Respinta la tesi difensiva mirata a ridimensionare gli addebiti contestati a un uomo beccato a detenere e portare in luogo pubblico un ordigno artigianale. I Giudici precisano che, in presenza di un’arma idonea ad essere utilizzata quale tale, essa può essere detenuta anche per motivi meramente ornamentali senza che ciò incida sul giudizio penale sulla illiceità della detenzione.
Sacrosanta la condanna per la detenzione e il porto in luogo pubblico di una bomba artigianale pur priva di esplosivo. A finire sotto processo è un uomo, beccato in possesso di una ‘ pipe bomb ’ o ‘tubo bomba’. Per i giudici di merito il quadro probatorio è chiarissimo consequenziale la condanna a ventotto mesi di reclusione e 5mila euro di multa per «detenzione e porto in luogo pubblico di una parte di un’arma da guerra», cioè «un manufatto artigianale in metallo, del tipo ‘pipe bomb’». Col ricorso in Cassazione, però, il legale che rappresenta l’uomo sotto processo contesta la condanna emessa in appello e sostiene che si sia trattato di un mero « manufatto artigianale , privo sia di esplosivo che di telecomandi» e che ciò fa venire meno «il requisito dell’autonomia funzionale» nonché «l’univocità della destinazione» del manufatto. In seconda battuta, poi, il legale richiede il riconoscimento della «lieve entità» dell’episodio, una volta accertata «la limitata carica esplosiva con cui poteva essere riempito il tubo». Chiara la linea difensiva proposta in Cassazione e mirata a sostenere l’ipotesi della «detenzione di un oggetto privo di rilievo penale». I Giudici ribattono richiamando l’accertamento tecnico effettuato dal RIS di Parma, secondo cui «il dispositivo va qualificato come ‘pipe bomb’, cioè un ordigno costituito da un tubo metallico che collega due estremità chiuse, a seconda dei casi, attraverso materiale metallico o cemento, e all’interno del quale viene predisposto l’esplosivo e l’innesco collegato all’ordigno mediante dei cavi elettrici. Nel caso specifico, l’ordigno, di produzione artigianale, non liberamente commerciabile e solitamente utilizzato per compiere atti intimidatori presso esercizi commerciali o attentati, si presentava idoneo nella sua funzionalità, e sprovvisto del solo esplosivo per il cui innesco sarebbero stati necessari due telecomandi o uno solo, qualora fosse stato associato ad entrambi gli inneschi non rinvenuti. Al tubo metallico erano stati affiancati due decoder, cioè degli apparecchi in grado di ricevere l’impulso trasmesso dei telecomandi. Per la ‘pipe bomb’ rinvenuta avrebbe potuto essere utilizzato soltanto esplosivo a basso potenziale, poiché all’interno del tubo metallico erano state collocate delle lampadine di per sé incapaci ad ospitare un esplosivo ad alto potenziale o una sostanza detonante che necessita di uno shock, quindi di una forza maggiore rispetto a quella fornita dalle lampadine». In definitiva, «la ‘pipe bomb’» portata con sé dall’uomo sotto processo «era idonea nella sua funzionalità , ovvero idonea all’uso, e provvista dei decoder che avrebbero dovuto ricevere l’innesco inviato dai telecomandi. Ciò che mancava, in definitiva, era soltanto l’esplosivo, mentre è irrilevante che mancassero i telecomandi, poiché essi sono in ogni caso destinati ad essere azionati a distanza e non fanno parte della struttura dell’arma». Inoltre, «un’arma, o una parte di arma, ha autonomia funzionale anche se non c’è l’esplosivo», e «neanche si può dire che la ‘pipe bomb’» esaminata durante il processo «non sarebbe facilmente ricomponibile senza speciali procedimenti perché, in realtà, essa non aveva bisogno di essere ricomposta, essendo idonea nella sua funzionalità». Per chiudere il cerchio, infine, i Giudici chiariscono che non è illogico, da ultimo, che «non sia stato attribuito rilievo decisivo all’univocità o meno della destinazione del manufatto, perché, in presenza di un’arma idonea ad essere utilizzata quale tale, essa può essere detenuta anche per motivi meramente ornamentali senza che ciò incida sul giudizio penale sulla illiceità della detenzione». Per quanto concerne l’ipotesi della lieve entità dell’episodio, i Giudici precisano che, «pur riconoscendo la limitata carica esplosiva con cui il manufatto poteva essere riempito», va tenuto presente che «l’arma era da guerra» e che, peraltro, «oltre alla ‘pipe bomb’, erano state rinvenute nella disponibilità dell’uomo anche nove munizioni da guerra».
