È consentito l'allaccio di un'unità immobiliare all'impianto fognario condominiale se nel regolamento contrattuale del 1925 non sono menzionati come parti comuni la fognatura e gli impianti? La parola alla Corte d’Appello.
Una condomina, proprietaria di un locale facente parte di un condominio, chiedeva di allacciarsi alla rete fognaria ed idrica condominiale. Dopo aver incassato un netto rifiuto, la condomina citava in giudizio il Condominio per conseguire l'ordine di eseguire l'allaccio o, in alternativa, l'autorizzazione a eseguire i lavori. Il Tribunale di Roma accoglieva il ricorso della condomina, autorizzandola ad allacciarsi al pozzetto di scarico condominiale situato nell'atrio dell'edificio. Di qui, l'appello del Condominio, secondo cui la donna non avrebbe alcun diritto sull'impianto fognario e idrico, in quanto nel regolamento condominiale del 1925 veniva stabilito che «sono di proprietà comune a favore di tutte le unità del fabbricato appartamenti e locali terranei , l'area su cui sorge il fabbricato stesso, la terrazza che lo ricopre, il locale della cabina per la luce elettrica ed il cortile principale avente ingresso dall'androne del portone», e che pertanto dovevano intendersi escluse le restanti parti, tra cui la fognatura e gli impianti idrici. La Corte territoriale, però, conferma le ragioni della condomina. Infatti, secondo i giudici per risolvere la questione il Condominio avrebbe dovuto applicare l'articolo 256 delle Disposizioni di Attuazione del nuovo Codice, per il quale «quando nelle leggi e nei regolamenti sono richiamate le disposizioni del codice civile del 1865 e del codice di commercio del 1882 s'intendono richiamate le disposizioni corrispondenti del nuovo codice», e non basarsi esclusivamente su una presunta ultrattività del Codice Civile previgente del 1865. Ciò posto, osservano i giudici che «la disposizione corrispondente è attualmente rappresentata dall'articolo 1117 c.c., norma che menziona espressamente gli impianti fognari tra le parti comuni condominiali». Tenendo conto di ciò, la Corte sottolinea come nel caso in esame la ricostruzione formulata dal Condominio non può trovare accoglimento, atteso che lo stesso regolamento del 1925 «indica il cortile e l'area su cui sorge il fabbricato come parti comuni, mentre l'articolo 1117 dell'attuale codice civile al numero 3 indica espressamente tra i beni comuni la fognatura condominiale». Inoltre, se, da un lato, il regolamento contrattuale non contemplava la rete fognaria e idrica fra i beni comuni, dall'altro, non prevedeva nemmeno la sua espressa esclusione. Insomma sebbene il regolamento condominiale del 1925 non indichi fra le parti comuni le condotte fognarie e idriche, la condomina ha ugualmente diritto a poter allacciare la propria unità immobiliare a tali impianti. La Corte, quindi, respinge l'appello proposto dal Condominio, e conferma la decisione di primo grado.
Presidente Petrolati – Relatore Caliman Ragioni di fatto e di diritto della decisione Con sentenza numero 140/2016, avente RG. 5426/2016, il Tribunale di Roma ha emesso il seguente dispositivo “a accerta il diritto di parte attrice ad allacciarsi, a propria cura e spese e con perfetto ripristino dello stato dei luoghi interessati dai lavori, al pozzetto di scarico condominiale posto nell'atrio b rigetta ogni altra domanda c condanna il condominio convenuto alla rifusione delle spese che liquida in euro 3500,00 per onorari da distrarsi in favore del difensore dichiaratosi antistatario. Spese di c.t.u definitivamente a carico di parte attrice. Roma 06.07.2016. Depositata il 16.07.2016” . La vicenda che ha dato origine alla lite è iniziata con atto di citazione in riassunzione, formulato dalla K. s.r.l., il 23.03.2013 rispetto alla precedente domanda spiegata davanti al giudice di pace dichiaratosi incompetente che deduceva a di essere proprietaria di un locale cat. C/1 sito in Roma, via omissis b che il locale faceva parte del condominio di via omissis c di avere chiesto di allacciarsi alla rete fognaria condominiale ed idrica del condominio d che il condominio si opponeva alla richiesta. Concludeva per sentir ordinare al condominio di eseguire l'allaccio o di consentirlo all'attore con lavori da eseguire in autonomia, con spese a carico del condominio. Si costituiva il condominio deducendo a che l'attrice aveva già in data 2.9.2012 tentato di realizzare a forza il collegamento fognario b che per il regolamento condominiale contrattuale non aveva alcun diritto sull'impianto fognario, non elencato nelle parti