L’ammissione al concordato preventivo presume l’esattezza dell’adempimento dello stimatore?

Ai fini dell’ammissione del credito al passivo fallimentare, il professionista che abbia precedentemente curato l’attività di stima del patrimonio societario ai fini dell’ammissione al concordato preventivo, deve dimostrare l’esattezza del suo adempimento, per rispondenza della sua condotta al modello professionale e deontologico richiesto in concreto.

Il giudice delegato al fallimento di una S.r.l. ammetteva al passivo, in prededuzione, il credito vantato da un geometra per l'attività professionale di stima svolta a favore della società in bonis ai fini dell'ammissione al concordato preventivo, la cifra ammessa era però inferiore a quella richiesta dal professionista. Il Tribunale confermava la decurtazione operata dal g.d. per l'inesatto adempimento della prestazione. La questione è giunta all'attenzione della Suprema Corte. La pronuncia esclude in primo lungo la fondatezza della pretesa del geometra secondo cui l'ammissione della società al concordato preventivo sarebbe indice di un esatto adempimento del suo consulente. Le Sezioni Unite numero 42093/2021 hanno sul punto chiarito che «il professionista al quale sia stato negato, a causa di carenze nella dovuta diligenza, il compenso per la redazione della relazione di cui all'articolo 161, comma 3, legge fall., non [può] invocare, a fondamento del credito, la mera ammissione del debitore che lo ha designato poi dichiarato fallito alla procedura concordataria … non costituendo – a questi fini – il decreto emesso dal tribunale ex articolo 163, comma 1, legge fall. “approvazione della relazione, né un apprezzamento di competenza esclusiva del tribunale in ambito concordatario, in quanto l'ammissione a detta procedura non assevera definitivamente, con valore di giudicato, l'esattezza dell'adempimento del professionista”». Con la conseguenza che «la stessa valutazione può essere, in seguito, smentita dal medesimo tribunale, in sede di procedura fallimentare, all'esito di un più approfondito controllo». In altre parole «l'indagine del collegio dell'opposizione in ordine al credito vantato dallo stimatore incaricato dalla società debitrice non trovava ostacolo o limite, rispetto all'accertamento dell'inadempimento eccepito dal curatore, nel provvedimento che aveva disposto l'apertura del concordato sulla base di un'attestazione che si fondava sulla stima predisposta dallo stesso istante». Richiamando ulteriori precedenti, la Corte aggiunge che «il curatore, secondo i canoni diretti a far valere la responsabilità contrattuale, avrà l'onere di allegare e provare l'esistenza del titolo negoziale, contestando la non corretta esecuzione della prestazione o anche la sua inutilità per la massa o la solo parziale utilità con riduzione del quantum ammissibile Cass. 14050/2021 o l'incompleto adempimento sulla base del criterio di corrispettività ed essendo parzialmente nulle le clausole di insindacabilità del compenso a forfait Cass. 7974/2018 per contro, a carico del professionista – al di fuori di una obbligazione di risultato, pari al successo pieno della procedura - ricade l'onere di dimostrare l'esattezza del suo adempimento, per rispondenza della sua condotta al modello professionale e deontologico richiesto in concreto dalla situazione su cui è intervenuto con la propria opera ovvero l'imputazione a fattori esogeni, imprevisti e imprevedibili dell'evoluzione dannosa della procedura, culminata nella sua cessazione anticipata o non approvata giudizialmente e nel conseguente fallimento Cass., Sez. U., 42093/2021, § 57 ». In conclusione, avendo il Tribunale fatto corretta applicazione di tali principi, la Cassazione rigetta il ricorso.

