La Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata sulla disciplina applicabile ratione temporis, in relazione all’appalto ed alla garanzia a prima richiesta stipulati, nel caso di specie, nel 1998.
Questi i principi di diritto espressi dal sommo consesso per dirimere la controversia in questione «in relazione alla disciplina applicabile ratione temporis a contratto di appalto di opera pubblica stipulato nel 1998, l'esercizio del diritto dell'amministrazione appaltante di escussione della relativa garanzia a prima richiesta per l'inadempimento dell'appaltatore non si può intendere subordinato, per la stessa natura della garanzia a prima richiesta come ricollegata ad esso, all'esaurimento del procedimento di accertamento della rispondenza dell'opera al contratto e alle regole dell'arte mediante l'approvazione da parte della medesima amministrazione del collaudo finale» «nel giudizio promosso per l'escussione di garanzia a prima richiesta vi è carenza di interesse del garante ad impugnare l'accertamento del giudice del merito relativo all'ammontare del danno risarcibile derivante dall'inadempimento dell'obbligazione principale, ove tale accertamento, per l'estraneità alla specifica condotta abusiva del creditore opposta dal garante in sede di exceptio doli generalis, sia inidoneo ad acquistare l'efficacia di cosa giudicata».
Presidente Frasca – Relatore Scoditti Fatti di causa 1. Z. s.p.a. propose opposizione innanzi al Tribunale di Roma avverso il decreto ingiuntivo emesso per l'importo di Euro 320.342,72 oltre interessi legali in favore di Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. RFT . Con la domanda di ingiunzione era stato esposto che, a garanzia della esatta esecuzione del contratto d'appalto di data 12 giugno 1998 affidato ad associazione temporanea di imprese per la realizzazione di un edificio comprensivo degli impianti tecnologici per il posto centrale del sistema di controllo e di comando della direttrice OMISSIS , era stata sottoscritta con la società ingiunta polizza fideiussoria a prima richiesta in data 22 aprile 1998 e che, a seguito della risoluzione del contratto per inadempimento dell'appaltatore con delibera dell'11 settembre 2002, era stata escussa la garanzia per l'intero del massimale garantito. Espose la parte opponente, in funzione di exceptio doli generalis, che risultava violata la procedura di verifica e contabile da eseguirsi a seguito della risoluzione degli appalti pubblici al fine della determinazione dell'eventuale saldo passivo da porre a carico dell'appaltatore, azionabile sulle cauzioni o sulle polizze sostitutive. 2. Il Tribunale adito accolse l'opposizione, revocando il decreto ingiuntivo. 3. Avverso detta sentenza propose appello RFT. Si costituì la parte appellata chiedendo il rigetto dell'appello. 4. Con sentenza di data 9 maggio 2019 la Corte d'appello di Roma accolse l'appello, confermando il decreto ingiuntivo. Osservò la corte territoriale che, mentre incombeva comunque sull'appellata l'onere probatorio circa l'esatto adempimento dell'obbligazione da parte dell'appaltatore, dal certificato di collaudo di data 3 aprile 2003 riconosciuto come atto formale dalla stessa appellata e dalla contabilizzazione dei lavori esplicata nella situazione dei lavori e delle provviste di pari data emergeva che solo un terzo dei lavori era stato eseguito e che la causa dell'inadempimento era stata individuata dal collaudatore nella condotta dell'appaltatore, che aveva mostrato poca disponibilità, non aveva impiegato il personale necessario per la realizzazione dell'opera e non era riuscito a terminare i lavori nonostante la concessione di numerose proroghe, per cui l'inadempimento del debitore, al momento della risoluzione, era pari quanto meno alla differenza fra pattuito e realizzato, di gran lunga superiore all'importo della polizza. Aggiunse che il richiamo alle riserve formulate dall'appaltatore ed al mancato rispetto delle procedure volute dalla legge per la redazione della contabilità finale dell'appalto risolto non erano idonei a dimostrare l'illegittimità della richiesta dell'appellante perché per un verso le riserve attenevano a pretese tutte da dimostrare e non accettate da RFI, nè tantomeno oggetto di compensazione idonea ad azzerare i danni da inadempimento, per l'altro il certificato di collaudo e la situazione finale dei lavori e delle provviste erano documenti sufficienti a considerare la condotta dell'appellante conforme alle procedure previste per l'individuazione del diritto ad incamerare la polizza, non essendo necessario a tal fine la dimostrazione dell'inadempimento dell'appaltatore da parte del committente, vertendosi in tema di contratto di garanzia autonoma. 