Sì alla compensazione ex art. 56 l.fall. se nel mandato all'incasso in favore della banca vi è anche il "patto di compensazione"

Il Tribunale aveva condannato un istituto di credito a pagare in favore di una società cliente dello stesso istituto diverse somme per operazioni di incasso effettuate dopo l'ammissione della società alla procedura concordato preventivo. Nello specifico tra società e banca era in essere un contratto di anticipazione su ricevute bancarie regolata in conto corrente. La decisione veniva confermata dalla Corte d'Appello e la banca ricorreva in Cassazione.

In tema di anticipazione su ricevute bancarie regolata in conto corrente , se le relative operazioni sono compiute in epoca antecedente rispetto all'ammissione del correntista ad una procedura concorsuale, è necessario accertare - qualora il correntista successivamente ammesso al concordato preventivo agisca per la restituzione dell'importo delle ricevute incassate dalla banca - se la convenzione relativa all'anticipazione su ricevute regolata in conto corrente contenga una clausola attributiva del diritto di incamerare le somme riscosse in favore della banca c.d. patto di compensazione . Solo in tale ipotesi infatti la banca ha diritto di compensare il suo debito per il versamento al cliente delle somme riscosse con il proprio credito, verso lo stesso cliente, conseguente ad operazioni regolate nel medesimo conto corrente, a nulla rilevando che detto credito sia anteriore alla ammissione alla procedura concorsuale ed il correlativo debito, invece, posteriore. In tale ipotesi infatti non può ritenersi operante il principio della “ cristallizzazione dei crediti ”, con la conseguenza che né l'imprenditore, né gli organi concorsuali hanno diritto a che la banca riversi in loro favore le somme riscosse anziché porle in compensazione con il proprio credito . La Corte d'Appello aveva qualificato la fattispecie come mandato irrevocabile all'incasso e non una cessione di credito. Di conseguenza l'istituto di credito non avrebbe potuto compensare il proprio credito per le anticipazioni effettuate a favore della società cliente anteriori l'ammissione al concordato preventivo , con il proprio debito per le somme riscosse nell'interesse del cliente - in adempimento del mandato all'incasso - poiché successivo all'ammissione al concordato preventivo. Nell'ambito delle procedure concorsuali infatti perché possa operare la compensazione - ai sensi degli articolo 56 e 169 l.fall. - credito e debito devono essere anteriori alla procedura stessa . Inoltre, a differenza della cessione di credito, il mandato all'incasso non determina il trasferimento della titolarità del credito in favore del mandatario, bensì l'obbligo di quest'ultimo di restituire al mandante la somma riscossa. Tale obbligo peraltro non sorge al momento del conferimento del mandato, ma soltanto all'atto della riscossione del credito. Di conseguenza se questa avviene dopo la presentazione di una domanda di ammissione al concordato preventivo, non sussistono i presupposti per la compensazione così Cass. numero 22277/2017 . Tuttavia, osserva la Corte, la giurisprudenza ha riconosciuto l' opponibilità alla procedura concorsuale del cosiddetto “ patto di compensazione ” o anche patto di annotazione ed elisione nel conto di partite di segno opposto eventualmente previsto nel contratto di anticipazione su ricevute bancarie regolate in conto corrente. In tale ipotesi, ove fosse prevista una clausola attributiva del diritto di incamerare le somme riscosse in favore della banca, l'istituto di credito avrebbe certamente la facoltà di compensare il proprio debito per il versamento al cliente-correntista delle somme riscosse con il proprio credito, verso lo stesso cliente, derivante da altre operazioni regolate in conto corrente. In simile fattispecie allora non rileva il fatto che il credito della banca sia anteriore alla procedura concorsuale e il debito sia posteriore per la successiva riscossione delle somme poiché ciò che conta è l'esistenza della clausola di compensazione prevista, per così dire, ab origine nei rapporti tra correntista e istituto di credito. Nel caso in esame la Corte ritiene fondato il ricorso cassando la sentenza della Corte d'Appello. I Giudici di secondo grado avevano correttamente qualificato la fattispecie come mandato all'incasso e non come cessione di credito, ma erano comunque caduti in un “ errore di qualificazione ” del contratto omettendo di considerare una parte delle clausole relative. Nello specifico, secondo i Giudici di legittimità, la facoltà prevista contrattualmente della banca di soddisfarsi di ogni ragione creditoria vantata nei confronti della società cliente, anche non scaduta, con quanto ottenuto dalla riscossione, integrava un vero e proprio patto di compensazione nei termini sopra descritti e ciò consentiva all'istituto di credito di eccepire la compensazione ex articolo 56 l.fall. Sotto altro profilo la Cassazione spiega che non è applicabile al caso in esame l'articolo 169- bis l.fall. sullo scioglimento/sospensione dei contratti “pendenti” o bilateralmente non eseguiti e in forza del quale, secondo le difese della società, la banca non avrebbe potuto effettuare alcun incasso successivamente alla domanda di concordato. In realtà l'articolo 169- bis l.fall. non riguarda la singola operazione di anticipazione bancaria - come quella oggetto del giudizio - poiché la banca con l'erogazione dell'anticipazione ha già compiutamente eseguito la propria prestazione in tal senso Cass. 11524/2020 e Cass. 26568/2020 . Il ricorso viene pertanto accolto con cassazione della sentenza impugnata.