Presidente Ferro – Relatore Pazzi Rilevato che 1. Il giudice delegato al fallimento di Omissis s.r.l. ammetteva al passivo, in prededuzione, il credito vantato dal geom. D.N.G., al quale la società in bonis aveva conferito un mandato professionale per la valutazione del suo intero compendio immobiliare i cui risultati erano stati poi utilizzati per la predisposizione di una domanda di concordato. La somma totale richiesta, pari a Euro 216.489, veniva però ridotta a Euro 108.244,50, all'esito di una decurtazione operata in considerazione delle lacune della relazione estimativa predisposta dall'istante, lacune che il G.D. reputava rilevanti sotto il profilo del non esatto adempimento della prestazione. 2. Il Tribunale di Teramo, con decreto del 22 luglio 2019, rigettava l'opposizione presentata a questo proposito dal D.N In particolare rilevava, dopo aver ricordato che il credito del professionista, in caso di suo inadempimento, doveva essere escluso o ridotto, che l'opponente, in esecuzione del mandato ricevuto, avrebbe dovuto garantire una ragionevole previsione di certezza circa l'effettivo realizzo prospettato all'interno dei propri elaborati, quale fonte primaria per il soddisfacimento di tutti i creditori concordatari in quest'ottica il professionista, nell'espletamento del mandato, avrebbe dovuto tenere e dare conto di tutti i possibili aspetti inerenti la condizione urbanistico-amministrativa dei beni, specificando le ragioni della possibile incidenza degli stessi sul valore di mercato dei beni. Constatava che le stime operate dal D.N. contenevano plurime inesattezze o lacune che inficiavano l'attendibilità delle sue conclusioni, con risultati spesso considerevolmente superiori rispetto alle valutazioni di stima compiute nell'ambito della procedura concordataria sia dai commissari giudiziali che dai tecnici estimatori nominati dagli organi della procedura. Riteneva, pertanto, di condividere la valutazione compiuta dal G.D. in ordine al non esatto adempimento del mandato professionale dedotto in causa, così come la decurtazione del 50% operata in sede di verifica dello stato passivo con riguardo all'ammontare del corrispettivo dovuto all'opponente. 3. Per la cassazione di questo decreto ha proposto ricorso D.N.G. prospettando tre motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso il fallimento di Omissis s.r.l Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell'articolo 380-bis.1 c.p.c Considerato che 4. Il primo motivo di ricorso prospetta la nullità del decreto impugnato per violazione e falsa applicazione dell'articolo 161, commi 2 e 3, articolo 162, comma 2, articolo 163, comma 1, e articolo 173 l. fall. la valutazione del rispetto dell'obbligo di diligenza del professionista rimaneva strettamente legata alle sorti della procedura avviata dalla società conferente l'incarico, cosicché il tribunale, a fronte dell'ammissione di Omissis s.r.l. alla procedura di concordato preventivo, non poteva - in tesi - mettere in discussione la diligenza dell'opponente e doveva rigettare l'eccezione di inadempimento sollevata dalla curatela. Peraltro, nel caso in cui il tribunale abbia aperto la procedura concordataria e l'esito negativo della stessa sia dipeso dal voto dei creditori, l'eventuale eccezione di inadempimento formulata dal curatore in sede di ammissione al passivo del successivo fallimento può trovare accoglimento - a dire del ricorrente - solo in quanto sia precisato il concreto pregiudizio prodotto da eventuali inesattezze contenute nella domanda l'inadempimento del professionista che ha redatto una relazione di stima in funzione della redazione di una proposta di concordato preventivo richiede, infatti, una significativa alterazione della situazione reale del patrimonio immobiliare valutato nel suo complesso e la sua incidenza causale nella determinazione della proposta concordataria. Nel caso di specie la relazione di stima non era stata completamente o anche solo in parte inutile per i fini dello svolgimento e del positivo completamento del procedimento di ammissione al concordato preventivo, sia in considerazione della natura delle asserite carenze, consistenti in una serie di inesattezze prive di conseguenze e di effetti pregiudizievoli per la massa dei creditori, sia perché proprio sulla scorta della relazione di stima Omissis s.r.l. era stata regolarmente ammessa alla procedura di concordato preventivo. 