Pronunciandosi su un ricorso proposto da un professionista, la Suprema Corte si sofferma sul limite temporale previsto dall’articolo 2751-bis, numero 2 , c.c. e si pronuncia altresì in merito all’onere di provare l’attività effettivamente prestata.
L'avvocato ricorrente veniva ammesso al passivo nel fallimento di una società alla quale aveva prestato la propria attività professionale quale creditore chirografario, con l'esclusione del privilegio di cui all'articolo 2751-bis, numero 2, c.c. in quanto il rapporto d'opera professionale era ancora in corso al momento della dichiarazione di fallimento veniva esclusa altresì la sussistenza di ulteriori crediti del professionista in assenza di alcuna documentazione probatoria circa l'attività prestata. Il rapporto venne ritenuto ancora in corso in ragione dell'intervenuta revoca del mandato solo per quanto riguardava un autonomo giudizio di cognizione che accedeva incidentalmente nel processo di esecuzione e che non revocava quello conferito per l'intera procedura. Ricorreva per Cassazione l'avvocato, sostenendo che il mandato professionale non debba essere necessariamente provato in forma scritta in quanto lo stesso può essere conferito con qualsiasi forma idonea a manifestare il consenso la revoca dello stesso era pertanto da ritenersi implicita nell'intervenuta nomina di un altro difensore. L'avvocato rinnovava la lamentela circa il negato riconoscimento del privilegio richiesto. Con riferimento all'effettiva prestazione delle attività del professionista, la Corte afferma che «la prova dello svolgimento delle attività processuali non può che essere desunta dagli atti del processo in cui l'avvocato ha prestato la propria opera intellettuale» e che la conseguenza è che l'avvocato dovrà, allo scopo, depositare copie di tali atti da lui depositati, i verbali relativi alle attività svolte nel processo, i provvedimenti del giudice, unitamente ad attestazioni da parte del cancelliere della conformità di tali copie agli originali contenuti nel fascicolo di ufficio del procedimento. Per quanto riguarda invece il riconoscimento del privilegio di cui all'articolo 2751-bis, numero 2 , c.c., la giurisprudenza è costante nell'affermare che, in caso di plurimi incarichi professionali, il limite temporale di due anni previsto dalla norma va riferito all'intero rapporto professionale, restando fuori dal privilegio i corrispettivi degli incarichi conclusi in data anteriore al biennio precedente la cessazione del complessivo rapporto. La Cassazione si sofferma anche sulla quantificazione del compenso del difensore e ricorda che in assenza di pattuizione, opponibile al curatore del fallimento, fra il ricorrente e la società prima della dichiarazione del suo fallimento, sull'ammontare del compenso dovuto per la prestazione, il compenso per tale attività non può che essere giudizialmente determinato nel caso il professionista chieda di essere ammesso al passivo per tale credito, in precedenza non liquidato giudizialmente, è il giudice delegato della procedura che, nel procedimento di formazione del passivo, deve determinare il compenso con pronuncia spiegante i suoi effetti solo ai fini del concorso. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso proposto dall'avvocato.
Presidente De Chiara – Relatore Vannucci Fatti di causa 1. Il giudice del Tribunale di Potenza delegato al fallimento della omissis s.r.l. in liquidazione di seguito indicata come omissis ammise l'avvocato R.G. al passivo della procedura per crediti, da compensi per l'opera professionale prestata in favore di tale società, pari a complessivi Euro 29.118,96, collocati come chirografi, escludendo il richiesto privilegio su tali crediti di cui all'articolo 2751-bis C.C., numero 2 rigettò la domanda di ammissione al passivo proposta da tale professionista per credito di Euro 13.204,88 per l'opera da lui asseritamente prestata in favore della stessa omissis in giudizio di cognizione svoltosi avanti il Tribunale di Lamezia Terme. 2. Con decreto emesso il 24 luglio 2019 il Tribunale di Potenza, adito dall'avvocato R. con l'opposizione di cui alla L. Fall. articolo 98 in parziale riforma del decreto di esecutorietà dello stato passivo, ammise l'opponente al passivo della procedura anche per i crediti, collocati in chirografo, da spese forfetarie previste dalla c.d. tariffa professionale, da rivalsa I.V.A. e da anticipazione del contributo previdenziale da versare alla cassa di previdenza per gli avvocati, calcolati sui crediti, non assistiti da privilegio di sorta, ammessi al passivo pari a Euro 29.118,96 rigettò nel resto l'opposizione. 