La notifica dell’avviso di accertamento non preclude ai chiamati di rinunciare all’eredità del contribuente. L’atto ha effetto retroattivo e la parte è considerata come mai chiamata alla successione con la conseguenza che è illegittima la cartella di pagamento notificata ai chiamati a seguito della definitività per mancata impugnazione dell’accertamento.
Lo ha precisato la Cassazione, con sentenza 37064 del 19 dicembre 2022, con cui ha respinto il ricorso dell'Agenzia delle entrate. Debiti fiscali del “de cuius” ed effetto della rinuncia all'eredità. Per effetto della rinuncia all'eredità il rinunciante “è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato”, sicché trovano applicazione le disposizioni di cui agli articoli 522 e 523 del codice civile in tema di devoluzione. In sostanza, l'effetto derivante dalla dichiarazione di rinuncia è immediato e consiste nella decadenza dal diritto di accettare e nella devoluzione dell'eredità a un successibile di grado posteriore. È vero che il rinunciante può, entro il termine di dieci anni dalla morte del defunto, revocare la rinuncia, così accettando l'eredità e succedendo al predetto a titolo universale, con effetto ex tunc, ma solo qualora il nuovo chiamato non abbia frattanto accettato, definitivamente acquistando l'eredità. Contrariamente a quanto sostenuto dall'agenzia, dunque, il chiamato all'eredità, che non abbia accettato e che vi rinunci, non può essere considerato in alcun modo titolare della soggettività passiva rispetto ai debiti del de cuius, neanche in ambito tributario, giacché il fisco, alla stregua di qualsiasi creditore, può utilizzare gli strumenti offerti dal codice civile a tutela della relativa posizione, come ad esempio l'impugnazione della rinuncia articolo 524 c.c. o la richiesta di nomina di un curatore dell'eredità giacente articolo 528 c.c. onde evitare di incorrere nella decadenza. Il chiamato all'eredità, che abbia ad essa validamente rinunciato, non risponde dei debiti tributari del de cuius, neppure per il periodo intercorrente tra l'apertura della successione e la rinuncia, neanche se risulti tra i successibili ex lege o abbia presentato la dichiarazione di successione che non costituisce accettazione , in quanto, avendo la rinuncia effetto retroattivoex articolo 521 cc., egli è considerato come mai chiamato alla successione e non deve più essere annoverato tra i successibili” cfr. Cass. 15871/2020 . Non rileva a tale proposito la tardività della rinunzia all'eredità. Infatti, tenuto conto che l'accettazione dell'eredità è il presupposto perché si possa rispondere dei debiti ereditari, una eventuale rinuncia, anche se tardivamente proposta, esclude che possa essere chiamato a rispondere dei debiti tributari il rinunciatario, sempre che egli non abbia posto in essere comportamenti dai quali desumere un'accettazione tacita dell'eredità articolo 476 cod. civ. in questi casi la relativa prova grava sull'amministrazione finanziaria che deve dimostrare, ad esempio che la rinuncia era priva di effetto per avere i chiamati già accettato l'eredità in virtù del possesso dei beni ai sensi dell'articolo 485 c.c. o di un comportamento concludente cfr. Cass. 8053/2017 . Caso concreto. La Ctr, in una controversia relativa a una cartella di pagamento, ha accolto il ricorso dei chiamati all'eredità del contribuente deceduto sul presupposto che la rinuncia all'eredità escludeva la responsabilità per i debiti tributari. L'amministrazione finanziaria ha quindi proposto ricorso in Cassazione sostenendo che i chiamati all'eredità non potevano più rinunciare dopo la notifica dell'avviso di accertamento emesso nei loro confronti e non impugnato. La Cassazione, nel respingere la domanda, ha ricordato che l'apertura della successione non comporta l'acquisto della qualità di erede in favore dei successibili ex lege o ex testamento, ma soltanto l'acquisto della qualità di chiamato alla eredità soltanto ove avvenga l'accettazione, anche tacita, il chiamato si considera erede cfr. Cass. 11832/2022 e 15871/2020 . Ne consegue che, in ipotesi di giudizio instaurato nei confronti del preteso erede per debiti del de cuius, incombe su chi agisce, in applicazione del principio generale