5. Il motivo risulta per un profilo infondato, per altro inammissibile. 5.1 Non è fondata la tesi, in diritto, secondo cui all'ammissione della società al concordato preventivo sarebbe da ricollegare una presunzione di esatto adempimento del suo consulente quasi una sorta di preclusione pro iudicato contro l'esperibilità dell'eccezione di inadempimento, superabile solo dimostrando non solo l'inesatto adempimento, ma anche il danno effettivo subito dai creditori. La tesi è stata efficacemente confutata dalle Sezioni Unite di questa Corte sent. numero 42093/2021, p. 59 , le quali hanno chiarito che il professionista al quale sia stato negato, a causa di carenze nella dovuta diligenza, il compenso per la redazione della relazione di cui all'articolo 161, comma 3, L. Fall., non può invocare, a fondamento del credito, la mera ammissione del debitore che lo ha designato poi dichiarato fallito alla procedura concordataria . non costituendo - a questi fini - il decreto emesso dal tribunale ex articolo 163, comma 1, L. Fall. approvazione della relazione, né un apprezzamento di competenza esclusiva del tribunale in ambito concordatario, in quanto l'ammissione a detta procedura non assevera definitivamente, con valore di giudicato, l'esattezza dell'adempimento del professionista . Con la conseguenza che la stessa valutazione può essere, in seguito, smentita dal medesimo tribunale, in sede di procedura fallimentare, all'esito di un più approfondito controllo conf. Cass. numero 22785/2018 . Questo principio vale indifferentemente per il professionista indipendente attestatore del piano di concordato e per il consulente dell'imprenditore in crisi che redige il piano e prepara tutti i documenti da allegare al ricorso. Il decreto di apertura del concordato non comporta, quindi, alcun accertamento dotato di stabilità in termini preclusivi della verifica dell'ammissibilità del credito del professionista al passivo nell'ambito del fallimento che abbia fatto seguito all'insuccesso della procedura concordataria. Ne discende che l'indagine del collegio dell'opposizione in ordine al credito vantato dallo stimatore incaricato dalla società debitrice non trovava ostacolo o limite, rispetto all'accertamento dell'inadempimento eccepito dal curatore, nel provvedimento che aveva disposto l'apertura del concordato sulla base di un'attestazione che si fondava sulla stima predisposta dallo stesso istante. 5.2 La statuizione appena richiamata soccorre anche al fine di individuare gli oneri, di allegazione e prova, che ricadono sul professionista che richiede l'ammissione al passivo del credito derivante dall'attività svolta nel corso del concordato e sul curatore che intenda contestare la corretta esecuzione di tale prestazione professionale. Il curatore, secondo i canoni diretti a far valere la responsabilità contrattuale, avrà l'onere di allegare e provare l'esistenza del titolo negoziale, contestando la non corretta esecuzione della prestazione o anche la sua inutilità per la massa o la solo parziale utilità con riduzione del quantum ammissibile Cass. 14050/2021 o l'incompleto adempimento sulla base del criterio di corrispettività ed essendo parzialmente nulle le clausole di insindacabilità del compenso a forfait Cass. 7974/2018 per contro, a carico del professionista - al di fuori di una obbligazione di risultato, pari al successo pieno della procedura - ricade l'onere di dimostrare l'esattezza del suo adempimento, per rispondenza della sua condotta al modello professionale e deontologico richiesto in concreto dalla situazione su cui è intervenuto con la propria opera ovvero l'imputazione a fattori esogeni, imprevisti e imprevedibili dell'evoluzione dannosa della procedura, culminata nella sua cessazione anticipata o non approvata giudizialmente e nel conseguente fallimento Cass., Sez. U., 42093/2021, p. 57 . Il tribunale, con il provvedimento impugnato, ha fatto puntuale applicazione di questi principi, ritenendo a pag. 7 che, a fronte della contestazione del curatore circa la non corretta esecuzione della prestazione professionale commissionata dal fallito, gravasse sul creditore l'onere di dimostrare l'esattezza del suo adempimento. Il collegio dell'opposizione si è posto, poi, proprio nella prospettiva di apprezzamento della diligenza indicata dalle Sezioni Unite, laddove ha ritenuto a pag. 8 che nell'ambito di una procedura di concordato preventivo in cui il compendio immobiliare