Presidente Valitutti – Relatore Caradonna Rilevato che 1. La Corte di appello di Firenze, con la sentenza impugnata, ha rigettato l'appello proposto dalla Cassa di Risparmio di Firenze s.p.a. avverso l'ordinanza   ex articolo 702 bis c.p.c. , pronunciata dal Tribunale di Arezzo in data 25 agosto 2016, che aveva condannato la Cassa di Risparmio s.p.a. a versare alla Ellemoda, in liquidazione, la somma di Euro 133.276,61, oltre interessi legali dal 2 settembre 2014, al saldo, quanto ad Euro 3.992,75 per operazioni incasso pos e bonifici esteri successivi al 26 aprile 2013, data di ammissione della Ellemoda al concordato e quando a 129.283,86 per operazioni di incasso di ricevute bancarie nel periodo tra il 30 aprile 2012 e il 30 settembre 2012. 2. Il Tribunale di Arezzo aveva ritenuto inapplicabile   L.Fall., articolo 56,   al mandato all'incasso di un proprio credito effettuato dall'imprenditore con facoltà di compensazione, non determinando il mandato all'incasso, a differenza della cessione di credito, il trasferimento del credito in favore del mandatario, ma l'obbligo in capo al mandante di restituire la somma riscossa. 3. I giudici di secondo grado hanno affermato che -nel caso di specie si era in presenza di un mandato irrevocabile all'incasso e non di una cessione di credito nella clausola richiamata il debitore si impegnava alla cessione pro solvendo e non cedeva il credito non si aveva, quindi l'immediato trasferimento della titolarità del diritto di credito, presupposto per integrare la fattispecie di cui all' articolo 1260 c.c. , ma un impegno alla futura cessione che tuttavia mai si era verificata, o comunque non era stata provata - la conseguenza giuridica della qualificazione del negozio come mandato irrevocabile all'incasso era che il credito della banca era sorto antecedentemente alla procedura di concordato, ma il suo debito si era cristallizzato successivamente cosicché la fattispecie non si era tutta conclusa prima della procedura concorsuale -doveva condividersi quanto ritenuto dal Tribunale, laddove era stata esclusa la ricostruibilità del negozio in essere tra le parti quale cessione del credito - era preferibile l'ipotesi che poneva l'accento sul contratto di apertura di credito, contratto di durata, con prestazioni a carico di entrambe le parti la Banca si obbligava nei limiti del fido a mantenere la provvista al cliente cosicché la sua prestazione non si esauriva nella singola operazione di finanziamento, ma si rinnovava nei limiti dell'affidamento, con la conseguente applicabilità   L.Fall. articolo 169 bis - doveva, quindi, ritenersi che all'interno del contratto principale , apertura di credito, l'anticipo a fronte di riba o fatture con mandato all'incasso, fosse una modalità di messa a disposizione del denaro a favore della società, ovvero una sorta di modalità esecutiva seppure a carattere negoziale - non corrispondeva al vero la censura operata dalla Banca la quale aveva rilevato di avere appreso dello scioglimento solo il 4 settembre 2014, poiché il decreto di ammissione che conteneva la pronuncia doveva essere comunicato ai creditori e tra essi quindi anche alla Banca L.Fall. articolo 163 - con la novella del 2015   L.Fall., articolo 169 bis   era mutato ed era stata introdotta anche la previsione della efficacia del provvedimento dal momento della comunicazione dello stesso all'altro contraente - tale precetto non si poneva quale interpretazione della norma previgente per la portata modificativa ed innovativa dell'istituto rispetto al precedente, rinvenibile oltreché nel mutamento della rubrica contratti pendenti anziché contratti in corso di esecuzione , ancor più nella limitazione dell'oggetto contratti ineseguiti o non ancora eseguiti versus contratti in corso di esecuzione , non vincolando quindi l'interprete della normativa previgente. -appariva opportuno, dunque, aderire all'interpretazione che faceva retroagire alla domanda l'efficacia del provvedimento per la rispondenza al principio particolarmente rilevante in ambito di tutela concorsuale che la durata del processo