Lo scopo della misura è quello di realizzare l’ablazione della somma - costituente il prezzo o il profitto del reato - che sia già entrata nel patrimonio del reo a causa della commissione dell’illecito e che sia ancora rinvenibile sul conto corrente […].
Il caso concreto. Il procedimento ha origine dal ricorso promosso dalla E. S.r.l. in liquidazione contro l'ordinanza emessa in data 13.01-27.01.2022 dal Tribunale di Treviso, con il quale detto tribunale respingeva l'appello presentato dalla società contro il provvedimento emesso il 23.12.2021 dal GIP respingendo l'istanza di revoca del sequestro preventivo e per equivalente sino alla concorrenza dell'importo di Euro 109.771.476,51 disposto nei confronti di diversi soggetti tra i quali la ricorrente in qualità di indagata ai sensi del d.lgs. numero 231/2001 per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Le tappe procedimentali. In data 17.12.2019 ed in data 03.02.2020 su disposizione del Tribunale di Treviso, veniva eseguito il sequestro preventivo in virtù del fumus del delitto di cui agli articolo 110-640-bis e 61 numero 7 c.p. nei confronti della società ricorrente, in seguito alle accuse rivolte a anche a diversi altri soggetti per aver appositamente costituito più società operanti nel settore dei lavori di risparmio energetico predisponendo documentazione falsa attestante interventi mai eseguiti, ciò con la finalità di percepire l'erogazione di ingenti contributi pubblici erogati sottoforma di TEE ovvero Titoli di Efficienza Energetica. Venivano per l'appunto sottoposti a misura i saldi di conto della società e nello specifico la somma di Euro 128.674,82 giacente presso il conto corrente acceso presso la banca di C.C. s.c In data 18.5.2021 la società aveva dunque presentato istanza di revoca al GIP attinente alle somme pervenute nella disponibilità della stessa in un momento successivo al reato risalente al dicembre 2017 ed aprile 2018 per ciò che riguardava invece l'accertamento dello stesso, richiedendo altresì lo sblocco dei conti correnti aziendali. In data 23.12.2021 il Gip aveva respinto detta richiesta con la quale la società rappresentava che la somma di Euro 126.327 era confluita sul conto corrente aziendale in data successiva – esattamente nel marzo 2019 alla commissione del reato e al suo accertamento in virtù di un titolo lecito. La difesa contestava altresì l'erroneità del calcolo delle somme in virtù del quale era stata disposta la misura avendo la società venduto i TEE versando le relative imposte e tasse, e rappresentando altresì l'impossibilità di sottoporre a sequestro tutto l'importo nei confronti di tutti poiché derivante da una vendita inserita in un rapporto sinallagmatico. Il tribunale respingeva detto appello affermando che l'intera cognizione del procedimento spetta al giudice del gravame sebbene nei limiti del devoluto per che riguardava invece il limite temporale inerente l'applicazione della misura in esame – ovvero alla data della commissione del reato o del suo accertamento il Tribunale si riportava a quanto già notoriamente affermato con la decisione delle SS.UU. della Suprema Corte numero 42415 del 2021 in merito alla confisca diretta di somme di denaro. Con riferimento invece alla vendita dei 4407 TEE il tribunale rilevava la mancanza della prova del pagamento delle imposte e tasse attinente la loro vendita, e che soprattutto la stessa non poteva essere inquadrata in un rapporto “sinallagmatico” poiché non vi era ad essa – collegata alcuna altra controprestazione da scomputare dal loro valore. Per quanto rappresentato il Tribunale respingeva quindi la richiesta della ricorrente. Il ricorso in Cassazione motivi di impugnazione. Con il primo motivo di deduzione la ricorrente lamentava la violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articolo 587 e 125 c.p.p., 35 e 72 del d.lgs. numero 231/200, 111 Cost. e 6CEDU a causa della mancata estensione del