La Cassazione chiarisce in quali casi e con quali presupposti può trovare applicazione l’articolo 656, comma 5, c.p.p. che prevede la possibilità di sospendere l’esecuzione della pena detentiva.
Il GIP del Tribunale di Milano, in funzione di giudice dell'esecuzione, dichiarava ex articolo 656, comma 5, c.p.p. la temporanea inefficacia dell'ordine di esecuzione emesso nei confronti di un uomo per la sentenza definitiva di condanna riportata. Il Procuratore della Repubblica ha proposto ricorso per cassazione. Riepilogando la sequenza procedimentale che ha interessato la questione, il Collegio ritiene fondato il ricorso che lamenta l'erronea applicazione dell'articolo 656, comma 5, c.p.p. La norma prevede infatti la «possibilità di sospendere l'esecuzione della pena detentiva alla contemporanea ricorrenza di tre presupposti l'entità della pena, contenuta nel limite indicato dalla citata norma l'assenza di reati c.d. ostativi lo stato di libertà del condannato, atteso che del citato articolo 656 c.p.p., il comma 9, lett. b espressamente prevede che la sospensione dell'esecuzione di cui al comma 5 non può essere disposta nei confronti di coloro che per il fatto oggetto della condanna da eseguire si trovano in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene definitiva». Come ha sottolineato il Procuratore ricorrente tali presupposti riguardano il caso della primigenia esecuzione delle pene detentive, anche se residuo di maggiore pena, ma non il caso in cui la pena in esecuzione sia il risultato dell'annullamento senza rinvio dell'ordinanza che aveva concesso il beneficio della continuazione, come nella vicenda in esame. Tale provvedimento non può infatti essere considerato un ordine di esecuzione autonomo. Per questi motivi, la Corte annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata.
Presidente Tardio – Relatore Talerico Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 15 ottobre 2021, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, in funzione di giudice dell'esecuzione, dichiarava la temporanea inefficacia dell'ordine di esecuzione numero 3762/14 SIEP emesso, nei confronti di F.H., il 4.11.2019 dalla Procura della Repubblica di Milano, ai fini e per gli effetti dell'articolo 656 c.p.p., comma 5. 2. Avverso detta ordinanza, ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica di Milano, deducendo erronea applicazione delle norme giuridiche e segnatamente dell'articolo 656 c.p.p 2.1. Ha, innanzitutto, premesso che il condannato libero alla data dell'unificazione delle pene concorrenti - dopo avere beneficiato di ordine di esecuzione sospeso, emesso il 25.7.2014, ha iniziato a espiare la pena, così come determinata con l'originario provvedimento di cumulo, in affidamento in prova al servizio sociale, ai cui obblighi il medesimo era stato sottoposto in data 1.8.2016 a seguito della revoca di detta misura, disposta con effetto retroattivo dal Tribunale di sorveglianza con ordinanza del 29.1.2018, il condannato ha ripreso a espiare la pena in regime carcerario con decorrenza dal 9.1.2018 nel corso dell'espiazione della pena in regime carcerario, in data 26.2.2019, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pavia, in funzione di giudice dell'esecuzione, sebbene non fosse più funzionalmente competente, ha riconosciuto la disciplina della continuazione tra le sentenze numero 1 e 2 del provvedimento di cumulo in esito alla riduzione della pena conseguente al beneficio ottenuto, il Procuratore della Repubblica di Milano, con ordine di esecuzione in data 25.3.2019, ha rideterminato la pena, disponendo l'immediata scarcerazione del condannato e - sul presupposto dell'evidente violazione del disposto di cui all'articolo 665 c.p.p., comma 4, nonché di quello di cui all'articolo 666 c.p.p., comma 2, la domanda di applicazione della disciplina della continuazione costituiva la mera riproposizione di altra già rigettata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano - ha contestualmente proposto ricorso per cassazione, accolto dalla Corte di legittimità con annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata quindi, il Procuratore della Repubblica di Milano, in data 4.11.2019, ha rideterminato la residua pena espianda, conglobando in essa la frazione di pena che era stata detratta per effetto del riconoscimento della continuazione e ha ordinato la cattura del condannato. 2.2. Tanto premesso, il ricorrente ha sostenuto che l'ordinanza impugnata sarebbe erronea sotto plurimi profili 1 il provvedimento del 4.11.2019, con il quale il pubblico ministero ha messo in esecuzione il residuo pena, non può essere considerato un ordine di esecuzione autonomo e come tale soggiacente ai principi di cui all'articolo 656 c.p.p., comma 5, trattandosi di un provvedimento teso a decretare la riespansione degli effetti del precedente ordine di esecuzione, emesso a seguito della revoca della misura dell'affidamento in prova al servizio sociale e conseguente all'annullamento senza rinvio dalla precedente ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pavia con la radicale caducazione del beneficio della continuazione, concesso dal suddetto Giudice, la condizione di libertà del condannato avrebbe dovuto considerarsi tale solo di fatto e non di diritto dunque, riespandendosi lo status di condannato in espiazione pena in regime carcerario per effetto della pregressa revoca della misura dell'affidamento in prova al servizio sociale , preclusivo della sospensione dell'esecuzione ex articolo 656 c.p.p., comma 9 lett. b , il Giudice dell'esecuzione avrebbe dovuto fare pedissequa applicazione del principio, più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la sospensione dell'ordine di esecuzione prevista dall'articolo 656 c.p.p., comma 5, trova applicazione solo quando il condannato, al momento della formazione del giudicato, si trovi in stato di libertà 2 contrariamente a quanto sostenuto nell'ordinanza impugnata - secondo cui il pubblico ministero avrebbe dovuto valutare autonomamente i presupposti della sospensione di cui all'articolo 656 c.p.p., comma 5, presupposti