2.1 Per quanto qui interessa, la motivazione alla base delle decisioni di rigetto può così sintetizzarsi non può essere ammesso il credito di Euro 13.204,88, relativo al procedimento svoltosi avanti il Tribunale di Lamezia Terme in assenza di valida documentazione probatoria quella versata in atti, infatti, non reca i timbri del depositato in cancelleria i crediti da prestazione d'opera professionale ammessi al passivo non sono assistiti dal privilegio generale di cui all'articolo 2751-bis c.c., numero 2 , in quanto il rapporto d'opera professionale fra il ricorrente e la omissis era ancora in corso al momento della dichiarazione di fallimento di tale società quanto al mandato difensivo conferito al professionista nel procedimento di espropriazione presso terzi pendente avanti il Tribunale di Catanzaro nel decreto indicato infatti con missiva dell'11 aprile 2011 il contenuto è nel decreto trascritto la società ebbe espressamente a revocare il mandato in precedenza conferito all'avvocato R. per la difesa della società del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, costituente incidente di quello di esecuzione presso lo stesso terzo dal contenuto della lettera del 22 dicembre 2010 nel ricorso riprodotto , dalla società indirizzata ad altro avvocato, non è desumibile alcuna revoca espressa o implicita di mandato della società in bonis in ordine alla suindicata procedura esecutiva il giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo di cui all'articolo 549 c.p.c. è infatti un autonomo giudizio di cognizione, anche se inserito incidentalmente nel processo di esecuzione in considerazione dell'autonomia dei due procedimenti quello di cognizione ordinaria e quello esecutivo , la revoca dell'incarico relativo al giudizio di cognizione non estende la sua efficacia anche a quello relativo al processo di esecuzione e da nessun documento acquisito al processo è dato desumere il contrario. 3. L'avvocato R.G. chiede la cassazione di tale decreto con ricorso contenente due motivi di impugnazione, assistiti da memoria. 4. La curatela del fallimento della omissis s.r.l. resiste con controricorso. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente censura il decreto impugnato, nella parte in cui nega la sussistenza del privilegio generale di cui all'articolo 2751-bis c.c., numero 2 , per i crediti già ammessi al passivo, affermando che lo stesso è caratterizzato dal violazione o falsa applicazione delle disposizioni di legge relative alla procura alla lite articolo 83 c.p.c. e al contratto di patrocinio articolo 2320 c.c. ss. e/o 1706 ss. c.c. , in quanto la sopra indicata motivazione sul punto è erronea in diritto dal momento che, alla luce della consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema di attività professionale svolta da avvocati, mentre la procura ad litem costituisce un negozio unilaterale con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio, il mandato sostanziale costituisce un negozio bilaterale cosiddetto contratto di patrocinio con il quale il professionista viene incaricato, secondo lo schema negoziale che è proprio del mandato, di svolgere la sua opera professionale in favore della parte con la conseguenza che, ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, non è indispensabile il rilascio di una procura ad litem, essendo questa necessaria solo per lo svolgimento dell'attività processuale, e che non è richiesta la forma scritta, vigendo per il mandato il principio di libertà di forma sul punto sono citate Cass. numero 10454 del 2002 Cass. numero 18450 del 2014 Cass. numero 13927 del 2015 la conseguenza è che anche per la revoca del mandato difensivo la legge non prevede alcuna forma particolare neppure può ritenersi perdurante il rapporto di mandato riferibile al processo esecutivo presso terzi, sospeso dalla proposizione di domanda di accertamento dell'obbligo del terzo, dal momento che la procura alla lite si colloca su di un piano diverso da quello del rapporto di patrocinio, sì che il venir meno nella parte assistita della fiducia nella persona del professionista incaricato, manifestata a chiare lettere dalla società assistita nella missiva richiamata dal decreto impugnato, assicura che il rapporto fi patrocinio, che di fiducia nel patrocinatore si nutre, ebbe ad interrompersi nell'anno 2011 d'altra parte, proprio per la interruzione dei rapporti professionali tra l'avv. R. e la società in bonis furono conferite nuove procure a nuovo difensore in forza di nuovo contratto di patrocinio in tutti i giudizi che proseguivano meno in quello sospeso cui il Tribunale si riferisce, in cui solo processualmente e solo perché non si manifestò il concreto interesse alla prosecuzione del giudizio, che avrebbe altrimenti determinato la sostituzione anche processuale dell'avv. R. quest'ultimo appare senza alcuna sostanza difensore della società . 