provvedimento del GIP di Treviso alla società in esame. Lamentando dunque la mancata applicazione alla società ricorrente del principio temporale secondo il quale l'applicazione della misura cautelare del sequestro interessa deve interessare le somme entrate nel patrimonio prima della consumazione dei reati, e chiedendone per tale ragione la revoca. Eccepiva altresì l'effetto estensivo del provvedimento adottato dal Tribunale di Treviso in sede di riesame secondo l'articolo 587 c.p.p., applicabile all'ente ai sensi dell'articolo 35 e 72 del d. lgs. numero 231/2001. Il secondo motivo attiene alla violazione di legge e vizio di motivazione relativo agli articolo 321,322-bis e 125 c.p.p., 640-quater e 322-ter c.p., 111 Cost. e 6CEDU con riguardo alla misura cautelare del sequestro nonché al blocco del conto corrente, rilevando di non aver avuto alcuna pronuncia da parte del GIP sulla richiesta di sblocco del conto corrente che impediva alla società di operare. Con il terzo motivo di impugnazione la società contestava la violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articolo 321, 322 bis e 125 c.p.c., 640 quater e 322 ter c.p. in relazione alla disposizione della misura del sequestro avendo interessato somme pervenute sul conto corrente aziendale in data successiva alla commissione del reato o del suo accertamento. Ciò riportandosi alla decisione delle SS.II della Suprema Corte numero 42415 del 2021 con la quale veniva affermato il principio di garanzia e le facoltà riconosciute dall'ordinamento all'indagato/imputato. Rilevava – la ricorrente – come la stessa giurisprudenza affermava l'impossibilità di sottoporre a sequestro le somme pervenute all'indagato/imputato in data successiva alla commissione del reato evidenziando dunque l'errore del Tribunale disponendo in tal senso, e realizzando un sequestro “sine die” ovvero un sequestro “in futuro” dall'oggetto indeterminato. L'ultimo motivo di impugnazione è attinente alla violazione di legge e vizio di motivazione ex articolo 321,322-bis e 125 c.p.p., 640-quater e 322-ter c.p. in relazione alla quantificazione del profitto, sostenendo di aver provato – con la documentazione contabile allegata all'istanza di revoca della misura – sia l'adempimento degli oneri fiscali che le singole transazioni rilevando come nel provvedimento impugnato non vi è indicazione sul criterio applicato per la quantificazione del profitto, che invece deve essere frutto di un calcolo basato sull'utilità eventualmente conseguita in concreto in applicazione del principio di effettività – da ciascuna delle società coinvolte. Il PG trasmettendo la requisitoria scritta ai sensi dell'articolo 23 comma 8 del d.l. numero 137/2020 concludeva con la richiesta di annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato con l'applicazione del sequestro limitatamente alle somme di denaro entrate nel patrimonio della società fino alle date di consumazione dei reati ritenendo altresì fondato il primo motivo di impugnazione anche in virtù di quanto già affermato dalla decisione SS UU numero 19046 del 2012 e del combinato disposto degli articolo 587 c.p.p. e 72 del d. lgs. numero 231/2001. La risposta della Corte Suprema. Con sentenza numero 43944/22 del 30.09.2022 depositata il 18.11.2022 la Suprema Corte ha ritenuto infondato il ricorso premettendo le motivazioni già fornite dal Tribunale e chiarendo che nei procedimenti di riesame delle misure cautelari reali, per realizzare l'estensione agli altri coindagati degli effetti favorevoli della decisione emessa, deve esistere il presupposto che il procedimento incidentale si svolga in modo cumulativo ed unitario operando soltanto in assenza di impugnazione da parte dei soggetti interessati, ovvero se la stessa sia stata dichiarata inammissibile. Tale estensione, dunque, non può operare qualora vi sia stato un esame nel merito – come nel caso esaminato – con decisione diversa ed incompatibile