Fabbricato oggetto di pignoramento: l’uso civico non basta per bloccare l’azione del creditore

Chiara la posizione assunta dai Giudici il singolo non può prendere a pretesto l’uso civico per sottrarre dal pignoramento, eseguito da un suo creditore, un bene che egli stesso utilizzi in modo incompatibile con l’esercizio collettivo. Riprende vigore perciò l’azione esecutiva di un creditore relativamente alla proprietà di un immobile costruito su un terreno comunale.

Impossibile prendere a pretesto l’uso civico per sottrarre dal pignoramento, eseguito da un credito, un bene utilizzato in modo non compatibile con l’esercizio collettivo. Pomo della discordia è un fabbricato. Il proprietario chiede al Commissario per gli usi civici la sospensione di un’esecuzione immobiliare proprio perché il fabbricato, che insiste su terreno del Comune, è, a suo dire, gravato da usi civici. Obiettivo della richiesta è, in sostanza, vedere dichiarata la nullità assoluta della trascrizione del pignoramento e di eventuali atti esecutivi. Logica ma infruttuosa, almeno secondo i giudici di merito, l’opposizione del creditore che ha dato il ‘la’ al pignoramento . In sostanza, il Commissario «dichiara la demanialità civica del terreno e ne ordina la reintegra nel possesso in favore del Comune e a cura della Regione». E questa linea di pensiero viene condivisa dai giudici d’appello, i quali spiegano che «non è seriamente contestabile, per il principio dell’accessione invertita, che il fabbricato, oggetto di esecuzione, possa, in astratto essere sottratto al pignoramento», vista «l’ esistenza accertata di usi civici sul terreno – appartenente al demanio comunale – su cui insiste l’immobile», e ciò comporta «un vantaggio del debitore esecutato nonostante la reintegra nel possesso in favore del Comune conseguente alla declaratoria del vincolo». Col ricorso in Cassazione il creditore contesta la decisione presa dai giudici d’appello e mette in dubbio, soprattutto, «il vantaggio derivante al debitore esecutato dalla sottrazione del fabbricato al pignoramento» a fronte della «reintegrazione a favore del Comune conseguente alla declaratoria del vincolo». Il creditore sostiene che «tale vantaggio per il debitore non esiste, in quanto egli, con la sottrazione del bene al pignoramento, non viene liberato dal debito, come nel caso viceversa di utile esperimento della vendita forzata». D’altra parte, «è evidente che se il bene è del Comune, allora il Comune è l’unico soggetto legittimato ad agire per fare accertare la demanialità del bene e l’unico soggetto effettivamente, attualmente e concretamente interessato ad evitare l’espropriazione di un proprio bene», precisa ancora il creditore. Queste obiezioni sono ritenute fondate e solide dai Giudici della Cassazione, i quali ricordano, in premessa, che «nei giudizi relativi all’accertamento e all’esistenza di usi civici o di demani comunali, il Comune è l’ente che, per la sua stessa essenza, rappresenta normalmente la collettività dei cittadini per la tutela dei diritti che a costoro spettano uti cives » ma, aggiungono i Giudici, «non può ritenersi vietato che qualunque cittadino, appartenente alla collettività medesima, possa intervenire, come tale, nel procedimento o addirittura prendere l’iniziativa dell’impugnazione, in quanto il provvedimento giudiziario farebbe stato anche nei suoi confronti, quale partecipe di quella comunità, pretesa titolare degli usi o delle terre demaniali» di cui si dibatte nel processo. Difatti, «i diritti ricompresi nella generica dizione di usi civici sono diritti reali perpetui di godimento , caratterizzati dal fatto che spettano ai componenti di una collettività, territorialmente delimitata, al fine di trarre dalle terre ad essi soggette determinate utilità, necessarie per i bisogni della vita, con la conseguenza che il cittadino, in quanto appartenente a quella collettività, è titolare egli stesso, come singulus et civis , dell’uso nei confronti degli altri cittadini e di qualsiasi altro terzo». In sintesi, «con l’espressione uso civico si intende sia il diritto dell’intera collettività , sia quello del singolo cittadino, ma l’esercizio del diritto da parte del cittadino è sempre espressione e manifestazione del diritto primario della collettività cui egli appartiene, donde la conseguenza che l’esercizio del diritto non può mai essere in contrasto e a discapito degli interessi della popolazione». Invece, nella vicenda in esame, i giudici d’appello hanno «identificato l’interesse del singolo non già in un interesse che gli derivasse quale membro della comunità, ma», rilevano dalla Cassazione, «nel vantaggio che gli sarebbe derivato, a seguito del riconoscimento della qualitas soli , dalla sottrazione del bene al pignoramento». Questo assunto «non si può condividere», chiariscono dalla Cassazione. In passato si sono consolidati principi in relazione agli usi civici esercitati su beni appartenenti alla collettività, principi in base ai quali «è vietata qualsiasi forma di circolazione dei beni stessi, compresa quella derivante dal processo esecutivo». Ma nel caso in esame «la discussione non riguarda la validità di questi principi in termini generali», poiché «si pone un problema diverso, e cioè se sia consentito al privato, il quale utilizzi un bene soggetto a uso civico a suo esclusivo vantaggio, di invocare tale qualità per sottrarre il bene dal pignoramento iniziato da un suo creditore». Ragionando in questa ottica, la conclusione dei giudici d’appello, i quali «hanno giustificato l’interesse del singolo proprio con la sottrazione del bene dal pignoramento eseguito nei suoi confronti», «non è condivisibile», sanciscono dalla Cassazione. Per i Giudici è quindi necessario fare chiarezza, accogliendo le osservazioni proposte dal creditore e fissando il principio secondo cui «il singolo non può prendere a pretesto l’uso civico per sottrarre dal pignoramento, eseguito da un suo creditore, un bene che egli stesso utilizzi in modo incompatibile con l’esercizio collettivo».

