I d.m. di rilevazione trimestrale dei tassi globali medi sono fonti integrative del diritto

Prendendo le mosse dalle difese della Banca, che sosteneva la natura provvedimentale amministrativa dei decreti ministeriali, la Suprema Corte ricava dall’ordinamento la loro natura di fonte integrativa del diritto, affermando un importante principio.

Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione, soffermandosi, in materia di usura bancaria, sui decreti ministeriali di rilevazione trimestrale dei tassi globali medi, pubblicati in Gazzetta Ufficiale ha affermato un importante principio sulla loro qualificazione come fonte di diritto che il giudice deve conoscere. Nel caso in esame, il Tribunale dichiarava la nullità della clausola di determinazione degli interessi moratori applicati a un contratto di credito personale stipulato con un tasso superiore al tasso soglia. La domanda volta a far dichiarare l'usurarietà del TAEG fu rigettata in primo grado, ma accolta dalla Corte d'appello con condanna della Banca a restituire la somma corrispondente agli interessi percepiti. L'Istituto di credito ricorreva quindi per la cassazione della sentenza e sostenendo che la produzione in giudizio dei decreti ministeriali recanti la rilevazione trimestrale dei tassi effettivi globali medi fosse un onere gravante in giudizio sulla parte attrice in quanto atti di natura non normativa, ma provvedimentale amministrativa, che pertanto devono essere prodotti al pari degli elementi di fatto documentali atti a sorreggere in giudizio la domanda. La Suprema Corte, chiamata quindi a pronunciarsi sulla natura di norme giuridiche o meno dei suddetti decreti, enuncia il principio di diritto per il quale «in materia di usura bancaria, i decreti ministeriali, pubblicati in Gazzetta Ufficiale, di rilevazione trimestrale dei tassi effettivi globali medi, indispensabili, stante il rinvio disposto dall'articolo 2 della L. numero 108 del 1996, per la concreta individuazione dei tassi-soglia di riferimento, essendo atti amministrativi di carattere generale ed astratto, normativo svolgendo la funzione di integrazione della disciplina dettata dalla norma primaria, concorrendo alla definizione e specificazione del tasso-soglia di periodo per la categoria di operazioni rilevate ed innovativo, vanno considerati alla stregua di vere e proprie fonti integrative del diritto, così da dovere essere conosciuti dal giudice in base al principio «iura novit curia» espresso nell'articolo 113 c.p.c.». La Cassazione ritiene infondato pertanto lo specifico motivo e rigetta il ricorso.

Presidente De Chiara – Relatore Iofrida Fatti di causa Il Tribunale di Milano, con sentenza del 17 maggio 2016, numero 6194, in parziale accoglimento delle domande proposte da D.G. contro la omissis s.p.a. ora omissis , dichiarò la nullità della clausola di determinazione degli interessi moratori applicati al contratto di credito personale stipulato tra le parti in data 10 dicembre 2009, con un tasso del 15,96 % annuo, superiore al tasso soglia pari al 14,96%. Il Tribunale sulla base di perizia redatta da consulente di parte attrice concluse, pertanto, per la non debenza di tali interessi di mora ma rigettò le ulteriori domande di accertamento della usurarietà del TAEG o tasso effettivamente applicato e di condanna alla ripetizione delle somme pagate a titolo di interessi di mora, in difetto di allegazione e dimostrazione del relativo pagamento. La Corte d'appello di Milano, con sentenza dell'8 maggio 2018, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha accertato l'usurarietà genetica degli interessi corrispettivi pattuiti in relazione al finanziamento di cui è causa ed ha condannato la banca a restituire la somma di Euro 30.567,20, corrispondente agli interessi percepiti a tale titolo dalla banca, come documentato in primo grado e non contestato, oltre agli interessi legali dalla data dei singoli versamenti. La Corte territoriale ha ritenuto, per quanto ancora rileva, che a dovesse essere rigettata l'eccezione di inammissibilità dell'appello ex articolo 342 