5. Ha proposto ricorso per cassazione Z. Insurance PLC-Rappresentanza Generale per l'Italia sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso la parte intimata. 6. Si dà preliminarmente atto che per la decisione del presente ricorso, fissato per la trattazione in pubblica udienza, questa Corte ha proceduto in camera di consiglio, senza l'intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, numero 137, articolo 23, comma 8-bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, numero 176, in combinato disposto con D.L. 30 dicembre 2021, numero 228 articolo 16, comma 1, che ne ha prorogato l'applicazione alla data del 31 dicembre 2022 . Il Pubblico Ministero ha presentato le conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso. È stata depositata memoria da entrambe le parti. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli articolo 1175,1375 e 2697 c.c., L. numero 109 del 1994, articolo 28, 30 101,121,187,199 e D.P.R. numero 554 del 1999articolo 205, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, nonché omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5. Premesso che permane nella garanzia autonoma la facoltà di sollevare le eccezioni relative al rapporto di garanzia, come la validità ed efficacia del contratto di garanzia o l'inesistenza dell'inadempimento garantito, nonché di proporre l'exceptio doli per violazione della correttezza e buona fede, osserva la parte ricorrente che la polizza emessa a garanzia dell'esatto adempimento di un appalto pubblico, al pari della cauzione in numerario, non può essere incamerata senza che l'Amministrazione abbia ottemperato alla procedura imposta dalla legge in materia di appalti pubblici in tema di verifiche tecniche e contabili, prevista in particolare dal D.P.R. numero 554 del 1999 e volta al collaudo dei lavori e alla liquidazione dell'eventuale stato passivo da porre a carico dell'appaltatore, anche in relazione alla maggiore spesa per affidare ad altra impresa i lavori nel caso di risoluzione del contratto per inadempimento, e da azionare sulle cauzioni. Aggiunge che la polizza prevede lo svincolo della fideiussione dopo l'approvazione del certificato di collaudo definitivo e che l'appendice S1 della polizza prescrive sia l'obbligo della compagnia a versare l'importo indicato dal beneficiario fino a concorrenza della costituita fideiussione a semplice richiesta ove ricorra la circostanza di dover provvedere al totale o parziale incameramento della somma garantita, sia che l'incameramento debba rispettare tutti i vincoli e norme regolamentari e legislative che regolano i depositi cauzionali in materia di appalti . Osserva ancora che è onere della stazione appaltante provare il regolare compimento della procedura di liquidazione dell'appalto risolto, la quale è invece rimasta ferma definitivamente al certificato di collaudo, che, da un lato certificava la buona esecuzione delle opere, e dall'altro contabilizzava a carico dell'appaltatrice a titolo di penale per il ritardo un debito di Euro 174.562,43. 1.1 Il motivo è infondato. La questione posta dalla censura è se il garante a prima richiesta, in relazione a garanzia prestata per appalto pubblico, possa opporre il mancato perfezionamento del procedimento legale di approvazione e di accertamento di vizi e difformità. Per sciogliere il nodo, deve accertarsi se tale profilo attenga anche al rapporto di garanzia oppure sia limitato al rapporto garantito. Va premesso che la disciplina applicabile ratione temporis, in relazione all'appalto ed alla garanzia a prima richiesta stipulati nel 1998, è quella prevista, fra l'altro, dal R.D. numero 350 del 1895, dal D.P.R. numero 1063 del 1962, dalla L. numero 741 del 1981 e dalla L. numero 109 del 1994. La ricorrente ha invocato l'applicabilità del d.P. R. numero 554 del 1999, ma tale disciplina, in base alla norma transitoria di cui all'articolo 232, trova applicazione per quanto riguarda il modo o il contenuto delle obbligazioni del contratto ai contratti stipulati successivamente all'entrata in vigore delle disposizioni del D.P.R. numero , e dunque non può trovare applicazione al caso di specie. Come già evidenziato da Cass. 10 gennaio 1997 numero 169 in relazione al diritto applicabile ratione temporis, è con l'approvazione del collaudo finale da parte della P.A. che si perfeziona il procedimento di accertamento