2. In linea di principio non pare inopportuno premettere che la giurisprudenza di legittimità è ferma nell'affermare il principio secondo cui, in caso di plurimi incarichi professionali, il limite temporale degli ultimi due anni di prestazione , indicato dall'articolo 2751-bis c.c., numero 2 , va riferito all'intero rapporto professionale, restando fuori dal privilegio i corrispettivi degli incarichi conclusi in data anteriore al biennio precedente la cessazione del complessivo rapporto gli ultimi due anni di prestazione, dalla norma in questione menzionati, sono gli ultimi in cui si è svolto non già l'unico o ciascuno dei plurimi rapporti corrispondenti ai plurimi incarichi ricevuti, bensì il complessivo rapporto professionale, sicché restano fuori dalla previsione del privilegio i corrispettivi degli incarichi conclusi in data anteriore al biennio precedente la cessazione del complessivo rapporto in questo senso, cfr. Cass. 1740 del 2014 Cass. numero 20755 del 2015 Cass. numero 15828 del 2019 Cass. numero 757 del 2020 Cass. numero 6884 del 2022 . Nel caso di specie il Tribunale ha accertato, sulla base di interpretazione del contenuto delle due lettere sopra indicate quella indirizzata all'avvocato Z. si riferisce all'incarico dato all'avvocato R. nel procedimento di accertamento dell'obbligo del terzo ed è anteriore a quella con cui la società revocò all'odierno ricorrente l'incarico a lui conferito per la difesa in tale procedimento che la revoca dell'incarico non riguardò anche quello connesso, ma giuridicamente autonomo, relativo al processo per espropriazione presso il terzo. Il ricorrente contrasta tale affermazione inferendo la cessazione del complessivo rapporto professionale dal conferimento di nuove procure a nuovo difensore in forza di nuovo contratto di patrocinio in tutti i giudizi che proseguivano meno in quello sospeso cui il Tribunale si riferisce, in cui solo processualmente e solo perché non si manifestò il concreto interesse alla prosecuzione del giudizio, che avrebbe altrimenti determinato la sostituzione anche processuale dell'avv. R. quest'ultimo appare senza alcuna sostanza difensore della società pag. 9 del ricorso . I fatti testè indicati in tesi deponenti per la cessazione del complessivo rapporto professionale per facta concludentia non risultano però dal decreto impugnato e il ricorrente non evidenzia se, quando e come gli stessi siano stati portati all'attenzione del giudice di merito essi non possono dunque essere presi in considerazione nel giudizio di legittimità. In buona sostanza la censura si riduce a una interpretazione del contenuto della lettera indirizzata dalla società all'avvocato Z. contrapposta a quella data dal decreto impugnato essa è quindi inammissibile. 3. Con il secondo motivo il ricorrente deduce che il decreto impugnato, nella parte relativa al rigetto della domanda di ammissione di credito, pari a Euro. 13.204,88, per attività professionale relativa a procedimento avanti il Tribunale di Lamezia Terme, è caratterizzato da violazione ovvero falsa applicazione degli articolo 2704,2740,2741,2709 e 2710 c.c., nonché della L.fall articolo 31, 93, 94,95,96 e 97, e, infine dell'articolo 115 c.p.c. in quanto il mandato professionale per l'espletamento di attività di consulenza e, comunque, di attività stragiudiziale non deve essere provato necessariamente con la forma scritta, ad substantiam ovvero ad probationem, poiché può essere conferito con qualsiasi forma idonea a manifestare il consenso delle parti e il giudice, in sede di accertamento del relativo credito nel passivo fallimentare, tenuto conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza, può ammettere l'interessato a provare, anche con testimoni, sia il contratto che il suo contenuto inoltre, il precetto di cui all'articolo 2704 c.c. riguarda solo la data di scrittura privata e non il contratto in tale atto contenuto e la sua stipulazione prima del fallimento che possono essere provati, prescindendo dal documento, con ogni mezzo di prova consentito dalle limitazione derivanti dalla natura e dall'oggetto del contratto medesimo. Inoltre, il ricorrente deduce che il Tribunale di Potenza non ha fatto buon uso della regola di valutazione della prova contenuta nell'articolo 115 c.p.c., in quanto i documenti depositati a fondamento della domanda, benché costituiti da copie fotostatiche di atti privi del timbro di depositato , non sono mai stati contestati così come non è stata mai contestata l'attività professionale, a cui quei documenti si riferisce, svolta innanzi al detto Tribunale di Lamezia Terme nel giudizio RGN 979/2007 , da esso ricorrente in buona sostanza, il contenuto dei documenti depositati non è stato preso in considerazione, in assenza di contestazione circostanziata da parte della curatela con indicazioni delle ragioni per le quali quel documento non si ritiene veritiero . 