non poteva ledere le ragioni dell'attore, valutata la natura sicuramente autorizzativa del provvedimento giudiziale, che rimuoveva un ostacolo al legittimo esercizio del diritto potestativo di scioglimento dell'imprenditore in vista della degli obiettivi del piano concordatario -tale convincimento era rafforzato dal dato che il piano concordatario prevedeva l'indennizzo a favore delle Banche nei confronti delle quali era stato disposto la sospensione e poi lo scioglimento, piano votato dai creditori nell'ammontare proposto e che evidentemente teneva conto delle risultanze positive per la massa creditoria, all'epoca risultanti. 4. La Cassa di Risparmio di Firenze s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, con atto affidato a tre motivi. 5. La Ellemoda Calzature s.r.l., in liquidazione, ha depositato controricorso. 6. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Considerato che 1. Con il primo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 3 degli articolo 1362 e ss. c.c., in riferimento all' articolo 1260 c.c.   e   L.Fall. articolo 56,   in combinato disposto con la   L.Fall. articolo 169   interpretazione del contratto impugnato quale cessione di credito o, comunque, mandato all'incasso con espresso patto di compensazione. Si duole la Banca ricorrente che l'inquadramento giuridico effettuato della Corte di Appello si poneva in contrasto con le regole ermeneutiche per l'interpretazione del contratto che era necessario considerare il negozio nella sua complessità, raffrontare e coordinare tra loro parole e frasi, al fine di ricondurle ad armonica unità e concordanza, in particolare in presenza di un collegamento negoziale o di contenuti non riconducibili ad una unica causa negoziale, essendo allora necessario ricostruire la concreta funzione economica dell'intera operazione negoziale che, fermo restando che nella qualificazione della clausola era irrilevante che la cessione fosse pro solvendo e anche la sua funzione di garanzia, nell'interpretazione della clausola in esame a garanzia di ogni somma liquida e non di cui potessimo risultare debitori in dipendenza degli anticipi che vorrete concederci Ci impegniamo a cedere pro solvendo a favore della vostra banca i detti nostri crediti restando espressamente inteso che potrete senz'altro soddisfarvi di ogni ragione creditoria dei nostri riguardi anche se non ancora scaduta con quanto incasserebbe in dipendenza dei crediti cedutivi, salvo ogni altro vostro diritto e d'azione giudiziale o stragiudiziale la Corte aveva ritenuto rilevante l'espressione Ci impegniamo a cedere pro-solvendo , che negherebbe l'immediato trasferimento della titolarità del diritto di credito, presupposto indispensabile per integrare la fattispecie di cui all' articolo 1260 c.c. che l'esistenza nell'indicata clausola di un impegno a cedere stava solo a significare che oggetto della cessione erano anche i crediti futuri, il cui trasferimento, effettivamente, avveniva solo nel momento in cui gli stessi venivano ad esistenza e ciò corrispondeva alle esigenze operative e finanziarie proprie della correntista, che voleva garantirsi, durante un lungo periodo di tempo di lavoro , disponibilità finanziarie a fronte della cessione dei crediti via via maturati la Corte aveva dimenticato che, una volta venuto ad esistenza, sulla scorta del contratto di cessione già perfezionato, il credito passava immediatamente al cessionario, senza ulteriore atto o accordo tra le parti, come confermato dalla seconda parte della clausola in cui testualmente si prevedeva che restando espressamente inteso che potrete senz'altro soddisfarvi di ogni ragione creditoria nei nostri confronti anche se non ancora scaduta con quanto incasserete in dipendenza dei crediti cedutivi la clausola, dunque, parlava espressamente di crediti ceduti e questa affermazione aveva un peso maggiore rispetto all'espressione Ci impegniamo a cedere , che si riferiva esclusivamente ad un fattore temporale, cioè ai crediti futuri la clausola era del 2010 che man mano sarebbero venuti ad esistenza nel caso di specie