di cui all'articolo 2697 cod. civ., l'onere di provare l'assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, la quale non può desumersi dalla mera chiamata all'eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all'accettazione dell'eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta, quindi, un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella predetta qualità cfr. Cass. 21436/2018 e 9186/2022 . In base all'articolo 521 c.c. chi rinuncia all'eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato con l'ulteriore conseguenza che, per effetto della rinuncia, viene impedita retroattivamente - cioè a far data dall'apertura della successione - l'assunzione di responsabilità per i debiti facenti parte del compendio ereditario il che equivale ad affermare che condizione imprescindibile affinché possa sostenersi l'obbligazione del chiamato a rispondere di tali debiti è che questi abbia accettato e, quindi, acquistato l'eredità. Infatti, il chiamato che ha rinunciato non si può considerare erede, neppure per l'arco temporale intercorrente tra l'apertura della successione e la rinuncia la rinuncia ha effetto retroattivo ai sensi dell'articolo 521 cod. civ. e, pertanto, colui che dichiara validamente di voler rinunciare all'eredità viene considerato come mai chiamato alla successione. Inoltre, ha concluso la Cassazione, non è sostenibile che la notifica di un avviso di accertamento al chiamato all'eredità, che, non avendo ancora accettato l'eredità, è ancora legittimato a rinunciarvi, possa avere l'effetto di precludergli questa possibilità che gli è riconosciuta direttamente dalla legge. L'accertamento è un atto amministrativo, inidoneo ad incidere sul presupposto impositivo. Di qui il rigetto del ricorso e la condanna dell'ufficio al pagamento delle spese.
Presidente Chindemi – Relatore Lo Sardo Fatti di causa L'Agenzia delle Entrate e del Territorio ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dal Commissione Tributaria Regionale di Palermo il 9 febbraio 2015 numero 437/25/2015, che, in controversia su impugnazione di cartella di pagamento in dipendenza di avviso di accertamento per imposte relative all'anno 2006, ha accolto l'appello proposto da V.G., V.E. e V.P.R., in qualità di chiamati per legge all'eredità del defunto V.G., nei confronti della medesima avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Agrigento il 18 novembre 2013 numero 747/05/2013, con condanna alla rifusione delle spese di lite. La Commissione Tributaria Regionale ha riformato la decisione di prime cure sul presupposto che la rinuncia all'eredità del defunto contribuente escludesse la responsabilità per i debiti tributari. Il ricorso è affidato a quattro motivi. V.G., V.E. e V.P.R., in qualità di chiamati per legge all'eredità del defunto V.G., si sono costituiti con controricorso. Con conclusioni scritte, il P.M. si è espresso per il rigetto del ricorso. Motivi di ricorso. 1. Con il primo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 132 c.p.c., comma 2, numero 4, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, numero 546, articolo 36 e articolo 112 c.p.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4, per essere stato deciso l'appello dal giudice di secondo grado con motivazione meramente apparente e con omessa pronunzia sulle eccezioni proposte dall'amministrazione finanziaria in ordine alla tardiva produzione di documenti e all'intangibilità dell'atto presupposto rispetto all'atto impugnato. 2. Con il primo motivo, si deduce violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, numero 546, articolo 58 in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4, per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che la produzione di documenti fosse consentita anche nel giudizio di appello. 3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articolo 467,519,525,752 e 2941 c.c., del D.P.R. 29 settembre 1973, numero 600, articolo 65 in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che la rinuncia all'eredità esonerasse i vocati da ogni responsabilità per i debiti tributari del de cuius ed invalidasse l'avviso di accertamento emesso nei loro confronti anche in assenza di impugnazione dinanzi al giudice tributario. 