della rispondenza dell'opera al contratto e alle regole dell'arte, per cui è con tale atto che l'Amministrazione fa proprie le conclusioni del collaudatore considerando inoppugnabile la determinazione espressa nell'atto di collaudo, anche per ciò che concerne le modificazioni da introdursi nel conto finale e la liquidazione delle penali indicate nel medesimo certificato di collaudo. Con l'approvazione del collaudo sorge poi il diritto dell'appaltatore alla liberazione della cauzione. Si tratta di comprendere se l'approvazione del collaudo rilevi anche all'interno del rapporto di garanzia e se la sua mancanza possa essere opposta in sede di exceptio doli generalis. Come ribadito da Cass. Sez. U. 18 febbraio 2010 numero 3947, la garanzia a prima richiesta svolge nell'ambito dell'appalto pubblico la medesima funzione della cauzione prestata dall'appaltatore. La facoltà di immediata riscossione delle somme, a prescindere dal rapporto garantito, realizza una funzione del tutto simile a quella dell'incameramento di una somma di denaro a titolo di cauzione, evitando la protratta e improduttiva immobilizzazione di capitali che consegue al deposito cauzionale. L'equiparazione funzionale di garanzia a prima richiesta e cauzione non può però giungere alla sottoposizione del diritto di escussione della garanzia al medesimo presupposto di fatto, sul piano sostanziale, dell'incameramento della cauzione. La cauzione in numerario o in titoli, dovuta dall'appaltatore a garanzia dell'adempimento delle obbligazioni contrattuali, e che può essere sostituita anche da una fideiussione bancaria o da una polizza assicurativa fideiussoria, non ha funzione satisfattoria, ma natura di garanzia reale generica, finalizzata ad assistere qualsiasi ragione di credito effettivamente esistente a favore della P.A. ne consegue che, ove alla prestazione segua l'inadempimento dell'appaltatore, la P.A. può soddisfare il proprio credito incamerando l'importo ricevuto in numerario o procedendo alla vendita dei titoli o all'escussione della fideiussione, ma solo nei limiti del pregiudizio effettivamente subito, del quale è tenuta a fornire la prova, essendole espressamente consentito di agire per il ristoro dei maggiori oneri eventualmente sopportati, ma non anche di trattenere importi eccedenti l'ammontare delle spese sostenute e dei danni riportati Cass. numero 21205 del 2014 e numero 1212 del 1979 conforme Cass. numero 3839 del 2021 . La prova del pregiudizio effettivo attiene al rapporto garantito e può estendersi alla comune fideiussione, dove il fideiussore può opporre le eccezioni che spettano al debitore principale, ma non ha rilievo con riferimento al contratto autonomo di garanzia, che prescinde dalla prova dell'effettivo pregiudizio. L'accertamento della rispondenza dell'opera al contratto e alle regole dell'arte, cui sono preposti il collaudo e la relativa approvazione da parte dell'Amministrazione, resta sul piano del rapporto garantito in quanto relativo al piano dell'accertamento del pregiudizio effettivamente subito. Si spiega così perché con l'approvazione del collaudo sorga il diritto dell'appaltatore alla liberazione della cauzione. Estendere l'accertamento in discorso al piano della garanzia significherebbe svuotare quest'ultima della sua caratteristica di prima richiesta sulla base della mera denuncia dell'inadempimento perché la si sottoporrebbe ad una condizione che inerisce all'accertamento del pregiudizio subito. Nel motivo di ricorso si richiama l'appendice S1 della polizza per cui è causa, dove si legge per un verso dell'obbligazione a prima richiesta, per l'altro del rispetto nell'incameramento dei vincoli e norme che regolano i depositi cauzionali in materia di appalti. La genericità della disposizione non consente di concludere nel senso che l'escussione della garanzia autonomia sia sottoposta al medesimo presupposto sostanziale della cauzione rappresentato dall'accertamento del pregiudizio risultante dall'approvazione del collaudo finale pena il venir meno della stesso carattere a prima richiesta della garanzia. Nel caso di specie la garanzia è stata escussa dopo la risoluzione del contratto per inadempimento dell'appaltatore e questo è presupposto sufficiente per l'esercizio della garanzia autonoma senza che possa essere opposto un contegno abusivo del beneficiario. Si vuol dire, cioè, che la previsione della garanzia, proprio per come emerge dalla clausola 1 delle condizioni generali e dall'appendice di polizza S/1 è ancorata all'inadempimento e la stessa