Il foro del creditore è competente solo in caso di credito liquido o liquidabile

La S.C., nell’individuare il giudice competente in una controversia con oggetto fatture non pagate, torna sui criteri per l’individuazione della liquidabilità del credito.

Il Tribunale rigettava l'opposizione al decreto con il quale una società veniva ingiunta di pagare una somma dovuta quale corrispettivo della vendita di merci, le cui fatture erano state prodotte in sede monitoria. La Corte d'appello rigettava anche il successivo gravame basato sull'eccezione di incompetenza del giudice adito atteso che il credito non era liquido e in assenza della determinazione convenzionale del corrispettivo, la competenza spettava al foro del luogo di residenza del debitore e la Corte riteneva che l'articolo 1182, comma 3, c.c., presuppone che la somma sia predeterminata nel suo importo, situazione che riscontra non solo ove vi sia un titolo negoziale che individui il quantum debeatur, ma anche, come nel caso in esame, il debitore non contesti specificamente l'importo delle fatture né il rapporto contrattuale sottostante. La competenza doveva ritenersi pertanto correttamente individuata. Per la cassazione della sentenza, ricorreva la Società ingiunta, rinnovando la doglianza sull'individuazione del giudice e censurandola nella arte in cui i giudici ritennero liquida la somma di denaro, non essendosi tenuto conto delle contestazioni mosse con l'opposizione, che avevano ad oggetto anche una critica alla stessa esistenza dell'obbligazione dedotta in giudizio. Richiamando la Cass. civ., sez. Unite, 13 settembre 2016, numero 17989, che ha stabilito che il foro del creditore si applica in caso di credito liquido o almeno liquidabile, la Corte ricorda la differenza tra quest'ultimo e quello non liquidabile può ritenersi liquidabile solo se il contratto abbia espressamente previsto criteri univoci per la determinazione della somma, mentre è illiquido – e perciò è competente il foto del debitore -, quando si debba ricorrere a criteri discrezionali o a parametri esterni per quantificarlo. Si è poi precisato Cass. civ. numero 18236/2020 che il collegamento tra giudice e controversia, si determina in base alla domanda i criteri di applicazione dell'articolo 20 c.p.c. vanno desunti a prescindere dalla fondatezza della domanda e sull'individuazione del foro competente non possono di certo influire le eccezioni del convenuto che neghi l'esistenza dell'obbligazione. Alla luce delle richiamate sezioni Unite del 2016, le obbligazioni oggetto del presente caso si devono reputare liquide e quindi il foro competente sia quello del creditore.

Presidente Lombardo – Relatore Criscuolo Ragioni in fatto ed in diritto della decisione Il Tribunale di Modena con la sentenza numero 848 del 16 luglio 2020 ha rigettato l'opposizione proposta dalla DGC D.G.C. S.r.l. avverso il decreto ingiuntivo numero 1335/2019, emesso in favore del fallimento della omissis S.r.l., per il pagamento della somma di Euro 9.993,62, dovuta quale corrispettivo della vendita di merci di cui alle fatture prodotte in sede monitoria. Avverso tale sentenza ha proposto appello la società opponente e la Corte d'Appello di Bologna, con la sentenza numero 2861 del 12 novembre 2021, ha rigettato il gravame. Quanto al primo motivo, con il quale si reiterava l'eccezione di incompetenza del giudice adito, atteso che il credito azionato in via monitoria non era liquido, in assenza della predeterminazione convenzionale del corrispettivo, così che la competenza spettava al foro del luogo di residenza del debitore, la Corte riteneva che l'articolo 1182 c.c., al comma 3, presuppone che la somma oggetto dell'obbligazione sia predeterminata nel suo importo, situazione che si riscontra, non solo ove vi sia un titolo negoziale che individui il quantum debeatur, ma anche nel caso in cui, come nella fattispecie, il debitore non contesti specificamente l'importo individuato nelle fatture nè il rapporto contrattuale sottostante, così che correttamente la competenza era stata individuata