La Suprema Corte, con ordinanza numero 734/2023, torna sull’equo indennizzo dovuto per la non ragionevole durata di una procedura fallimentare.
Nel caso di specie il ricorrente protagonista della vicenda sostiene che l'articolo 2-bis, comma 1, l. numero 89/2001 non sia applicabile nelle procedure fallimentari. Tale norma prevede che «la somma può essere diminuita fino al 20% quando le parti del processo presupposto sono più di dieci e fino al 40% quando le parti del processo presupposto sono più di cinquanta». La doglianza è però infondata. Al secondo comma dell'articolo cit. si dispone che «nell'accertare la violazione il giudice valuta la complessità del caso, l'oggetto del procedimento, il comportamento delle parti e del giudice durante il procedimento, nonché quello di ogni altro soggetto chiamato a concorrervi o a contribuire alla sua definizione». Ed il comma aggiunto individua la categoria dei processi con plurimi soggetti, pur se riguardanti una sola delle parti. Pertanto, nelle procedure fallimentari è fisiologico che la massa dei creditori sia numerosa, e proprio per questa ragione «il giudice della “Pinto” può ben mitigare l'indennizzo tenendo conto della complessità della procedura, generata dall'elevato numero d'istanti». Ne consegue che «la riduzione di cui al comma 1bis dell'articolo 2bis, l. numero 89/2001, non si applica alle procedure concorsuali, salvo l'ipotesi che il richiedente l'indennizzo risulti essersi insinuato al passivo con istanza riguardante una pluralità di altri soggetti, nella misura prevista dalla norma, fermo restando che il numero complessivo dei creditori interessati alla procedura ben può costituire parametro di riduzione per la complessità della stessa, ai sensi dell'articolo 2, comma 2 della medesima legge».
Presidente Di Virgilio – Relatore Grasso Osserva 1. Il Ministero della Giustizia ricorre avverso la decisione collegiale della Corte d'appello di Perugia, la quale, parzialmente accolta l'opposizione del Ministero, determinò in Euro 3.369,91, l'equo indennizzo dovuto a G.F. per la non ragionevole durata d'una procedura fallimentare. Il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione della l. numero 89/2001, articolo 2bis, comma 1 bis, per avere l'impugnato decreto reputato non applicabile la norma in parola nelle procedure fallimentari. Norma, la quale prevede che “La somma può essere diminuita fino al 20 per cento quando le parti del processo presupposto sono più di dieci e fino al 40 per cento quando le parti del processo presupposto sono più di cinquanta”. L'interpretazione del Giudice del merito, secondo il ricorrente, si poneva in contrasto con la ratio della norma, introdotta con la l. numero 308/2015, la quale mira a ridurre l'indennizzo ove il ritardo possa essere dipeso anche dall'elevato numero di parti. 2. La doglianza non è condivisa dal Collegio. La normativa tiene conto, al fine di quantificare l'indennizzo, del parametro della complessità della causa già all'articolo 2, il quale dispone al comma 2 “Nell'accertare la violazione il giudice valuta la complessità del caso, l'oggetto del procedimento, il comportamento delle parti e del giudice durante il procedimento, nonché quello di ogni altro soggetto chiamato a concorrervi o a contribuire alla sua definizione”. Il comma aggiunto individua la categoria dei processi con plurimi soggetti, pur se riguardanti una sola delle parti. Nelle procedure fallimentari è fisiologico che la massa dei creditori sia numerosa, se non imponente e proprio per questa ragione il giudice della Pinto può ben mitigare l'indennizzo tenendo conto della complessità della procedura, generata dall'elevato numero d'istanti. La novella di cui al comma 1bis dell'articolo 2bis può trovare applicazione nel caso in cui, siccome indicato dalla decisione impugnata, l'istanza d'ammissione al passivo da esaminare risulti concernere una pluralità di creditori, il che potrebbe ulteriormente complicare il processo, imponendo vaglio e discrimine delle singole posizioni, ma non per il caso ordinario del procedimento fallimentare, fisiologicamente interessante una pluralità di creditori. Circostanza, questa, come si è detto, certamente valutabile ai sensi del comma 2 del già menzionato articolo 2 e puntualmente prevista dalla legge articolo 2, comma 2bis , la quale, proprio per la peculiare complessità delle procedure concorsuali ne individua in sei anni la durata ragionevole. Deve, pertanto, enunciarsi il seguente principio di diritto “la riduzione di cui alla l. numero 89/2001, comma 1bis dell'articolo 2bis, , non si applica alle procedure concorsuali, salvo l'ipotesi che il richiedente l'indennizzo risulti essersi insinuato al passivo con istanza riguardante una pluralità di altri soggetti, nella misura prevista dalla norma, fermo restando che il numero complessivo dei creditori interessati alla procedura ben può costituire parametro di riduzione per la complessità della stessa, ai sensi dell'articolo 2, comma 2 della medesima legge” si veda in senso conforme e con argomenti in buona parte sovrapponibili, Cass. numero 25181/2021. Non v'è luogo a statuizione sul capo delle stesse essendo rimasta la controparte intimata. P.Q.M. rigetta il ricorso.