Figlio morto perché abbandonato dalla madre: legittimi gli arresti domiciliari per la donna

Respinte le obiezioni difensive mirate a rendere meno delicata la posizione della donna e ad ottenere perciò una misura cautelare meno severa. Evidente, al contrario, la gravità della condotta da lei tenuta nei confronti del figlio.

Legittimi gli arresti domiciliari nei confronti della donna sotto indagine per la morte del figlio. Evidente la gravità delle contestazioni a lei mosse, poiché, osservano i giudici, ella pare avere mostrato indifferenza nei confronti del bambino, abbandonandolo a sé stesso nonostante le persone a lei vicine l'avessero esortata più volte a prendersene cura in modo adeguato Cass. penumero , sez. V, ud. 14 ottobre 2022 dep. 18 novembre 2022 , numero 43856 . Morte. Concordi il Giudice per le indagini preliminari e il Tribunale per il riesame confermata la misura cautelare degli arresti domiciliari applicata nei confronti di una donna a cui viene contestato il reato di « abbandono di persone minori » per «avere cagionato la morte del figlio minore tenendolo in stato di abbandono». Col ricorso in Cassazione, però, il legale che rappresenta la donna sostiene che «la morte del bambino è stata l'effetto di una disgrazia e non di un comportamento della madre». Inoltre, egli contesta la sussistenza delle « esigenze cautelari », a fronte della «accertata situazione di fatto in cui versa la donna, la quale è una bracciante agricola , straniera – che giammai ha cercato di riparare all'estero –, incensurata e priva di mezzi economici – finanche di una propria dimora –e ormai senza alcun legame con gli altri figli minori, che in alcun modo ha tentato di riavvicinare». Indifferenza. Secondo il legale, quindi, sarebbe più logico applicare alla sua cliente una misura cautelare meno severa . A questa versione, però, i giudici di Cassazione ribattono sottolineando, innanzitutto, che, da quanto appurato sinora, «la morte del bambino è da ricondurre alla condotta di abbandono morale e materiale in cui l'aveva tenuto la madre». Per quanto concerne, poi, nello specifico, le esigenze cautelari, è doveroso, secondo i giudici, confermare gli arresti domiciliari per la donna. Ciò alla luce della gravità del fatto da lei commesso e «caratterizzato dalla reiterazione di condotte analoghe in un apprezzabile lasso temporale, nonostante persone a lei vicine l'avessero reiteratamente esortata ad occuparsi in modo adeguato del bambino». Rilevante, poi, aggiungono i giudici anche «la totale indifferenza dimostrata dalla donna rispetto alla sofferenza altrui».

Presidente Scarlini – Relatore Scordamaglia Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza impugnata, il Tribunale per il Riesame di Catania ha respinto il ricorso presentato nell'interesse di A.E. avverso l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari di Ragusa, che le ha applicato la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione al delitto di cui all' articolo 591 c.p. , commi 1, 2 e 3 per avere cagionato la morte del figlio minore D. tenendolo in stato di abbandono. 2. Ricorre per cassazione il difensore della cautelata, denunciando, con un solo motivo, la violazione degli articolo 391,381 c.p.p. e articolo 284 c.p.p. , comma 3, e articolo 591 c.p. e vizi di motivazione. Deduce, a sostegno, che l'argomentazione rassegnata a suffragio della sussistenza del fumus del reato sarebbe manifestamente illogica, perché la morte del piccolo D. sarebbe stata l'effetto di una disgrazia e non di un comportamento della madre, e che quella posta a fondamento della sussistenza delle esigenze cautelari sarebbe non condivisibile, perché in contrasto con l'accertata situazione di fatto in cui versava l'indagata, la quale era una bracciante agricola, straniera - che giammai aveva cercato di riparare all'estero -, incensurata e priva di mezzi economici - finanche di una propria dimora - e ormai senza alcun legame con gli altri figli minori - che in alcun modo aveva tentato di riavvicinare -, di modo che, eventualmente, sarebbe stata maggiormente adeguata una misura gradata. 3. Con requisitoria in data 13 settembre 2022, rassegnata ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, numero 137, articolo 23, comma 8, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, numero 176 e del D.L. numero 105 del 2021, articolo 1 e 7 il Procuratore Generale, in persona del Sostituto Dottoressa Paola Mastroberardino, ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile. 5. Con memoria in data 5 ottobre 2021, il difensore della ricorrente ha insistito per l'accoglimento dei motivi. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. 1. Manifestamente generiche risultano le deduzioni difensive in punto di gravità indiziaria, perché, considerata la mancanza di specifiche doglianze al riguardo in sede di riesame, la motivazione rassegnata sul tema dal Tribunale appare sufficientemente congrua, essendosi dato conto delle ragioni per le quali la morte del piccolo D. era da ricondurre alla condotta di abbandono morale e materiale in cui l'aveva tenuto la madre ragioni con le quali la ricorrente non si è per nulla confrontata, essendosi limitata ad assertivamente propugnare un'alternativa ricostruzione dei fatti. 2. Pari genericità contrassegna le deduzioni in punto di esigenze cautelari, negate dalla ricorrente oppure ritenute affievolite, perché affidate ad enunciazioni meramente contestative delle affermazioni contenute nell'ordinanza impugnata ovvero prive di pertinenza rispetto alle ragioni sottese alla statuizione avversata. Tra l'altro, le argomentazioni sviluppate in ricorso sono anche errate in diritto, perché è jus receptum che, in tema di esigenze cautelari, il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie non va inteso come pericolo di reiterazione dello stesso fatto reato, atteso che l'oggetto del periculum è la reiterazione di astratti reati della stessa specie e non del concreto fatto reato oggetto di contestazione Sez. 5, numero 70 del 24/09/2018 - dep. 02/01/2019, Rv. 274403 , e che il concetto di reati della stessa specie di cui all' articolo 274 c.p.p. , comma 1, lett. c , deve riferirsi non solo a reati che offendono il medesimo bene giuridico, ma anche alle fattispecie criminose che, pur non previste dalla stessa disposizione di legge, presentano uguaglianza di natura in relazione al bene tutelato ed alle modalità esecutive Sez. 5, numero 52301 del 14/07/2016, Rv. 268444 . Ne viene che, avuto riguardo alla gravità del fatto commesso, caratterizzato dalla reiterazione di condotte analoghe in un apprezzabile lasso temporale, nonostante persone vicine ad A. l'avessero reiteratamente esortata ad occuparsi in modo adeguato di D. , e alla totale indifferenza da costei dimostrata rispetto alla sofferenza altrui cfr. pag. 2 del provvedimento impugnato , l'applicazione alla ricorrente di misura cautelare personale risulta congruamente giustificata quanto all'esistenza di un periculum libertatis e il giudizio di adeguatezza e di proporzionalità degli arresti domiciliari, formulato dai giudici di merito, non è sindacabile in questa sede, perché sostenuto da motivazione che non si espone a rilievi di manifesta illogicità e, che, comunque, non è messa in crisi dalle generiche affermazioni difensive. 2. Il ricorso deve essere, pertanto dichiarato inammissibile segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. In ragione della peculiarità della materia nonché dei rapporti tra le parti, è d'obbligo disporre - ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 2003, numero 196, articolo 52 - in caso di diffusione del presente provvedimento, l'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti del processo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende. Ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 2003, numero 196, articolo 5 2 in caso di diffusione del presente provvedimento, va effettuato l'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti del processo.