In caso di asserita illiceità dell’appalto per interposizione di manodopera vietata, quali sono i termini di decadenza che incombono sul lavoratore che voglia ottenere il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato con il committente?
La Corte d'Appello ha accolto l'eccezione preliminare di decadenza sollevata da una società a fronte della domanda di due lavoratori volta ad ottenere la dichiarazione di non genuinità dell'appalto intercorso con un'altra società, previo accertamento di un'interposizione di manodopera vietata e conseguente costituzione di un rapporto di lavoro subordinato con la committente. Le domande sono state respinte essendo infatti decorso un periodo di ben 553 giorni tra l'impugnazione stragiudiziale e il deposito del ricorso giudiziale. La questione è giunta all'attenzione della Corte di legittimità secondo la quale il ricorso è fondato. Richiamando la nuova disciplina sull'impugnazione stragiudiziale del licenziamento individuale articolo 32, l. numero 183/2010 , la Corte ricorda che il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione scritta ovvero dalla comunicazione dei motivi, se non contestuale, con qualsiasi atto, anche stragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore. L'impugnazione è inefficace se non eseguita entro il termine di 270 giorni dal deposito del ricorso nella cancelleria del giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte del tentativo di conciliazione o arbitrato. Nell'interpretazione dell'ambito di applicazione di tale disciplina con specifico riferimento all'ipotesi dell'appalto, è sorta la questione relativa alla necessità della presenza di una comunicazione in forma scritta ai fini dell'operatività del termine di decadenza. La comunicazione scritta è infatti uno degli elementi che caratterizza l'applicazione della norma con la conseguenza che «anche il comma 4, lett. d dell'articolo 32, al pari del comma 3, estende l'onere di impugnativa stragiudiziale purchè vi siano specifici provvedimenti datoriali, cioè “atti”, da contestare, in mancanza dei quali la decadenza non opera. Né può sostenersi, sempre con riferimento all'appalto, che il dies a quo per far decorrere il termine di decadenza possa essere individuato nell'esatta data di scadenza dell'appalto medesimo con l'impresa appaltatrice, vuoi perché una precisa data di scadenza ben può mancare, vuoi perché di essa il lavoratore – vale a dire il soggetto onerato dall'impugnativa – normalmente non ne è a conoscenza. Né tale dies a quo può individuarsi nella data dell'eventuale licenziamento intimato dall'interposto nel rapporto di lavoro tale licenziamento è giuridicamente inesistente perché proviene da soggetto diverso da quello che si assume essere il reale datore di lavoro». Il titolare del rapporto resta infatti il committente posto che l'azione è diretta a far valere la reale titolarità del rapporto. In altre parole «fino a quando il lavoratore non riceva un provvedimento in forma scritta che neghi la titolarità del rapporto o comunque sia equipollente ad un atto di recesso, non può decorrere alcun termine decadenziale». Il ricorso viene quindi accolto con rinvio alla Corte d'Appello di Milano per un nuovo esame della vicenda alla luce del principio secondo cui «il doppio termine di decadenza dell'impugnazione stragiudiziale e giudiziale previsto dal combinato disposto degli articolo 6, commi 1 e 2, l. numero 604/1966 e 32, comma 4, lett.d , l. numero 183/2010 non si applica all'azione del lavoratore intesa ad ottenere, in base all'asserita illiceità dell'appalto in quanto di mera manodopera, l'accertamento del proprio rapporto di lavoro subordinato in capo al committente, in assenza di una comunicazione scritta inviata da quest'ultimo equipollente ad un atto di recesso».
