Anche il vaccino sicuro può far danni: parola di Cassazione

Per la Corte di Cassazione, il fatto che un vaccino sia qualificato dalla letteratura scientifica come sicuro non ne esclude il potenziale carattere dannoso il giudice deve accertare la sussistenza del nesso di causalità tra l’inoculazione del farmaco e i pregiudizi lamentati, tenendo conto non solo delle leggi statistiche, ma anche delle acquisizioni probatorie.

Prologo quel vaccino che… “È stato il vaccino antipolio a rovinarmi la vita?”. Questo è probabilmente il “chiodo fisso” del sig. P.M. che, dopo la somministrazione del vaccino antipolio Salk all'età di due anni nel luglio 1960, ha visto l'esistenza stravolta alle prime due dosi erano seguite febbre alta, vomito e scariche diarroiche, mentre alla terza dose la paresi delle gambe poi, negli anni successivi, si erano verificati gli innumerevoli ricoveri, i dolorosi interventi chirurgici, il riconoscimento dell'invalidità civile al 100% per handicap grave e i disturbi cardiologici legati alla somatizzazione dell'ansia. Il tragico interrogativo ha trovato un'iniziale risposta decorsi quasi cinquant'anni soltanto nel 2009, in esito ad approfonditi esami e controlli medici, è stata accertata la derivazione causale delle patologie del sig. P.M. dalla vaccinazione antipolio. La totale incertezza ha allora ceduto il passo alla sete di giustizia e immediato è stato il passaggio alle aule giudiziarie. Tribunale di Roma … è stato dannoso. Il sig. P.M. ha convenuto avanti al Tribunale di Roma il Ministero della Salute e ne ha chiesta la condanna al risarcimento di tutti i pregiudizi asseritamente patiti per effetto della vaccinazione. In particolare, l'attore ha sostenuto che il vaccino inoculatogli i facesse parte di un lotto immesso sul mercato con virus non sufficientemente inattivato ii fosse ritenuto pericoloso dalla letteratura specialistica, tanto da essere stato sostituito dal vaccino orale Sabin iii avesse provocato alcuni casi di poliomielite negli Stati Uniti sin dal 1955 c.d. incidente Cutter ha ritenuto configurabile, sulla base di tali presupposti, la responsabilità per colpa del Ministero della Salute per i aver consentito l'immissione in commercio e la distribuzione ai centri vaccinali di partite di vaccino non correttamente confezionate ii aver omesso la prevenzione dei danni al sig. P.M., a cui il personale medico aveva incautamente somministrato la terza dose di vaccino, nonostante i sintomi che questi aveva già accusato.    La domanda del sig. P.M. è stata parzialmente accolta anche alla luce delle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, il Tribunale di Roma ha condannato il Ministero della Salute al ristoro dei soli danni derivanti da sindrome post-polio, considerando quelli correlati alla poliomielite paralitica insorta nel 1960 non risarcibili per intervenuta prescrizione. La sentenza di primo grado è stata però riformata. Corte d'Appello di Roma …era sicuro, perciò non è stato dannoso. Aderendo alle difese del Ministero della Salute, la Corte d'Appello di Roma ha integralmente rigettato la domanda risarcitoria del sig. P.M. A parere della Corte, non era ravvisabile il nesso eziologico tra la vaccinazione e i danni lamentati la pericolosità del vaccino inoculato non era conosciuta né conoscibile all'epoca del fatto e non era dimostrata dall'incidente Cutter che, ben lungi dall'essere stato causato dal vaccino in sé, era stato determinato da difetti di produzione imputabili alla casa farmaceutica perciò, il Ministero della Salute non poteva essere ritenuto responsabile per i danni derivanti dalla somministrazione di un vaccino che la letteratura scientifica qualificava come sicuro. Questa conclusione era inaccettabile per il sig. P.M. che, senza darsi per vinto, ha proposto ricorso in sede di legittimità. Corte di Cassazione …potrebbe essere stato dannoso. Con la pronuncia numero 34027 del 18 novembre 2022, la Corte di Cassazione ha censurato la sentenza impugnata e l'ha cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Roma. Invero, per negare la sussistenza del nesso causale tra la vaccinazione e i danni patiti dal sig. P.M., la Corte d'Appello di Roma si era impropriamente fondata solo sull'assenza di evidenze scientifiche rispetto alla pericolosità del vaccino Salk, senza considerare che, nel caso specifico, i pregiudizi del sig. P.M. avrebbero potuto essere stati determinati dal difetto del farmaco inoculato o dalla sua controindicata somministrazione. La motivazione della decisione impugnata non era confortata né dalla Corte di Cassazione che, in termini generali, aveva richiesto al giudice di valutare l'esistenza del nesso causale tra fatto ed evento, sulla base non soltanto delle astratte leggi statistiche, ma anche delle acquisizioni probatorie sia in positivo i.e. elementi di conferma sia in negativo i.e. assenza di fattori alternativi plausibili . Sul punto, fra le altre Cass., Sez. Unumero , 11 gennaio 2008, numero 576 Cass. 21 luglio 2011, numero 15991 Cass. 20 febbraio 2015, numero 3390 Cass. 25 luglio 2018, numero 19699 Cass. 27 settembre 2018, numero 23197 Cass. 3 febbraio 2021, numero 2474 Cass. 27 luglio 2021, numero 21530 né dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea che, con specifico riferimento all'inoculazione di un vaccino dalla pericolosità non scientificamente provata, aveva onerato il giudice di valutare il nesso eziologico rispetto agli eventuali pregiudizi conseguenti, tenendo conto del quadro indiziario fornito dal danneggiato. Così, Corte di Giustizia UE 21 giugno 2017, C-621/15 , Sanofi Pasteur MSD SNC.   Epilogo il vaccino è stato dannoso o non lo è stato? Sta di fatto che, all'interrogativo incessante del sig. P.M. “È stato il vaccino antipolio a rovinarmi la vita?” , è ora di nuovo chiamata a rispondere la Corte d'Appello di Roma, con un approccio che, a differenza di quello adottato in precedenza, sia analitico e volto a valorizzare gli elementi emersi nel processo. Del resto, come qualcuno ha osservato, “tutte le generalizzazioni sono pericolose” e, in un ambito così complicato come quello dell'accertamento della causalità, è bene evitare i pericoli o almeno provarci.