c.p.c., in quanto rispettoso dei requisiti di legge b nel calcolo del TAEG , al fine del riscontro del superamento del tasso-soglia usurario, dovessero essere computate tutte le spese collegate al credito, come previsto dall'articolo 644 c.p., nel testo introdotto dalla L. 7 marzo 1996, numero 108, che, all'articolo 1, considera rilevanti tutti gli oneri applicati nel rapporto di credito, e, quindi, anche le spese di assicurazione, trattandosi di costi che il cliente ha sopportato in relazione al credito accordatogli e quindi, nella specie, il costo di Euro 4.848,00 per la polizza infortuni e il costo di Euro 1.097,50 per la polizza incendio e responsabilità civile, attesa la connessione genetica e funzionale fra le polizze stipulate e il prestito erogato, oltre l'obbligatorietà e la contestualità delle due polizze assicurative, come risultante dalle rispettive clausole negoziali c in caso, come quello in esame, di accertata usurarietà pattizia, ai sensi dell'articolo 1815 c.c., comma 2, nessuna somma doveva essere versata a titolo di interesse dal mutuatario alla banca finanziatrice, che doveva essere condannata alla relativa restituzione. Avverso questa decisione, propone ricorre per cassazione, con ricorso notificato il 18/9/2018, la omissis , sulla base di cinque motivi. Resiste con controricorso, notificato il 25/10/2018, D.G. . Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta, concludendo per il rigetto del ricorso. La ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con il quinto motivo, di rilievo pregiudiziale e che va quindi per primo esaminato, la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli articolo 342 e 348 c.p.c., ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, in quanto la Corte d'appello avrebbe erroneamente rigettato l'eccezione di inammissibilità dell'appello del D. , ex articolo 342 e 348 bis, c.p.c., mentre avrebbe dovuto dittigNiff6one 29/11/2022 inammissibile. 1.1. Il motivo è infondato. La Corte d'appello ha respinto l'eccezione di inammissibilità del gravame del D. , sollevata dalla banca, rilevando, correttamente, che l'atto di appello conteneva la parte del provvedimento che si intende appellare, le modifiche richieste e gli argomenti contrapposti a quelli adottati dal giudice di primo grado a sostegno della decisione. In effetti, si evince dagli atti che l'appellante si doleva essenzialmente del riferimento, quale strumento di valutazione del costo totale del credito a carico dell'esponente, al TEG anziché al TAEG, della mancata inclusione, tra gli oneri computabili ai fini del calcolo del TEG, delle spese di assicurazione stipulate dall'attore contestualmente alla sottoscrizione del contratto di credito personale. Questa Corte a Sezioni Unite Cass. 27199/2017 ha chiarito che gli articolo 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. numero 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. numero 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l'impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata . In motivazione, le Sezioni Unite hanno precisato che nell'atto di appello deve affiancarsi alla parte volitiva una parte argomentativa, che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice , cosicché la maggiore o minore ampiezza e specificità delle doglianze ivi contenute sarà, pertanto, diretta conseguenza della motivazione assunta dalla decisione di primo grado , in quanto ove le argomentazioni della sentenza impugnata dimostrino che le tesi della parte non sono state in effetti vagliate, l'atto di appello potrà anche consistere, con i dovuti adattamenti, in una ripresa delle linee difensive del primo grado , mentre una più puntuale confutazione, da parte del giudice di primo grado, delle argomentazioni, richiederà una più specifica e rigorosa formulazione dell'atto di appello, che dimostri insomma di aver compreso quanto esposto dal giudice di primo grado offrendo spunti per una decisione diversa , senza tuttavia la necessità di formulare altresì un progetto alternativo di sentenza . L'appellante deve consentire al giudice superiore di comprendere con chiarezza il contenuto della censura proposta. Risulta pertanto che nei motivi dell'appello del D. si esplicitaavano in maniera chiara ed esauriente le ragioni di dissenso rispetto al percorso argomentativo adottato dal giudice di primo grado, individuandosi anche le parti di motivazione ritenute erronee, e il gravame era pertanto pienamente ammissibile. 2. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e la falsa applicazione dell'articolo 644 c.p., della L. del 7 marzo 1996, numero 108, delle Istruzioni della Banca d'Italia e dei dd.mm. recanti la rilevazione del TEGM applicabile nei trimestri di riferimento, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, in quanto la sentenza impugnata ha accertato l'usurarietà del tasso soglia, raffrontandolo con il TAEG e non con il TEG , mentre si ritiene che il parametro oggettivo di comparazione con i c.d. tassi soglia sia il TEG e non il TAEG , come risulta dal dettato normativo di cui alla L. numero 108 del 1996, articolo 2, dall'articolo 644 c.p., comma 3, nonché dalla giurisprudenza unanime. 2.1. La censura è inammissibile. La Corte d'appello ha anzitutto ritenuto che il giudice di primo grado avesse errato nell'escludere dal calcolo del TAEG , che rappresenta il costo effettivo del finanziamento ovvero il tasso effettivamente applicato , anche i costi di una polizza infortuni e di una polizza incendio e responsabilità civile, stipulate contestualmente alla sottoscrizione del finanziamento, in quanto esse erano invece collegate all'operazione di credito e rispondevano a un preciso interesse del mutuante la prima essendo volta a coprire i rischi che potrebbero compromettere l'adempimento della prestazione restitutoria, mentre la seconda era destinata a coprire eventuali danni dell'immobile verso cui il finanziamento era stato finalizzato la connessione genetica e funzionale era indubbiamente ricavabile poi dalla contestuale conclusione dei contratti, dalla identica durata del prestito e delle assicurazioni e vi era stata la stipulazione di polizze collettive, sulla base di convenzione tra l'ente finanziatore e la società di assicurazione, cui il D.S. aveva aderito. In conclusione, la Corte territoriale ha rilevato che dalla perizia, non contestata, quanto ai meri calcoli, dalla parte appellata , emergeva che computando i costi assicurativi nel TAEG, l'interesse applicato risulta pari al 17,60%. Esso è dunque superiore a quello del 13,35% indicato in contratto e superiore al tasso soglia di usura del 14,66% . Questa Corte Cass. 8806/2017, richiamata in motivazione nella sentenza impugnata ha già affermato Ai fini della valutazione dell'eventuale natura usuraria di un contratto di mutuo, devono essere conteggiate anche le spese di assicurazione sostenute dal debitore per ottenere il credito, in conformità con quanto previsto dall'articolo 644 c.p., comma 4, essendo, all'uopo, sufficiente che le stesse risultino collegate alla concessione del credito. La sussistenza del collegamento può essere dimostrata con qualunque mezzo di prova ed è presunta nel caso di contestualità tra la spesa di assicurazione e l'erogazione del mutuo il principio è stato confermato successivamente in Cass. 3025/2022 . Ora nel motivo, invece, si contesta che la Corte territoriale, al fine di verificare il superamento del tasso soglia ex L. numero 108 del 1996, anziché fare riferimento al TAEG, tasso annuale effettivo globale, introdotto come tasso di riferimento per le operazioni di credito al consumo, che deve essere ex ante portato a conoscenza dell'utilizzatore del credito, avrebbe dovuto avere riguardo al TEG, Tasso Effettivo Globale, su base annuale, segnalato ex post dagli intermediari finanziari alla Banca d'Italia, dalla cui aggregazione statistica, ovvero l'insieme dei TEG, viene determinato il TEGM, Tasso Effettivo Globale Medio, il valore medio del tasso effettivamente applicato dal sistema bancario e finanziario a categorie omogenee di operazioni creditizie, oggetto di rilevazione e pubblicazione trimestrale nei decreti