che si riferiva a crediti sorti nell'anno 2013 era avvenuto che, prima della presentazione della domanda di concordato preventivo, la Ellemoda aveva ceduto alla Banca i suoi crediti che già erano sorti e quest'ultima, a fronte di tale cessione che aveva comportato, ovviamente, il passaggio della titolarità degli stessi dal cedente al cessionario , aveva messo a disposizione della società le somme anticipate il fatto, poi, che i debitori ceduti avevano pagato al loro nuovo creditore Banca cessionario successivamente alla domanda di concordato preventivo risultava assolutamente irrilevante per la qualificazione del contratto che era e rimaneva una cessione di credito. La Banca ricorrente si duole, altresì, del fatto che l'interpretazione compiuta dal Giudice di secondo grado circa il suddetto contratto di affidamento del 14 gennaio 2010, risultava errata, anche qualora lo si voleva qualificare come mandato irrevocabile all'incasso era evidente nella seconda parte della clausola restando espressamente inteso che potrete senz'altro soddisfarvi di ogni ragione creditoria nei nostri confronti anche se non ancora scaduta con quanto incasserete in dipendenza dei crediti cedutivi del cosiddetto patto di compensazione o, secondo altra definizione, patto di annotazione ed elisione nel conto di partite di segno opposto nell'ipotesi di anticipazione su ricevute bancarie regolata in conto corrente, se la convenzione conteneva una clausola attributiva del diritto di incamerare le somme riscosse in favore della banca non poteva ritenersi operante il principio di cristallizzazione dei crediti , con la conseguenza che né l'imprenditore durante il concordato preventivo, né gli organi concorsuali avevano diritto a che la banca versasse in loro favore le somme riscosse la banca aveva, piuttosto, il diritto di procedere alla compensazione del suo credito anteriore con le somme che riscuoteva successivamente in esecuzione del mandato. 2. Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 3 dell'articolo 169 bis c.c., in riferimento alla nozione e disciplina dei contratti pendenti nel corso della procedura di concordato preventivo, con riguardo agli effetti della sospensione e scioglimento del contratto e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 5 che era stato oggetto di discussione tra le parti, ovvero gli incassi avvenuti nei periodi in cui non vi era stata né sospensione, né scioglimento del contratto ai sensi della   L.Fall. articolo 169 bis la Corte di appello, sul presupposto che nella fattispecie vi fosse un mandato irrevocabile all'incasso senza considerare, però, l'esistenza del cosiddetto patto di compensazione , aveva ritenuto, indistintamente, illegittimi tutti gli incassi effettuati dalla Banca mediante compensazione successivamente alla presentazione della domanda di concordato preventivo da parte della Ellemoda, concludendo per l'ammissibilità della   L.Fall., articolo 169 bis   perché l'apertura di credito concessa dalla Banca doveva considerarsi quale contratto pendente la Corte aveva omesso qualsiasi tipo di valutazione circa il normale funzionamento dei contratti pendenti al momento della presentazione della domanda di concordato preventivo, nonché nell'ipotesi in cui come nella specie era intervenuto prima un provvedimento di sospensione e poi di scioglimento ai sensi della citata   L.Fall articolo 169 bis poiché i contratti pendenti in sede concordataria proseguono regolarmente, con conseguente obbligo per il contraente di eseguire con puntualità e diligenza la sua prestazione e per la società, sottoposta alla procedura concorsuale, di pagare il corrispettivo, era decisivo verificare se gli incassi impugnati fossero stati effettuati nei periodi in cui vi era stata prima la sospensione e poi lo scioglimento dall'indicato contratto di affidamento nel caso di specie, in ragione dei periodi di sospensione dei contratti di anticipazione bancaria e poi dello scioglimento dal contratto autorizzato soltanto in data 30 agosto 2013, non potevano essere oggetto di restituzione la somma di Euro 50.433,18, legittimamente versata attraverso la compensazione in esecuzione di un contratto pendente, e la somma di Euro 65.466,58 per il periodo successivo alla sospensione in cui il contratto era ritornato a dovere essere regolarmente eseguito da ambedue le parti. 