Presidente Travaglino - Relazione Gorgoni Fatti di causa M.P., adducendo di avere contratto la poliomielite a seguito di vaccinazione antipolio, conveniva, dinanzi al Tribunale di Roma, l'allora Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali, perché, accertatane la responsabilità, fosse condannato a risarcirgli il danno quantificato in Euro 1.800.000,00 di cui Euro 800.000,00 per danno biologico, Euro 400.000,00 per danno morale, Euro 250.000,00 per perdita di chance, Euro 250.000,00 per danno alla vita di relazione ed Euro 100,000,00 per spese di assistenza o nella somma ritenuta di giustizia. In particolare, esponeva che dopo la somministrazione della terza dose di vaccino, quando aveva due anni di età, nel luglio del 1960, dopo che già in occasione della inoculazione delle prime due aveva accusato febbre alta, vomito e scariche diarroiche, la gamba sinistra era rimasta paralizzata nel giugno del 1961 anche la gamba destra era stata colpita da paralisi da allora aveva subito ripetuti ricoveri, si era sottoposto a trattamenti e interventi chirurgici dolorosi, era costretto a lunghi periodi di immobilità a letto nonché ad utilizzare tutori, bastoni canadesi, busto rigido ortopedico e sedia a rotelle nel 1986 era stato riconosciuto invalido civile al 100% con handicap grave nel 2008 gli erano stati diagnosticati numerosi disturbi cardiologici legati a somatizzazione dell'ansia nel 2009, per la prima volta, sottoposto ad approfonditi esami e controlli presso l'ospedale di Ariccia, era stato accertato che la sua patologia derivava dalla vaccinazione antipolio tale diagnosi veniva confermata nel luglio 2009, sicché egli sosteneva di avere acquisito consapevolezza del fatto che il vaccino Salk, somministratogli nella prima infanzia, aveva fatto parte di un lotto immesso sul mercato con virus non sufficientemente inattivato e quindi virulento, che la letteratura specialistica indicava la pericolosità del vaccino Salk, il quale, infatti, era stato sostituito dal vaccino orale Sabin, che negli Usa nel 1955 le autorità sanitarie avevano sospeso la campagna vaccinale col vaccino Salk, avendo riscontrato casi di poliomielite causati da errori nel dosaggio utilizzato per l'inattivazione del vaccino. Il Ministero, costituitosi in giudizio, eccepiva l'invalidità e/o l'inefficacia dell'atto di citazione, la prescrizione del diritto fatto valere in giudizio, la carenza di legittimazione passiva. Il Tribunale di Roma, con sentenza numero 11670/2014, accoglieva la domanda in relazione ai danni derivanti dalla sindrome post polio, condannando il Ministero convenuto a corrispondere all'attore la somma di Euro 144.760,22, rigettava la domanda in relazione ai danni da poliomielite paralitica insorta nel 1960, per intervenuta prescrizione. La sentenza veniva impugnata, in via principale, dal Ministero che lamentava il proprio difetto di legittimazione passiva e il difetto di prova del nesso di causa tra i danni lamentati dall'attore e le vaccinazioni col metodo Salk e, in via incidentale, da M.P., che la censurava per avere ritenuto prescritto il suo credito risarcitorio per i danni da poliomielite paralitica. Con la sentenza numero 5157/2019, la Corte d'Appello di Roma ha accolto l'appello principale e disatteso quello incidentale e, per l'effetto, ha riformato la decisione di prime cure, rigettando la richiesta risarcitoria di M.P In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto che, all'epoca in cui furono eseguite le vaccinazioni, la pericolosità del vaccino di tipo Salk non era conosciuta né conoscibile, anzi, che il fatto che fosse un vaccino inattivato lo rendeva preferibile al vaccino Sabin di tipo attenuato. Ha escluso che potesse assumere rilievo l'incidente Cutter verificatosi in America nel 1955 a danno di cinque bambini rimasti paralizzati dopo la somministrazione con il vaccino di tipo Salk, perché le paralisi non erano state cagionate dal vaccino in sé e per sé considerato, ma da difetti di produzione imputabili alla casa farmaceutica Cutter. Avvalendosi di quattro motivi, M.P. ricorre per la cassazione di detta sentenza, e deposita memoria. Resiste e propone ricorso incidentale, basato su tre motivi, il Ministero della Salute. Ad esso replica con controricorso M.P I ricorsi sono stati avviati alla trattazione in pubblica udienza. Si dà atto che per la loro decisione questa Corte ha proceduto in Camera di consiglio, senza l'intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, numero 137, articolo 23, comma 8-bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, numero 176 , in combinato disposto con il D.L. 30 dicembre 2021, numero 228, articolo 16, comma 1, che ne ha prorogato l'applicazione alla data del 31 dicembre 2022 , non avendo alcuna delle parti né il Procuratore Generale fatto richiesta di trattazione orale. Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore, PEPE ALESSANDRO, ha chiesto l'accoglimento dei primi due motivi di ricorso e il rigetto del ricorso incidentale. Ragioni della decisione Ricorso principale di M.P. 1 Il primo motivo è rubricato Nullità della sentenza e/o del processo articolo 360 c.p.c. , numero 4 in relazione all' articolo 112, c.p.c. Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto articolo 360 c.p.c. , numero 3 in relazione all' articolo 2043 c.c. , articolo 32 Cost. e L. numero 296 del 1958, articolo 1 . Omesso esame di fatto decisivo e controverso articolo 360 c.p.c. , numero 5 . Il ricorrente premette di avere agito perché fosse accertata e dichiarata la responsabilità del Ministero della Salute in ordine ai danni subiti per effetto della vaccinazione antipolio somministratagli in tenerissima età, lamentando il comportamento colpevole del Ministero per non aver posto in essere le cautele necessarie ad evitare che fosse immesso in commercio e somministrato un vaccino non adeguatamente confezionato e che gli fosse somministrata la terza e ultima dose di vaccino poi rivelatasi fatale ai fini dell'insorgenza della patologia, in considerazione degli esiti abnormi di natura patologica già emersi a seguito della somministrazione delle prime due dosi. Il Tribunale di Roma aveva ritenuto di accogliere solo in parte la domanda risarcitoria in relazione alla sindrome post polio, respingendo quella relativa ai danni insorti dopo la vaccinazione, per prescrizione del credito risarcitorio, ma accertando il nesso di causa tra vaccinazione e malattia. La Corte territoriale avrebbe indebitamente e sostanzialmente alterato i termini della domanda, venendo a formare il proprio convincimento su una questione diversa da quella posta a base della domanda originariamente azionata, violando il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Inoltre, secondo M.P., la decisione impugnata avrebbe escluso il nesso di causalità alla stregua di un presupposto contrastante con l'orientamento espresso dalla Corte di legittimità secondo cui il nesso causale tra il trattamento medico e la patologia insorta va valutato non sulla base delle conoscenze scientifiche del momento in cui viene effettuato il trattamento che invece attiene alla colpa, stante la rilevanza del criterio della prevedibilità soggettiva , ma sulla base di quelle presenti al momento in cui viene svolto l'accertamento dell'esistenza del nesso causale, cioè al tempo della valutazione da parte dell'osservatore, posto che ciò che deve essere considerato è il collegamento naturalistico tra l'omissione e l'elemento dannoso alla stregua delle cosiddette probabilità scientifiche o probabilità logica in combinato disposto tra loro, in osservanza del principio del più probabile che non, da ancorarsi non alla determinazione quantitativo statistica delle frequenze di classi di eventi, ma riconoscendo il grado di fondatezza all'ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto. I giudici del gravame avrebbero totalmente omesso ogni indagine sugli elementi fattuali della vicenda, ne avrebbero alterato il petitum, finendo con il pronunciarsi su una domanda che non era stata mai posta, giacché il thema decidendum non verteva sull'accertamento che il vaccino Salk fosse pericoloso o potesse ritenersi tale in base alle conoscenze scientifiche dell'epoca e che dunque il Ministero avesse omesso di porre in essere le cautele necessarie al riguardo, bensì sul se indipendentemente da ogni questione sulla astratta pericolosità del vaccino - le tre dosi concretamente somministrate avessero direttamente causato l'insorgenza della poliomielite con conseguente responsabilità per colpa del Ministero sia per non avere adeguatamente vigilato affinché non fossero immesse in commercio e distribuite ai centri vaccinali partite di vaccino non correttamente confezionate, sia per non aver prevenuto il danno, tramite il personale medico preposto, non somministrando la terza dose di vaccino. Soddisfacendo le prescrizioni di cui all' articolo 366 c.p.c. , numero 6, il ricorrente trascrive in sintesi gli atti difensivi, da cui asserisce dovrebbe emergere che non aveva imputato al Ministero un'omessa vigilanza sulla pericolosità del vaccino, bensì la responsabilità per avere provocato, tramite la somministrazione del vaccino, in particolare della terza dose, nonostante i problemi già manifestatisi con la somministrazione delle prime dosi, la poliomielite. 2 Con il secondo motivo sono denunciate Nullità della sentenza e/o del processo articolo 360 c.p.c. , numero 4 in relazione agli articolo 112,115 e 116 c.p.c. Violazione o falsa applicazione di norme di diritto articolo 360 c.p.c. , numero 3 , in relazione agli articolo 2043,2697,2727 e 2729 c.c. e articolo 3 Cost . La sentenza sarebbe viziata là dove ha ripercorso la storia della normativa nazionale in tema di vaccinazioni obbligatorie e, in particolare, circa il passaggio dalla somministrazione del vaccino Sabin al vaccino Salk, ritenuto più sicuro, allo scopo non solo di dedurne che, all'epoca in cui il ricorrente fu vaccinato, non era conosciuta o conoscibile la pericolosità del vaccino Salk e anzi proprio la circostanza che si trattasse di vaccino inattivato lo rendeva preferibile al vaccino Sabin, ma anche di escludere rilievo all'incidente Cutter cui, invece, aveva fatto riferimento il primo giudice, in quanto provocato da difetti di produzione imputabili alla casa farmaceutica, e non indicativo di una valutazione di pericolosità del vaccino all'epoca in cui vennero praticate le vaccinazioni. Il vizio addebitatole è ancora una volta quello di essersi pronunciata su una domanda diversa da quella formulata, atteso che non sarebbe mai stato dedotto che il vaccino Salk fosse pericoloso in sé e che quindi il Ministero fosse responsabile per non avere adeguatamente vigilato onde evitarne la somministrazione, bensì che il vaccino concretamente somministrato, casualmente di tipo Salk, avesse determinato l'insorgenza della poliomielite, con conseguente responsabilità del Ministero che non aveva evitato che venissero distribuite partite di vaccino non correttamente confezionate e, nello specifico, per non aver evitato che, dopo i problemi già riscontrati all'esito della inoculazione delle prime due dosi, gli