4. La prima parte della censura sopra riassunta pagg. 10 e 11 del ricorso è inammissibile perché caratterizzata da assoluta astrattezza non tiene conto del fatto che l'incarico professionale non venne al ricorrente dato dal curatore non è in alcun modo riferibile alla ragione della decisione di rigetto della domanda mancanza r di prova dello svolgimento in concreto da parte del ricorrente di attività difensiva nel procedimento contenzioso in contestazione, derivante dalla non sussistenza di attestazioni della cancelleria del Tribunale di Lamezia Terme apposte sulle copie informi di atti dal ricorrente allegate non già mancanza di prova di esistenza del contratto di patrocinio ovvero di procura speciale ex articolo 83 c.p.c. riferibili alla difesa in quel procedimento contenzioso . La seconda parte della critica pagg. 11 e 12 del ricorso è a in parte inammissibile, in quanto non autosufficiente, nella parte relativa all'affermazione secondo cui la curatela avrebbe contestato solo genericamente il contenuto dei documenti dal ricorrente depositati in copia ai fini della prova dell'esecuzione delle prestazioni per le quali chiede la determinazione del compenso la curatela contro ricorrente, terza rispetto all'incarico conferito a ricorrente, afferma il contrario pagg. 18 e 19 del controricorso b in parte manifestamente infondata, dal momento che b1 in assenza di pattuizione, opponibile al curatore del fallimento, fra il ricorrente e la società prima della dichiarazione del suo fallimento sull'ammontare dei compenso dovuto per la prestazione nel giudizio di cognizione menzionato nel decreto impugnato causa iscritta sul ruolo del Tribunale nel 2007 , il compenso per tale attività non può che essere giudizialmente determinato b2 nel caso, ricorrente nella specie, in cui il professionista chiede di essere ammesso al passivo del fallimento del proprio cliente per il credito da quel compenso, in precedenza non liquidato giudizialmente, è il giudice delegato alla procedura che, nel procedimento di formazione del passivo ovvero il tribunale, a definizione del procedimento di opposizione al passivo deve determinare il compenso con pronuncia spiegante i suoi effetti soltanto ai fini del concorso articolo 96, ultimo comma, L. Fall. b3 sia che l'attività professionale dell'avvocato sia terminata prima della pubblicazione del D.M. numero 140 del 2012 che ha dato attuazione alla prescrizione contenuta nel D.L. numero 1 del 2012, articolo 9, comma 2, del convertito dalla L. numero 271 del 2012, dispositivo dell'abrogazione delle tariffe professionali, compresa quella forense , sia che la stessa sia cessata dopo la pubblicazione di detto decreto ministeriale per la rilevanza di tale distinzione, cfr. Cass. S.U. nnumero 17405 e 17406 del 2012 , il giudice delegato al fallimento dovrà, nel primo caso, applicare l'abrogata tariffa professionale forense, mentre nel secondo caso dovrà applicare i parametri ai quali, secondo detto decreto di attuazione, devono esser commisurati i compensi degli avvocati b4 prima però di accertare quale disciplina regolamentare applicare il giudice delegato dovrà necessariamente accertare quale attività l'avvocato abbia effettivamente svolto nel processo in favore del cliente poi fallito, dal momento che tanto l'abrogata tariffa forense fondata sulla distinzione fra onorari di avvocato e diritti di procuratore riferiti a singoli atti del processo quanto la disciplina regolamentare emanata in attuazione della citata legge del 2012, indicativa dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense per fasi processuali, specificano le attività processuali da prendere in considerazione per effettuare la liquidazione dei compensi b5 la prova dello svolgimento delle attività processuali non può che essere desunta dagli atti del processo in cui l'avvocato ha prestato la propria opera intellettuale b6 la conseguenza è che l'avvocato dovrà, allo scopo soprattutto quando il curatore affermi di non sapere se le copie fotostatiche di atti processuali corrispondano a quelli propri di tale processo , depositare copie di tali atti quelli da lui depositati nell'interesse del cliente i verbali relativi alle attività svolte nel processo i provvedimenti del giudice unitamente ad attestazioni da parte del cancelliere della conformità di tali copie agli originali contenuti nel fascicolo di ufficio del procedimento. 5. Il ricorso è in conclusione da rigettare. La regolamentazione delle spese processuali relative al giudizio di cassazione è disposta in applicazione del principio di soccombenza il ricorrente deve dunque essere condannato a rimborsare alla curatela controricorrente le spese processuali da costei anticipate nel presente giudizio nella misura liquidata in dispositivo. P.Q.M. rigetta il ricorso condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente curatela le spese da costei anticipate nel presente giudizio, liquidate in Euro. 200 per esborsi e in Euro. 6.000 per compenso di avvocato, oltre spese forfetarie pari al 15% di tale compenso, I.V.A. e c.p.A. come per legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 30 maggio 2002, articolo 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.