con quella di cui si chiede l'estensione, come affermato anche nella Sent. numero 54298 del 16/09/2016, Sez. 2, Baldassarri, Rv. 268633-01. Anche volendo interpretare la disposizione “speciale” contenuta nell'articolo 72 del d.lgs. numero 231/2001 immaginando che l'effetto estensivo operi indipendentemente dalla circostanza che l'indagato sia persona fisica e l'ente siano parti dello stesso procedimento o subprocedimento, l'effetto estensivo rimane sempre collegato alla condizione che le impugnazioni proposte dall'imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo e dall'ente siano fondate su motivi non esclusivamente personali. La Suprema Corte afferma dunque la corretta applicazione da parte del Tribunale di Treviso del principio asserito con dalle SS.UU. nella sentenza “Coppola” ritenendo irrilevante il fatto che le somme attinte dalla misura cautelare fosse confluite sul conto corrente aziendale in data successiva ai reati contestati, e ciò proprio per la caratteristica peculiare del “bene-denaro” in quanto di natura numeraria e fungibile destinato ex lege a servire da mezzo di pagamento. Per tale ragione la confusione automatica che si verifica nel patrimonio del reo ne determina un correlato accrescimento dello stesso. Ne deriva dunque che lo scopo della misura è quello di realizzare l'ablazione della somma costituente il prezzo o il profitto del reato che sia già entrata nel patrimonio del reo a causa della commissione dell'illecito e che sia ancora rinvenibile sul conto corrente. Soltanto nel caso in cui non si rinvenga un accrescimento monetario del patrimonio derivante dal reato, opererà – nei casi previsti dalla legge la confisca per equivalente -come strumento surrogatorio – applicabile sui beni di diversa natura ma sembra nella disponibilità del reo. Sul quanto motivo la Corte non si sofferma molto in quanto chiarisce che non vi era prova dell'avvenuto pagamento e quindi di conseguenza della “controprestazione”. Sull'impossibilità di disporre il sequestro “per intero” nei confronti di tutti e di ogni concorrente, la Suprema Corte ritiene legittima la confisca per equivalente di cui all'articolo 648-quater c.p. disposta per l'intero prezzo o profitto accertato anche nei confronti di un solo concorrente indipendentemente dalla quota personale percepita in virtù del principio solidaristico attribuibile alla disciplina del concorso di persone nel reato .
Presidente Rago – Relatore Cianfrocca Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza del 13.1.2022 il Tribunale di Treviso ha respinto l'appello che era stato proposto nell'interesse di srl in liquidazione contro il provvedimento del GIP che, in data 23.12.2021, aveva a sua volta rigettato l'istanza con cui la difesa dell'ente aveva chiesto la revoca del sequestro preventivo e per equivalente che era stato disposto dal GIP sino all'importo di Euro 109.771.476,51 nei confronti tra gli altri della società odierna ricorrente in quanto indagata ai sensi dell'articolo 231 del 2001 in relazione a fattispecie di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche 2. ricorre per cassazione il difensore della società lamentando 2.1 violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articolo 587 e 125 c.p.p., D.Lgs. numero 231 del 2001, articolo 35 e 72, articolo 111 Cost., e articolo 6 CEDU per mancata estensione del provvedimento del GIP di Treviso alla srl rileva che, con l'ordinanza del 23.11.2020 resa in sede di riesame proposto da altri indagati il Tribunale di Treviso aveva limitato il sequestro alle somme entrate nel patrimonio dei ricorrenti prima della consumazione dei reati per i quali si procede ma che tale principio non è stato invece applicato nei confronti della srl che, anche su tale presupposto, aveva chiesto la revoca del provvedimento genetico invoca, dunque, l'effetto estensivo del provvedimento adottato dal medesimo Tribunale in sede di riesame alla luce