ministeriali. Ad avviso della ricorrente, sarebbe mancata ogni verifica del TEG, non essendo stati prodotte nè le istruzioni della Banca d'Italia e, secondo dette istruzioni, nel periodo che interessa i costi delle assicurazioni erano inclusi nel TEG solo se contestuali alla concessione del finanziamento ovvero obbligatorie per ottenere il credito nè copia dei decreti ministeriali. Ma la doglianza è aspecifica, in quanto - al di là del richiamo, operato in sentenza, al TAEG , che, specificamente, è uno degli istituti espressione della c.d. trasparenza bancaria , introdotto dal DM 8.7.1992, recante la Disciplina e criteri di definizione del tasso annuo effettivo globale per la concessione di credito al consumo , e, come stabilito dagli articolo 121 e ss. T.U.B., costituisce un parametro di costo globale del prestito o del mutuo espresso in percentuale annua, che obbligatoriamente deve essere riportato in forma chiara, concisa e graficamente evidenziata negli annunci pubblicitari che riportano il tasso di interesse o altre cifre concernenti il costo del credito articolo 123 T.U.B. , poiché l'informazione fornisce al consumatore uno strumento utile e immediato per poter scegliere il finanziamento migliore offerto dal mercato e, dunque, incentivare la leale concorrenza all'interno dello stesso, mentre la normativa in tema di usura di cui alla L. numero 108 del 1996, espressamente prevede all'articolo 2 che la valutazione di usurarietà di un rapporto vada effettuata utilizzando esclusivamente il Tasso Effettivo Globale Medio TEG - la Corte d'appello ha inteso dire che il tasso dell'interesse corrispettivo non essendo più in discussione l'usurarietà, già affermata in primo grado, dell'interesse di mora, in difetto di impugnazione da parte della banca , in concreto applicato al finanziamento in oggetto, inclusi i costi assicurativi delle due polizze, era superiore al tasso dichiarato in contratto e al tasso soglia, rilevato trimestralmente, in vigore alla data di stipula del finanziamento. Tale affermazione non viene contestata in maniera puntuale con allegazione della diversa misura del tasso di interesse in oggetto o altro. Peraltro, la ricorrente neppure contesta puntualmente la decisione, di base, della Corte d'appello circa la necessità di includere nel costo del finanziamento e quindi nel tasso degli interessi convenuti al momento della stipula del contratto quale corrispettivo per la concessione del denaro, anche le spese delle due polizze assicurative, attese le loro caratteristiche genetiche e funzionali. 3. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli articolo 1339,1367,1418,1419,1424 e 1815 c.c., in correlazione con l'articolo 3 Cost., dell'articolo 117,t.u.b. e del D.L. numero 394 del 2000, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, in quanto la corte territoriale, accertando l'avvenuto superamento del tasso soglia, ha dichiarato la nullità delle clausole contrattuali, mentre si ritiene che, nel caso di tassi pattuiti superiori alla soglia usura, il rimedio applicabile consista in una riduzione del tasso a quello previsto dall'articolo 117 t.u.b., oppure, in subordine, al tasso soglia. 3.1. La doglianza è infondata. Questa Corte a Sezioni Unite Cass.SU 19597/2020 ha, di recente, chiarito che a differenza di altri ordinamenti anche Europei, nei quali il superamento del tasso soglia non determina la nullità della clausola sugli interessi, ma la mera restituzione del surplus, la legge nazionale ha comminato la gratuità sanzionatoria del contratto , stante l'inefficacia della pattuizione relativa, ai sensi dell'articolo 1815 c.c., comma 2, potendo la norma trovare una interpretazione che, pur sanzionando la pattuizione degli interessi usurari, faccia seguire la sanzione della non debenza di qualsiasi interesse, ma limitatamente al tipo che quella soglia abbia superato vale a dire, l'interesse corrispettivo o l'interesse moratorio, in quanto la nullità della clausola su un tipo di interessi non porta con sé anche quella degli interessi di altro tipo, sempre che questi siano stati lecitamente convenuti . Quindi accertata l'usurarietà del tasso di interesse corrispettivo applicato al rapporto, la conseguenza era la non debenza di tale interesse. 4. Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2697 c.c., ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 3 e 5, non avendo l'attore fornito la prova dell'avvenuto pagamento di interessi moratori o corrispettivi, nè individuato quali somme siano state pagate a titolo di interessi moratori o corrispettivi, nè quali addebiti superassero il tasso soglia, dovendosi comparare solo dati omogenei fra di loro, per la necessaria simmetria tra il calcolo del TEGM e del connesso TEG contrattuale, e neppure avendo mai l'attore prodotto i dd.mm. di rilevazione del TEGM, atti amministrativi per i quali non vige il principio iuria novit curia, e neppure acquisibili mediante CTU. 4.1. La censura è, in parte, inammissibile e, in parte, infondata. Quanto alla eccepita mancata prova nel corso del giudizio di quali somme siano state pagate a titolo di interessi moratori o a titolo di interessi corrispettivi, nè quali addebiti superassero il tasso soglia , è inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito Cass., 4 aprile 2017, numero 8758 . Peraltro, la sentenza dà atto che la somma di Euro 30.567,20 corrispondeva al totale degli interessi corrispettivi, anche perché già il Tribunale aveva rilevato la mancata dimostrazione del pagamento di importi a titolo di interessi di mora , tanto che la domanda di ripetizione era stata respinta dal Tribunale, pur accertata l'usurarietà di tale tipo di interesse, con giudicato formatosi sul punto. Quanto alla mancata produzione in giudizio dei D.D.M.M. recanti la rilevazione del TEGM applicabile nel trimestre di riferimento, l'assunto posto a base della censura, secondo cui tali decreti ministeriali, in quanto atti di natura non normativa ma provvedimentale amministrativa, rientrano nell'onere probatorio a carico della parte attrice, la quale deve quindi provvedere alla loro produzione in giudizio, al pari degli elementi di fatto documentali atti a sorreggere la domanda, non è fondato, per le considerazioni che seguono. Occorre, al riguardo, rilevare che la L. numero 108 del 1996, norma primaria, ha scelto di rinviare ad autorità economico - amministrative, il Ministero del tesoro, ora dell'Economia e delle Finanze, sentita la Banca d'Italia, la definizione degli aspetti prettamente tecnici necessari per dare concreta operatività al precetto penale di cui all'articolo 644 c.p La L. numero 108 del 1996, articolo 2, comma 1, stabilisce, infatti, che il Ministro del Tesoro, sentiti la Banca d'Italia e l'Ufficio italiano dei cambi, rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari . nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura. I valori medi derivanti da tale rilevazione . sono pubblicati senza ritardo nella Gazzetta Ufficiale . La funzione dei decreti in questione è dunque essenzialmente di rilevazione dei dati necessari ai fini della determinazione del tasso soglia, in vista della comparazione, con questo, delle condizioni praticate in concreto dagli operatori. Orbene, deve riconoscersi ai suddetti decreti ministeriali la natura di norme giuridiche, con la conseguenza che nei loro confronti vale il principio iura novit curia e non quello dispositivo. Il principio iura novit curia trova fondamento nell'articolo 113 c.p.c., che sancisce la regola per cui il giudice deve decidere secondo diritto con il compito di individuare le fonti del diritto atte a regolare il caso concreto, anche quando esse non siano state introdotte dalle parti, le quali debbono invece allegare e provare gli elementi fattuali del caso dedotto nel processo. Tale principio laddove eleva a dovere del giudice la ricerca del diritto , si riferisce alle vere e proprie fonti di diritto oggettivo, cioè a quei precetti contrassegnati dal duplice connotato della normatività e della giuridicità, dovendosi escludere dall'ambito della sua operatività sia i precetti aventi carattere normativo, ma non giuridico come