Presidente Lombardo – Relatore Tedesco Fatti di causa Con ricorso del 7 ottobre 2013 CI.MA. ha chiesto al Commissario per gli Usi Civici per l'Abruzzo di disporre la sospensione dell'esecuzione immobiliare pendente presso il Tribunale di Pescara relativa al fabbricato di sua proprietà insistente sul terreno censito foglio Omissis , particella Omissis del Comune di Elice, in quanto gravato da usi civici, e di dichiarare la qualitas soli della suddetta particella, come immobile gravato da usi civici e, per l'effetto, dichiarare la nullità assoluta della trascrizione del pignoramento relativo alla stessa e di tutti gli eventuali atti esecutivi. Si costituivano nel giudizio il creditore procedente C.S., la Banca Caripe e la Sofigeco Crediti S.p.A., chiedendo il rigetto delle domande, mentre restavano contumaci il Comune di Elice, il Condominio di Montelido, Equitalia S.p.A. e Soget S.p.A Disposta consulenza tecnica, il Commissario dichiarava la demanialità civica del terreno in oggetto e ne ordinava la reintegra nel possesso in favore del Comune di Elice e a cura della Regione Abruzzo. Avverso predetta sentenza ha proposto reclamo il C., che è stato rigettato dalla Corte d'appello di Roma. In particolare, per quanto interessa in questa sede, la Corte di merito, disattendendo apposita ragione di censura relative al difetto di interesse del Ci., ha riconosciuto la sussistenza di tale interesse, argomentando non essere seriamente contestabile, per il principio dell'accessione invertita, che il fabbricato, oggetto di esecuzione, del ricorrente Ci., possa, in astratto essere sottratto al pignoramento, per l'esistenza accertata di usi civici sul terreno sul quale lo stesso insiste, con conseguente vantaggio del debitore esecutato nonostante la reintegra nel possesso in favore del Comune conseguente alla declaratoria del vincolo . La Corte d'appello ha poi riconosciuto che, trattandosi di usi civici esercitati su terreni appartenenti al demanio comunale, non era applicabile la L. numero 1766 del 1926, articolo 3, conseguendone l'infondatezza dell'eccezione di decadenza proposta dal reclamante ai sensi di tale norma. Per la cassazione della sentenza C.S. ha proposto ricorso affidato a quattro motivi. CI.MA. ha resistito con controricorso. Gli altri soggetti ai quali è stato notificato il ricorso o sono rimasti intimati. La causa, in un primo tempo avviata per la trattazione in camera di consiglio, è stata rimessa alla pubblica udienza con ordinanza del 27 aprile 2022. In prossimità della udienza camerale, il controricorrente aveva depositato memoria, depositando poi ulteriore memoria in vista della pubblica udienza. Ragioni della decisione Il ricorso sfugge al rilievo di inammissibilità eccepito con il controricorso per la supposta violazione del principio di autosufficienza. L'esposizione in esso contenuta consente alla Corte di avere una chiara visione della vicenda, sostanziale e processuale, in immediato coordinamento con i motivi di censura Cass. numero 21750/2016 , che, a loro volta, sono specificamente attinenti rispetto al decisum. L'ulteriore eccezione di inammissibilità, fondata sull' articolo 360-bis c.p.c. , rimane invece superata dall'accoglimento del primo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente, denunciando, fra l'altro, la violazione dell' articolo 100 c.p.c. , censura la decisione nella parte in cui la Corte d'appello ha ravvisato la sussistenza dell'interesse ad agire del ricorrente nel vantaggio, derivante al debitore esecutato, dalla sottrazione del fabbricato al pignoramento, nonostante la reintegrazione a favore del Comune conseguente alla declaratoria del vincolo. Si sostiene che tale vantaggio per il debitore non esiste, in quanto con la sottrazione del bene al pignoramento, egli non viene liberato dal debito, come nel caso viceversa di utile esperimento della vendita forzata. D'altra parte, continua ancora il ricorrente, è evidente che se il bene è del Comune di Elice, solo il Comune era l'unico soggetto legittimato ad agire per fare accertare la demanialità e l'unico effettivamente attualmente e concretamente interessato ad evitare l'espropriazione di un proprio bene e non certo un terzo . Il motivo è fondato e il suo accoglimento comporta l'assorbimento