esistenti, nella specie, trattandosi di pena inferiore ad anni quattro di reclusione - detto accertamento, comportando un'approfondita disamina del singolo caso, si sarebbe palesato quanto mai complesso la conferma di tale impostazione discenderebbe proprio dalla pronuncia citata nell'ordinanza impugnata, nella quale era stato chiaramente affermato che, ogni qual volta nel corso della procedura esecutiva un soggetto si trovi già detenuto in espiazione della pena, l'esecuzione della pena può essere sospesa, ricorrendone i presupposti, solo mediante richiesta di misure alternative alla detenzione, da presentarsi da parte dell'interessato al Magistrato di sorveglianza competente 3 sarebbe stato violato anche il disposto di cui all'articolo 656 c.p.p., comma 7, che fa divieto di disporre la sospensione dell'esecuzione per la stessa condanna per di più di una volta, atteso che il condannato aveva già beneficiato di una prima sospensione dell'esecuzione e che l'originario ordine di esecuzione, con cui era stata ripristinata l'espiazione della pena in regime carcerario dopo la revoca della misura dell'affidamento in prova al servizio sociale, non aveva assolutamente esaurito la sua funzione con il completarsi del suo ciclo temporale per effetto della illegittima interruzione dell'espiazione della pena in regime carcerario. 3. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale di questa Corte, Dott. Pasquale Fimiani, ha chiesto l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento. Richiamata la sequenza procedimentale descritta nell'atto di impugnazione, ritiene il Collegio che l'ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio, condividendo le puntuali censure formulate dal ricorrente. E in vero, l'attuale formulazione dell'articolo 656 c.p.p., comma 5, ancora la possibilità di sospendere l'esecuzione della pena detentiva alla contemporanea ricorrenza di tre presupposti l'entità della pena, contenuta nel limite indicato dalla citata norma l'assenza di reati c.d. ostativi lo stato di libertà del condannato, atteso che del citato articolo 656 c.p.p., il comma 9, lett. b espressamente prevede che la sospensione dell'esecuzione di cui al comma 5 non può essere disposta nei confronti di coloro che per il fatto oggetto della condanna da eseguire si trovano in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene definitiva. Tali presupposti riguardano - come ha bene sottolineato il ricorrente - il caso della primigenia esecuzione delle pene detentive, anche se costituenti residuo di maggiore pena, e non anche il caso di specie, in cui il provvedimento del 4.11.2019, con il quale il pubblico ministero ha messo in esecuzione il residuo pena, conseguente all'annullamento senza rinvio dell'ordinanza concessiva del beneficio della continuazione tale provvedimento, infatti, non può essere considerato un ordine di esecuzione autonomo. 2. Peraltro, va ricordato il disposto dell'articolo 656 c.p.p., comma 7, a mente del quale la sospensione dell'esecuzione per la stessa condanna non può essere disposta più di una volta, e specificato che, nel caso di specie, il condannato aveva già beneficiato di una prima sospensione dell'ordine di esecuzione e che l'originario ordine di carcerazione, con cui era stata ripristinata l'espiazione della pena in regime carcerario a seguito della revoca della misura dell'affidamento in prova al servizio sociale, non aveva ancora esaurito la sua funzione con il completarsi del suo ciclo temporale. Al riguardo, giova richiamare la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la sospensione dell'ordine di esecuzione previsto dall'articolo 656 c.p.p., funzionalmente preordinata al possibile conseguimento di una misura alternativa alla detenzione, se già disposta con riguardo ad alcuna delle condanne oggetto di un provvedimento di unificazione di pene concorrenti, non può essere reiterata in relazione ad un successivo provvedimento che inglobi il precedente, qualora l'istanza di misura alternativa presentata a seguito dell'originaria sospensione sia stata rigettata, a nulla rilevando che la pena complessiva risultante dal cumulo rientri nei limiti previsti per disporre la sòspensione. In motivazione, la Corte ha precisato che l'espressione stessa condanna di cui all'articolo 656 c.p.p., comma 7, si riferisce anche ad una soltanto delle condanne comprese nel cumulo, poiché questo istituto comporta la contemporanea esecuzione di tutti i titoli esecutivi come se fossero riferibili ad un'unica pronuncia, e, quindi, preclude la separata esecuzione delle singole condanne, al fine di consentire che delle stesse, autonomamente considerate, si possa sospendere l'esecuzione Cass. Sez. 1, numero 19596 del 22/06/2020, Rv. 279217 - 01 . 3. Ancora, va richiamata la giurisprudenza di legittimità, indicata anche dal Procuratore generale nella sua requisitoria, secondo cui la rideterminazione della pena in sede esecutiva entro i limiti di cui all'articolo 656 c.p.p., comma 5, a seguito del riconoscimento della continuazione in un momento successivo all'inizio dell'esecuzione, non determina l'annullamento dell'ordine di esecuzione e non legittima la ripetizione della fase di sospensione antecedente alla sua emissione Cass. Sez. 1, numero 10275 del 26/11/2021, dep. 2022, Rv. 282788 - 01 . Nella citata pronuncia è stato sottolineato che la rideterminazione della pena, scaturita dall'applicazione della continuazione in tempo successivo all'inizio dell'esecuzione della pena detentiva, comporta semplicemente l'obbligo di comunicazione all'istituto di detenzione della nuova data di scadenza della pena, ma non può agire in modo retrospettivo, nel senso di determinare la conseguenza dell'annullamento di un ordine di carcerazione legittimamente emesso. 4. L'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata, disposto con la presente sentenza, va comunicato al Pubblico Ministero presso il Tribunale di Milano per le sue determinazioni. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata. Si dia notizia al Pubblico Ministero presso il Tribunale di Milano per le sue determinazioni.