dell'articolo 587 c.p.p., applicabile all'ente ai sensi del D.Lgs. numero 231 del 2001, articolo 35, e di cui è espressione l'articolo 72 del D. cit. 2.2 violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo agli articolo 321,322 bis e 125 c.p.p., articolo 640 quater e 322 ter c.p., articolo 111 Cost., e articolo 6 CEDU in relazione alla misura del sequestro ed al blocco del conto corrente rileva che con l'atto di appello la difesa aveva chiesto lo sblocco dei conti correnti della società, richiesta su cui nè il GIP ma nemmeno il Tribunale si sono pronunciati con conseguente perdurare della impossibilità della società di operare 2.3 violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articolo 321,322 bis e 125 c.p.p., articolo 640 quater e 322 ter c.p., con riferimento alla misura del sequestro richiama il provvedimento del Tribunale di Treviso del 23.11.2020 nonché il tenore della conseguente istanza di revoca proposta dalla difesa con riguardo alle somme pervenute sul conto corrente societario in data successiva al reato o al suo accertamento evoca, ancora, il principio affermato dalle SS.UU. 42415 del 2021 e la necessità, ribadita in quella sede, che l'indagatolimputato goda di tutte le garanzie e le facoltà riconosciutegli dall'ordinamento richiama la giurisprudenza sulla impossibilità di confiscare somme pervenute all'imputato/indagato in data successiva alla commissione del reato insistendo sull'errore in cui sarebbe incorso il Tribunale nel ritenere ininfluente l'origine lecita del denaro appreso sul conto corrente e la configurabilità di un sequestro sine die ovvero un sequestro in futuro dall'oggetto indeterminato 2.4 violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articolo 321,322 bis e 125 c.p.p., articolo 640 quater e 322 ter c.p., con riguardo alla quantificazione del profitto richiamati i termini dell'istanza di revoca ed il tenore del provvedimento impugnato rileva che dalla documentazione contabile allegata all'istanza di revoca risultavano sia l'adempimento degli oneri fiscali che le singole transazioni aggiungendo che il provvedimento impugnato non dà conto in alcun modo di come sia stato quantificato il profitto conseguito dalla società e che deve essere determinato tenendo conto della utilità eventualmente conseguita in concreto secondo un principio di effettività richiama, ancora, la censura relativa alla necessità di individuare il profitto eventualmente conseguito da ciascuna delle società coinvolte e la motivazione con cui il Tribunale la ha liquidata e la giurisprudenza di questa Corte resa in sede di sequestro finalizzato alla confisca in casi di reati plurisoggettivi 3. il PG ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi del D.L. numero 137 del 2020, articolo 23, comma 8, concludendo per l'annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato con limitazione del sequestro alle somme di denaro entrate nel patrimonio della srl fino alle date di consumazione dei reati di cui ai capi 2 e 3 della imputazione provvisoria premessa la infondatezza del quarto motivo, segnala, invece, come sia fondato il primo motivo con cui la difesa lamenta la mancata estensione alla srl della ordinanza dell'11.11.2020 adottata in sede di rinvio dall'annullamento disposto dalla Cassazione Sez. 2, numero 11136 del 6.3.2020 proprio in ordine alla limitazione del sequestro alle somme già confluite sui conti degli indagati al momento della consumazione del reato o, al più, del suo accertamento richiama, a tal proposito, la decisione delle SS.UU. 19046 del 2012 in punto di effetto estensivo delle decisioni assunte in sede di impugnazione delle misure cautelari reali e, in ogni caso, il combinato disposto dell'articolo 587 c.p.p., e D.Lgs. numero 231 del 2001, articolo 72 4. la difesa della società ricorrente ha trasmesso le proprie conclusioni scritte insistendo per l'accoglimento del ricorso ovvero, in subordine, associandosi alle conclusioni rassegnate dal PG. Considerato in diritto Il ricorso è, complessivamente, infondato. 