Presidente Siani – Relatore Russo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 6 ottobre 2017 il Tribunale di Torino, in rito ordinario, ha condannato M.G. alla pena di 2 anni e 4 mesi di reclusione e 5.000 Euro di multa per il reato della L. 14 ottobre 1974, numero 497, articolo 10 e 12, per la detenzione e porto in luogo pubblico di una parte di un'arma da guerra un manufatto artigianale in metallo del tipo pipe bomb . Con sentenza del 2 febbraio 2022 la Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza di primo grado. 2. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso l'imputato, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi di seguito descritti nei limiti strettamente necessari ex articolo 173 disp. att. c.p.p. Con il primo motivo deduce erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, in punto di ritenuta sussistenza del reato, in quanto si tratterebbe di manufatto artigianale privo sia di esplosivo che di telecomandi, mancherebbe quindi il requisito dell'autonomia funzionale e quello dell'agevole ricomponibilità dell'intero nonché l'univocità della sua destinazione. Con il secondo motivo deduce erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, in punto di mancata concessione dell'attenuante speciale della L. numero 895 del 1967, articolo 5, in quanto la motivazione del giudice di appello che, pur riconoscendo la limitata carica esplosiva con cui poteva essere riempito, nega la lieve entità perché l'arma era da guerra è illogica posto che l'attenuante si applica proprio alle armi da guerra. 3. La difesa dell'imputato ha chiesto la discussione orale. Con requisitoria anticipata per iscritto e ribadita in udienza, Dott. Marco Dall'Olio, ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. Il difensore dell'imputato, avv. Danilo Peretti, ha insistito per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è infondato. In esso si deduce che si tratterebbe di detenzione di oggetto privo di rilievo penale, in quanto il manufatto artigianale era privo del requisito dell'autonomia funzionale e dell'agevole ricomponibilità dell'intero. In punto di caratteristiche di questo oggetto nella sentenza di primo grado si legge a pagina 6 che stando all'accertamento tecnico effettuato dal RIS di […], il dispositivo andava qualificato come pipe bomb, cioè un ordigno costituito da un tubo metallico che collega due estremità chiuse, a seconda dei casi, attraverso materiale metallico o cemento, e all'interno del quale viene predisposto l'esplosivo e l'innesco collegato all'ordigno mediante dei cavi elettrici. Nel caso di specie, l'ordigno, di produzione artigianale, non liberamente commerciabile e solitamente utilizzato per compiere atti intimidatori presso esercizi commerciali o attentati, si presentava idoneo nella sua funzionalità, e sprovvisto del solo esplosivo per il cui innesco sarebbero stati necessari due telecomandi o uno solo, qualora fosse stato associato ad entrambi gli inneschi non rinvenuti. Riferiva sul punto in udienza, l'operante R.A. in servizio presso il RIS di […] che al tubo metallico erano stati affiancati due decoder, cioè degli apparecchi in grado di ricevere l'impulso trasmesso dei telecomandi. Per la pipe bomb rinvenuta avrebbe potuto essere utilizzato soltanto esplosivo a basso potenziale, poiché all'interno del tubo metallico erano state collocate delle lampadine di per sé incapaci ad ospitare un esplosivo ad alto potenziale o una sostanza detonante che necessita di uno shock, quindi di una forza maggiore rispetto a quella fornita dalle lampadine. Già in passato l'operante aveva visionato un ordigno le cui parti non sono difficile reperibilità con caratteristiche simili a quell'oggetto della presente vicenda processuale . In definitiva, il giudice di primo grado ha accertato che la pipe bomb era idonea nella sua funzionalità, ovvero idonea all'uso, e provvista dei decoder che avrebbero dovuto