2.1 I due motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto aventi ad oggetti profili diversi della medesima questione, sono fondati. 2.2 La Corte d'appello ha qualificato il contratto stipulato dalle parti, a fronte di anticipazioni su ricevute bancarie, come un mandato irrevocabile all'incasso, e non una cessione di credito, come sostenuto dalla Banca ricorrente, con la conseguenza che la Banca non avrebbe potuto compensare il proprio credito per le anticipazioni effettuate a favore della cliente, precedenti l'ammissione della medesima al concordato preventivo, con il proprio debito per le somme riscosse nell'interesse del cliente, in adempimento del mandato all'incasso, poiché successivo all'ammissione della stessa al concordato preventivo. La   L. Fall. articolo 56,   in combinato disposto, trattandosi di concordato,   L. Fall. articolo 169,   richiede, infatti, che il credito ed il debito siano anteriore all'apertura della procedura concorsuale. In tal senso, si è - effettivamente - affermato che In caso di ammissione del debitore al concordato preventivo, la compensazione tra i suoi debiti ed i crediti da lui vantati nei confronti dei creditori postula, ai sensi della   L. Fall., articolo 56   richiamato dall'articolo 169 della medesima legge , che i rispettivi crediti siano preesistenti all'apertura della procedura concorsuale essa, pertanto, non può operare nell'ipotesi in cui il debitore abbia conferito ad una banca un mandato all'incasso di un proprio credito, attribuendole la facoltà di compensare il relativo importo con lo scoperto di un conto corrente da lui intrattenuto con la medesima banca a differenza della cessione di credito, infatti, il mandato all'incasso non determina il trasferimento del credito in favore del mandatario, ma l'obbligo di quest'ultimo di restituire al mandante la somma riscossa, e tale obbligo non sorge al momento del conferimento del mandato, ma soltanto all'atto della riscossione del credito, con la conseguenza che, qualora quest'ultima debba aver luogo dopo la presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo, non sussistono i presupposti per la compensazione Cass., 7 maggio 2009, numero 10548   Cass., 25 settembre 2017, numero 22277 . La giurisprudenza più recente ha, tuttavia, precisato che In tema di concordato preventivo, è opponibile il patto di compensazione stipulato contestualmente al deposito dei titoli acquistati presso la banca ed a garanzia del credito derivante dal finanziamento da questa concesso al debitore ammesso alla procedura se l'accordo stipulato contestualmente al finanziamento attribuiva alla banca il diritto di incamerare le somme riscosse, indipendentemente dal fatto che il debito dell'istituto di credito sia divenuto liquido ed esigibile dopo la domanda di concordato Cass., 10 aprile 2019, numero 10091 . Nello stesso senso si è affermato che In tema di anticipazione su ricevute bancarie regolata in conto corrente, se le relative operazioni siano compiute in epoca antecedente rispetto all'ammissione del correntista alla procedura di amministrazione controllata, è necessario accertare, qualora il correntista - successivamente ammesso al concordato preventivo - agisca per la restituzione dell'importo delle ricevute incassate dalla banca, se la convenzione relativa all'anticipazione su ricevute regolata in conto contenga una clausola attributiva del diritto di incamerare le somme riscosse in favore della banca cd. patto di compensazione o, secondo altra definizione, patto di annotazione ed elisione nel conto di partite di segno opposto solo in tale ipotesi, difatti, la banca ha diritto a compensare il suo debito per il versamento al cliente delle somme riscosse con il proprio credito, verso lo stesso cliente, conseguente ad operazioni regolate nel medesimo conto corrente, a nulla rilevando che detto credito sia anteriore alla ammissione alla procedura concorsuale ed il correlativo debito, invece, posteriore, poiché in siffatta ipotesi non può ritenersi operante il principio della cristallizzazione dei crediti , con la conseguenza che né l'imprenditore durante l'amministrazione controllata, né gli organi concorsuali - ove alla prima procedura ne sia conseguita altra - hanno diritto a che la banca riversi in loro favore le somme riscosse anziché porle in compensazione con il proprio credito Cass., 1 settembre 2011, numero 17999 . 