con riferimento alla sede del creditore ingiungente. Quanto agli altri motivi di appello, con i quali si contestava la ritenuta decadenza dall'azione di garanzia per vizi della cosa venduta, sul presupposto della tardività della denuncia, della inidoneità del verbale sottoscritto dall'agente della venditrice a fungere da riconoscimento dei vizi, la Corte d'Appello rilevava che nessuna prova era stata articolata circa la sussistenza in capo all'agente, cui era stata effettuata la denuncia, del potere di rappresentanza della società opposta palesandosi in tal senso inidonei i mezzi di prova articolati . Ne derivava che, in assenza della prova di una valida e tempestiva denuncia dei vizi, l'opponente doveva reputarsi decaduta dalla garanzia, il che imponeva la conferma della sentenza impugnata. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la DGC D.G.C. S.r.l. sulla base di cinque motivi. L'intimata ha resistito con controricorso, illustrato da memorie. Il primo motivo di ricorso denuncia ex articolo 360 comma 1 numero 2 c.p.c. la violazione delle norme in tema di competenza, nella parte in cui il giudice di merito ha reputato che il credito azionato avesse ad oggetto una somma di denaro liquida, e ciò ai fini dell'applicazione dell'articolo 1182 comma 3 c.c., non essendosi tenuto conto delle contestazioni mosse con l'opposizione, che involgevano una critica alla stessa esistenza dell'obbligazione dedotta in giudizio. Inoltre, sono stati trascurati i principi affermati dalle Sezioni Unite nella sentenza numero 17989/2016, in base ai quali un'obbligazione pecuniaria può ritenersi liquida, e ciò ai fini della individuazione del foro competente in quello del creditore, solo ove il titolo ne determini l'ammontare o indichi criteri determinativi non discrezionali. Il motivo è infondato. Effettivamente in Cass. Sez. Unumero 13 settembre 2016, numero 17989 è dato leggere che I e indicate esigenze di protezione del debitore, che sono a fondamento dell'interpretazione restrittiva dell'articolo 1182 c.c., comma 3, richiedono evidentemente che la liquidità del credito sia ancorata a dati oggettivi, mentre sarebbero frustrate se essa si facesse coincidere con la pura e semplice precisazione, da parte dell'attore, della somma di denaro dedotta in giudizio, pur in mancanza di indicazioni nel titolo, come sostenuto da Cass. 7674/2005, cit., e dagli altri precedenti che vi si richiamano discostandosi dall'orientamento tradizionale. In tal modo, infatti, non il dato oggettivo della liquidità del credito radicherebbe la controversia presso il forum creditoris, bensì il mero arbitrio del creditore stesso, il quale scelga di indicare una determinata somma come oggetto della sua domanda giudiziale, con conseguente lesione anche del principio costituzionale del giudice naturale. Va dunque ribadito che rientrano nella previsione di cui all'articolo 1182 c.c., comma 3, esclusivamente le obbligazioni pecuniarie liquide, il cui ammontare, cioè, sia determinato direttamente dal titolo ovvero possa essere determinato in base ad esso con un semplice calcolo aritmetico . L'intervento delle Sezioni Unite ha, dunque, stabilito che il foro del creditore trovi applicazione solo in caso di credito liquido o almeno liquidabile. Essa ha anche previsto quando il diritto di credito possa essere considerato tale. E segnatamente, con riferimento alla differenza tra credito liquidabile e non liquido, le Sezioni unite in tale occasione hanno ritenuto che il credito possa definirsi liquidabile solo se il titolo negoziale preveda dei criteri univoci per determinare la somma oggetto del credito, mentre quando sia necessario utilizzare criteri discrezionali o far ricorso a parametri esterni ad esso, il credito debba essere considerato illiquido con la conseguente applicazione del foro del debitore. Tuttavia, le stesse Sezioni Unite hanno puntualizzato che I iquidità, come si è visto, significa che la somma dovuta risulta dal titolo e dunque non è necessario, per determinarla, un ulteriore titolo negoziale o giudiziale. L'ammontare