venisse somministrata anche la terza poi risultata determinante ai fini della paralisi. Il ricorrente insiste sul fatto che proprio l'affermazione secondo cui la circostanza che si trattasse di vaccino inattivato rendeva il vaccino Salk preferibile a quello Sabin tradirebbe il manifesto vizio di extra petizione imputato al giudice del gravame. La statuizione sarebbe viziata anche per avere assunto come provata una circostanza che invece non sarebbe stata tale, vale a dire che il vaccino Salk fosse in sé in assoluto preferibile al vaccino Sabin, atteso che nel thema probandum del giudizio di primo grado non era mai entrata la questione della preferibilità di un vaccino rispetto all'altro, proprio perché ininfluente. Pertanto, l'affermazione secondo cui il vaccino Salk era sicuro e preferibile al Sabin non avrebbe dovuto avere quale effetto quello di escludere che la paralisi potesse essere scaturita dalla vaccinazione ricevuta, ancor più alla luce delle risultanze della CTU che invece avrebbe accertato la relazione causale tra paralisi e vaccino CTU, la cui valutazione sarebbe stata interamente pretermessa dalla Corte territoriale , stante che per affermare che l'esistenza di una probabilità debole di accadimento di un fatto insorgenza della malattia a seguito di vaccinazione con vaccino ritenuto sicuro non esclude in sé in assoluto la possibilità che lo stesso si verifichi . 2.1. I primi due motivi sono sorretti da un apparato argomentativo sostanzialmente coincidente, benché alla sentenza gravata vengano imputati plurimi vizi cassatori ricondotti a parametri tra loro assai diversi e non sempre congruenti rispetto alle censure enunciate nella loro epigrafe, e possono essere dunque oggetto di un esame congiunto. Ebbene, è opportuno chiarire, ante omnia, che non è in discussione l'ultrapetizione, su cui pure insiste il ricorrente con entrambi i motivi di ricorso, perché non viola il principio del tantum devolutum quantum appellatum il giudice di appello che fondi la decisione su ragioni che, pur non specificamente fatte valere dall'appellante, tuttavia, appaiano, nell'ambito della censura proposta, in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi stessi, costituendone necessario antecedente logico e giuridico. Nel giudizio d'appello, infatti, il giudice può riesaminare l'intera vicenda nel complesso dei suoi aspetti, purché tale indagine non travalichi i margini della richiesta, coinvolgendo punti decisivi della statuizione impugnata suscettibili di acquisire forza di giudicato interno in assenza di contestazione, e decidere, con pronunzia che ha natura ed effetto sostitutivo di quella gravata, anche sulla base di ragioni diverse da quelle svolte nei motivi d'impugnazione Cass. 25/01/2022, numero 2119 . Il ragionamento della Corte è stato il seguente non è stata fornita la prova che il vaccino fosse pericoloso, al fine di valutare la ricorrenza di detta pericolosità - che il Tribunale, invece, aveva ritenuto dimostrata - non avrebbe dovuto essere preso in considerazione l'incidente Cutter, da cui erano scaturiti eventi dannosi non collegati alla pericolosità, ma alla difettosità del vaccino somministrato al contrario, proprio il fatto che il vaccino Salk avesse preso il posto di quello Sabin, ritenuto insicuro, doveva essere considerato indicativo della assenza della sua potenzialità dannosa di conseguenza, il Ministero non poteva essere ritenuto responsabile per i danni derivanti dalla somministrazione di un vaccino che la letteratura scientifica riteneva sicuro. In altri termini, la Corte territoriale si è limitata ad escludere, sia pure con una motivazione sbrigativa e che non si lascia apprezzare per chiarezza, che il Ministero fosse responsabile per avere permesso la somministrazione di un vaccino che le conoscenze scientifiche dell'epoca inducevano a ritenere sicuro Il danneggiato aveva lamentato che l'evento dannoso occorsogli era derivato dalla somministrazione di un vaccino verosimilmente difettoso e la Corte territoriale ha, invece, ritenuto non dimostrato che il vaccino fosse pericoloso, escludendo, per tale ragione, la responsabilità del Ministero. Non a caso, il ricorrente, pur insistendo sulla sussistenza di un vizio di ultrapetizione, lamenta anche il fatto che la Corte territoriale abbia tratto da una circostanza - comunque, non provata - cioè che il vaccino fosse sicuro, perché basato su virus inattivato, la conseguenza della non riconducibilità della patologia contratta alla somministrazione del vaccino. Escluso che la Corte territoriale sia incorsa nel vizio di extrapetizione non vuol dire che la statuizione impugnata sia esente da vizi. Innanzitutto, avere escluso la potenziale dannosità del vaccino non equivale ad averne escluso la difettosità, essendo tale ultima caratteristica determinata dallo scostamento tra sicurezza attesa - secondo i parametri previsti dalla legge - ed esiti concreti dell'utilizzo del prodotto. Basti pensare che la possibile reazione allergica al vaccino non è indice di un difetto del prodotto ciononostante la manifestazione di un danno a seguito dell'utilizzo del suo utilizzo legittima un'indagine circa la riferibilità del danno al suo naturale dinamismo - che comprende gli effetti collaterali avversi - o, piuttosto, ad un suo vizio o ad un suo uso inappropriato. L'errore della Corte territoriale è quello di avere deciso senza preoccuparsi di prendere in considerazione tutto il corredo istruttorio e le risultanze della relazione peritale, anche solo allo scopo di escludere che da essa emergesse la dimostrazione del nesso causale ovvero al fine di discostarsene, essendo - come sostiene il Ministero controricorrente, a p. 15 - il giudice peritus peritorum e quindi in grado di escludere la sussistenza di una