1. Il procedimento trae origine da una contestazione che ha attinto numerose persone accusate di avere costituito plurime società operanti nel settore dei lavori di risparmio energetico predisponendo documentazione falsa attestante interventi in realtà mai eseguiti con la finalità di conseguire, tramite diversi soggetti tra cui srl, l'erogazione di ingenti contributi pubblici corrisposti sotto forma di TEE Titoli di Efficienza Energetica . Il sequestro preventivo, fondato sul ritenuto fumus del delitto di cui agli articolo 110 – 640 bis c.p., e articolo 61 c.p., numero 7, era stato eseguito anche nei confronti della srl in data 17.12.2019 ed in data 3.2.2020 ed aveva interessato i saldi attivi dei conti della società e, in particolare, la somma di Euro 128.674,82 giacente sul conto corrente acceso presso la OMISSIS e s.c 2. Con l'istanza di revoca del 18.5.2021, la difesa della società aveva chiesto la revoca del sequestro quanto alle somme pervenute nella disponibilità dell'Ente in data successiva al reato dicembre 2017 ovvero in data successiva al suo accertamento aprile 2018 e lo sblocco dei conti correnti. 3. Il GIP, con provvedimento del 23.12.2021, aveva respinto l'istanza di revoca sicché, con l'atto di appello, la difesa aveva chiesto al Tribunale di dichiarare la nullità del provvedimento in quanto immotivato e, comunque, revocarsi il sequestro con riguardo alle somme pervenute nella disponibilità della società in data successiva alla commissione del reato ovvero al suo accertamento in forza di un titolo lecito facendo presente, in particolare, che la somma di Euro 126.327 era confluita sul conto della srl soltanto dal marzo del 2019 in poi sotto altro profilo, la difesa aveva rappresentato l'erroneità del calcolo operato dal GIP circa l'ammontare delle somme per cui era stata disposta la misura poiché la srl aveva venduto i TEE corrispondendo le relative imposte e tasse aveva infine segnalato che non poteva essere comunque sequestrato l'intero importo atteso che la vendita si inseriva in un rapporto sinallagmatico non era possibile sequestrare tutto l'importo nei confronti di tutti. 4. Il Tribunale ha respinto l'appello rilevando, sull'eccezione di nullità, che, seppure il provvedimento del GIP era stato motivato per relationem , è pur vero che spetta al giudice del gravame di appello l'intera cognizione nei limiti del devoluto con la possibilità di far luogo alla motivazione mancante del provvedimento impugnato. Nel merito, e con riguardo al rilievo concernente la impossibilità di sequestrare somme affluite sul conto corrente in data successiva al reato e, persino, alla sua contestazione, ha evocato i principi affermati con la nota decisione delle SS.UU. 42415 del 2021 con riguardo alla confisca diretta avente ad oggetto somme di denaro. Per altro verso, il Tribunale ha richiamato l'ordinanza genetica sull'entità delle somme acquisite dalla società a seguito della vendita dei 4407 TEE prendendo atto che non vi era prova sul pagamento delle imposte sulla somma acquisita cfr., la documentazione prodotta che, secondo i giudici dell'appello cautelare, attesta l'incarico ad uno studio commercialista ma non il pagamento e, ancor meno, l'entità delle imposte pagate da ultimo, ha spiegato, la cessione dei TEE non si risolve in un rapporto sinallagmatico non essendovi perciò alcuna controprestazione da detrarre al loro valore. 