Il concorso di colpa può essere escluso qualora la condotta, pur colposa, di uno dei due conducenti, sia tanto minima da non aver alcuna influenza sul verificarsi del fatto dannoso? In alcuni casi l’efficacia eziologica della condotta del danneggiato può essere assorbente di quella tenuta dal danneggiante?
Con riferimento alla responsabilità da sinistro stradale, è recente una sentenza con la quale la Corte di Cassazione si è soffermata sul tema del concorso di colpa del danneggiato, che nel caso specifico perdeva la vita in seguito all'incidente in auto, riconoscendo la possibilità che nei casi in cui la violazione da parte di uno dei soggetti coinvolti sia minima, a fronte di una violazione ben più grave della controparte, venga escluso ogni tipo di concorso. La domanda risarcitoria degli eredi veniva rigettata dal Tribunale, che imputava il sinistro esclusivamente alla condotta del deceduto. Tale statuizione veniva confermata dalla Corte d'appello, la quale avvalorava le prove raccolte che avevano attestato come l'impatto mortale fosse avvenuto a causa dell'invasione della corsia di marcia da parte del deceduto. Avverso la sentenza proponevano ricorso per la sua cassazione gli eredi del defunto, censurando la valutazione fatta dalla Corte territoriale sulla perizia utilizzata e proveniente dalla parte inquirente nel distinto processo penale. Lamentavano poi la lievità dell'invasione di corsia sostenendo altresì come dalla stessa perizia fosse comunque emerso che anche il conducente sopravvissuto avesse tenuto comunque una velocità – se pur di poco – superiore a quella consentita. I Giudici della Suprema Corte non ritengono tuttavia ammissibile il ricorso proposto dagli eredi del defunto. Con riferimento al supposto concorso di colpa del conducente sopravvissuto, la Corte ricorda la necessaria valutazione della condotta di entrambi quelli coinvolti ai fini della sua possibile sussistenza l'infrazione pur grave commessa da uno di questi non dispensa il giudice dal verificare anche il comportamento dell'altro, ben potendo poi la condotta di uno dei due, comunque colpevole, non portare ad alcuna forma di concorso quando l'efficacia eziologica della condotta dell'altro risulti assorbente. Nel caso concreto, il mancato lievissimo superamento del limite di velocità la perizia parla di 4 km/h non avrebbe potuto comunque scongiurare un identico impatto dovuto all'invasione della corsia di marcia da parte del defunto. La Cassazione rigetta il ricorso.
Presidente Scoditti – Relatore Porreca Considerato che F.A., T.M.G., in proprio e quale esercente la potestà genitoriale su R.A., T.G., in proprio e quale esercente la potestà genitoriale su T.G.P., tutti e tre in proprio e quali eredi di Ta.Gi., ricorrono, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza numero 249 del 2021, della Corte di appello di Campobasso, esponendo che - avevano convenuto Z.E. e la compagnia di assicurazioni Toro s.p.a., poi Generali s.p.a., per ottenere il risarcimento dei danni subiti in occasione di un sinistro stradale a seguito del quale era deceduto Ta.Gi. - Z.E. aveva specularmente introdotto altro giudizio, riunito e infine definito con dichiarazione di cessazione della materia del contendere per intervenuta transazione con la compagnia di assicurazione Unipol s.p.a. che lo stesso attore aveva convenuto - il Tribunale aveva dunque rigettato la domanda proposta dagli odierni ricorrenti, imputando il sinistro esclusivamente alla condotta del deceduto, con pronuncia confermata dalla Corte di appello secondo cui le risultanze istruttorie avevano complessivamente attestato che l'impatto tra i due autoveicoli era stato causato dall'invasione della corsia di marcia del mezzo condotto da T., senza che il lieve scostamento dal limite di velocità del mezzo antagonista avesse potuto influire in alcun modo resiste con controricorso Generali Italia s.p.a. e' rimasto intimato Z.E. Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c. Rilevato che con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli articolo 115,116 c.p.c., articolo 2054 c.c., comma 2, articolo 2697 c.c., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che - la perizia su cui era stata fondata la decisione era stata svolta su incarico si una parte, sia pure pubblica qual è l'organo requirente, nella distinta sede penale, e non aveva maggior pregio rispetto a quella redatta su incarico dei deducenti - in ogni caso, dalla perizia del Pubblico Ministero era emerso che l'auto condotta da Z. andava a una velocità leggermente superiore ai 94 km/h, e non 94 km/h come scritto dalla Corte territoriale, superiore a quella di 90 km/h accertata come stabilita per quel tratto di strada - la perizia di parte aveva invece indicato una velocità di 133 km/h, che aveva impedito manovre di emergenza a Z. - la deposizione testimoniale pure evocata dal giudice di appello, che aveva riferito di uno scontro frontale, era stata smentita dai rilievi dalla Polizia Stradale secondo cui l'invasione della corsia di senso opposto era stata lieve e l'impatto sì frontale ma eccentrico a sinistra, dal che si evinceva che l'auto di Z. non manteneva la stretta destra - i giudici di merito non avevano disposto una propria consulenza tecnica d'ufficio e neppure applicato la presunzione di concorso di colpa, nonostante non fosse stato dimostrato, dalla controparte, il rispetto di ogni regola imposta o di prudenza, e anzi fosse risultato come detto il contrario con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 92 c.p.c., poiché la Corte di appello avrebbe dovuto diversamente regolare le spese di lite in conseguenza dell'accoglimento del gravame Rilevato che 1. il primo motivo di ricorso è in parte inammissibile anche ex articolo 360-bis