delle censure di cui ai restanti motivi del secondo motivo, che pone la questione della decadenza dall'azione di accertamento degli usi civici per difetto di dichiarazione nel termine previsto dalla L. numero 1766 del 1927, articolo 3 del terzo motivo, riguardante la configurabilità in materia di una sdemanializzazione di fatto, negata dalla Corte d'appello e del quarto motivo sulla liquidazione delle spese di lite . Nei giudizi relativi all'accertamento e all'esistenza di usi civici o di demani comunali, il comune e l'ente che, per la sua stessa essenza, rappresenta normalmente la collettività dei cittadini per la tutela dei diritti che a costoro spettano uti cives ma non può ritenersi vietato che qualunque cittadino, appartenente alla collettività medesima possa intervenire, come tale, in grado di appello o addirittura prendere l'iniziativa dell'impugnazione, in quanto la sentenza emananda farebbe stato anche nei suoi confronti, quale partecipe di quella comunità, pretesa titolare degli usi o delle terre demaniali di cui si controverte Cass. numero 387/1974 . Infatti, i diritti ricompresi nella generica dizione di usi civici sono diritti reali perpetui di godimento, caratterizzati dal fatto che spettano ai componenti di una collettività, territorialmente delimitata, al fine di trarre dalle terre ad essi soggette determinate utilità, necessarie per i bisogni della vita, con la conseguenza che l'utente, in quanto appartenente a quella collettività, è titolare egli stesso, come singulus et civis dell'uso nei confronti degli altri utenti e di qualsiasi altro terzo. Con l'espressione uso civico si intende sia il diritto dell'intera collettività, sia quello del singolo utente ma l'esercizio del diritto da parte di quest'ultimo è sempre espressione e manifestazione del diritto primario della collettività cui egli appartiene, donde la conseguenza che l'esercizio del diritto non può mai essere in contrasto e a discapito degli interessi della popolazione Cass. numero 387/1974 . In disarmonia con tali principi, la Corte d'appello ha identificato l'interesse del singolo non già in un interesse che gli derivasse quale membro della comunità, ma nel vantaggio che gli sarebbe derivato, a seguito del riconoscimento della qualitas soli, dalla sottrazione del bene al pignoramento. Tale assunto non si può condividere. Il controricorrente richiama consolidati principi di giurisprudenza affermati in relazione agli usi civici esercitati su beni appartenenti alla collettività degli utenti, in base ai quali sarebbe vietata qualsiasi forma di circolazione dei beni stessi, compresa quella derivante dal processo esecutivo. Cass. numero 19792/2011 . Ma nel caso in esame, però, la discussione non riguarda la validità di questi principi in termini generali, ponendosi un problema diverso, e cioè se sia consentito al privato, il quale utilizzi un bene soggetto a uso civico a suo esclusivo vantaggio, di invocare tale qualità per sottrarre il bene dal pignoramento iniziato da un suo creditore. Da questo limitato punto di vista, la conclusione della Corte d'appello, che ha giustificato l'interesse del singolo proprio con la sottrazione del bene dal pignoramento eseguito nei suoi confronti, non è condivisibile. Si deve invece riconoscere il diverso principio secondo cui il singolo non può prendere a pretesto l'uso civico per sottrarre dal pignoramento, eseguito da un suo creditore, un bene che egli stesso utilizzi in modo incompatibile con l'esercizio collettivo il che nella specie sembra implicito nel fatto stesso che il pignoramento è stato eseguito sul fabbricato edificato sul terreno gravato, che era rimasto così sottratto all'uso collettivo. Solo per completezza di esame il collegio osserva che non sono state sollevate censure sulla giurisdizione del Commissario degli usi civici. La sentenza deve essere cassata in relazione al primo motivo assorbiti i restanti e la causa rinviata per nuovo esame alla Corte d'appello in diversa composizione, che liquiderà anche le spese del presente giudizio. P.Q.M. accoglie il primo motivo di ricorso dichiara assorbiti i restanti motivi cassa la sentenza in relazione al motivo accolto rinvia la causa alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio di legittimità.