4. Con il quarto motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articolo 115 e 116 c.p.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, per essere stato omesso dal giudice di secondo grado di tener conto delle risultanze emergenti dalle prove dedotte dall'amministrazione finanziaria. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo è infondato. 1.1 Per costante giurisprudenza, invero, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell'atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili tra le tante Cass., Sez. 5, 30 aprile 2020, numero 8427 Cass., Sez. 6-5, 15 aprile 2021, numero 9975 . Peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di motivazione apparente , allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente e, quindi, materialmente esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del minimo costituzionale richiesto dall'articolo 111 Cost., comma 6, tra le tante Cass., Sez. 1, 30 giugno 2020, numero 13248 Cass., Sez. 6-5, 25 marzo 2021, numero 8400 Cass., Sez. 6-5, 7 aprile 2021, numero 9288 Cass., Sez. 5, 13 aprile 2021, numero 9627 Cass., Sez. 6-5, 24 febbraio 2022, numero 6184 . 1.2 Peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di motivazione apparente o di motivazione perplessa e incomprensibile , allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente e, quindi, materialmente esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del minimo costituzionale richiesto dall'articolo 111 Cost., comma 6, tra le tante Cass., Sez. 1, 30 giugno 2020, numero 13248 Cass., Sez. 6-5, 25 marzo 2021, numero 8400 Cass., Sez. 6-5, 7 aprile 2021, numero 9288 Cass., Sez. 5, 13 aprile 2021, numero 9627 . 1.2 Nella specie, non si può ritenere che la sentenza impugnata sia insufficiente o incoerente sul piano della logica giuridica, contenendo un'adeguata esposizione delle ragioni sottese all'accoglimento dell'appello al di là di ogni considerazione sul piano della loro fondatezza in diritto , con particolare riguardo all'esonero dei rinuncianti da ogni responsabilità per i debiti tributari del de cuius, all'ammissibilità della produzione della rinunzia all'eredità nel corso del giudizio di gravame e alla sospensione della prescrizione dei crediti in pendenza del termine di prescrizione del diritto di accettare l'eredità in conseguenza della revoca della rinuncia . Ne deriva che il decisum rispetta in maniera più che congrua il canone del minimo costituzionale. 2. Il secondo motivo è infondato. 2.1 Invero, in tema di contenzioso tributario, il D.Lgs. 31 dicembre 1992, numero 546, articolo 58 consente alle parti di produrre nuovi documenti in appello al di fuori degli stretti limiti consentiti dall'articolo 345 c.p.c., purché tale produzione avvenga - stante il richiamo del D.Lgs. 31 dicembre 1992, numero 546, articolo 61 alla disciplina del giudizio di primo grado - entro il termine previsto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, numero 546, articolo 32 ossia entro venti giorni liberi prima dell'udienza tuttavia, l'inosservanza di detto termine è sanata ove il documento sia stato già depositato, benché irritualmente, nel giudizio di primo grado, poiché nel processo tributario i fascicoli di parte restano inseriti in modo definitivo nel fascicolo d'ufficio sino al passaggio in giudicato della sentenza, senza che le parti abbiano la possibilità di ritirarli, con la conseguenza che la documentazione ivi prodotta è acquisita automaticamente e ritualmente nel giudizio di impugnazione tra le tante Cass. Sez. 5, 7 marzo 2018, numero 5429 Cass., Sez. 5, 16 gennaio 2019, numero 947 Cass., Sez. 5, 17 novembre 2020, numero 26115 Cass., Sez. 5, 21 ottobre 2021, numero 29328 Cass., Sez. 5, 24 giugno 2021, numero 18103 Cass.,., Sez. 6-5, 5 novembre 2021, numero 32046 Cass., Sez. 5, 16 novembre 2021, numero 34540 Cass., Sez. 5, 14 marzo 2022, numero 8156 . 2.2 Per cui, nulla ostava alla rituale acquisizione nel giudizio di appello della rinuncia all'eredità da parte dei figli del defunto contribuente, non rilevando l'omessa produzione nel giudizio di prime cure. 3. Il terzo motivo ed il quarto motivo - la cui stretta ed intima connessione consigliano la trattazione congiunta - sono infondati. 