c.p.c., numero 1, e in parte infondato, con assorbimento del secondo 2. in primo luogo va esclusa l'ipotizzabilità della violazione degli articolo 115 e 116, c.p.c. 3. è stato reiteratamente ribadito cfr. Cass., 10/09/2019, numero 22525, Cass., 07/11/2019, numero 28619, Cass., 18/02/2021, numero 4304 che, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli articolo 115 e 116 c.p.c., opera sul piano dell'apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché, in questa chiave, la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, bensì un errore di fatto, che dev'essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5 Cass., 12/10/2017, numero 23940 , fermo, pertanto, il limite dell'articolo 348 ter c.p.c., comma 5, qui operante stante la c.d. doppia conforme dei giudici di merito 4. ciò posto, se la violazione dell'articolo 116 c.p.c., è idonea per altro verso a integrare il vizio di cui all'articolo 360 c.p.c., numero 4, solo quando il giudice di merito disattenda il sopra ricordato principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all'opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta a un diverso regime viceversa, la violazione dell'articolo 115 c.p.c., può essere dedotta come analogo vizio solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha finito - senza, logicamente, manifesti travisamenti dei fatti emersi Cass., 03/05/2022, numero 13918, pag. 13 e seguenti - per attribuire maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre cfr. Cass., 10/06/2016, numero 11892, Cass., Sez. U., 05/08/2016, numero 16598, pag. 33 5. ne deriva che, nel caso, non vi è alcuno spazio per ipotizzare le violazioni delle norme denunciate 6. né vi è spazio per ipotizzare la violazione dell'articolo 2697 c.c., parimenti invocata 7. infatti, la violazione dell'articolo 2697 c.c., si configura solamente quando il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull'onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l'onere della prova a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni Cass., Sez. U., numero 16598 del 2016, cit., pag. 35, e succ. conf. come, ad esempio, Cass., 23/10/2018, numero 26769 e Cass., 15/05/2020, numero 8994, Cass., 30/09/2021, numero 26533 8. resta diversamente da scrutinare l'affermata violazione dell'articolo 2054 c.p.c., comma 2 9. come noto, anche se dalla valutazione delle prove resti individuato il comportamento colposo di uno solo dei due conducenti, per attribuirgli la causa determinante ed esclusiva del sinistro deve parimenti accertarsi che l'altro conducente abbia osservato le norme sulla circolazione e quelle di comune prudenza, perché è suo onere dimostrare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, altrimenti dovendo presumersi anche il suo colpevole concorso cfr. ad esempio Cass., 08/01/2016, numero 124 ciò nondimeno, la prova che uno dei conducenti si è uniformato alle norme sulla circolazione dei veicoli e a quelle di comune prudenza può essere acquisita anche indirettamente, tramite l'accertamento del collegamento eziologico esclusivo o assorbente dell'evento dannoso con il comportamento dell'altro conducente cfr. ad esempio Cass., 21/05/2019, numero 13672 e così l'infrazione, pur grave, come l'invasione dell'altra corsia commessa da uno dei conducenti, non dispensa il giudice dal verificare anche il comportamento dell'altro conducente al fine di stabilire se, in rapporto alla situazione di fatto accertata, sussista un concorso di colpa nella determinazione dell'evento dannoso cfr. Cass. 15/01/2003, numero 477 ma ciò non esclude che, anche in tali circostanze, possa comunque ritenersi raggiunta la prova liberatoria pur indirettamente, in base alla valutazione, in concreto, della assorbente efficacia eziologica della condotta dell'altro conducente Cass., 15/09/2020, numero 19115 questo perché di colpa concorrente dettata dall'articolo 2054 c.c., comma 2, opera pur sempre sul piano causale, e deve, cioè, pur sempre potersi collocare sul piano della relazione causale tra la violazione delle regole di condotta e l'evento di danno, sicché, ove invece risulti che quella violazione, pur sussistente o non escludibile, non abbia avuto incidenza causale con accertamento, come detto, anche indiretto, non c'e' ragione di ritenere non superata quella presunzione, una diversa interpretazione finendo con l'attribuire alla norma un significato e una valenza puramente sanzionatoria che non ha Cass., numero 19115 del 2020, cit., pag. 7 10. nell'ipotesi, il giudice di merito, con accertamento in fatto non sindacabile in questa sede neppure, come anticipato, per il limitato tramite dell'articolo 360 c.p.c., numero 5, ha escluso, con motivazione dunque riconoscibile, che il superamento di pochissimi km/h 4 o un decimale di più del limite di velocità avrebbe consentito di evitare un impatto eziologicamente equivalente e derivante dall'invasione della corsia di marcia opposta, poggiando la sua conclusione sul plausibile apprezzamento tecnico del consulente d'ufficio riportato a pag. 8 del ricorso 11. parte ricorrente critica l'affermazione del Collegio di merito come apodittica ma contrapponendo ad essa le conclusioni della propria perizia non meglio spiegate nel gravame e, comunque, non utilizzabili a base dell'impugnazione di legittimità, vuoi per quanto detto al p. 4, in fine, vuoi per il limite previsto dall'articolo 348-ter c.p.c., comma 5 12. da quanto ricostruito emerge che la censura si risolve, in parte, in un tentativo di rilettura o riapertura istruttoria, come tale inammissibile 13. le spese si compensano per la marcata peculiarità della vicenda. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte dei ricorrenti in solido, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.