comuni condominiali c che avrebbe dovuto chiamare in causa tutti i condomini d che il locale di proprietà dell'attrice non aveva mai goduto dell'allaccio alla fogna ed all'acqua e che l'allaccio allo acquedotto comunale doveva essere autorizzato dalle autorità preposte e non dal condominio. Nel corso del giudizio veniva disposta c.t.u all'udienza del 27.04.2016 venivano precisate le conclusioni e la causa veniva assegnata a sentenza con i termini di gg.40 per conclusionali e 20 per repliche. Seguiva sentenza gravata. Ha proposto appello la K. s.r.l., come in atti, con atto di citazione notificato il 21.11.2016 ed iscritto a ruolo il 28.11.2016, contestando la sentenza di primo grado sotto vari profili e chiedendone la riforma con vittoria di spese. Si è costituito il Condominio, in atti, che aveva formulato autonomo atto d'appello notificato il 09.02.2017, iscritto a ruolo il 14.02.2017 col Rg.851/2017, contestando la sentenza di primo grado e chiedendone la riforma con vittoria di spese e rigetto dell'appello principale. All'udienza del 17.01.2018 veniva disposta la riunione del procedimento, più recente RG.851/2017 appello del condominio col il procedimento col numero di ruolo più antico RG. 7270/2016 appello della K. S.r.l. . Le parti hanno precisato le conclusioni all'udienza telematica del 04.05.2022 con i termini di giorni 60 più 20 per il deposito di comparse conclusionali e repliche ai sensi dell'articolo 351, quarto comma, c.p.c. con istanza di discussione orale, formulata in data 20.07.2022 da parte appellante, ai sensi dell'articolo 352, II c., c.p.c. che veniva fissata per l'udienza del 19.10.2022. Esaurita la discussione orale il Collegio si è riservato per la decisione. L'appello è articolato nei seguenti motivi 1 Si duole l'appellante principale dell'omessa liquidazione delle spese di lite relativa alla fase davanti al Giudice di Pace conclusasi con l'Ordinanza di Incompetenza del 29.03.2013 che, nel fissare il termine per la riassunzione innanzi al Tribunale, pronunciava la condanna della K. s.r.l. alle spese di lite. Il Tribunale avrebbe in ogni caso errato nella determinazione e quantificazione delle spese di lite dell'intera fase processuale che, secondo il DM 55/14 ed il valore della lite, andavano quantificati in € 7.100,00 a cui dovevano aggiungersi le spese per il procedimento di mediazione. 2 L'appellante si duole perché il Tribunale non ha accolto la domanda formulata dalla K. S.r.l. per lite temeraria ex articolo 96 c.p.c. per avere il Condominio sempre resistito in giudizio pur essendo consapevole dell'inconsistenza della propria difesa. La Corte così ragiona In via preliminare vanno esaminate le eccezioni d'inammissibilità dell'appello principale formulate dal Condominio appellato incidentale . Deduce il Condominio che il patrocinio della K. s.r.l. lo avrebbe citato a comparire innanzi alla Corte d'Appello di Roma indicando un indirizzo differente da quello dei luoghi di abituale dimora che le conclusioni dell'atto d'appello erano indirizzate al Tribunale invece che alla Corte che la notifica dell'atto d'appello effettuata via pec era indirizzata solamente al patrocinio dell'appellato Condominio che l'appello non risponde ai requisiti di ammissibilità e specificità richiesti. Osserva il Collegio che la citazione a comparire innanzi alla Corte d'Appello di Roma, presso la sede di Via Rossini invece di quella di Via Varisco, non incorre nelle previsioni di nullità previsti dall'articolo 164 c.p.c. I comma in quanto “l'Ufficio” non risulta omesso ma perfettamente identificabile senza possibilità di equivoci. L'indicazione in sede di conclusioni del Tribunale anziché della Corte d'Appello non crea confusione in quanto l'atto è stato indirizzato alla Corte d'Appello di Roma e l'appello va esaminato nel suo contesto. In ordine al vizio di notifica, effettuata a mezzo pec, dove risulta indicata la parte appellante ed identificata la sentenza oggetto di gravame e risulta indicato il procuratore della controparte, con riferimento gli allegati posti a fondamento del procedimento, ritiene la Corte di riportarsi all'arresto della Cassazione della Sez. U -, Sentenza numero 23620 del 28/09/2018 “ L'irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna dello stesso ha comunque prodotto il risultato della sua conoscenza e determinato così il raggiungimento dello scopo legale….” e Cassazione Sez. 3 - , Sentenza numero 17022 del 28/06/2018 “In tema notificazioni con modalità telematica, l'onere di indicare nell'atto notificato in corso di procedimento