La Cassazione stabilisce che nell'ipotesi di reati connessi, la perseguibilità a querela di parte di un reato connesso ad un altro procedibile d'ufficio, deve cedere il campo «di fronte all'esigenza di assicurare un comune regime all'esercizio dell'azione penale» e che la condizione di procedibilità può essere assente dall'inizio così come venuta meno successivamente per rimessione della parte offesa.
Nel caso sottoposto all'attenzione dei Giudici, l'imputato - condannato in primo grado per i reati di cui agli articolo 572 e 612- bis c.p. - chiedeva l'annullamento della sentenza della Corte d'Appello che dichiarava di non doversi procedere nei suoi confronti in ordine al delitto di maltrattamenti perché estinto per prescrizione. L'imputato lamentava violazione di legge con riferimento all' articolo 612 -bis , comma 4, c.p. , che prevede la perseguibilità d'ufficio del delitto di atti persecutori qualora sia connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio nel caso di specie maltrattamenti in famiglia perché, a suo dire, non applicabile al caso concreto, avendo la persona offesa rimesso la querela proposta in origine. I Giudici della Corte di Cassazione stabiliscono che qualora vi sia connessione tra il delitto di atti persecutori e un altro perseguibile d'ufficio, «la perseguibilità a querela di parte cede il campo all'esigenza di assicurare un comune regime all'esercizio dell'azione penale» rilevando su tutto «l'interesse punitivo dello Stato» venendo dunque meno la disponibilità delle parti private. Ciò premesso, ai fini della procedibilità, non rilevano le «vicende tipiche della querela» nel caso che siffatta condizione di procedibilità può essere assente dall'inizio o venuta meno successivamente per rimessione. Né, infine, statuiscono i Giudici, «la perseguibilità d'ufficio per effetto della connessione viene meno nel caso in cui il reato connesso procedibile di ufficio si sia estinto per prescrizione». La Corte dichiara pertanto inammissibile il ricorso.
Presidente Zaza – Relatore Guardiano In fatto e in diritto 1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza con cui il tribunale di Novara, in data 10.7.2019, aveva condannato A.G. alla pena ritenuta di giustizia, in relazione ai reati ex articolo 572 e 612 bis c.p. , in rubrica ascrittigli, dichiarava non doversi procedere nei confronti dell'imputato, in ordine al delitto ex articolo 572 c.p. , perché estinto per prescrizione, con conseguente rideterminazione dell'entità del trattamento sanzionatorio in senso più favorevole a quest'ultimo, confermando, nel resto la sentenza impugnata. 2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l'annullamento, ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, lamentando violazione di legge, con riferimento all' articolo 612 bis c.p. , comma 4, che prevede la perseguibilità d'ufficio del delitto per cui si procede, quando sia connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio nel caso in esame quello di cui all' articolo 572 c.p. , disposizione, ad avviso del ricorrente, tuttavia, non applicabile alla fattispecie in esame, essendo intervenuta da parte della persona offesa remissione della querela originariamente proposta. 3. Con requisitoria scritta del 3.4.2022, depositata sulla base della previsione del D.L. 28 ottobre 2020, numero 137, articolo 23, comma 8, che consente la trattazione orale in udienza pubblica solo dei ricorsi per i quali tale modalità di celebrazione è stata specificamente richiesta da una delle parti, il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, chiede che il ricorso sia rigettato. Con conclusioni scritte del 5.4.2022, pervenute a mezzo di posta elettronica, il difensore di fiducia dell'imputato, Avv. G. R., insiste per l'accoglimento del ricorso, riportandosi ai motivi già esposti. 4. Il ricorso va dichiarato inammissibile, essendo sorretto da un motivo manifestamente infondato. Come è noto l' articolo 612 bis c.p. , comma 4, una volta fissata la regola generale in punto di perseguibilità a querela di parte del reato di cui di discute, prevede, tra le eccezioni a tale regola, quella in cui il fatto per cui si procede è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio . La giurisprudenza di legittimità da tempo ha interpretato siffatta disposizione nel senso che il delitto di atti persecutori è procedibile d'ufficio se ricorre l'ipotesi di connessione prevista nell' articolo 612 bis c.p. , u.c., la quale si verifica non solo quando vi è connessione in senso processuale articolo 12 c.p.p. , ma anche quando vi è connessione in senso materiale, cioè ogni qualvolta l'indagine sul reato perseguibile di ufficio comporti necessariamente l'accertamento di quello punibile a querela, in quanto siano investigati fatti commessi l'uno in occasione dell'altro, oppure l'uno per occultare l'altro oppure ancora in uno degli altri collegamenti investigativi indicati nell' articolo 371 c.p.p. , e purché le indagini in ordine al reato perseguibile d'ufficio siano state effettivamente avviate cfr., ex plurimis, Sez. 1, numero 32787 del 24/06/2014, Rv. 261429 . Stante l'assoluta chiarezza del dettato normativo, tale da non richiedere un particolare sforzo esegetico nella ricostruzione del significato della norma, se ne deduce, che, nel caso in cui il fatto qualificato in termini di atti persecutori sia connesso con altro delitto perseguibile d'ufficio, la perseguibilità a querela di parte cede il campo di fronte all'esigenza di assicurare un comune regime all'esercizio dell'azione penale, facendo prevalere l'interesse punitivo dello Stato alla persecuzione del delitto connesso ad altro delitto perseguibile d'ufficio, che viene, in tal modo, sottratta alla sfera di disponibilità delle parti private. Se ciò è vero, come è vero, devono allora ritenersi del tutto indifferenti, ai fini della procedibilità, le vicende tipiche della querela, sicché poco importa se siffatta condizione di procedibilità sia assente ab origine ovvero sia venuta meno successivamente per effetto di rimessione, in quanto, nell'una come nell'altra ipotesi, la connessione del reato di cui all' articolo 612 bis c.p. , con altro reato perseguibile d'ufficio nel caso dell'A., si tratta, come evidenziato dallo stesso ricorrente, del delitto di cui all' articolo 572, c.p. , sottrae l'esercizio dell'azione penale al potere dispositivo delle parti private. Né la perseguibilità d'ufficio per effetto della connessione viene meno nel caso in cui il reato connesso procedibile di ufficio si sia estinto per prescrizione, come da tempo affermato dalla giurisprudenza di legittimità in tema di reati sessuali cfr., ex plurimis, Sez. 3, numero 30938 del 19/04/2019, Rv. 276552 Sez. 3, numero 17846 del 19/03/2009, Rv. 243760 . 5. Alla dichiarazione di inammissibilità, segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell' articolo 616 c.p.p. , al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3000,00 a favore della Cassa delle Ammende, tenuto conto della circostanza che l'evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere quest'ultimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità cfr. Corte Costituzionale, numero 186 del 13.6.2000 . Va, infine, disposta l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento, ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 2003, numero 196, articolo 52, comma 5. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 52 , in quanto imposto dalla legge.