società ricorrente non pone in discussione che un inadempimento vi sia stato, tanto che il rapporto di appalto è stato risolto. Fare riferimento al collaudo, cioè ad un'attività che si pone come ulteriore rispetto alla verificazione dell'inadempimento e che è funzionale alla constatazione della situazione dell'opera per individuare l'entità delle conseguenze dell'inadempimento, si risolve nel sostituire un oggetto diverso alla garanzia. In altri termini non è possibile costruire la mancata effettuazione del collaudo come comportamento evidenziante un comportamento suscettibile di fondare un'exceptio doli semplicemente perché la garanzia a prima richiesta è basata solo sull'inadempimento. Il collaudo, come già si è precisato sopra, è un istituto interno alla disciplina dell'appalto e dunque regolatore del rapporto fra appaltante-garantito e appaltatore obbligato ed in relazione al suo operare il garante l'assicurazione ben può tutelarsi ex post, dopo avere pagato a prima richiesta, surrogandosi ed esercitando in sua vece - se la p.a. sia rimasta inerte - la sua pretesa a che il collaudo venga effettuato, in modo da far evidenziare l'effettiva minore somma per cui in ipotesi la garanzia fosse dovuta. La citata appendice S/1 prevede non a caso che il collaudo o meglio il certificato di collaudo definitivo sia condizione per lo svincolo della fideiussione e tanto evidenzia che ai fini dell'operare della garanzia i collaudi necessariamente non definitivi intervenuti fino al momento della risoluzione e dunque del manifestarsi dell'inadempimento e così quello da farsi dopo la risoluzione, restano irrilevanti se non quando l'assicurazione deve esercitare la surroga. La previsione dell'appendice citata secondo cui la fideiussione “soggiacerà a tutti i vincoli e norme regolamentari e legislative che regolano i depositi cauzionali”, come conferma l'inciso finale anche nel caso in cui le inadempienze siano oggetto di risoluzione consensuale o transazione tra l'obbligato e l'ente garantito, non risulta in alcun modo evocativa di quanto pretende la ricorrente. Ciò non solo per la sua assoluta genericità, ma soprattutto perché non ci si riferisce all'attivazione della fideiussione, ma alla fideiussione come tale e - come rivela la successiva previsione dell'operare della fideiussione anche per tali ipotesi - ha il significato di assicurare alla garante le possibilità di rivalsa prescindendo dalla risoluzione consensuale o dalla transazione, cioè senza esservi vincolata. Quanto all'onere di informazione sullo stato dell'esecuzione dell'appalto, che invoca parte ricorrente a sostegno della sua non condivisibile tesi, si rileva che non può essere considerato come condizione per la garanzia a prima richiesta, ma riguarda un onere esistente durante la pendenza dell'appalto e così anche una volta che sia attivata e prestata la garanzia. Da ultimo si rileva che la previsione dell'articolo 2 del contratto di appalto riguarda il rapporto fra appaltante e appaltatore e può riguardare l'assicuratrice solo ai fini della rivalsa surrogazione . Va in conclusione enunciato il seguente principio di diritto in relazione alla disciplina applicabile ratione temporis a contratto di appalto di opera pubblica stipulato nel 1998, l'esercizio del diritto dell'amministrazione appaltante di escussione della relativa garanzia a prima richiesta per l'inadempimento dell'appaltatore non si può intendere subordinato, per la stessa natura della garanzia a prima richiesta come ricollegata ad esso, all'esaurimento del procedimento di accertamento della rispondenza dell'opera al contratto e alle regole dell'arte mediante l'approvazione da parte della medesima amministrazione del collaudo finale . 2. Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione del L. numero 109 del 1994 articolo 30,D.P.R. numero 554 del 1999 articolo 30 e 121, , ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3. Osserva la parte ricorrente che in relazione al completamento delle opere non realizzate il danno risarcibile da trattenere sulle cauzioni, lungi dall'essere costituito dalla differenza fra il pattuito ed il realizzato, come erroneamente afferma la sentenza impugnata, è costituito dagli eventuali rincari del prezzo delle opere da completare rispetto a quanto pattuito nell'appalto originario, nonché dai maggiori costi, il tutto come risultante dai contratti di riappalto se esistenti e di cui nel presente caso non vi è traccia e dall'atto di liquidazione finale nella specie mancante, previsto dal D.P.R. numero 554 del 1999 articolo 101 e 121. 