della società debitrice era fonte primaria per il soddisfacimento di tutti i creditori , il professionista incaricato della stima del compendio immobiliare, essendo onerato di dimostrare la rispondenza della sua condotta al modello professionale e deontologico richiesto in concreto dalla situazione su cui era intervenuto con la propria opera, avrebbe dovuto garantire una ragionevole previsione di certezza circa l'effettivo realizzo prospettato , tenendo conto, quindi, di tutti i possibili aspetti inerenti la condizione urbanistico-amministrativa dei beni e specificando le ragioni della possibile incidenza o meno di essi sul valore normale o corrente dei beni sul mercato . 5.3 Una volta accertato che la sussistenza dell'inadempimento è stata valutata in relazione alla specifica diligenza richiesta al debitore qualificato dall'articolo 1176 c.c., comma 2, non rimane che constatare come il relativo accertamento competesse al giudice di merito e sia incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato, come nel caso di specie. 6.1 Il secondo motivo di ricorso assume la nullità del decreto impugnato per violazione e falsa applicazione degli articolo 2230,1455 e 1460 c.c., poiché il tribunale ha totalmente omesso di valutare la gravità dell'eccepito inesatto adempimento e l'assenza di proporzione tra lo stesso e la riduzione del compenso operata dal G.D., enormemente superiore alle effettive conseguenze patite dalla società poi fallita per il presunto errore professionale. Il collegio di merito, inoltre, avrebbe dovuto rigettare l'eccezione di inesatto adempimento, perché esercitata dalla curatela in maniera contraria a buona fede, dato che la stima era stata utilizzata dalla Di Omissis s.r.l. e posta a base della proposta di concordato. 6.2 Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione dell'articolo 1460 c.c., in quanto il tribunale non ha considerato che l'eccezione di inesatto adempimento, mirando alla conservazione del rapporto contrattuale, non poteva essere legittimamente sollevata dalla parte già inadempiente ed in presenza di un suo inadempimento inesatto oramai irreversibile, che segnava l'esaurimento del rapporto contrattuale. 7. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione della loro parziale sovrapponibilità, risultano l'uno il secondo in parte infondato, in parte inammissibile, l'altro il terzo infondato. Il tribunale, una volta precisato che le conseguenze dell'eventuale inadempimento non si pongono in termini di gradazione del credito . bensì - ancor prima - in termini di ammissione al passivo del medesimo credito, in ossequio al principio inadimplenti non est adimplendum di cui all'articolo 1460 c.c. pag. 6 , ha condiviso la valutazione compiuta dal G.D. in ordine al non esatto adempimento del mandato professionale dedotto in causa, reputando poi che il corrispettivo pattuito fosse stato correttamente ridotto nella misura del 50%. Una simile statuizione fa corretta applicazione del principio, fissato dalla sentenza più volte richiamata, secondo cui il curatore e' . il solo legittimato ad eccepire, ai sensi degli articolo 1218 e 1460 c.c. Cass. 15807/2021 , che il prestatore ha causalmente contribuito all'allestimento di un concordato in realtà privo della sua causa concreta, cioè inidoneo al superamento della crisi d'impresa attraverso la regolazione cui è vocata la procedura, in tal modo giustificando la non ammissione al passivo, totale o parziale, essendosi interrotto il nesso funzionale tra prestazione professionale e procedura stessa Cass., Sez. U., 42093/2021, p. 58 eccezione a cui consegue la non ammissione, totale o parziale, del singolo credito ove si accerti l'inadempimento della obbligazione assunta. L'entità della riduzione funzionale al riequilibrio del sinallagma - conseguente al fatto che il credito vantato, con la insinuazione al passivo, non corrisponde per intero alla prestazione pattuita oppure, per una parte, non assegna al creditore della prestazione, debitore del corrispettivo, tutte le utilità delle prestazioni pattuite - costituisce un accertamento di merito che non può essere sindacato in questa sede di legittimità. 8. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere respinto. PQM Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 8.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, numero 228, articolo 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis ove dovuto.