La Corte di Cassazione ha avuto modo di dirimere una controversia, avente ad oggetto la revoca o la sospensione dell’ordine di sgombero di un manufatto abusivo rispetto al quale era stata disposta la demolizione con sentenza di condanna per abuso edilizio, ordine impartito dalla Procura Generale presso la Corte d’appello di Napoli.
Gli istanti, protagonisti del caso in esame, ricorrono in Cassazione lamentando la violazione dell'articolo 665, comma 4, c.p.p., sostenendo l'erronea applicazione del principio della perpetuatio jurisdictionis, non applicabile nel caso di specie, in quanto l'esecuzione dell'ordine di demolizione era stata avviata successivamente al passaggio in giudicato della sentenza emessa dal Tribunale di Nola. La doglianza non è fondata. Il Collegio ricorda che «la competenza del giudice dell'esecuzione ha carattere funzionale, assoluto e inderogabile e che per l'esecuzione dell'ordine di demolizione di opere abusive contenuto in una sentenza irrevocabile di condanna occorre seguire le regole dettate dal codice di rito per l'esecuzione delle sanzioni penali, compresa se del caso, quella giusta, la quale in caso di pluralità di sentenze eseguibili nei confronti dello stesso soggetto, il giudice dell'esecuzione va individuato ai sensi dell'articolo 665, comma 4, c.p.p.» Cass. numero 46612/2019, numero 30562/2019 . Secondo l'articolo cit., «in caso di pluralità di provvedimenti eseguibili nei confronti dello stesso soggetto, la competenza appartiene al giudice che ha pronunciato il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo anche se la questione attiene ad un unico e diverso titolo esecutivo» Cass. numero 37300/2021, numero 33923/2015 e specifica il proprio campo di applicazione con riguardo all'ipotesi in cui l'esecuzione concerne più provvedimenti emessi da giudici diversi. Pertanto, la competenza si radica «non solo con riguardo agli eventuali incidenti che in sede di esecuzione richiedano l'intervento del giudice, ma anche in relazione all'avvio della procedura esecutiva effettuata dal pubblico ministero presso il giudice competente prima che il passaggio in giudicato di una successiva pronuncia resa da altro giudice nei confronti del medesimo soggetto determini lo spostamento della competenza giurisdizionale in fase esecutiva». Nel caso in oggetto, il Collegio reputa che sia stato correttamente applicato il principio della perpetuatio jurisdictionis , quindi, rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Presidente Ramacci – Relatore Reynaud Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 9 maggio 2022, la Corte d'appello di Napoli, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha rigettato l'istanza con cui G.M.A. e V.F. avevano richiesto, per eccepita incompetenza funzionale, la revoca o la sospensione dell'ordine di sgombero di un manufatto abusivo rispetto al quale era stata disposta la demolizione con sentenza di condanna per abuso edilizio Corte App. Napoli del 10 febbraio 2010 , ordine impartito dalla Procura Generale presso la stessa Corte di appello nell'ambito della procedura numero 12/2016 R.E.S.A 2. Avverso detta ordinanza, a mezzo del comune difensore fiduciario, gli istanti hanno proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione dell'articolo 665 c.p.p., comma 4, per aver fatto erronea applicazione del pur condivisibile principio della perpetuatio jurisdictionis, nella specie non applicabile poiché l'esecuzione dell'ordine di demolizione era stata avviata in data 15 marzo 2016, vale a dire, successivamente al passaggio in giudicato della sentenza Trib. Nola 26 febbraio 2015, emessa contro la ricorrente G.M.A., che in base alla richiamata disposizione imponeva pertanto di individuare quel tribunale quale giudice competente per l'esecuzione anche della precedente sentenza. Considerato in diritto 1. I ricorsi non sono fondati. 