2.3 Ciò posto, a differenza dell'attività di interpretazione del contratto, che è diretta alla ricerca della comune volontà dei contraenti e integra un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, l'attività di qualificazione giuridica è finalizzata a individuare la disciplina applicabile alla fattispecie e, affidandosi al metodo della sussunzione, è suscettibile di verifica in sede di legittimità non solo per ciò che attiene alla descrizione del modello tipico di riferimento, ma anche per quanto riguarda la rilevanza qualificante attribuita agli elementi di fatto accertati e le implicazioni effettuali conseguenti Cass., 4 giugno 2021, numero 15603 . 2.4 Orbene, nella specie, la clausola del contratto di anticipo su crediti commerciali ricevute bancarie , nel tenore testuale, induce a ritenere - nel riferimento all'impegno a cedere pro solvendo i suddetti crediti che correttamente la Corte territoriale abbia escluso la sussistenza di un contratto di cessione dei crediti, posto che questo ha sempre efficacia immediatamente traslativa, anche quando si tratta - come nella specie - di una cessione pro solvendo Cass., 7 febbraio 2018, numero 2960/2018 e, tuttavia, la Corte d'appello è incorsa in un errore di qualificazione del contratto, avendo omesso di considerare la seconda parte della clausola che - attraverso il riferimento alla possibilità per la banca di soddisfarsi di ogni ragione creditoria vantata nei confronti della Ellemoda s.r.l., anche se non scaduta, con quanto avrebbe incassato dai crediti che le sarebbero stati ceduti e che, per intanto, poteva incassare - induce a ritenere sussistente, nel caso concreto, un mandato all'incasso con patto di compensazione, che consentiva all'istituto di credito la compensazione   L.Fall. ex articolo 56 né a diversa conclusione doveva indurre la Corte la considerazione della   L.Fall. articolo 169 bis , ritenuto applicabile alla fattispecie concreta, trattandosi di contratto di durata di apertura di credito, che non si esaurisce nella singola operazione di finanziamento, con la conseguenza che - per effetto della sospensione e dello scioglimento del contratto di anticipazione - la banca non avrebbe potuto effettuare incasso alcuno successivamente alla domanda di concordato preventivo. L'assunto e', invero, del pari infondato, poiché, in tema di concordato preventivo, la   L. Fall. articolo 169 bis , è inapplicabile alla singola operazione - come quella effettuata nella specie - di anticipazione bancaria in conto corrente contro cessione di credito o mandato all'incasso con annesso patto di compensazione, ancora in corso al momento dell'apertura del concordato, avendo la banca, con l'erogazione della anticipazione, già compiutamente eseguito la propria prestazione Cass., 15 giugno 2020, numero 11524   Cass., 23 novembre 2020, numero 26568 . 3. Il terzo motivo, con il quale si lamenta la violazione e falsa applicazione articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 3 della   L.Fall. articolo 169 bis , nella formulazione antecedente al decreto L. 27 giugno 2015, numero 83, convertito con modificazioni dalla   L. 6 agosto 2015, numero 132 , con riguardo al termine di decorrenza per l'efficacia dei provvedimenti di autorizzazione alla sospensione e/o scioglimento dei contratti pendenti, deve ritenersi assorbito. 4. In conclusione, vanno accolti il primo e il secondo motivo di ricorso ed assorbito il terzo la sentenza impugnata va cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.