Impossibile addebitare a lui o a lei la successiva definitiva rottura. I comportamenti violenti dell’uomo e le relazioni adulterine della donna sono catalogabili, difatti, come conseguenza della crisi irreversibile della coppia.
L’ormai datato ricorso congiunto proposto da moglie e marito per ottenere la separazione certifica come la crisi della coppia abbia origine molto precedente alle censurabili condotte tenute da entrambi. Ciò fa cadere, quindi, l’ipotesi che la separazione, ora ufficiale, possa essere addebitato a uno dei due coniugi. Irrilevante, chiariscono i Giudici, il fatto che il vecchio ricorso per separazione fosse stato all’epoca abbandonato, poiché la crisi era rientrata non per una riappacificazione bensì per tutelare i figli della coppia. Concordi i giudici di merito sia in primo che in secondo grado, difatti, «nell’ambito del giudizio di separazione pendente tra Tizio e Caia» – nomi di fantasia – «vengono respinte le reciproche domande di addebito». Ciò perché i giudici ritengono palese che la crisi della coppia abbia avuto origine molto prima dei censurabili comportamenti tenuti dall’uomo – «aggressioni fisiche nei confronti della moglie» – e dalla donna – ripetuti «tradimenti coniugali» –, come testimoniato da un vecchio, e poi abbandonato, ricorso congiunto per l’ottenimento della separazione. A portare la questione in Cassazione è solo Tizio, sostenendo che l’ affectio coniugalis è venuta meno per colpa della moglie. Per l’uomo, difatti, è priva di fondamento la tesi di «un matrimonio disgregato da anni », poiché «l’intero impianto probatorio e tutte le deposizioni testimoniali» raccontano che «il fallimento dell’unione matrimoniale è stata determinata dalle infedeltà coniugali » di Caia. Questa visione non convince però i Giudici di terzo grado, i quali, mostrando di condividere le valutazioni compiute in appello, ribadiscono che «la disgregazione del matrimonio era già in atto da tempo , tanto è vero che gli stessi coniugi avevano presentato un primo ricorso congiunto per separazione nel lontano 2012, poi abbandonato non per essere intervenuta una effettiva ricomposizione dell’unità familiare bensì per il bene dei figli». Di conseguenza, «le condotte poste in essere da entrambi i coniugi in contrasto con i doveri coniugali – le aggressioni fisiche dell’uomo nei confronti della moglie e i tradimenti coniugali della donna – non sono stati la causa, bensì la conseguenza, del venir meno dell’ affectio coniugalis ».
Presidente Cesare – Relatore Fidanzia Rilevato - che, per quanto di interesse, con sentenza numero 1235/2021, depositata il 15.11.2021, la Corte d'Appello di Torino ha confermato la sentenza del 23.7.2020 con cui il Tribunale di Cuneo, nell'ambito del giudizio di separazione pendente tra B.V. e M.F., ha respinto le reciproche domande di addebito formulate dai coniugi - che avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione B.V. affidandolo a due motivi, mentre M.F. ha resistito con controricorso che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex articolo 380-bis c.p.c. che il ricorrente ha depositato la memoria ex articolo 380 bis c.p.c Considerato 1. che con il primo motivo è stato dedotto l'omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, violazione e falsa applicazione dell' articolo 167 c.p.c. , 183 numero 1, articolo 112 c.p.c. , articolo 115 e 116 c.p.c. , articolo 2697 c.c. nullità della sentenza o del procedimento in relazione all' articolo 156 c.p.c. , comma 2, articolo 161,167 c.p.c., articolo 183 c.p.c. , numero 1 che, in particolare, il ricorrente deduce che la M., soltanto con la comparsa conclusionale in primo grado, ha eccepito che l'affectio coniugalis fosse venuta meno ben prima dell'ultima infedeltà, così incorrendo irrimediabilmente in una preclusione che, in sostanza, la M., nel costituirsi in giudizio, ha concentrato le proprie energie sulle richieste economiche e sulla domanda di addebito al marito, non facendo alcun cenno alla risalente disgregazione del matrimonio, non avendo nemmeno dedotto delle prove al riguardo 2. che il motivo è inammissibile che, in particolare, il ricorrente invoca la tardività perché avvenuta solo con la comparsa conclusionale di primo grado dell'allegazione della moglie in ordine alla risalente disgregazione del matrimonio senza neppure dedurre di aver fatto specificamente valere tale tardività ed il conseguente asserito vizio della sentenza di primo grado con l'atto d'appello, ex articolo 342 c.p.c. , di talché può ritenersi che sulla questione si sia formato il giudicato interno - che, in ogni caso, l'odierna deduzione del ricorrente ha natura meramente assertiva, non avendo neppure riportato dei passaggi della comparsa di costituzione della ricorrente in primo grado, come invece ha fatto la stessa M. nel controricorso, idonei a consentire di individuare il tenore delle difese da quest'ultima svolte in primo grado 3. che con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli articolo 112,115,116 c.p.c., articolo 163 c.p.c. , numero 5, articolo 164,167,186,187,189,244 c.p.c. e articolo 2697 c.c. che, in particolare, il ricorrente deduce che l'affermazione secondo cui il matrimonio si fosse disgregato da anni è smentita dall'intero impianto probatorio acquisito e, all'uopo, ha preso in esame tutte le deposizioni testimoniali e gli altri elementi di prova da cui emergerebbe che il fallimento dell'unione matrimoniale e'stata determinata dalle infedeltà coniugali della M. 4. che il motivo è inammissibile - che, va, preliminarmente, osservato che secondo il consolidato orientamento di questa Corte vedi recentemente Cass. numero 3923 del 19/02/2018 vedi anche Cass. numero 2059/2012 , grava sulla parte che richieda, per l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà, l'addebito della separazione all'altro coniuge l'onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre è onere di chi eccepisce l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell'infedeltà nella determinazione dell'intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l'eccezione si fonda, vale a dire l'anteriorità della crisi matrimoniale all'accertata infedeltà - che, nel caso di specie, la Corte d'Appello ha fatto un corretto uso di tali principi, ritenendo all'esito della valutazione degli elementi probatori emergenti in causa di condividere la ricostruzione operata dal giudice di primo grado secondo cui la disgregazione del matrimonio era già in atto da tempo, tanto è vero che gli stessi coniugi avevano presentato un primo ricorso congiunto per separazione nel lontano Omissis , poi abbandonato non per essere intervenuta una effettiva ricomposizione dell'unità familiare, ma per il bene dei figli che, pertanto, le condotte poste in essere da entrambi i coniugi in contrasto con i doveri coniugali - le aggressioni fisiche del ricorrente nei confronti della moglie e i tradimenti coniugali di quest'ultima - non erano stati la causa, bensì la conseguenza del venir meno dell'affectio coniugalis - che tale valutazione in fatto non può essere sindacata in sede di legittimità, neppure a norma dell' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 5, atteso che in una fattispecie di doppia conforme - quale quella di specie - il ricorso per cassazione, in virtù dell' articolo 348 ter c.p.c. , comma 4, non può essere proposto a tale titolo che, invece, il ricorrente, con l'apparente deduzione di violazioni di legge, non ha fatto altro che sollecitare inammissibilmente una diversa valutazione degli elementi probatori rispetto a quella operata dalla Corte d'Appello 5. che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 3.100, di cui Euro 100,00 per spese, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13 , comma 1 quater, inserito dalla L. numero 228 del 2012, articolo 1 , comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, ove dovuto. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 5 2.