le regole della morale o del costume , sia quelli aventi carattere giuridico, ma non normativo come gli atti di autonomia privata, o gli atti amministrativi , sia quelli aventi forza normativa puramente interna come gli statuti degli enti e i regolamenti interni Cass. 34158/2019 Cass. 6933/1999 . L'articolo 1 preleggi individua, tra le fonti del diritto, le leggi, i regolamenti, gli usi. A norma della L. numero 400 del 1988, articolo 17, per i regolamenti di competenza ministeriale sono richiesti il parere del Consiglio di Stato e la preventiva comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri. Ora, i decreti ministeriali per la rilevazione dei tassi antiusura si distinguono dai meri provvedimenti amministrativi in quanto hanno indubbiamente natura generale e astratta, trattandosi di atti rivolti alla generalità indistinta dei consociati e destinati a regolamentare non singoli casi, ma una classe di fattispecie non determinabili a priori gli stessi dispongono anche di capacità innovativa, integrando la disciplina di rango primario essi completano i precetti generali in materia di usura con una normativa di dettaglio, tanto che il sistema di computo del tasso soglia finale, oltre il quale gli interessi sono considerati usurari, promana sia dalla legge che dai decreti stessi. Le stesse Sezioni unite, nella sentenza numero 19597/2020, hanno chiaramente affermato pagg. 20 e ss. che i decreti ministeriali di rilevazione dei tassi sono da ritenere fonte privilegiata parametro privilegiato di comparazione per la determinazione quantitativa del limite, in relazione ai singoli periodi di vigenza della relativa rilevazione statistica, sulla base di valutazioni quanto più basate su dati fattuali di tipo statistico medio, prive di discrezionalità . Vero che, in alcune occasioni, si è detto che i decreti ministeriali hanno per lo più natura di atti meramente amministrativi, il che rende loro inapplicabile il principio iura novit curia di cui all'articolo 113 c.p.c., da coordinarsi, sul piano ermeneutico, con il disposto dell'articolo 1 preleggi che non comprende, appunto, i detti decreti tra le fonti del diritto , con la conseguenza che, in assenza di qualsivoglia loro produzione nel corso del giudizio di merito, deve ritenersene inammissibile l'esibizione, ex articolo 372 c.p.c., in sede di giudizio di legittimità, ed altresì inammissibile anche in parte qua il ricorso per cassazione fondato, in punto di diritto, sulla loro pretesa applicazione Cass. 8742/2001 e Cass. 11706/2002, in merito a decreti ministeriali determinativi del tasso di riferimento degli interessi ai fini della L.108/1996 Cass. 12476/2002, con riguardo a decreti del Ministero per i Beni culturali ed ambientali del 2000 impositivi di vincoli su beni immobili Cass. SS.UU. 9941/2009, in relazione a decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze del 23 gennaio 2004, attuativo del divieto di procedere all'aggiornamento dell'indennità di confine . Per contro, si è già affermato che a le prescrizioni dei piani regolatori generali e degli annessi regolamenti comunali edilizi che disciplinano le distanze nelle costruzioni, anche con riguardo ai confini, sono integrative del codice civile ed hanno, pertanto, valore di norme giuridiche anche se di natura secondaria , sicché spetta al giudice, in virtù del principio iura novit curia , acquisirne conoscenza d'ufficio, quando la violazione di queste sia dedotta dalla parte Cass. 17692/2009, Cass. 14446/2010 e Cass. 2661/2020 b il provvedimento emesso da un'Autorità amministrativa indipendente non può essere qualificato unicamente come delibera, riconducibile alla categoria degli atti amministrativi, ma, ove provvisto del valore di fonte normativa regolamentare, ovvero attuato con atto regolamentare, soggiace al principio iura novit curia , con la conseguenza che il giudice è tenuto ad attivarsi autonomamente per reperirlo, e comunque a valutarlo ove prodotto dalle parti, indipendentemente dal rispetto delle preclusioni processuali istruttorie Cass. 21407/2022 c nella fase del giudizio