responsabilità omissiva colpevole, sulla base degli accertamenti e delle conoscenze mediche acquisite anche aliunde. Non può dubitarsi che al Giudice sia consentito discostarsi dalle valutazioni del CTU anche sostituendo ad esse altre argomentazioni, tratte da proprie personali cognizioni tecniche. In tal caso, però ha l'onere di fornire un'adeguata motivazione, esente da vizi logici ed errori di diritto, che nel caso di specie ha fatto difetto. La Corte territoriale, infatti, anziché procedere alla dovuta integrazione della statuizione del Tribunale, nel punto in cui aveva fatto discendere dall'incidente Cutter la prova della ricorrenza della pericolosità del vaccino, si è limitata a ritenere non provata la pericolosità del vaccino, data la irrilevanza dell'incidente Cutter. Nella sostanza, la Corte d'Appello si è limitata a discostarsi sul punto dalla decisione del Tribunale, ma non ha proceduto ad una propria valutazione del merito della vicenda, sulla scorta degli elementi di prova a sua disposizione, allo scopo di verificare se una volta esclusa la pericolosità del vaccino, da intendersi alla stregua della potenzialità del vaccino Salk, per le sue caratteristiche, di provocare danni in astratto, lo stesso avesse provocato la paralisi, perché appartenente ad un lotto non correttamente confezionato o prodotto o perché non avrebbe dovuto essere somministrato in quella particolare circostanza. In una certa misura, dimostra di essersi avveduto che questo è stato il punto debole della sentenza anche il controricorrente che, infatti, a p. 20, scrive che il Tribunale lungi dall'accertare la sussistenza de nesso causale tra i danni lamentati e la somministrazione del vaccino, si era limitato a fare riferimento all'incidente Cutter . e da tale evento aveva ritenuto sussistente il nesso causale. La Corte d'Appello ha riformato la decisione avendo correttamente escluso che il solo incidente Cutter del 1955 potesse comprovare la derivazione eziologica tra vaccino somministrato e danni lamentati . . Il Ministero conclude il suo ragionamento ritenendo corretta la decisione d'appello per avere la stessa fatto riferimento alla letteratura scientifica, onde escludere che il vaccino Salk fosse pericoloso, per così dire, in astratto, ma ovviamente non considera affatto che la paralisi poliomielitica avrebbe potuto derivare dal vaccino non perché pericoloso nel senso anzidetto, ma perché, come emerso dalla CTU, il vaccino Salk poteva contenere Poliovirus non disattivati o perché era da reputarsi controindicato, avendo il piccolo M.P. manifestato abnormi e gravi reazioni alle precedenti vaccinazioni. Negando rilievo all'incidente Cutter e attribuendolo, invece, alla scelta normativa di sostituire il vaccino Sabin a quello Salk non può certo dirsi che la Corte territoriale abbia esaurito il compito a lei spettante. Nulla infatti ha detto in merito alle altre risultanze di causa, al fine di ritenere non provato il nesso di derivazione causale tra l'evento di danno e la somministrazione vaccinale. Il giudice, però, deve tener conto, nella valutazione globale della fondatezza o meno della domanda, di tutti gli elementi di prova ritualmente acquisiti riguardo a concrete circostanze di fatto Cass. 23/01/1988, numero 569 . La sentenza di prime cure, peraltro, interamente riprodotta dal Ministero, che questa Corte ha esaminato perché investita della cognizione di un error in procedendo, aveva attribuito rilevanza alla consecutio temporale tra la somministrazione della terza dose di vaccino e la comparsa della sintomatologia patologica una settimana dopo e alla mancata prospettazione della ipotesi alternativa di cause esogene determinanti l'insorgenza della poliomielite. Ora, la Corte territoriale avrebbe potuto ritenere non sufficiente, ad esempio, perché meramente ipotetica, la suddetta affermazione circa la ricorrenza del nesso causale, non essendo stata riscontrata un'elevata probabilità di causalità tra il vaccino antipolio e la paralisi, avrebbe potuto sostenere che il CTU aveva attribuito eccessivo e preminente rilievo all'argomento post hoc ergo propter hoc, non apparendo sufficiente il nesso tra utilizzo del prodotto e comparsa del danno, secondo uno sviluppo diacronico, a fondare una relazione scientifica di causa-effetto, e/o che non bastava ipotizzare che il vaccino contenesse poliovirus non disattivati, senza negare il rilievo di un altro possibile fattore avente specifica idoneità eziopatologica e senza indicare il grado di probabilità logica o baconiana. Invece, si è limitata a ritenere sicuro, rectius non pericoloso, il vaccino di tipo Salk, compiendo una inammissibile ed errata equiparazione della pericolosità secondo le conoscenze scientifiche con la sicurezza del vaccino, sovrapponendo sbrigativamente l'assenza di pericolosità per un verso con la sicurezza dal punto di vista tecnico, omettendo ogni considerazione per la c.d. built-in safety del vaccino, e peraltro per facendo coincidere la non pericolosità secondo le leggi di copertura scientifica con l'assenza di controindicazioni alla inoculazione del vaccino in particolare, della sua terza dose , dando per scontato evidentemente che la non pericolosità del vaccino bastasse a rendere non esigibile l'adozione di misure atte a minimizzare eventuali danni derivanti dal vaccino. Come si è detto, il tessuto argomentativo e motivazionale della sentenza è del tutto parziale, perché risulta pretermessa l'analisi specifica e puntuale di tutte le risultanze probatorie del singolo processo, della singola vicenda di danno, della singola condotta causalmente efficiente alla produzione dell'evento, tutte a loro volta permeate di una non ripetibile unicità. L'ineludibile esigenza di ancorare l'accertamento del nesso causale alla concretezza