Presidente Doronzo – Relatore Piccone Rilevato che Con sentenza numero 2123 dell'11 dicembre 2017, la Corte d'appello di Milano ha confermato la decisione del locale Tribunale che, in accoglimento dell'eccezione preliminare di decadenza ai sensi del L. numero 183 del 2010 articolo 32, comma 4, lett. d , sollevata dalla F. S.p.A., aveva respinto le domande proposte da G.A. e M.F. volte ad ottenere la dichiarazione della non genuinità dell'appalto intercorso fra F. S.p.A. e H. T. Italia s.r.l. previo accertamento di una interposizione di manodopera vietata e la conseguente costituzione di un rapporto di lavoro subordinato con la committente - originaria datrice di lavoro in particolare, la Corte, nel condividere l'iter argomentativo del primo giudice, secondo cui soltanto decorsi 553 giorni dall'impugnazione stragiudiziale era stato depositato il ricorso giudiziale, aveva ritenuto infondato l'argomento difensivo in base al quale l'impugnazione stragiudiziale del 14 gennaio 2015 non avrebbe dovuto essere considerata in ragione della mancanza dell'atto datoriale di risoluzione del rapporto di lavoro utile al decorso del termine decadenziale per la cassazione della sentenza propongono ricorso G.A. e M.F., affidandolo ad un unico motivo resiste, con controricorso, F. S.p.A. entrambe le parti hanno presentato memorie. Considerato che Con l'unico motivo di ricorso si censura la decisione impugnata allegandosi la violazione e falsa applicazione del L. numero 183 del 2010 articolo 32, comma 4, lettera d , in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3. Deduce, in particolare, parte ricorrente, la possibilità di far decorrere il termine decadenziale di cui al richiamato articolo 32 soltanto dal 25 ottobre 2015, data di cessazione del rapporto di lavoro con la H. T., società asseritamente interposta, non essendo ipotizzabile un precedente idoneo atto di recesso datoriale. Il motivo è fondato e merita accoglimento. Come già osservato da questa Corte, cfr., sul punto, Cass. numero 30490 del 2021 si veda, altresì, Cass. numero 24337 del 2022 l'articolo 32 della L. numero 183 del 2010 contiene, al comma 1, la nuova formulazione del primo e del comma 2 dell'articolo 6 L. numero 604 del 1966 Norme sui licenziamenti individuali sull'impugnativa stragiudiziale del licenziamento, lasciando invariato il comma 3, che prevede la competenza funzionale del giudice del lavoro per le controversie derivanti dall'applicazione della legge medesima. Si prevede che il licenziamento debba essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch'essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore, anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso. La L. numero 604 del 1966 articolo 6 comma 2 stabilisce ora che l'impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di duecentosettanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del Tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. La nuova articolata disciplina di impugnativa e decadenze, introdotta dall'articolo 32, comma 1, si salda con le prescrizioni degli ulteriori commi - 2, 3 e 4 - che, in disparte il comma 1 -bis aggiunto successivamente, recano la previsione dell'estensione dell'ambito di applicazione dell'articolo 6 riformato. Così, in particolare, della L. numero 183 del 2010 l'articolo 32, comma 4, lett. d ratione temporis applicabile al caso di specie statuisce che Le disposizioni di cui alla L. numero 604 del 15 luglio 1966, articolo 6, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche a ai contratti di lavoro a termine stipulati ai sensi del D. Lgs. numero 368 del 6 settembre 2001, articolo 1,2 e 4, in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla scadenza del termine b ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche in applicazione di disposizioni di legge previgenti al decreto legislativo 6 settembre 2001, numero 368, e già conclusi alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla medesima data di entrata in vigore della presente legge c alla cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell'articolo 2112 del codice civile con termine decorrente dalla data del trasferimento d in ogni altro caso in cui, compresa l'ipotesi prevista dall'articolo 27 del decreto legislativo 10 settembre 2003, numero 276, si chieda la costituzione o l'accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto . Quella che rileva nel presente giudizio è la disposizione di cui al comma 4 lett. d . La questione che si pone è se una lettura della stessa in stretta correlazione con il comma 1 del medesimo articolo 32 sia tale da richiedere anche in questo caso, ai fini dell'operatività del termine di decadenza, che vi sia una comunicazione scritta. Questa Corte, nell'interpretare le disposizioni introdotte con l'articolo 32 L. cit., ne ha configurato nel tempo un ambito di applicazione rigorosa, consapevole che le limitazioni al libero esercizio dell'azione, dovute all'introduzione d'un doppio e ristretto termine di decadenza per l'impugnativa stragiudiziale e per la successiva azione in giudizio , hanno un carattere eccezionale cfr. Cass. 25 maggio 2017, numero 13179 in motivazione Cass., Sez. Unumero , numero 4913 del 2016 . In primo luogo, questa Corte, ritenuto imprescindibile che vi sia una comunicazione scritta da cui far decorrere il termine di decadenza, ha escluso l'operatività di detta decadenza in caso di licenziamento intimato oralmente v. Cass. 11 gennaio 2019, numero 523 Cass. 12 ottobre 2018, numero 25561 Cass. 9 novembre 2015, numero 22825 . Ed infatti, l'esistenza di una comunicazione scritta è uno degli elementi che caratterizzano l'applicazione della norma non a caso, anche nell'ipotesi del trasferimento ex articolo 2103 c.c. pur estranea a quella di cessazione del rapporto di lavoro è prevista la necessità di impugnare stragiudizialmente il provvedimento a pena di decadenza e di depositare il ricorso nel termine dettato anche per i licenziamenti. E da ritenersi, dunque, che anche il comma 4 lett. d dell'articolo 32, comma 4, al pari del comma 3, estende l'onere di impugnativa stragiudiziale purché vi siano specifici provvedimenti datoriali, cioè atti , da contestare, in mancanza dei quali la decadenza non opera. Ne' può sostenersi, sempre con riferimento all'appalto, che il dies a quo per far decorrere il termine di decadenza possa essere individuato nell'esatta data di scadenza dell'appalto medesimo con l'impresa appaltatrice, vuoi perché una precisa data di scadenza ben può mancare, vuoi perché di essa il lavoratore - vale a dire il soggetto onerato dell'impugnativa - normalmente non è a conoscenza. Ne' detto dies a quo può individuarsi nella data dell'eventuale licenziamento intimato dall'interposto nel rapporto di lavoro tale licenziamento è giuridicamente inesistente perché proviene da soggetto diverso da quello che si assume essere il reale datore di lavoro v. Cass. 6 luglio 2016, numero 13790 Cass. 11 settembre 2000, numero 119570 . Infatti, poiché l'azione per far valere la reale titolarità del rapporto non è un'azione costitutiva, ma dichiarativa, titolare ab origine del rapporto resta pur sempre il committente. Per l'effetto, secondo l'orientamento di legittimità cfr., Cass. numero 30490 del 2021 cit. , fin quando il lavoratore non riceva un provvedimento in forma scritta che neghi la titolarità del rapporto o comunque sia equipollente ad un atto di recesso, non può decorrere alcun termine decadenziale. La necessità, ai fini dell'applicazione del suddetto termine decadenziale, di un provvedimento scritto da impugnare, è stata affermata da questa Corte a proposito del licenziamento orale già sotto il vigore del vecchio testo della L. numero 604 del 1966 articolo 6 in tal senso v. Cass. 29 novembre 1996, numero 10697 , il che è stato poi ribadito anche dopo la riforma del citato articolo 6 operata dal cit. articolo 32 della L. numero 183 del 2010 cfr. Cass. 9 novembre 2015, numero 22825 Cass. numero 523/2019 cit. . La necessità, ai tini dell'applicazione del termine decadenziale, di un provvedimento scritto da impugnare è ulteriormente confermata dalla previsione dell'articolo 32, comma 3, lett. b , riferita al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche nella modalità a progetto , nonché dalla lett. c , concernente il trasferimento ai sensi dell'articolo 2103 del codice civile in entrambi i casi si fa riferimento ad un provvedimento datoriale che si assume illegittimo infatti, quanto alle previsioni del comma 4 dell'articolo 32 cit. e, specificamente in relazione alla lett. c , questa Corte ha escluso