di merito , la disciplina regolamentare in materia di superamento del tasso soglia ai fini della valutazione dell'usura ha carattere integrativo della normativa dettata in via generale dalla legge penale e civile e deve pertanto essere conosciuta dal giudice del merito, ed applicata alla fattispecie, indipendentemente dall'attività probatoria delle parti che l'abbiano invocata Cass. 8883/2020, non massimata conf. Cass. 29240/2021 e Cass. 7872/2022, non massimate, con le quali si è evidenziato che, laddove il cliente lamenta, nel giudizio di legittimità, la violazione del calcolo del tasso soglia, per effetto della mancata applicazione, o della non corretta applicazione, del D.M. di riferimento per i singoli periodi, si introduce una questione di diritto e non di fatto, non essendo allegata la sussistenza di un fatto, bensì lamentata l'indiretta violazione dell'articolo 2, comma 1, della L. numero 108 del 1996, laddove esso fa espresso rinvio ai periodici decreti ministeriali di rilevazione dei tassi applicabili ai vari rapporti bancari . In definitiva, deve essere affermato il seguente principio di diritto In materia di usura bancaria, i decreti ministeriali, pubblicati in Gazzetta Ufficiale, di rilevazione trimestrale dei tassi effettivi globali medi, indispensabili, stante il rinvio disposto dalla L. numero 108 del 1996, articolo 2, per la concreta individuazione dei tassi-soglia di riferimento, essendo atti amministrativi di carattere generale ed astratto, normativo svolgendo la funzione di integrazione della disciplina dettata dalla norma primaria, concorrendo alla definizione e specificazione del tasso-soglia di periodo per la categoria di operazioni rilevate ed innovativo, vanno considerati alla stregua di vere e proprie fonti integrative del diritto, così da dovere essere conosciuti dal giudice in base al principio iura novit curia espresso nell'articolo 113 c.p.c. . 5. Con il quarto motivo si deduce poi la violazione e falsa applicazione dell'articolo 115, c.p.c., ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 3 e 4, in quanto la Corte d'appello non avrebbe correttamente applicato il principio di non contestazione ed ha considerato provati i fatti menzionati, ritenendo erroneamente che la ricorrente non li avesse contestati, senza tuttavia motivare in alcun modo le ragioni del suo convincimento. Inoltre, il primo giudice ha ritenuto non provato il pagamento degli interessi di mora, fatto non appellato e su cui pertanto si è formato il giudicato. 5.1. Anche tale censura è inammissibile. Giova rammentare che, in tema di ricorso per cassazione, la violazione dell'articolo 115 c.p.c., può essere dedotta come vizio di legittimità non in riferimento all'apprezzamento delle risultanze probatorie operato dal giudice di merito, ma solo sotto due profili qualora il medesimo, esercitando il suo potere discrezionale nella scelta e valutazione degli elementi probatori, ometta di valutare le risultanze di cui la parte abbia esplicitamente dedotto la decisività, salvo escluderne in concreto, motivando sul punto, la rilevanza ovvero quando egli ponga alla base della decisione fatti che erroneamente ritenga notori o la sua scienza personale Cassazione, numero 4699/2018 Cass. numero 20382/2016 . In ordine alla doglianza circa la violazione del principio di non contestazione di cui all'articolo 115 c.p.c., la Corte d'appello ha semplicemente ritenuto che i calcoli dell'elaborato peritale di parte attrice non erano stati specificamente contestati dalla banca, con riferimento quindi sia alla quantificazione dei tassi di interesse, corrispettivo e di mora, effettivamente applicati al contratto di finanziamento, sia al tasso soglia e la ricorrente si limita genericamente ad allegare di avere, in comparsa di costituzione e risposta, contestato la valenza probatoria della suddetta perizia di parte. 6. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte respinge il ricorso condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.000,00, a titolo di compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.