della vicenda storica comporta una traslazione della regola sostanziale in quella processuale, tale che la valorizzazione del caso concreto non risulti svalutazione della legge scientifica, soprattutto nella sua declinazione di legge statistica, per dar corpo ad ideali aneliti riparatori tout court . ma impone di calare il giudizio sull'accertamento del nesso causale all'interno del processo, così da verificare, secondo il prudente apprezzamento rimesso al giudice del merito . la complessiva evidenza probatoria del caso concreto e addivenire, all'esito di tale giudizio comparativo, alla più corretta delle soluzioni possibili in termini cfr. Cass. 27/07/2021, numero 21530 Cass. 08/01/2020, numero 122 . La pretermissione della Corte territoriale riguarda, infatti, un dato emerso inequivocabilmente dagli atti processuali e cioè che fosse ragionevole ritenere ricorrente una relazione causale tra la somministrazione del vaccino e il danno. Tale pretermissione è tanto più significativa anche alla luce della sentenza del 21 giugno 2017 C-621/15 nel caso Sanofi Pasteur MSD SNC, in tema di interpretazione dell'articolo 4 della direttiva 85/374 in materia di responsabilità da prodotto difettoso, relativa ad una controversia riguardante l'azione risarcitoria contro il produttore di un vaccino per il danno derivante da un asserito difetto di quest'ultimo. Sulla scorta del principio di effettività della tutela che contraddistingue l'esercizio dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell'Unione, la Corte di Giustizia ha ritenuto che la mancanza della prova scientifica della dannosità di un vaccino non può impedire l'individuazione processuale di un nesso di causalità tra l'inoculazione del farmaco e l'insorgere della malattia, dovendo il giudice investito della causa valutare scrupolosamente il quadro indiziario fornito dalla parte danneggiata per stabilire, nel caso specifico, l'eventuale inferenza tra la somministrazione del farmaco e l'evento lesivo. Il giudice è quindi autorizzato a concludere che tali elementi esistano, fondandosi su un complesso di indizi, la cui gravità, precisione e concordanza gli consentono di ritenere con un grado sufficientemente elevato di probabilità che una simile conclusione corrisponda alla realtà , senza che ciò comporti un'inversione dell'onere della prova. L'onere di dimostrare i vari elementi indiziari è infatti a carico del danneggiato ed è richiesto al giudice di preservare il proprio libero apprezzamento sulla sufficienza della prova fornita dal danneggiato, per formare il proprio libero convincimento definitivo solo dopo avere preso conoscenza del thema probandum, cioè degli elementi prodotti dalle due parti e degli argomenti scambiati dalle stesse. Di qui la necessità che il giudice pervenga all'affermazione di sussistenza o insussistenza del nesso di causalità materiale anche in situazioni di probabilità minori, tenuto conto delle acquisizioni probatorie, sia in positivo, che in negativo, ossia come assenza di fattori alternativi plausibili, ciò perché la legge di copertura viene, anzitutto, a delineare il perimetro della c.d. causalità generica, fornendo ove naturalmente ciò sia predicabile e nei termini, pur limitati, in cui lo sia una base di copertura scientifica statistico/probabilistica del nesso causale , ma ciò non toglie rilievo alla c.d. causalità specifica che attenendo alla concretezza della vicenda processuale e dunque alla pretesa fatta valere dal danneggiato - della prima saggia la definitiva concludenza facendo leva sugli elementi processualmente raccolti e, quindi, in base all'evidenza probatoria ancora Cass. 27/04/2021, numero 21530 , cit. Tanto considerato, la Corte d'Appello - si ribadisce - ha escluso la potenzialità dannosa del vaccino, sulla base delle leggi di copertura scientifica, con ciò ritenendo di avere affrontato e risolto anche la non coincidente questione attinente alla difettosità dello stesso, ma dimostra di non avere affatto indagato il nesso di causalità specifica sulla scorta del thema probandum formatosi nel contraddittorio tra le parti. Ne consegue che i primi due motivi di ricorso meritano accoglimento nei termini evidenziati, al netto delle ulteriori plurime censure che, come già detto, non sempre correttamente correlate con il vizio cassatorio denunciato e non si confrontano con le statuizioni della sentenza gravata. 3 Con il terzo motivo si lamenta Nullità della sentenza e/o del processo articolo 360 c.p.c. , numero 4 in relazione agli articolo 112,115,116 e 324 c.p.c. . La sentenza avrebbe violato il giudicato interno quando ha riformato la sentenza di primo grado, ritenendo che essa avesse fondato la responsabilità del Ministero sull'incidente Omissis , il quale non dimostrava la pericolosità del vaccino, essendo le paralisi riscontrate in cinque bambini americani imputabili a difetti di produzione del vaccino. Secondo il ricorrente, la sentenza di primo grado, riprodotta, nella parte di interesse, al fine di soddisfare il principio di autosufficienza del ricorso, non avrebbe affatto ritenuto esistente il nesso di causa tra la paralisi e il vaccino sulla scorta dell'incidente Omissis , avendo, al contrario, operato una attenta disamina del complesso degli elementi istruttori acquisiti. Affetta da extra petizione sarebbe, al contrario, la sentenza d'Appello che si sarebbe basata unicamente su alcune affermazioni contenute nell'atto di appello principale, pretermettendo una attenta disamina degli atti processuali l'atto di appello principale che censurava alcuni passaggi della CTU, i cui esiti erano stati condivisi dalla sentenza del Tribunale segno che la decisione del Tribunale non si era basata solo sull'incidente Omissis il responso immunologico secondo cui l'esordio della sintomatologia, le manifestazioni cliniche e il tempo intercorso tra la vaccinazione e la comparsa dei sintomi indicavano che il vaccino poteva contenere poliovirus non disattivati e che a fronte delle gravi reazioni alla somministrazione delle prime due dosi era controindicata la somministrazione della terza dose. La conseguenza che il ricorrente ne trae è che sulla statuizione secondo cui la responsabilità del Ministero era desumibile anche dalla CTU non essendo mai stata messa in discussione si fosse formato in giudicato interno. Il motivo non merita accoglimento. Assorbente si rivela la circostanza che il Ministero aveva impugnato la decisione di prime cure proprio quanto alla ricorrenza del nesso causale tra la somministrazione del vaccino e l'evento di danno indice inequivocabile che sulla questione non si fosse affatto formato il giudicato. 