5.1 Tanto premesso, deve in primo luogo rilevarsi la infondatezza del primo motivo del ricorso. Sostiene la difesa che il Tribunale avrebbe dovuto conformarsi alla decisione adottata dal medesimo ufficio in data 11.11.2020 su rinvio disposto con sentenza 11136 di questa Corte e con cui il sequestro operato nei confronti degli indagati persone fisiche era stato limitato alle somme confluite nei rispettivi patrimoni fino alla data di consumazione dei reati di cui ai capi 2 e 3 della provvisoria incolpazione. Il Tribunale, si assume nel ricorso, avrebbe dovuto semplicemente recepire e dare seguito all'effetto estensivo della predetta pronuncia sia in forza del principio generale enunciato nell'articolo 587 c.p.p., sia, anche, della norma speciale di cui al D.Lgs. numero 231 del 2001, articolo 72, a tenore del quale le impugnazioni proposte dall'imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo e dall'ente, giovano, rispettivamente, all'ente e all'imputato, purché non fondate su motivi esclusivamente personali . Non è allora inutile in primo luogo ribadire il principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, che in più occasioni ha avuto modo di chiarire che nel procedimento di riesame delle misure cautelari reali, l'estensione agli altri coindagati degli effetti favorevoli della decisione emessa presuppone che il procedimento incidentale si svolga in modo unitario e cumulativo ed opera soltanto se questi non abbiano proposto impugnazione, ovvero se quella proposta sia stata dichiarata inammissibile, non invece quando essa sia stata esaminata nel merito con decisione diversa ed incompatibile con quella di cui si chiede l'estensione cfr., Sez. 2, Sentenza numero 54298 del 16/09/2016, Baldassarri, Rv. 268633 01, in cui la Corte ha chiarito che l'effetto estensivo dell'impugnazione opera infatti a favore dei correi soltanto se questi non hanno proposto impugnazione, ovvero se quella proposta sia stata dichiarata inammissibile, non invece quando essa sia stata esaminata nel merito con decisione diversa ed incompatibile con quella di cui si chiede l'estensione conf.,. Cass. numero 27701 del 2008 Rv. 240362, numero 3702 del 2013 Rv. 254765, numero 8026 del 2014 Rv. 258530, numero 40254 del 2014 Rv. 260445, numero 43296 del 2014 Rv. 260978, numero 8026 del 2014 Rv. 258530 . Questa affermazione non è in contrasto ed è anzi assolutamente coerente con il principio espresso dalle S.UU. nella sentenza Peroni ed altri richiamata anche nella requisitoria del PG, in quanto nella fattispecie ivi esaminata si era ritenuta l'unitarietà del procedimento sul rilievo che l'impugnazione autonomamente proposta da uno dei coindagati avverso un provvedimento interlocutorio non ne avesse determinato la frammentazione, essendo lo stesso proseguito unitariamente nei confronti di tutti e quattro i ricorrenti, ma ne avesse comportato un'anticipazione di decisione su uno degli aspetti procedurali, che anche gli altri coindagati avevano coltivato con un diverso ricorso assegnato ad altra Sezione della Corte . Nel caso di specie, invece, è pacifico che il ricorso della srl sia stato instaurato separatamente ed autonomamente rispetto alle impugnazioni che erano state precedentemente introdotte dagli indagati persone fisiche non sussistendo, perciò, per questa assorbente ragione, i presupposti perché potesse operare, a favore dell'odierna ricorrente, l'effetto estensivo ancorato all'articolo 587 c.p.p Si potrebbe, tuttavia, immaginare che, rispetto a detta norma, l'ambito applicativo del D.Lgs. numero 231 del 2001, articolo 72, sia diverso e più ampio e che, anzi, tale disposizione sia destinata a trovare un proprio autonomo spazio operativo proprio laddove interpretata nel senso che l'effetto estensivo operi indipendentemente dalla circostanza che l'indagato persona fisica e l'ente siano parti del medesimo procedimento o subprocedimento ipotesi, peraltro, tutt'altro che remota ed anzi in qualche misura fisiologica laddove si ponga mente alla attenzione posta dal legislatore del 2001 alla necessità di evitare interferenze ad esempio stabilendo una incompatibilità tra le posizioni difensive tra i responsabili dell'illecito e l'ente che se sia giovato. Se non ché, anche volendo sposare questa ipotesi interpretativa, resta il fatto che l'operatività dell'effetto estensivo, anche nella