della somma dovuta potrà risultare direttamente dal titolo originario, che la precisi, oppure solo indirettamente dallo stesso, allorché questo indichi il criterio o i criteri applicando i quali tale somma va determinata cfr. Cass. 19958/2005 . Deve trattarsi, però, di criteri stringenti, tali, cioè, che la somma risultante dalla loro applicazione sia necessariamente una ed una soltanto questo è ciò che si intende affermare, nella giurisprudenza di questa Corte, allorché si ammette una liquidità scaturente da semplici operazioni aritmetiche. Se, infatti, il risultato dell'applicazione dei predetti criteri non fosse obbligato, residuando un margine di scelta discrezionale, il credito non potrebbe dirsi liquido, perché quel margine di discrezionalità non potrebbe essere superato se non mediante un ulteriore titolo convenzionale o giudiziale . Dovendo, inoltre, la liquidità del credito essere effettiva, il principio che la competenza va determinata in base alla domanda non può essere esteso sino al punto di consentire all'attore di dare dei fatti una qualificazione giuridica diversa da quella prevista dalla legge, o di allegare fatti ad esempio un contratto che indichi l'ammontare del credito privi di riscontro probatorio. Resta fermo, ovviamente, che tali fatti sono accertati dal giudice, ai soli fini della competenza, allo stato degli atti secondo la regola di cui all'articolo 38 c.p.c., u.C. Tuttavia è stato altresì precisato che Cass. 2 settembre 2020, numero 18236 il collegamento tra il giudice e la controversia si determina in base alla domanda ciò comporta che i criteri di applicazione dell'articolo 20 c.p.c. vanno desunti a prescindere dalla fondatezza della domanda, senza che abbiano, a tal fine, rilevanza le contestazioni formulate dal convenuto e le diverse prospettazioni dei fatti da esso avanzate, dovendosi tenere separate le questioni concernenti il merito della causa da quelle relative alla competenza ne consegue che sulla determinazione del forum destinate solutionis in riferimento all'articolo 1182 c.c. non può influire l'eccezione del convenuto che neghi l'esistenza dell'obbligazione, unico limite alla rilevanza dei fatti prospettati dall'attore ai fini della determinazione della competenza essendo l'eventuale prospettazione artificiosa, finalizzata a sottrarre la controversia al giudice precostituito per legge Cass. numero 10226/2001 conf. numero 22382/2006 numero 8189/2012 in tal senso si veda anche il § 3 di Cass. Sez. Unumero 13 settembre 2016, numero 17989 . Nella specie deve però osservarsi che la difesa dell'opponente, senza contestare specificamente l'importo delle somme asseritamente dovute alla creditrice in base al rapporto di vendita, ha contestato la debenza della somma richiesta in via monitoria sul presupposto che la merce venduta fosse affetta da vizi che inficiavano la corretta esecuzione del contratto, legittimando quindi una pretesa risarcitoria dell'opponente stessa. Avuto quindi riguardo al contenuto della domanda monitoria, ed esclusa in essa ogni rappresentazione artificiosa, profilo del quale, peraltro, non fanno neanche menzione le difese delle parti, diviene rilevante la circostanza che l'importo fatturato non risulta specificamente oggetto di contestazione in merito al suo ammontare, e ciò mancamdo una specifica deduzione circa la non corrispondenza tra la somma indicata nelle fatture e quanto dovuto per effetto degli accordi intercorsi tra le parti. Deve quindi reputarsi che, proprio alla luce dei principi affermati dalla richiama Cass. Sez. Unumero 13 settembre 2016, numero 17989 le obbligazioni pecuniarie oggetto di causa possano essere reputate come liquide, con l'attrazione della controversia presso il foro del creditore. Ed. infatti, la preoccupazione sottostante all'intervento delle Sezioni Unite è quella di evitare che il foro sia determinato unicamente da una quantificazione operata dal creditore priva di qualsiasi riscontro probatorio, di modo non sia più il dato oggettivo della liquidità del credito a radicare la