ricevere l'innesco inviato dai telecomandi ciò che mancava, in definitiva, era soltanto l'esplosivo che mancassero i telecomandi, infatti, è irrilevante, perché essi sono in ogni caso destinati ad essere azionati a distanza e non fanno parte della struttura dell'arma . Ed il Procuratore generale ha osservato efficacemente che un'arma, o parte di arma, ha autonomia funzionale anche se non c'è l'esplosivo. Neanche si può dire che la pipe bomb rinvenuta presso l'imputato non sarebbe facilmente ricomponibile senza speciali procedimenti Sez. 1, Sentenza numero 51880 del 29/10/2019, Martilotta, Rv. 278067 ai fini dell'attribuibilità della qualifica di parte di un'arma da guerra, da cui consegue la configurabilità del delitto di cui alla L. 2 ottobre 1967, numero 895, articolo 2, è sufficiente l'autonomia funzionale di essa, che ne rende possibile - l'individuazione come elemento strutturale tipico dell'arma stessa e la facile ricomposizione dell'intero senza la necessità di speciali procedimenti , perché, in realtà, l'oggetto in sequestro, secondo l'accertamento contenuto in sentenza, non aveva bisogno di essere ricomposto, essendo idoneo nella sua funzionalità . Non è illogico, da ultimo, non sia stato attribuito rilievo decisivo nella sentenza impugnata all'univocità o meno della destinazione del manufatto, perché, in presenza di un'arma idonea ad essere utilizzata quale tale, la stessa può essere detenuta anche per motivi meramente ornamentali senza che ciò incida sul giudizio penale sulla illiceità della detenzione. 2. Non è fondato neanche il secondo motivo dedicato alla mancata concessione dell'attenuante speciale della L. numero 895 del 1967, articolo 5 . In esso si deduce che la motivazione del giudice di appello, pur riconoscendo la limitata carica esplosiva con cui il manufatto poteva essere riempito, nega la attenuante della lieve entità perché l'arma era da guerra, motivazione che il ricorso giudica illogica, posto che, per scelta normativa, l'attenuante si applica alle armi da guerra. Il motivo non è fondato. In punto di negazione dell'attenuante vi è doppia conforme, per cui nel caso in cui una statuizione della pronuncia di primo grado sia confermata in appello, ai fini del controllo di legittimità, la motivazione della sentenza di primo grado e quella della sentenza di appello si integrano vicendevolmente cfr., per tutte, Sez. 3, numero 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595 ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall'appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione . Nel caso in esame, se è vero che la motivazione di appello contiene il ragionamento censurato nel motivo di ricorso, è anche vero, però, che la motivazione del giudice di primo grado era diversa ed aveva escluso l'attenuante per effetto di un giudizio complessivo sul fatto accertato, in cui aveva evidenziato che, oltre alla pipe bomb, erano state rinvenute nella disponibilità dell'imputato anche nove munizioni da guerra. Una motivazione di questo tipo è rispettosa della sistematica della giurisprudenza di legittimità cfr. Sez. 1, Sentenza numero 44903 del 11/11/2011, Schirò, Rv. 251460 ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante della lieve entità del fatto di cui alla L. 2 ottobre 1967, numero 895, articolo 5, il giudice di merito deve innanzitutto verificare i profili soggettivi ed oggettivi che caratterizzano il porto e la detenzione delle armi e, in via successiva, all'esito positivo della prima analisi, la quantità e la potenzialità delle stesse , che attribuisce rilievo per il riconoscimento della attenuante non solo al quantum di potenzialità distruttiva dell'arma, ma, più in generale, alle caratteristiche soggettive ed oggettive del fatto che viene giudicato. Il motivo deve, pertanto, essere rigettato. 3. Ai sensi dell' articolo 616 c.p.p. , comma 1, alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.