l'applicazione del termine di decadenza alla domanda del lavoratore volta all'accertamento del passaggio del rapporto di lavoro in capo al cessionario, limitando la suddetta previsione alle ipotesi in cui il lavoratore contesti la ‘cessione del contrattò, o meglio il passaggio del rapporto di lavoro in capo al cessionario per effetto di un trasferimento d'azienda posto in essere dal suo datore di lavoro Cass. 4 aprile 2019, numero 9469 Cass. numero 13648/2019 cit. Cass. numero 28750/2019 cit. cfr. anche Cass. numero 13179/2017 cit. che ha escluso che sia assoggettata al termine di decadenza di cui all'articolo 32 l'azione per l'accertamento e la dichiarazione del diritto di assunzione del lavoratore presso l'azienda subentrante nell'ipotesi di cambio di gestione dell'appalto con passaggio dei lavoratori all'impresa nuova aggiudicatrice . Ancora con specifico riferimento al contratto di collaborazione a progetto, questa Corte ha precisato che qualora un simile rapporto si risolva per effetto della manifestazione di volontà del collaboratore di voler recedere dal rapporto, ovvero cessi per la sua naturale scadenza, l'azione per l'accertamento della subordinazione e la riammissione in servizio è esercitabile nei termini di prescrizione, senza essere assoggettata al regime decadenziale di cui alla L. numero 183 del 2010 articolo 32, comma 3, lett. b , poiché il regime in questione si applica al solo caso di ‘recesso del committente' e non è estensibile alle ipotesi in cui manchi del tutto un atto che il lavoratore abbia interesse a contestare o confutare Cass. 10 dicembre 2019, numero 32254 Cass. 25 novembre 2019, numero 30668 nella medesima pronuncia si è sottolineato come, anche là dove l'obbligo di impugnazione stragiudiziale è stato esteso all'accertamento della natura del rapporto intercorso tra le parti, ai sensi della lett. a del comma 3 dell'articolo 32 citato, ciò è avvenuto sempre in relazione ad atti di risoluzione del rapporto per volontà datoriale la disposizione di cui alla lett. a del comma 3 cit. e', difatti, formulata con riferimento a licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro , il che conferma la natura impugnatoria della disposizione in esame. Gli esempi che precedono sono tutti di termine decadenziale decorrente o da atti scritti recettizi nei confronti del lavoratore oppure da un fatto appositamente tipizzato dal cit. articolo 32 scadenza del contratto di lavoro a tempo determinato . Ritiene, quindi, il Collegio, conformemente al citato orientamento, che estendere analogicamente ad un fatto la cessazione dell'attività del lavoratore presso il committente una norma l'articolo 32 cit. calibrata in relazione ad atti scritti e recettizi o ad un diverso e tipizzato fatto scadenza del contratto a tempo determinato incontra plurimi ostacoli. Il primo - insormontabile e già di per sé dirimente - risiede nel carattere eccezionale delle norme in tema di decadenza, in quanto tali non suscettibili di applicazione analogica. Il secondo consiste nell'aporia che si creerebbe rispetto all'impianto complessivo del combinato disposto della L. numero 604 del 1966 articolo 6 e L. numero 183 del 2010 articolo 32 e alla costante giurisprudenza di questa S.C. che, come già detto, ricollega il suddetto onere di impugnazione a provvedimenti datoriali scritti. Il terzo si riscontra nell'obbligo per il giudice di adottare - fra più possibili interpretazioni - una che sia costituzionalmente conforme. Introdurre nuovi termini decadenziali per l'esercizio d'un dato diritto appartiene alla discrezionalità del legislatore nondimeno essa non può esprimersi con modalità tali da determinare, nel bilanciamento di interessi costituzionalmente rilevanti, il totale sacrificio o la compressione eccessiva di uno di essi, dovendosi invece tenere conto della proporzionalità dei mezzi rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare e delle finalità che si vogliano perseguire, considerate le circostanze e le limitazioni concretamente sussistenti cfr., ex plurimis, Corte Cost. numero 71 del 2015, numero 17 del 2011, numero 229 e numero 50 del 2010, numero 221 