3.1 Come è noto, nell'ordinamento vigente, l'apertura della successione non comporta l'acquisto della qualità di erede in favore dei successibili ex lege o ex testamento, ma soltanto l'acquisto della qualità di chiamato alla eredità soltanto ove avvenga l'accettazione, anche tacita, il chiamato si considera erede Cass., Sez. Lav., 30 aprile 2010, numero 10525 Cass., Sez. 6-2, 6 marzo 2018, numero 5247 Cass., Sez. 5, 24 luglio 2020, numero 15871 Cass., Sez. 5, 12 aprile 2022, numero 11832 . Ne consegue che, in ipotesi di giudizio instaurato nei confronti del preteso erede per debiti del de cuius, incombe su chi agisce, in applicazione del principio generale di cui all'articolo 2697 c.c., l'onere di provare l'assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, la quale non può desumersi dalla mera chiamata all'eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all'accettazione dell'eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta, quindi, un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella predetta qualità Cass., Sez. Lav., 30 aprile 2010, numero 10525 Cass., Sez. Lav., 30 agosto 2018, numero 21436 Cass., Sez. 5, 15 gennaio 2019, numero 725 Cass., Sez. 5, 14 ottobre 2020, numero 22178 Cass., Sez. 5, 22 marzo 2022, numero 9186 Cass., Sez. 5, 12 aprile 2022, numero 11832 . 3.2 Di contro, in base all'articolo 521 c.c., chi rinunzia all'eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato con la conseguenza che, per effetto della rinuncia, viene impedita retroattivamente - cioè a far data dall'apertura della successione articolo 456 c.c. - l'assunzione di responsabilità per i debiti facenti parte del compendio ereditario il che equivale ad affermare che condizione imprescindibile affinché possa sostenersi l'obbligazione del chiamato a rispondere di tali debiti è che questi abbia accettato e, quindi, acquistato l'eredità Cass., Sez. 5, 30 maggio 2018, numero 13639 Cass., Sez. 5, 3 novembre 2020, numero 24317 Cass., Sez. 5, 12 aprile 2022, numero 11832 . Difatti, il chiamato all'eredità, che abbia ad essa rinunciato, non si può considerare erede, neppure per l'arco temporale intercorrente tra l'apertura della successione e la rinuncia la rinuncia ha effetto retroattivo ai sensi dell'articolo 521 c.c. e, pertanto, colui che dichiara validamente di voler rinunziare all'eredità viene considerato come mai chiamato alla successione e non deve più essere annoverato tra i successibili Cass., Sez. 5, 30 maggio 2018, numero 13639 . 3.3 Inoltre, non è sostenibile che la notifica di un avviso di accertamento al chiamato all'eredità, che, non avendo ancora accettato l'eredità, è ancora legittimato a rinunciarvi, possa avere l'effetto di precludergli questa possibilità che gli è riconosciuta direttamente dalla legge. La notifica dell'avviso di accertamento costituisce pur sempre un atto amministrativo, inidoneo ad incidere sul presupposto impositivo, che quindi non può acquistare il valore vincolante tipico della definitività nei confronti di un soggetto, solo potenzialmente legittimato passivo dell'imposta, nel momento in cui venga accertato che tale potenzialità sia rimasta tale ed anzi sia definitivamente venuta meno Cass., Sez. 5, 12 aprile 2022, numero 11832 . Ne' può dirsi che l'amministrazione finanziaria fosse priva di strumenti volti a fronteggiare l'incertezza, nella realizzazione della pretesa impositiva, derivante dal protratto stato di delazione ereditaria spettando ad essa, in quanto creditrice, la potestà di far fissare un termine per l'accettazione articolo 481 c.c. ovvero di far nominare un curatore dell'eredità giacente articolo 528 c.c. . Così come spettava ad essa, una volta intervenuta la rinuncia, il diritto di eventualmente impugnarla in presenza dei presupposti ex articolo 524 c.c. Cass., Sez. 5, 30 maggio 2018, numero 13639 Cass., Sez. 6-5, 29 aprile 2022, numero 13550 Cass., Sez. 6-5, 19 ottobre 2022, numero 30761 . Per cui, tenendo conto di tali forme di tutela, si deve escludere che la rinunzia all'eredità da parte del chiamato comporti anche la sospensione della prescrizione del credito vantato da terzi nei confronti del de cuius ex articolo 2941 c.c., numero 8. Difatti, si tratta di norma insuscettibile di interpretazione analogica o estensiva per la sua eccezionalità Cass., Sez. 6-Lav., 8 maggio 2018, numero 11004 Cass., Sez. 3, 28 settembre 2018, numero 23461 , per la cui applicazione al caso di specie non ricorrono i presupposti in particolare, il doloso occultamento dell'esistenza del debito . Ne discende che la motivazione della sentenza impugnata deve essere emendata in parte qua ai sensi dell'articolo 384 c.p.c., comma 4, ferma restando la correttezza del conseguente dispositivo. 