disposizione speciale , rimane pur sempre collegata alla circostanza che le impugnazioni proposte dall'imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo e dall'ente siano fondate su motivi non esclusivamente personali. Sono tali, come è noto, quei motivi che incidano sulla esistenza stessa del reato cfr., in tal senso, tra le tante, Sez. 5, Sentenza numero 7557 del 23/03/1999, Perchiunno ed altro, Rv. 213784 01 ovvero a motivazioni in fatto suscettibili di essere riferite a tutti i coimputati o coindagati. Ne consegue, allora, che nessun effetto estensivo poteva prodursi in favore della srl in conseguenza della pronuncia adottata dal medesimo Tribunale di Treviso con riguardo agli indagati persone fisiche e che, come si è accennato, attiene al momento in cui le somme attinte dalla misura reale erano pervenute nella loro disponibilità. Si tratta, infatti, di situazioni di volta in volta diverse e variabili e rispetto alle quali l'unico denominatore comune non è un elemento oggettivo della fattispecie ma è piuttosto, ed esclusivamente, il principio di diritto affermato nella sentenza rescindente che, come tale, non può trovare automatica applicazione al di fuori del giudizio di rinvio dove, come pure è noto, e solo in quel caso ed in quell'ambito, non ha rilievo l'eventuale mutamento della giurisprudenza anche se a seguito di decisioni delle SS.UU. sopravvenute a quella di annullamento cfr., in tal senso, tra le altre, Sez. 6 -, Sentenza numero 14433 del 14/01/2020, Geraci, Rv. 278848 01, in cui si è ribadito che sussiste l'obbligo del giudice di uniformarsi al principio di diritto enunciato con la sentenza di annullamento anche se questo, successivamente, risulti contrario al diverso principio affermato dalle Sezioni Unite in analoga fattispecie, salvo restando che il mutamento giurisprudenziale integra un nuovo elemento di diritto, idoneo a legittimare la riproposizione di richiesta di revoca o modifica della misura cautelare personale non più suscettibile di gravame . 5.2 Nel caso in esame, al contrario, il Tribunale ha correttamente e doverosamente applicato il principio di diritto affermato dalle SS.UU. nella sentenza Coppola ritenendo irrilevante che le somme attinte dal sequestro fossero confluite sul conto corrente della srl in data successiva ai reati oggetto di contestazione in quella sede, infatti, le SS.UU. hanno ribadito che la peculiare natura del bene-denaro costituente il prezzo o il profitto del reato conforma i tratti e la disciplina della confisca che lo abbia ad oggetto. A tale fine, quale numerarlo fungibile destinato ex lege a servire da mezzo di pagamento, esso è infatti ontologicamente e normativamente indifferente all'individuazione materiale del relativo supporto nummario natura e funzione del denaro rendono recessiva la sua consistenza fisica, determinando la sua automatica confusione nel patrimonio del reo, che ne risulta correlativamente accresciuto. Le SS.UU. hanno spiegato che per la confisca del prezzo o del profitto del reato che sia consistente in una somma di denaro è quindi irrilevante che il numerarlo conseguito dall'autore perciò stesso confuso nel suo patrimonio, al pari, del resto, di eventuali altre acquisizioni monetarie lecite sia materialmente corrispondente a quello sottoposto a confisca. La somma di denaro che ha costituito il prezzo o il profitto del reato non va dunque considerata, ai fini che ci occupano, nella sua fisica consistenza, ma nella sua ontologica essenza di bene fungibile e paradigma di valore. Se il prezzo o il profitto del reato è rappresentato da una somma di denaro, essa si confonde con le altre componenti del patrimonio del reo e perde perciò stesso ogni giuridico rilievo la sua identificabilità fisica. Da un lato, quindi, non occorrerà ricercare lo stesso numerarlo le medesime banconote conseguito dall'autore come diretta derivazione dei reato da lui commesso, e, dall'altro, nessuna