2. In diritto va premesso - e non è controverso, essendo sul punto concordi sia l'ordinanza impugnata, sia i ricorrenti - che la competenza del giudice dell'esecuzione ha carattere funzionale, assoluto e inderogabile Sez. 1, numero 31946 del 04/07/2008, Hincapie Zapata, Rv. 240775 Sez. 1, numero 8849 del 15/02/2006, Marfella e a., Rv. 233583 e che per l'esecuzione dell'ordine di demolizione di opere abusive contenuto in una sentenza irrevocabile di condanna occorre seguire le regole dettate dal codice di rito per l'esecuzione delle sanzioni penali, compresa, se del caso, quella giusta la quale, in caso di pluralità di sentenze eseguibili nei confronti dello stesso soggetto, il giudice dell'esecuzione va individuato ai sensi dell'articolo 665 c.p.p., comma 4, Sez. 1, numero 46612 del 03/10/2019, Rv. 277484 Sez. 3, numero 30562 del 29/05/2019, Sarracino, Rv. 276550 . Al proposito, com'e' noto, la regola processuale è che, salvo diversa disposizione di legge, competente a conoscere dell'esecuzione di un provvedimento è il giudice che lo ha deliberato articolo 665 c.p.p., comma 1 , da individuarsi nella corte d'appello nel caso - che è quello di specie - di riforma della pronuncia di primo grado non limitata a questioni concernenti la pena, le misure di sicurezza o le disposizioni civili articolo 665 c.p.p., comma 2 . Tra le disposizioni derogatorie di più frequente applicazione viene in rilievo l'articolo 665 c.p.p., comma 4, - in questa sede invocato dai ricorrenti - a mente del quale, secondo il consolidato orientamento interpretativo, in caso di pluralità di provvedimenti eseguibili nei confronti dello stesso soggetto, la competenza appartiene al giudice che ha pronunciato il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo anche se la questione attiene ad un unico e diverso titolo esecutivo Sez. 1, numero 37300 del 02/07/2021, Rv. 282011 Sez. 1, numero 33923 del 07/07/2015, Musumeci, Rv. 264679 Sez. 1, numero 52201 del 29/10/2014, Armanio, Rv. 261459 . 3. Per vero, l'articolo 665 c.p.p., comma 4, specifica il proprio campo di applicazione con riguardo all'ipotesi in cui l'esecuzione concerne più provvedimenti emessi da giudici diversi , di tal che il tenore letterale della disposizione potrebbe escluderne l'operatività laddove, come nel caso qui in esame, la questione esecutiva riguardi esclusivamente le statuizioni di uno dei provvedimenti divenuti definitivi. La tradizionale, consolidata, interpretazione di cui già si è detto, tuttavia, è nel senso che ogni questione che incide sull'esecuzione penale debba essere decisa dall'unico organo giurisdizionale a ciò deputato dal legislatore con la previsione appena richiamata così, tra le prime decisioni che hanno affermato il principio Sez. 1, numero 1411 del 07/03/1995, Munari Calandrini, Rv. 200919 Sez. 1, numero 1125 del 20/02/1996, Samperi, Rv. 203984 Sez. 1, numero 3812 del 25/06/1998, Marasco, Rv. 211428 . Poiché tale lettura estensiva dell'articolo 665 c.p.p., comma 4, si giustifica, per evidenti ragioni di razionalità e celerità, con l'obiettivo di concentrare in un'unica autorità le questioni esecutive concernenti un medesimo soggetto condannato in forza di titoli emessi da diversi giudici, nella stessa ottica finalistica la sua applicazione è stata - e, reputa il Collegio, deve continuare ad essere - in qualche modo temperata dal c.d. principio della perpetuatio jurisdictionis. In particolare, in forza di tale principio, in materia di esecuzione - così come per le questioni relative al procedimento di sorveglianza - resta ferma la competenza dell'ufficio giudiziario radicatasi con riferimento alla situazione esistente al momento in cui è stata avviata l'esecuzione del provvedimento Sez. 1, numero 51271 del 30/09/2019, Rv. 277733 Sez. 1, numero 57954 del 19/09/2018, Iorio, Rv. 275317 Sez. 1, numero 51083 del 06/11/2013, Aiello, Rv. 257886 Sez. 1, numero 1137 del 24/11/2009, dep. 2010, Savino e aa., Rv. 245948 . Come affermato nelle richiamate decisioni, si tratta di un criterio di orientamento certo ed obiettivo, che, in presenza di una già avviata procedura, consente di evitare il trasferimento del procedimento davanti a giudici di volta in volta diversi, in relazione al continuo aggiornamento della posizione esecutiva di un condannato - la quale, peraltro, risente anche dei tempi tecnici, non sempre rapidi, necessari per l'aggiornamento delle