4 Con il quarto motivo il ricorrente deduce Nullità della sentenza e/o del processo articolo 360 c.p.c. , numero 4 in relazione agli articolo 115 e 116 c.p.c. Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto articolo 360 c.p.c. , numero 3 in relazione agli articolo 2730 e 2735 c.c. Omesso esame di un fatto decisivo e controverso articolo 360 c.p.c., numero 5 . La sentenza d'appello avrebbe omesso l'esame di un documento di contenuto confessorio quanto all'eziologia del danno la nota del 23 novembre 2009 prot. 349381/2009, indirizzata dall'allora Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali all'Avvocatura dello Stato, depositata unitamente alla comparsa di risposta, che affermava che a proposito della prescrizione del credito risarcitorio deve essere considerato che il danno indotto dalla vaccinazione si produsse fin dal 1973, che le conseguenze lesive apparvero evidenti nella loro drammatica gravità, che il rapporto di causalità sussistente tra il trattamento sanitario praticato e la malattia contratta da M.P. tenuto coto delle circostanze, non poteva non essere percepito dai familiari . La Corte d'Appello, oltre ad omettere l'esame di tale documento, non si sarebbe pronunciata sull'eccezione secondo cui esso costituiva una confessione in merito alla ricorrenza del nesso di derivazione causale. Il motivo non può accogliersi per difetto di specificità. Nel caso di specie il motivo fonde censure per presunti numerosi vizi disomogenei, risultando una sommatoria di doglianze che finiscono per non denunciare specificamente in realtà alcun vizio ex articolo 360 c.p.c. , comma 1 e cioè i motivi per i quali la sentenza viene impugnata, in quanto la menzione dei diversi possibili vizi, elencati in successione tra loro, non lascia comprendere quali vizi eventualmente sussistano, trattandosi di attività che esula dai compiti del giudice di legittimità, il quale deve valutare la conformità a legge della sentenza impugnata sulla base delle violazioni denunciate dalla parte. Spetta infatti a quest'ultima definire il contenuto e la portata del giudizio di cassazione, attraverso la denuncia specifica degli errori in cui è asseritamente incorsa la sentenza impugnata, potendo il giudice di legittimità considerare solo le statuizioni di tale sentenza nei limiti dei motivi e delle richieste formulate dalla parte che nel caso di specie sono formulate con una latitudine tale da tradursi in genericità Cass. 16/10/2017, numero 24302 . Il ricorrente dimostra di sovrapporre, quasi fossero fungibili, mentre in verità sono diversi oltre che alternativi, il vizio di omesso esame e quello di omessa pronuncia - è importante sottolineare che l'omesso esame riguarda una mera circostanza di fatto che, se considerata, avrebbe modificato la decisione assunta con riferimento ad una domanda, mentre nel caso di omessa pronuncia l'omissione riguarda la domanda stessa, relativamente a cui, quindi, nella sentenza non si rinviene alcuna statuizione, né favorevole né sfavorevole - viene poi lamentata la violazione dell' articolo 116 c.p.c. , il che - anche a prescindere dalla assenza dei presupposti che secondo la giurisprudenza di questa Corte rendono scrutinabile la sua violazione cfr. Cass. 10/06/2016, 11892 , che riprende un principio di diritto già espresso in motivazione da Cass. Sez. Unumero , 05/08/2016, numero 16598 e, più recentemente, ribadito da Cass., Sez. Unumero , numero 24/09/2020, numero 20087 presuppone una errata valutazione dell'efficacia probatoria del documento che stride sia con il vizio di omesso esame sia con quello di omessa pronuncia lo stesso deve dirsi riguardo alla dedotta violazione dell' articolo 2735 c.c. che peraltro risulta anche infondata perché il ricorrente stesso riferisce che il documento era stato indirizzato dal Ministero all'Avvocatura generale e quindi manca la consapevolezza da parte del confitente di riconoscere un fatto vantaggioso per l'altra parte con la previsione di non poterlo in seguito contrastare fa difetto, dunque, la rappresentazione interna che l'autore si forma della propria dichiarazione, cioè una basilare caratteristica atta a conferire alla dichiarazione la forza probante piena della confessione. Per avere efficacia confessoria, la dichiarazione di scienza deve contenere un elemento soggettivo, consistente nella consapevolezza e volontà di ammettere e riconoscere la verità di un fatto a sé sfavorevole e favorevole all'altra parte, ed un elemento oggettivo, che si ha qualora dall'ammissione del fatto obiettivo, il quale forma oggetto della confessione escludente qualsiasi contestazione sul punto, derivi un concreto pregiudizio all'interesse del dichiarante e, al contempo, un corrispondente vantaggio nei confronti del destinatario della dichiarazione. Lo scopo della dichiarazione rivolta dal Ministero all'Avvocatura dello Stato è certamente tale da escludere che il Ministero intendesse