rilevanza sarà attribuibile all'eventuale esistenza di altri attivi monetari in ipotesi confluiti nel patrimonio del reo, foss'anche a seguito di versamenti di denaro aventi origine lecita nel suo conto corrente bancario. Lo scopo della misura non è, infatti, di ritrovare sul conto corrente del reo le stesse banconote ab origine costituenti il prezzo o il profitto del reato, ma di realizzare l'ablazione della somma che sia già entrata nel patrimonio dell'autore a causa della commissione dell'illecito ed ivi sia ancora rinvenibile. Come icasticamente affermato dall'Avvocato generale nella sua pregevole memoria, la confisca diretta insegue non le banconote, ma la somma di denaro quale entità che incrementa il patrimonio del reo . Allo stesso modo, risultano irrilevanti le vicende che abbiano in ipotesi interessato la somma riveniente dal reato, una volta che la stessa intesa, come per sua natura, quale massa monetaria fungibile sia stata reperita nel patrimonio del reo al momento dell'esecuzione della misura ablativa o, se del caso, del prodromico vincolo cautelare. In tale ipotesi, infatti, l'occultamento o il consumo eventuali del pretium delicti, ovvero la sua sostituzione con altro numerarlo anche di origine lecita avrebbero ad oggetto un valore monetario già confluito nel patrimonio del reo e divenuto perciò, al pari degli altri dello stesso tipo ivi rinvenuti, una sua indistinguibile componente liquida, tutt'ora esistente al momento della confisca. Mentre l'eventuale trasformazione di quella componente monetaria rileverebbe solo in quanto essa abbia comportato, al momento della cautela reale o dell'ablazione, il venir meno nel patrimonio del reo di qualsivoglia attivo dello stesso genere. Solo in questa ipotesi, che Sez. U, Lucci ha definito novazione oggettiva , cioè quando non sia più rinvenuto l'accrescimento monetario derivante dal reato perché la persona non dispone più di denaro, opererà, nei casi normativamente previsti, lo strumento surrogatorio della confisca per equivalente, attuabile sui beni di diversa natura di cui disponga l'autore del reato . 5.3 Il quarto motivo del ricorso propone censure che evocano vizi di motivazione non deducibili nei confronti del provvedimento in verifica e, in ogni caso, che non si confrontano adeguatamente con il contenuto dei provvedimento impugnato che ha in ogni caso compiutamente argomentato in merito alla quantificazione del profitto senza la possibilità di detrarre le imposte di cui non era stato dimostrato l'avvenuto pagamento e, per altro verso, alcuna controprestazione . Quanto, infine, al rilievo concernente la impossibilità di disporre il sequestro per intero nei confronti di tutti e ciascuno dei concorrenti, il collegio ritiene di non doversi discostare dall'orientamento che ritiene legittima la confisca per equivalente, di cui all'articolo 648 quater c.p., disposta per l'intera entità del prezzo o profitto accertato nei confronti anche di un solo concorrente, indipendentemente dalla quota personalmente percepita, in quanto il principio solidaristico, che informa la disciplina del concorso di persone nel reato, implica l'imputazione dell'intera azione delittuosa in capo a ciascun concorrente e, quindi, solidarietà nella pena e nelle misure a carattere sanzionatorio, quale la confisca per equivalente cfr., Sez. 2 -, Sentenza numero 9102 del 24/11/2020, Mottola Luigi, Rv. 280886 01 non senza rilevare che il Tribunale, con motivazione invero assorbente rispetto al rilievo difensivo, ha dato atto che l'importo attinto nei confronti della srl è di gran lunga inferiore rispetto a quello per il quale la misura era stata adottata. Da ultimo, va pur segnalato che il blocco del conto corrente non è altro che il riflesso della impossibilità del titolare di operare su di esso in conseguente del sequestro dell'attivo. 6. Il rigetto del ricorso comporta la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.