iscrizioni nel certificato del casellario giudiziale - garantendo la celerità ed effettività dell'intervento giudiziario. Con riguardo all'esecuzione dell'ordine di demolizione dei manufatti abusivi, del resto, la coattiva attuazione della sentenza presenta profili di complessità pratica e giuridica che, di regola, richiedono tempi non brevi e lo svolgimento di attività, necessariamente concatenate, la cui effettività sarebbe inevitabilmente frustrata, con sostanziale vanificazione del comando giudiziale, laddove si reputasse necessario un inizio ex novo della procedura presso diversa sede giudiziaria ogniqualvolta sopravvenga un giudicato idoneo a determinare lo spostamento della fase esecutiva ex articolo 665 c.p.p., comma 4. In considerazione della ravvisata ratio, dunque, la competenza si radica, e permane, non soltanto - ovviamente - con riguardo agli eventuali incidenti che in sede di esecuzione richiedano l'intervento del giudice, ma anche in relazione all'avvio della procedura esecutiva effettuata, ai sensi dell'articolo 655 c.p.p., dal pubblico ministero presso il giudice competente prima che il passaggio in giudicato di una successiva pronuncia resa da altro giudice nei confronti del medesimo soggetto determini lo spostamento della competenza giurisdizionale in fase esecutiva. 4. In applicazione di tali principi, reputa il Collegio che correttamente l'ordinanza impugnata abbia ravvisato la perpetuatio jurisdictionis dell'autorità giudiziaria presso la corte territoriale campana ad eseguire la demolizione dei manufatti abusivi disposta nel procedimento definito con sent. Corte appello Napoli del 10 febbraio 2010, irrevocabile il 18.10.2011. Ed invero, secondo la scansione degli eventi ricostruita nell'ordinanza impugnata - non contestata dai ricorrenti - la procedura esecutiva nell'ambito della quale fu avviata la coattiva demolizione dei manufatti abusivi deve ritenersi iniziata il 2 gennaio 2013, allorquando la Procura generale presso la Corte di appello di Napoli, constatata la mancata ottemperanza all'ordine di demolizione a cui era stato subordinato il beneficio della sospensione condizionale della pena, avviò le procedure necessarie a porre in esecuzione le statuizioni della sentenza, sia, inizialmente, richiedendo al giudice la revoca della sospensione condizionale della pena, sia, successivamente, attivando la connessa esecuzione coattiva dell'ordine di demolizione che la condannata non aveva spontaneamente effettuato. Non rileva che questa seconda iniziativa sia formalmente databile al 15 marzo 2016 - come allegano i ricorrenti - vale a dire dopo il passaggio in giudicato avvenuto il 29 giugno 2015 della successiva sentenza resa contro G.M.A. dal Tribunale di Nola, essendo pacifico che a quella data era ancora in corso la procedura avviata nel 2013. Ed invero, la revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena avvenne con ord. 7 febbraio 2017 della Corte di appello di Napoli, la quale, proprio per la stretta connessione tra l'oggetto della procedura avviata e la coattiva demolizione del manufatto abusivo, contestualmente dispose la trasmissione degli atti alla Procura generale in sede perché fosse completata, anche sotto tale secondo profilo, la procedura esecutiva intrapresa attività che, come gli stessi ricorrenti riconoscono, era tuttavia già in corso in forza dell'autonoma iniziativa assunta dal pubblico ministero con il formale avvio del proc. numero 12/2016 R.E.S.A. . La demolizione coattiva di cui qui si discute, dunque, non rappresenta altro se non l'ulteriore corso della medesima procedura esecutiva iniziata nel 2013, quando la competenza ex articolo 665 c.p.p. ricadeva certamente in capo alla Corte d'appello di Napoli. Per il principio della perpetuatio jurisdictionis, quest'ultima autorità giudiziaria era pertanto legittimata a definire la procedura in corso, non potendo valere a spostare la competenza il passaggio in giudicato della successiva sentenza di condanna resa dal Tribunale di Nola medio tempore intervenuta. 5. I ricorsi vanno conseguentemente rigettati, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.