competenza per territorio, bensì una indicazione meramente arbitraria del creditore stesso, il quale scelga di individuare, senza qualsivoglia riscontro, una determinata somma come oggetto della sua domanda giudiziale, con conseguente lesione anche del principio costituzionale del giudice naturale, preoccupazione che nella specie non ricorre, atteso che il quantum del preteso credito non è specificamente contestato, soffermandosi le ragioni dell'opponente sulla pretesa esistenza di vizi, che incidono sulla presenza di ragioni di controcredito idonee a vanificare la pretesa della controricorrente. Il secondo motivo di ricorso, deduce la violazione e falsa applicazione degli articolo 24 e 111 Cost., nonché degli articolo 115,116,117,188,189 e 244 c.p.c., in relazione alla mancata ammissione della prova testimoniale richiesta dall'opponente, mentre il terzo motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1745 c.c. e 1495 c.c., nonché sotto diverso profilo degli articolo 2697 e 1491 c.c., congiuntamente all'omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, quanto alla dichiarata decadenza dal diritto alla garanzia e non ammissione della suddetta prova. I motivi, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono fondati. Infatti, alla base del rigetto delle richieste di prova articolate dalla ricorrente, e volte a documentare la denuncia dei vizi si pone l'argomentazione per cui difetterebbe in capo all'agente della controricorrente il potere di ricevere denunce ex articolo 1495 c.c. Tuttavia, se anche di recente è stato affermato che nel contratto di agenzia, la rappresentanza attiva e passiva dell'agente è limitata alla ricezione dei reclami relativi alle inadempienze contrattuali ed al promovimento delle procedure cautelari nell'interesse del preponente pertanto, essa non comprende il potere di riconoscimento dei diritti nè quello di accettare la restituzione della merce da parte del cliente, salvo lo specifico ed eccezionale conferimento di un potere di rappresentanza piena, il quale rende applicabili, oltre alle norme dell'agenzia, anche quelle del mandato Cass. numero 18001/2021 , la conclusione della Corte distrettuale non tiene conto del dettato dell'articolo 1745 c.c., che al comma 1 prevede che le dichiarazioni che riguardano l'esecuzione del contratto concluso tramite l'agente ed i reclami relativi alle inadempienze contrattuali sono validamente fatti tramite l'agente, e ciò in quanto la norma pone in parte qua un potere di rappresentanza generale. Tra queste dichiarazioni la dottrina prevalente include anche le denunce dei vizi ex articolo 1495 c.c., ancorché gli stessi vizi non possano essere riconosciuti dall'agente. Deve, quindi, reputarsi che l'agente sia legittimato a ricevere anche la denuncia, e pur senza la sussistenza di uno specifico potere di rappresentanza, il che denota come il ragionamento che è alla base del rigetto delle richieste di prova sia frutto di una violazione di legge, in quanto, sebbene non abbia efficacia impegnativa il verbale di contestazione con il riconoscimento dei vizi dell'agente redatto in data 12/12/2016, deve darsi rilievo alla denuncia dei vizi effettuata a questi, ai fini del rispetto del termine decadenziale di cui all'articolo 1495 c.c. L'accoglimento dei due motivi in esame determina poi l'assorbimento del quarto motivo, che lamenta la violazione dell'articolo 1495 e 1453 c.c., quanto alla prescrizione dell'azione di garanzia, e del quinto motivo, che lamenta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 91 c.p.c., sulla regolamentazione delle spese di lite. In accoglimento del secondo e del terzo motivo, la sentenza impugnata deve quindi essere cassata, con rinvio per nuovo esame, alla Corte d'Appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. accoglie il secondo e terzo motivo, nei limiti di cui in motivazione, rigetta il primo motivo e dichiara assorbiti il quarto ed il quinto motivo cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d'Appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.