3.4 Il giudice di appello ha correttamente tenuto conto che l'avviso di accertamento prodromico alla cartella di pagamento era stato notificato il 5 settembre 2012, dopo che il de cuius era deceduto il Omissis ed i chiamati ex lege avevano rinunciato all'eredità il 28 marzo 2011. Questa circostanza impediva all'avviso di accertamento in questione di assumere definitività ed efficacia preclusiva sul punto specifico della riferibilità soggettiva dei debiti tributari del de cujus ai chiamati rinuncianti e, per ciò solo, della loro legittimazione passiva in veste di successori a titolo universale. Riferibilità soggettiva e legittimazione passiva che, appunto, non potevano discendere che dal conseguimento - nella specie non verificatosi - della qualità di eredi per effetto dell'aditio hereditatis . Legittimamente, pertanto, gli intimati hanno successivamente impugnato la cartella loro notificata sulla base di quell'avviso di accertamento, per far valere l'insussistenza della propria responsabilità tributaria per i debiti del de cujus in quanto rinuncianti all'eredità da questi dismessa circostanza, quest'ultima, accertata de plano dal giudice di merito . Non vale obiettare che gli opponenti si sarebbero limitati a rimarcare l'efficacia retroattiva della rinuncia, senza farsi carico della intervenuta definitività degli avvisi di accertamento, in quanto non impugnati. Va, infatti, considerato che proprio nella deduzione in giudizio da parte degli intimati della rinuncia all'eredità, e della sua efficacia retroattiva, era insito il fondamentale e dirimente motivo di opposizione alla cartella. In quanto basata su un avviso di accertamento notificato allorquando essi avevano ormai rinunciato all'eredità. E la cui definitività, conseguentemente, non poteva intaccare e ciò non per ragioni fattuali necessitanti di specifica deduzione, ma nella applicazione del regime giuridico del caso ex articolo 521 c.c. la loro personale estraneità alla responsabilità tributaria facente capo al de cujus né, pertanto, produrre un titolo esecutivo ad essi opponibile. Va, dunque, affermato che - atteso che la responsabilità per il debito tributario del de cuius presuppone l'assunzione della qualità di erede e, inoltre, che la rinuncia all'eredità produce effetto retroattivo ex articolo 521 c.p.c. - il chiamato rinunciante non risponde di tale debito, ancorché quest'ultimo sia portato da un avviso di accertamento notificato dopo l'apertura della successione e divenuto definitivo per mancata impugnazione. In tale evenienza, legittimamente il rinunciante può far valere, in sede di opposizione alla cartella di pagamento, la propria mancata assunzione di responsabilità per il debito suddetto Cass., Sez. 5 , 30 maggio 2018, numero 13639 Cass., Sez. 5 , 3 novembre 2020, numero 24317 . 4. Pertanto, stante l'infondatezza dei motivi dedotti, alla stregua delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere rigettato. 5. Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo. 6. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater, nei casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile, l'obbligo di versare, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, numero 228, articolo 1, comma 17 , un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo tra le tante Cass., Sez. 5, 28 gennaio 2022, numero 2615 Cass., Sez. 5, 3 febbraio 2022, numero 3314 Cass., Sez. 5 , 7 febbraio 2022, nnumero 3814 e 3831 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore dei controricorrenti, liquidandole nella misura di Euro 200,00 per esborsi e di Euro 6.000,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge.