Il dislivello della strada comunale fa cadere una donna: impossibile condannare i due tecnici addetti alla manutenzione

Esclusa la responsabilità dei due dipendenti del Comune finiti sotto processo per il reato di lesioni personali colpose. Decisivi per i giudici due elementi le corrette condizioni della strada e la scarsa diligenza della donna vittima del capitombolo.

Impensabile condannare i due tecnici del Comune responsabili, rispettivamente, della manutenzione ordinaria e della manutenzione straordinaria delle strade per la caduta subita da una cittadina mentre percorreva una via costeggiata dalla campagna. Decisivi, in questa ottica, due elementi primo, il comportamento disattento e imprudente della donna secondo la regolare condizione della strada, caratterizzata dalla mancanza di marciapiede, essendo una via di campagna, e, sul lato, da un normale dislivello che terminava in un ciglio fatto di terra, qualche sasso e qualche ciuffo d’erba. Per i giudici il dislivello, così come accertato anche grazie ad alcune foto, è assolutamente ordinario, non catalogabile come una anomalia, anche perché non si può pretendere che tutte le strade possiedano caratteristiche di liscia uniformità. Strada di campagna. Ricostruito l’episodio, verificatosi nel territorio di Torino, il Giudice di pace e i giudici del Tribunale respingono la versione proposta dalla persona offesa – costituitasi parte civile – vittima di una caduta lungo una strada di campagna, e fanno cadere le accuse nei confronti di due tecnici del Comune, «responsabili rispettivamente della manutenzione ordinaria e della manutenzione straordinaria» delle strade, ai quali era stato contestato «un difetto di manutenzione di una strada comunale che, in corrispondenza delle strisce di demarcazione del margine esterno della carreggiata, presentava un dislivello su cui era inciampata la donna, che percorreva a piedi tale tratto stradale privo di marciapiede ed era caduta in terra procurandosi lesioni personali consistite nella frattura dell’omero destro con malattia dalla iniziale prognosi di trentacinque giorni». Per i giudici di merito è impossibile ritenere i due dipendenti del Comune colpevoli di «lesioni personali colpose» ai danni della donna vittima della caduta. In particolare, in secondo grado, viene precisato che «la strada» scenario dell’episodio «non presentava deficit costruttivi o manutentivi ed era perfettamente conforme alle regole imposte dalla legge, in quanto, non essendo prevista come obbligatoria la presenza di marciapiedi laterali e trattandosi peraltro di strada di campagna, era naturale che la porzione asfaltata, destinata alla circolazione dei veicoli, degradasse in corrispondenza del ciglio fino ad esaurirsi nella banchina laterale». Difatti, in prossimità del punto in cui si era verificata la caduta della donna, «la parte asfaltata si riduceva di spessore e, con un lento degradare appena pronunciato, terminava nel ciglio laterale, fatto di terra, qualche sasso e qualche ciuffo di erba». Per i giudici «tale situazione era del tutto ordinaria e non poteva essere considerata una anomalia, non potendosi pretendere che tutte le strade possiedano caratteristiche di liscia uniformità». Al contrario, i giudici di secondo grado danno rilievo alla «condotta di marcia della donna, la quale camminava lungo il tratto asfaltato e, avvertito il sopraggiungere da tergo di una autovettura in fase di veloce avvicinamento, aveva operato una torsione della postura e uno spostamento laterale per raggiungere il margine della carreggiata che le avevano impedito di notare il dislivello presente sul terreno». Per chiudere il cerchio, infine, i giudici del Tribunale sostengono che «la donna versa in colpa in quanto se avesse proceduto sul margine opposto della carreggiata, come richiesto dal ‘Codice della strada’, sarebbe stata in grado di percepire il veicolo che si stava appropinquando e di operare una condotta più attenta e consapevole». Uso del percorso. Col ricorso in Cassazione la donna sottolinea che durante il processo è emerso in maniera univoca che la sede stradale teatro del suo capitombolo «presentava una asperità o anomalia causalmente rilevante ai fini della caduta», e aggiunge che «tale situazione di criticità ricadeva sotto la vigilanza e l’obbligo manutentivo dei due dipendenti del Comune, secondo criteri di prevedibilità ed evitabilità». In ultima battuta, poi, la donna sostiene che «a lei non era addebitabile una condotta abnorme o esorbitante, tale da interrompere il rapporto di causalità» tra la caduta da lei subita e la condizione della strada. A queste obiezioni i giudici di terzo grado ribattono riconoscendo «la titolarità di una posizione di garanzia in capo ai due dipendenti del Comune in relazione agli obblighi manutentivi della strada in cui ebbe a verificarsi il sinistro» per poi aggiungere che va esclusa in radice l’esistenza di «una anomalia del tracciato, ovvero una asperità o una buca che avrebbero richiesto l’opera manutentiva comunale». Al contrario, alla luce del materiale fotografico a disposizione e di alcune testimonianze, si è appurato che «il dislivello dell’asfalto esistente tra il sedime destinato al transito dei veicoli e quello che sfumava nel ciglio erboso e sassoso costituiva caratteristica ordinaria e del tutto normale delle strade costeggiate dalla campagna, trattandosi di dislivello privo di insidie e di ostacoli». In sostanza, si può escludere del tutto che «il tratto stradale necessitasse di interventi di ripristino o di asfaltatura». Ciò significa che non vi era «alcun obbligo di intervento manutentivo da parte dei tecnici del Comune». Per i giudici, quindi, contrariamente a quanto sostenuto dalla donna, «la strada era pienamente conforme alle caratteristiche costruttive e manutentive imposte dalla legge e dalla buona tecnica». Per chiudere il cerchio, infine, i magistrati ritengono palese la condotta abnorme tenuta dalla donna. Su questo fronte i giudici sottolineano che «la persona offesa stava, al momento della caduta, facendo cattivo uso del percorso in quanto non procedeva lungo il margine esterno della strada asfaltata, pure presente e sul fronte opposto a quello di percorrenza dei veicoli, come imposto dal ‘Codice della strada’, ma, sorpresa dai rumori di una macchina in rapido avvicinamento da tergo, si era voltata e poi rapidamente spostata sul margine stradale, evidenziando pertanto di non avere posto adeguata attenzione al degradare del sedime asfaltato verso il margine in terra battuta e sostanzialmente finendo per inciampare per ragioni del tutto autonome e indipendenti dall’asserito stato di irregolarità del manto stradale». E «non si può ritenere esigibile in capo al soggetto responsabile del servizio di manutenzione delle strade, a fronte di irregolarità assolutamente prevedibili ed evitabili con l’uso della normale diligenza, un intervento talmente capillare e costante volto alla eliminazione di qualsiasi anomalia della strada, tenuto conto altresì dei limiti di spesa collegati agli obblighi manutentivi», concludono i giudici.

Presidente Serrao – Relatore Bellini Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Torino con sentenza in data 25 Novembre 2021, confermava la sentenza pronunciata dal giudice di Pace di Torino, impugnata agli effetti civili dalla persona offesa e parte civile D.C., che aveva assolto gli imputati R.M. e C.A. dal reato di lesioni colpose agli stessi ascritto perché il fatto non sussiste. 2. Agli imputati R. e C., direttori dei lavori per la sesta circoscrizione del comune di Torino e responsabili rispettivamente della manutenzione ordinaria R. e straordinaria C. , veniva contestato un difetto di manutenzione di una strada comunale, compresa nella competenza del loro mandatoila quale, in corrispondenza delle strisce di demarcazione del margine esterno della carreggiata, presentava un dislivello sul quale ha inciampata la D., che percorreva a piedi tale tratto stradale privo di marciapiede, la quale caduta in terra procurandosi lesioni personali consistite nella frattura dell'omero destro con malattia dalla iniziale prognosi di giorni 35. 3. Il giudice di appello nel confermare la pronuncia assolutoria del Giudice di Pace assumeva che la strada in questione non presentava deficit costruttivi o manutentivi ed era perfettamente conforme alle regole imposte dalla legge in quanto, non essendo prevista come obbligatoria la presenza di marciapiedi laterali, trattandosi peraltro di strada di campagna, era naturale che la porzione asfaltata, destinata alla circolazione dei veicoli, degradasse in corrispondenza del ciglio fino ad esaurirsi nella banchina laterale in prossimità del punto di caduta la parte asfaltata si riduceva di spessore e, con un lento degradare appena pronunciato, terminava nel ciglio laterale, fatto di terra, qualche sasso e ciuffo di erba. Tale situazione, del tutto ordinaria, non poteva essere considerata una anomalia non potendosi pretendere che tutte le strade possiedano caratteristiche di liscia uniformità. Riconosceva, al contrario, rilievo causale alla condotta di marcia del pedone il quale camminava lungo il tratto asfaltato e, avvertito il sopraggiungere da tergo di una autovettura in fase di veloce avvicinamento, aveva operato una torsione della postura e uno spostamento laterale per raggiungere il margine della carreggiata che.gli avevano impedito di notare il dislivello presente sul terreno. Rilevava inoltre che il pedone versava in colpa in quanto se avesse proceduto sul margine opposto della carreggiata, come richiesto dall' articolo 190 C.d.S. , comma 1, sarebbe stato in grado di percepire il veicolo che si stava appropinquando e di operare una condotta più attenta e consapevole 4. Avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la difesa della parte civile D.C. la quale ha proposto un unico articolato motivo di ricorso con il quale deduce violazione di legge con specifico riferimento agli articolo 40,43,113 e 590 c.p. , articolo 1227 c.c. , e D.Lgs. numero 285 del 1992, articolo 190, nonché l'omessa considerazione di un tema potenzialmente decisivo e concernente la non abnormità della condotta della vittima e la colpa per assunzione dei garanti. Assume la ricorrente che, riconosciuti i profili causali tra la caduta del pedone e le anomalie buca/dislivello della sede stradale e riconosciuto in capo agli imputati il governo della situazione di pericolo che aveva determinato la caduta del pedone, sulla base dei principi che regolano la responsabilità per colpa, il giudice di appello aveva del tutto omesso di esporre le ragioni per cui gli imputati avrebbero dovuto essere ritenuti esenti da responsabilità e in quale misura l'eventuale concorso di colpa della persona offesa avrebbe dovuto essere ritenuto idoneo a interrompere il rapporto di causalità tra la condotta omissiva dei garanti e l'evento dannoso. In particolare lamenta l'applicazione di principi giurisprudenziali che, richiamando i profili di insidia e di visibilità ambientale, erano del tutto inapplicabili all'accertamento della colpa nel giudizio penale, laddove dagli atti del processo era emerso univocamente che la sede stradale in questione presentava una asperità o anomalia causalmente rilevante ai fini della caduta del pedone, che tale situazione di criticità ricadeva sotto la vigilanza e l'obbligo manutentivo degli imputati secondo criteri di prevedibilità ed evitabilità e che alla ricorrente non era addebitabile una condotta abnorme o esorbitante, tale da interrompere il rapporto di causalità. Ritenuto in diritto 1. Il ricorso della parte civile deve essere dichiarato inammissibile. Invero in relazione all'unico motivo di ricorso nel quale la difesa della parte civile assume violazione di legge per carenza assoluta d motivazione in relazione agli obblighi prevenzionistici e manutentivi in capo agli imputati e alla mancata indicazione della ricorrenza di una condotta abnorme da parte della persona offesa, così da escludere la colpevolezza degli imputati per caso fortuito, lo stesso pare non confrontarsi con la struttura argomentativa della sentenza impugnata la quale non esclude la titolarità di una posizione di garanzia in capo agli imputati in relazione agli obblighi manutentivi della strada sulla quale ebbe a verificarsi il sinistro, ma non si pone ad esplorare gli aspetti della causalità della colpa, laddove esclude in radice che esistesse una anomalia del tracciato, ovvero una asperità o una buca che avrebbero richiesto l'opera manutentiva assumendo, alla stregua del materiale fotografico esaminato, e delle testimonianze assunte nell'istruttoria dibattimentale, che il dislivello dell'asfalto esistente tra il sedime destinato al transito dei veicoli e quello che sfumava nel ciglio erboso e sassoso, costituiva caratteristica ordinaria e del tutto normale delle strade costeggiate dalla campagna, trattandosi di dislivello privo di insidie e di ostacoli. 2. Appare evidente che, a fronte di tale iter argomentativo, la censura concernente il mancato riconoscimento della colpa in capo agli imputati appare eccentrico e comunque privo di confronto con la motivazione della sentenza impugnata/ la quale esclude del tutto che il tratto stradale in questione necessitasse di interventi di ripristino o di asfaltatura, laddove l'eventuale doglianza della parte civile avrebbe dovuto prospettare, semmai, un travisamento della prova intervenuto in entrambi i gradi del giudizio che, per la sua decisività, si sarebbe trasformato in un vizio di motivazione per assenza o apparenza, ma tale percorso è del tutto mancato. 2.1 Invero compito del giudice di legittimità, allo stato della normativa vigente, è quello di accertare oltre che la presenza fisica della motivazione la coerenza logica delle argomentazioni poste dal giudice di merito a sostegno della propria decisione, non già quello di stabilire se la stessa proponga la migliore ricostruzione dei fatti. Neppure il giudice di legittimità è tenuto a condividerne la giustificazione, dovendo invece egli limitarsi a verificare se questa sia coerente con una valutazione di logicità giuridica della fattispecie nell'ambito di una plausibile opinabilità di apprezzamento ciò in quanto l' articolo 606 c.p.p. , comma 1, lett. e non consente alla Corte di Cassazione una diversa lettura dei dati processuali o una, diversa interpretazione delle prove, essendo estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali pertanto non può integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali. E' stato affermato, in particolare, che la illogicità della motivazione, censurabile a norma del citato articolo 606 c.p.p. , comma 1, lett. e , è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi , dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata Cass. SU 24.9.2003, numero 47289 Petrella, Rv.226074 . 3. La ricorrente, pertanto, oltre a incontrare nella specie i limiti di deduzione di cui all' articolo 606 c.p.p. , comma 2 bis a fronte di decisione pronunciata in appello a seguito di sentenza del giudice di pace, pone a fondamento della propria doglianza il dato di fatto, peraltro del tutto smentito nelle argomentazioni della sentenza della Corte di Appello di Torino fin da pagina 1 della motivazione , che la caduta sia stata determinata da una buca profonda , ovvero da un'anomalia del sedime, ovvero da un dislivello privo di segnalazione, laddove la corte territoriale, fin dall'incipit motivazionale ha escluso una siffatta prospettazione e, prima ancora di descrivere plasticamente lo stato dei luoghi all'esito dell'esame della foto 1 pag.3 quinto paragrafo , ha lapidariamente ma esaustivamente rappresentato che la strada era pienamente conforme alle caratteristiche costruttive e manutentive imposte dalla legge e dalla buona tecnica . Su tale decisivo profilo nella motivazione, successivamente argomentato in termini del tutto congrui e volto ad escludere la stessa ricorrenza di un obbligo di intervento da parte dei tecnici del comune, non risulta essersi profilato alcun argomentato dissenso. 4. Manifestamente infondata è poi la censura che attiene all'omessa esplorazione della condotta della persona offesa, tale comunque da integrare ipotesi di condotta abnorme e imprevedibile. Sul punto la motivazione è risultata ugualmente puntuale e tutt'altro che affetta da illogicità manifesta se non addirittura apparente, unico vizio assimilabile alla violazione di legge per assenza di motivazione deducibile avverso una pronuncia di conferma di sentenza emessa dal Giudice di Pace. Invero la corte di appello ha evidenziato che non solo la persona offesa, al momento della caduta stava.facendo cattivo uso del percorso in quanto non procedeva lungo il margine esterno della strada asfaltata, pure presente e sul fronte opposto a quello di percorrenza dei veicoli, come imposto dall' articolo 190 C.d.S. , ma, sorpresa dai rumori di una macchina in rapido avvicinamento da tergo, si era voltata e poi rapidamente spostata sul margine stradale, evidenziando pertanto di non avere posto adeguata attenzione al degradare del sedime asfaltato verso il margine in terra battuta, sostanzialmente finendo per inciampare per ragioni del tutto autonome e indipendenti dall'asserito stato di irregolarità del manto stradale non potendosi al contempo ritenere esigibile in capo al soggetto responsabile del servizio di manutenzione delle strade, a fronte di irregolarità assolutamente prevedibili ed evitabili con l'uso della normale diligenza, un intervento talmente capillare e costante volto alla eliminazione di qualsiasi anomalia della strada, tenuto conto altresì dei limiti di spesa collegati agli obblighi manutentivi sez.4, numero 6513 del 27/01/2021, PG/Savanelli, Rv. 280933 . 5. La motivazione della sentenza impugnata non palesa pertanto alcuna deviazione dai principi in punto di causalità materiale, si presenta logica e congruamente espressa, coerente espressione degli elementi acquisiti nei giudizi di merito e non si presta a censure dinanzi a questo giudice di legittimità, censure che peraltro non si confrontano con la struttura argomentativa ma si limitano a reiterare alternative dinamiche e a sostenere la rilevanza causale del mancato rispetto di regole cautelari poste in capo agli imputati, argomenti sui quali entrambe le decisioni di merito si sono soffermate con motivazione resistente e non più sindacabile. 6. Alla pronuncia di inammissibilità del ricorso agli effetti civili segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, non ricorrendo in ipotesi di esonero al riguardo, al pagamento di una somma, indicata in dispositivo, in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.