l'ufficio giudiziario, la sezione, il numero e l'anno di ruolo della causa, previsto a pena di nullità, rilevabile anche d'ufficio, dagli articolo 3-bis, comma 6, e 11 della l. numero 53 del 1994, assolve al fine di consentire l'univoca individuazione del processo al quale si riferisce la notificazione ne consegue che, ove l'atto contenga elementi altrettanto univoci, quali - nel caso del controricorso o nel ricorso incidentale per cassazione - gli estremi della sentenza impugnata, la notificazione non potrà essere dichiarata nulla, ai sensi dell'articolo 156, comma 3, c.p.c., avendo comunque raggiunto il suo scopo” Conformi Sez. 1, Sentenza numero 20625 del 31/08/2017 e Sentenza numero 17022 del 28.06.2018 nonché Ordinanza numero 29747 del 16/08/2018 “ Con riferimento agli atti muniti di firma digitale, quali le ricevute di accettazione e consegna della notificazione telematica o la relata di notifica, l'attestazione di conformità del difensore è sufficiente se riferita al contenuto testuale del documento che ne è oggetto, con tutti gli elementi propri rispetto allo scopo e, con riguardo alla firma digitale, al fatto che nell'originale vi è tale firma la regolarità del documento attestato si presume sino a specifica contestazione della parte contro interessata, che è onerata di allegare l'esistenza di precisi vizi, tali da determinare la lesione del diritto di difesa o un pregiudizio per la decisione”. Va anche disattesa la censura d'inammissibilità del gravame sollevata dalla parte appellata, Condominio, in quanto l'atto introduttivo del presente giudizio appare rispettoso dei requisiti prescritti dall'articolo 342 c.p.c. I motivi esposti vanno quindi disattesi. In ordine al primo motivo dell'appello principale osserva il Collegio che l'appellante, avverso la sentenza del Tribunale numero 14024/2016, chiede la revoca della condanna alle spese di lite contenuta nella Ordinanza della causa RG. 3429/2013, pronunciata dal Giudice di Pace di Roma che, dichiarando la propria incompetenza per materia, ha fissato il termine per la riassunzione innanzi al Tribunale di Roma, con la condanna alle spese della K. S.r.l. La censura quindi deve ritenersi inammissibile. Infatti, secondo l'orientamento della Cassazione L'ordinanza con la quale il giudice dichiara la propria incompetenza per valore ha natura di sentenza per il suo carattere decisorio sulla competenza, con la conseguenza che la statuizione sulle spese del processo ivi contenuta è ordinariamente impugnabile con l'appello e non con ricorso per cassazione che, se proposto, va dichiarato inammissibile Cass. Sez. 3, Sentenza numero 21697 del 20/10/2011 e “Il giudice che si dichiari incompetente ha l'obbligo di provvedere sulle spese del processo che chiude davanti a sé, la cui omissione va impugnata con l'appello in via ordinaria, dovendosi dichiarare inammissibile il ricorso per cassazione eventualmente proposto Cass. Sez. 6-3, Ordinanza numero 23727 del 19/11/2015 . Ne consegue che l'ordinanza del Giudice di Pace avrebbe dovuto essere impugnata con autonomo atto d'appello nei termini di cui agli articolo 325 e 327 c.p.c. il motivo d'appello è quindi inammissibile stante il giudicato sul capo. La richiesta di far rientrare nelle competenze liquidate dal Tribunale le spese di mediazione non può trovare ingresso perché riguardanti la fase innanzi al Giudice di Pace. Va quindi esaminato il secondo motivo d'appello circa la condanna per responsabilità aggravata per colpa grave o dolo che presuppone la soccombenza dell'avversario la prova dell'altrui malafede o colpa grave nell'agire o resistere in giudizio la prova del danno subìto a causa della condotta temeraria della controparte. Pertanto, è necessario dimostrare l'esistenza sia dell'elemento soggettivo consistente nella consapevolezza o nell'ignoranza colpevole dell'infondatezza della propria tesi, sia di quello oggettivo, ovvero il pregiudizio subìto a causa della condotta temeraria della parte soccombente. A tal riguardo, la parte istante avrebbe avuto l'onere di fornire elementi probatori sufficienti per provare l'esistenza del danno. Il Condominio ha resistito in giudizio ritendo la validità della propria tesi difensiva fondata sul richiamo al preesistente codice civile, tesi poi ritenuta infondata dal Tribunale, per cui non ci sono i presupposti dell'articolo 96 c.p.c. Il motivo va quindi disatteso non sussistendone i presupposti. In ordine all'appello incidentale osserva il Collegio che la K. S.r.l. ha proposto appello alla sentenza numero 14024/2016, depositata