del 2008 e numero 1130 del 1988 ordinanza numero 141 del 2001 . Ora, per rispettare il nucleo irriducibile del diritto d'azione di cui all'articolo 24 Cost. è necessario che qualunque suo ipotetico termine di decadenza venga configurato in modo tale che il dies a quo del suo decorso sia esattamente individuabile dal soggetto onerato, mentre nel caso in oggetto il lavoratore, finché non riceva una formale comunicazione, non sa se e quando cesserà definitivamente il proprio personale utilizzo e/o quello di tutti gli altri suoi colleghi di lavoro presso il committente. Ammettere, invece, il decorso della decadenza anche in difetto d'una formale comunicazione di cessazione di tale utilizzo renderebbe eccessivamente aleatorio l'esercizio del diritto d'azione del lavoratore, stante l'intrinseca difficoltà di identificarne con esattezza il dies a quo. Per di più tale difficoltà sarebbe acuita dalla brevità del termine 60 giorni , il che esclude che anche soltanto una porzione di esso possa essere erosa dal tempo necessario ad accertare l'effettiva definitività della cessazione dell'impiego presso il committente. Infine, va ricordato che D.Lgs. numero 81 del 15 giugno 2015, l'articolo 39, comma 1, che prevede l'applicazione del termine di decadenza di 60 giorni e la sua decorrenza dalla data in cui il lavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l'utilizzatore , è riferito alla sola somministrazione lavoro e non anche all'appalto illecito, sicché, sempre in virtù del carattere di stretta interpretazione delle norme sulla decadenza, non è suscettibile di estensione analogica. Ne' è conferente al caso in esame il precedente di Cass. 13 settembre 2016, numero 17969 in tema di somministrazione irregolare, secondo cui per costituire il rapporto di lavoro direttamente in capo all'utilizzatore, ai sensi del D.Lgs. numero 276 del 2003, articolo 27, comma 1, è onere del lavoratore impugnare il licenziamento nei confronti di quest'ultimo, posto che, in virtù del subentro disposto ex lege, gli atti di gestione compiuti dal somministratone producono nei confronti dell'utilizzatore tutti gli effetti negoziali, anche modificativi del rapporto di lavoro, ivi incluso il licenziamento e non è conferente sia perché riferito alla somministrazione irregolare e non all'appalto, oggetto della presente controversia sia perché riferito all'impugnazione d'un licenziamento comunicato per iscritto il che nella specie è mancato ove si consideri la figura del committente . Nella specie, quindi, deve ritenersi che erroneamente la Corte territoriale abbia conferito rilievo alla lettera inviata il 14 gennaio 2015, allorquando i due lavoratori ancora prestavano la propria attività per la H. T. Italia s.r.l. e, secondo la tesi da loro sostenuta, in favore della F. committente/interponente, non potendo la stessa, per quanto detto, assumere l'efficacia di impugnativa ex L. numero 183 del 2010, articolo 32 comma 4 dovendo, invece, considerarsi l'assenza di un atto dismissivo posto il essere dal committente e la circostanza che il rapporto di lavoro con la società asseritamente interposta è stato pacificamente risolto il 25 ottobre 2015. Alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere accolto. La sentenza va cassata con rinvio alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione, affinché proceda ad un nuovo esame della vicenda alla luce del principio secondo cui il doppio termine di decadenza dall'impugnazione stragiudiziale e giudiziale previsto dal combinato disposto della L. numero 604 del 1966 articolo 6, commi 1 e 2, e L. numero 183 del 2010 articolo 32, comma 4, lett. d , non si applica all'azione del lavoratore intesa ad ottenere, in base all'asserita illiceità dell'appalto in quanto di mera manodopera, l'accertamento del proprio rapporto di lavoro subordinato in capo al committente, in assenza di una comunicazione scritta, inviata da quest'ultimo, equipollente ad un atto di recesso. Il medesimo giudice di rinvio provvederà anche a regolare le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione, anche in ordine alle spese relative al giudizio di legittimità.