con il preordinato proposito di non adempiere alla prestazione scaturente dal rapporto contrattuale Sez. 2, numero 8893 del 03/02/2017, Ferri, Rv. 269682-01 . Quanto alla prova del preordinato proposito di non adempiere alla prestazione dovuta sin dalla stipula del contratto, dissimulando lo stato di insolvenza, essa può essere desunta anche da argomenti induttivi seri e univoci, ricavabili dal contesto dell'azione e dal comportamento successivo all'assunzione dell'obbligazione Sez. 2, numero 6847 del 21/01/2015, Spalanzino, Rv. 262570-01 . In senso analogo, Sez. 5, numero 30718 del 18/06/2021, Di Gennaro, Rv. 28186801, secondo cui, in tema di insolvenza fraudolenta, la prova della condizione di insolvenza dell'agente, al momento dell'assunzione dell'obbligazione, può essere desunta dal comportamento precedente e successivo all'inadempimento, assumendo rilievo anche il mero silenzio dell'agente, quale forma di dissimulazione del proprio stato. È qui utile rammentare anche l'orientamento della Corte di legittimità relativo al rapporto con il delitto di truffa. In proposito, è stato affermato che il delitto di truffa si distingue da quello di insolvenza fraudolenta perché nella truffa la frode è attuata mediante la simulazione di circostanze e di condizioni non vere, artificiosamente create per indurre altri in errore, mentre nell'insolvenza fraudolenta la frode è attuata con la dissimulazione del reale stato di insolvenza dell'agente Sez. 5, numero 44659 del 21/10/2021, Cavanna, Rv. 282174-01 Sez. 7, numero 16723 del 13/01/2015, Caroli, Rv. 263360-01 Sez. 2, numero 45096 del 11/11/2009, Perfili, Rv. 245695-01 Sez. 2, numero 10792 del 23/01/2001, Delfino, Rv. 218672-01 . La distinzione tra i due reati è ampiamente analizzata da Sez. 2, numero 32055 del 04/07/2017, Arosio, che, richiamando Sez. U, numero 7738 del 09/07/1997, Gueli, ha ribadito che I 'insolvenza fraudolenta si distingue dalla truffa perché la frode non viene attuata mediante i mezzi insidiosi dello artificio o del raggiro ma con un inganno rappresentato dello stato di insolvenza del debitore e della dissimulazione della sua esistenza finalizzato all'inadempimento dell'obbligazione, in violazione di norme comportamentali. Si è evidenziato in dottrina che l'essenza della frode nel reato di cui all'articolo 641 c.p. postula che, al momento della stipulazione, come giudizio di verosimiglianza, il creditore confida nella solvibilità del debitore. Tale convincimento, derivante dalla prassi commerciale o dall'abituale modo di svolgersi di determinati tipi di affari e di convenzioni negoziali tanto più facilmente può formarsi - trovando ingresso al riguardo le massime di esperienza - quanto più modesta sia l'entità economica del negozio. Deve pertanto ritenersi che la dissimulazione attenga ad un convincimento, precostituito, del creditore di solvibilità del debitore riflettente un dato di conoscenza o di costume che lo qualifica come un affidamento ben riposto. La dissimulazione, dunque, è una forma minore di inganno in quanto con esso non si induce il soggetto passivo in errore ma lo si mantiene in tale stato . 3. Tornando al caso in esame, il Collegio reputa che, alla luce delle risultanze processuali, difettino elementi univoci, ricavabili dal contesto delle azioni e dal comportamento delle imputate, anche successivo all'assunzione delle obbligazioni di pagamento delle forniture di carne, che consentano di ritenere provato, al di là di ogni ragionevole dubbio, che le stesse imputate abbiano agito con il preordinato proposito di non adempiere alle predette obbligazioni sin dalla conclusione dei contratti di fornitura, dissimulando lo stato di insolvenza della propria impresa familiare. In vero, già sotto il profilo dell'elemento materiale della dissimulazione dello stato di insolvenza di tale impresa, la circostanza, evidenziata dalla stessa Corte d'appello di Catania, che soltanto le iniziali forniture vennero pagate regolarmente , atteso che, sin da subito, eccetto le prime forniture di carne, i pagamenti avvenivano con ritardo , appare contrastare con il fatto che ASAG s.p.a. e, per essa, l'amministratrice unica S.F. e il responsabile delle vendite L.A. , al momento di concludere i successivi contratti di fornitura di carne, ignorassero le difficoltà economiche in cui versava l'impresa familiare delle due imputate e che, quindi, queste le avessero tenute nascoste, cioè le avessero dissimulate. Quanto all'elemento psicologico, la circostanza, pure evidenziata dalla Corte d'appello di Catania, che le due imputate proposero a ASAG s.p.a. di concordare un piano di rientro dai debiti che si erano progressivamente accumulati induce a ritenere ben possibile che le due imputate abbiano assunto le obbligazioni di pagamento delle forniture di carne nella ragionevole convinzione di potere superare uno stato di insolvenza transitorio e, dunque, di potere eseguire le prestazioni dovute, ciò che induce a escludere la sussistenza di elementi univoci che consentano di ritenere provato l'elemento soggettivo del reato del preordinato proposito di non adempiere le stesse prestazioni. 4. Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di entrambe le imputate perché il fatto non costituisce reato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di entrambe le imputate perché il fatto non costituisce reato.