il 13.07.2016, con atto di citazione del 28.11.2016 per l'udienza del 09.03.2017 , iscritto al Ruolo il 28.11.2016 numero 7270/16 mentre l'appellato Condominio, invece di costituirsi in via incidentale nei termini di cui agli articolo 343 e 347 c.p.c., ha formulato autonomo atto d'appello notificato il 09.02.2017 nei termini di decadenza di cui all'articolo 327 c.p.c. del 13.02.2017 e nei termini della Comparsa di Risposta , scadenza 17.02.2017, nel procedimento principale. L'appello incidentale è pertanto ammissibile in tal senso Cassazione numero 26811 del 21.10.2019 “L'appello proposto in via principale da chi, essendo stata la sentenza già impugnata da un'altra parte, avrebbe potuto proporre solo appello incidentale, non è inammissibile ma si converte, per il principio di conservazione degli atti giuridici, in gravame incidentale, purché depositato nel termine prescritto per quest'ultima impugnazione”. L'appellante incidentale si duole dell'accoglimento da parte del Tribunale della domanda di autorizzazione all'allaccio fognario formulata dalla K. S.r.l. , come in atti, in violazione delle disposizioni contenute nel Regolamento Contrattuale del 1925 “che governa la comproprietà dei singoli appartamenti e locali terreni del fabbricato posto in Via omissis ” ed all'articolo 1 , dove vengono indicate le “Proprietà appartamenti e locali terranei l'area su cui sorge il fabbricato stesso, la terrazza che lo ricopre, il locale della cabina per la luce elettrica ed il cortile principale avente ingresso dall'androne del portone in via omissis ” dovevano pertanto intendersi escluse, per regolamento contrattuale, le restanti e quindi anche la fognatura e gli impianti che il Codice Civile del 1865, al tempo vigente, regolava sotto il titolo di servitù prediali e non opere comuni e condominiali. Essendoci la riserva di un regolamento contrattuale previgente, secondo il Condominio non assume rilevanza che l'attuale codice civile preveda “ che siano oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piano la fognatura ed i servizi di scarico” né che “ in diritto, dunque, parte attrice, in quanto comproprietaria di una porzione del piano terra, è comproprietaria anche dei beni anche dei beni comuni di cui all'articolo 1117 c.c., detta conclusione non è smentita dal Regolamento di condominio, il quale si limita, al punto 1, ad indicare la proprietà comune di singoli beni, senza nulla disporre in ordine a molti altri quali appunto condotte idriche, le fognature ed i canali di scarico che in assenza di diversa regolamentazione non possono ritenersi comuni a norma di legge”. L'appello incidentale si basa su una presunta ultrattività del Codice Civile previgente del 1865 non applicando, come avrebbe dovuto, l'articolo 256 delle Disposizioni di Attuazione del nuovo Codice dove tali fattispecie vengono così regolate “Quando nelle leggi e nei regolamenti sono richiamate le disposizioni del codice civile del 1865 e del codice di commercio del 1882 s'intendono richiamate le disposizioni corrispondenti del nuovo codice”. Chiaramente la ricostruzione formulata dall'appellante non può trovare accoglimento laddove lo stesso regolamento di condominio indica il cortile e l'area su cui sorge il fabbricato come parti comuni e l'articolo 1117 dell'attuale Codice Civile al numero 3 indica espressamente tra gli altri le fognature ed i canali di scarico. L'appello incidentale va quindi respinto. Le spese di lite di questo grado attesa la soccombenza dell'appellante principale e dell'appellante incidentale ed attesi i particolari rapporti che sorgono nell'ambito condominiale, vanno compensate tra le parti. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dell'appellante, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il gravame, se dovuto. P.Q.M. La Corte d'Appello, definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, appello principale Rg.7270/16 proposto dalla K. S.R.L., come in atti, nei confronti del CONDOMINIO, in Roma alla Via omissis , come in atti, ed appello incidentale RG. 851/17 proposto dal Condominio indicato, avverso la sentenza del Tribunale di Roma numero 14026/2016 così provvede 1 Rigetta l'appello principale. 2 Rigetta l'appello incidentale 3 Dichiara la compensazione delle spese del presente grado tra le parti. 4 Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell'appellante principale e di quello riunito appello incidentale, in favore dell'erario di un importo ulteriore, pari a quello del contributo unificato previsto per il gravame, se dovuto.