3. Con il terzo motivo si denuncia violazione dell'articolo 112 c.p.c., ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4. Osserva la parte ricorrente che l'accertamento compiuto dal giudice del merito in ordine all'ammontare dell'inadempimento, quale differenza fra il pattuito ed il realizzato, non era consentito, mancando la domanda giudiziale relativa al merito delle pretese risarcitorie, domanda che peraltro avrebbe introdotto nella causa il rapporto sottostante la polizza rispetto al quale non è consentito al garante contraddire. 4. Il secondo e terzo motivo, da trattare congiuntamente, sono inammissibili. Le censure attingono il giudizio relativo all'ammontare del danno in relazione al rapporto garantito, sia sotto il profilo del merito dell'accertamento che della ritualità del medesimo accertamento quanto alla corrispondenza fra chiesto e pronunciato. Al riguardo va rammentata la totale indipendenza del contratto autonomo di garanzia rispetto al rapporto causale. Nella garanzia a prima richiesta il rapporto principale non è oggetto di accertamento neanche incidentale in quanto trattasi di rapporto non opponibile al garante. L'oggetto della cognizione è esclusivamente un giudizio prima facie relativo per di più non alla validità ed efficacia dell'obbligazione principale ma alla condotta eventualmente abusiva e fraudolenta del creditore che il garante può avere opposto in sede di exceptio doli generalis. Tale è l'oggetto dell'accertamento giurisdizionale che il litisconsorzio facoltativo eventualmente instaurato in primo grado anche nei confronti del debitore principale, non configura in secondo grado un rapporto di dipendenza tra la domanda di adempimento della garanzia a prima richiesta e l'accertamento dell'inadempimento dell'obbligazione principale, con la conseguenza che, a differenza di quanto accade nell'ipotesi della fideiussione, deve escludersi l'applicazione del regime processuale relativo alle cause inscindibili, regolato dall'articolo 331 c.p.c. Cass. 12 novembre 2010, numero 23016 pertanto il debitore principale cui non sia stata notificata l'impugnazione proposta dal creditore garantito soltanto verso il garante, deve necessariamente proporre autonomo appello se vuole evitare il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado nei suoi confronti . L'accertamento relativo all'ammontare del danno risarcibile derivante dall'inadempimento dell'obbligazione principale non costituisce quindi in sé ratio decidendi ed è inidoneo come tale ad acquistare l'efficacia di cosa giudicato. Un'efficacia di giudicato di tale accertamento, comunque - stanti i limiti soggettivi dell'accertamento - non opponibile se sfavorevole al debitore principale rimasto estraneo al giudizio, sarebbe configurabile solo ove il garante abbia sollevato un'exceptio doli generalis, avente ad oggetto la condotta abusiva del creditore, che implichi un accertamento prima facie relativamente all'an o al quantum del credito. Solo in tali limiti sussisterebbe un interesse del garante a proporre impugnazione. Nel caso di specie ciò che è stato opposto dal creditore è il mancato perfezionamento del procedimento amministrativo di determinazione del credito. Alla luce della controversia insorta, l'ammontare del danno risarcibile non costituisce oggetto di accertamento idoneo a formare il giudicato, in quanto non elemento della fattispecie opposto dal garante. L'affermazione al riguardo del giudice del merito non ha dignità di ratio decidendi, da cui la carenza del garante a proporre l'impugnazione. Va in conclusione enunciato il seguente principio di diritto nel giudizio promosso per l'escussione di garanzia a prima richiesta vi è carenza di interesse del garante ad impugnare l'accertamento del giudice del merito relativo all'ammontare del danno risarcibile derivante dall'inadempimento dell'obbligazione principale, ove tale accertamento, per l'estraneità alla specifica condotta abusiva del creditore opposta dal garante in sede di exceptio doli generalis, sia inidoneo ad acquistare l'efficacia di cosa giudicata . 5. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, numero 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. numero 115 del 30 maggio 2002 articolo 13 comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali dell'obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 12.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito della L. numero 228 del 2012 articolo 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.