riconoscere la verità del fatto dichiarato, obiettivamente sfavorevole a sé e favorevole all'altra parte ex plurimis, cfr. Cass., Sez. Unumero , 25/03/2013, numero 7381 . Ricorso incidentale del Ministero della Salute 5 Con il primo motivo sono denunciati Violazione degli articolo 112,115 e 116 c.p.c. , in relazione all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 3 Omesso esame della eccezione di difetto di legittimazione passiva del Ministero, trattandosi di danni da vaccinazione, di competenza dei Servizi vaccinali USL o Comune . La Corte territoriale, a p. 3, ha ritenuto infondato il primo motivo di appello con cui il Ministero aveva dedotto la propria estraneità all'illecito posto a base della domanda, essendo la inoculazione dei vaccini di competenza dei servizi vaccinali della Asl o del Comune, affermando che, dopo il trasferimento alle Regioni di numerose competenze in materia, permaneva in capo al Ministero un ruolo generale di programmazione e di controllo del servizio di vaccinazione. Deve, dunque, escludersi, al netto della inconferenza degli altri vizi cassatori denunciati, che alla Corte territoriale possa imputarsi l'omessa pronuncia per cui la sentenza è censurata. 2 Con il secondo motivo il Ministero lamenta Omesso esame della censura con la quale il Ministero aveva sostenuto alla decorrenza del termine di prescrizione anche per quanto riguarda la sindrome post-polio, in relazione all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 4. Erroneo rigetto dell'eccezione di prescrizione, con riferimento all'aggravamento delle condizioni di salute dell'attore, alla luce della pacifica giurisprudenza secondo cui, in caso di danno lungolatenti, la prescrizione dei danni derivanti dall'aggravamento decorre dalla stessa data della prescrizione valida per i danni derivanti nella immediatezza dei fatti cfr. Cass. numero 581/2008 . 6 Con il terzo motivo alla sentenza impugnata si addebitano Violazione e falsa applicazione degli articolo 2935 e 2947 c.c. in relazione all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 3. Erroneo rigetto della eccezione di prescrizione, con riferimento all'aggravamento delle condizioni di salute dell'attore, alla luce della pacifica giurisprudenza secondo cui, in caso di danni lungolatenti la prescrizione dei danni derivanti dall'aggravamento decorre dalla stessa data della prescrizione valida per i danni avvenuti nella immediatezza dei fatti cfr. Cass. numero 581/2008 . 7 Il secondo ed il terzo motivo non meritano accoglimento. Va assunto in premessa il fatto che la Corte d'Appello, benché non lo abbia affermato in maniera esplicita, si è avvalsa del principio della ragione più liquida. In tal caso, ove si lamenti l'omessa pronuncia occorre misurarsi con la statuizione del giudice a quo di ritenere assorbite le questioni non esaminate a p. 4 della sentenza si legge, infatti, alla luce di tali assorbenti considerazioni l'appello va accolto . . In altri termini, per lamentare l'omessa pronuncia si deve dimostrare che l'assorbimento sia stato illegittimamente pronunciato, escludendo la ricorrenza delle condizioni dell'assorbimento proprio e di quelle dell'assorbimento improprio. Per Cass. 22/06/2020, numero 2193 - tra le più recenti massimate in tal senso - l'assorbimento di una domanda in senso proprio ricorre quando la decisione sulla domanda assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte che, con la pronuncia sulla domanda assorbente, ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno, mentre quello in senso improprio è ravvisabile quando la decisione assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande. Ciò in considerazione del fatto che l'assorbimento non comporta un'omissione di pronuncia se non in senso formale in quanto, in realtà, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita di rigetto oppure di accoglimento anche sulle questioni assorbite, la cui motivazione è proprio quella dell'assorbimento, per cui, ove si escluda, rispetto ad una certa questione proposta, la correttezza della valutazione di assorbimento, avendo questa costituito l'unica motivazione della decisione assunta, ne risulta il vizio di motivazione del tutto omessa Cass. 12/11/2018, numero 28995 . Proprio, per quanto esposto, ove si escluda, che sia corretta rispetto ad una certa questione proposta la valutazione di assorbimento, avendo questa costituito l'unica motivazione del rigetto come in questo caso o dell'accoglimento ne risulta il vizio di motivazione del tutto omessa. Orbene, dall'esame delle questioni che il ricorrente aveva sottoposto al giudice d'appello si coglie agevolmente che la statuizione di assorbimento è corretta, stante che l'esclusione all'epoca dei fatti in cui furono praticate le vaccinazioni di indici che indicassero la pericolosità del vaccino di tipo Salk ha giustificato il rigetta della domanda risarcitoria dell'odierno ricorrente e la riforma della sentenza di prime cure che aveva ritenuto il Ministero responsabile a titolo risarcitorio dei danni consistenti nell'aggravamento della poliomielite, ritenendo la sindrome post polio un fatto nuovo ed autonomo rispetto alla prima diagnosi. 8 La Corte accoglie per quanto di ragione i primi due motivi del ricorso principale, dichiara inammissibili il terzo ed il quarto motivo rigetta il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d'Appello di Roma, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie per quanto di ragione i primi due motivi del ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale. Cassa la decisione impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d'Appello di Roma, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione. Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi riportati nella sentenza.