Marciapiede sconnesso, il bambino corre e finisce per cadere: colpevole il nonno a cui era stato affidato

Respinta la richiesta risarcitoria avanzata nei confronti del Comune. Per i giudici è la scarsa sorveglianza prestata dall’adulto al bambino a consentire di escludere ogni possibile responsabilità dell’ente locale.

Colpevole il nonno se il nipotino comincia a correre e finisce per cadere a causa delle condizioni dissestate del marciapiede . La disattenzione dell'anziano signore a cui è stato affidato il bambino fa venire meno ogni possibile responsabilità del Comune, chiamato in causa per la scarsa manutenzione del marciapiede presente lungo una via del paese. Ricostruito l'episodio, verificatosi diversi anni fa, i giudici di merito respingono, sia in primo che in secondo grado, la richiesta di risarcimento avanzata nei confronti del Comune dai genitori del bambino rimasto vittima di una caduta lungo una via cittadina, caduta provocata, a loro parere, «dalle cattive condizioni di manutenzione di un marciapiede» percorso dal bambino accompagnato dal nonno. A dare solidità a questa decisione sono le valutazioni compiute dai giudici d'Appello, i quali attribuiscono l'intera responsabilità dell'accaduto «al minore ed al nonno che in quel momento era tenuto alla sua sorveglianza». Tale convincimento è poggiato su precisi dettagli, ossia «la caduta è avvenuta in un luogo ben noto al bambino, posto che si era nei pressi della casa del nonno lo stato di sconnessione del marciapiede era conosciuto sia ai genitori che al minore gli effetti della caduta depongono nel senso che il bambino stesse correndo, e ciò avrebbe obbligato il nonno ad un'adeguata sorveglianza il comportamento colposo di chi era tenuto alla sorveglianza, cioè il nonno, è tale escludere la responsabilità del Comune ». Inutile il ricorso in Cassazione, proposto, però, non dai genitori bensì dal figlio, oramai divenuto maggiorenne. Inutile la sottolineatura della precaria situazione di manutenzione del marciapiede scenario del capitombolo dell'allora bambino. Condivisa, difatti, dai giudici di terzo grado, la valutazione complessiva compiuta in Appello. Nessun dubbio, quindi, sulla responsabilità del nonno per la caduta del nipotino a lui affidato. I magistrati di Cassazione aggiungono poi che «la caduta avvenne intorno alle ore 20.30 di una serata di luglio» e, osservano, «può ritenersi nozione di comune esperienza che nel mese di luglio vi sia a quell'ora una piena visibilità, tanto più rilevante in considerazione della notorietà dei luoghi». In questo quadro, poi, «la circostanza secondo cui il bambino stava correndo è solo di contorno», precisano i giudici di terzo grado, poiché «la sua caduta è da ricondurre ad un' omessa vigilanza da parte del nonno , che era tenuto alla custodia del nipote». Evidente, quindi, l'interruzione del nesso di causalità tra la cosa – il marciapiede – e il danno – il capitombolo del bambino –, e ciò consente di escludere ogni possibile responsabilità del Comune.

Presidente Scoditti – Relatore Cirillo Fatti di causa 1. V.F. e G.S. convennero in giudizio il Comune di omissis , davanti al Tribunale di Lecce, chiedendo che fosse condannato al risarcimento dei danni patiti dal loro figlio minore V.R. a seguito di una caduta avvenuta a causa delle cattive condizioni di manutenzione del marciapiede di una via cittadina. Si costituì in giudizio il Comune convenuto, chiedendo il rigetto della domanda. Espletata prova per testi e fatta svolgere una c.t.u. medico-legale, il Tribunale rigettò la domanda e compensò le spese di giudizio. 2. La pronuncia è stata impugnata dagli attori soccombenti e la Corte d'appello di Lecce, con sentenza del 30 settembre 2019, ha rigettato l'appello, condannando gli appellanti al pagamento delle spese del grado. 3. Contro la sentenza della Corte d'appello di Lecce ricorre V.R. , nel frattempo divenuto maggiorenne, con atto affidato a cinque motivi. Resiste il Comune di omissis con controricorso. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli articolo 375, 376 e 380-bis c.p.c., e non sono state depositate memorie. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 3 , violazione dell' articolo 2051 c.c. , rilevando che dalle deposizioni testimoniali risulterebbe che l'allora minore cadde per le sconnessioni del marciapiede, non potendo tale causa considerarsi come abnorme e tale da escludere la responsabilità del custode. 2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 3 , violazione e falsa applicazione dell' articolo 2729 c.c. e dell'articolo 115 c.p.c., per avere la Corte d'appello posto a base della decisione circostanze non allegate dal Comune di omissis e per aver anche violato le regole sulle presunzioni. La censura osserva che la circostanza, riportata in sentenza, secondo cui il bambino stava correndo sul marciapiede quando si verificò la caduta non sarebbe stata mai dedotta dal Comune. 3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 3 , violazione e falsa applicazione dell' articolo 2729 c.c. , per avere la sentenza erroneamente dedotto dal fatto che la caduta si era verificata presso la casa del nonno del V. la conseguenza che il bambino fosse anche a conoscenza dello stato di dissesto del marciapiede. 4. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 5 , violazione e falsa applicazione dell' articolo 115 c.p.c. , per non avere il giudice tenuto conto dei fatti decisivi provati dall'attore danneggiato cioè che il marciapiede fosse coperto da fogliame e che l'evento si fosse verificato di sera, quindi in condizioni di scarsa visibilità . 5. Con il quinto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 3 , violazione e falsa applicazione degli articolo 1227 e 2051 c.c. , perché il comportamento anche imprudente della vittima non poteva costituire esimente per il Comune tenuto alla manutenzione del marciapiede. 6. I motivi, da trattare congiuntamente in considerazione dell'evidente connessione tra loro esistenti, sono, quando non inammissibili, comunque privi di fondamento. 6.1. Giova premettere che questa Corte, sottoponendo a revisione i principi sull'obbligo di obbligo di custodia, ha stabilito, con le ordinanze 1 febbraio 2018, nnumero 2480, 2481, 2482 e 2483, che in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell' articolo 1227, comma 1, c.c. , richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall' articolo 2 della Costituzione . Ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un'evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l'esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro. Questi principi, ai quali la giurisprudenza successiva si è più volte uniformata v., tra le altre, le ordinanze 29 gennaio 2019, numero 2345, e 3 aprile 2019, numero 9315 , sono da ribadire ulteriormente nel giudizio odierno. 6.2. Tanto premesso, il Collegio rileva che la Corte d'appello, con un accertamento in fatto non rivisitabile in questa sede, è pervenuta alla conclusione di dover attribuire l'intera responsabilità dell'accaduto al minore ed al nonno che in quel momento era tenuto alla sua sorveglianza. Tale convincimento è stato raggiunto sulla base di una serie di considerazioni. La sentenza impugnata ha infatti osservato che la caduta era avvenuta in un luogo ben noto al bambino, posto che si era nei pressi della casa del nonno che lo stato di sconnessione del marciapiede era noto sia ai genitori che al minore che gli effetti della caduta deponevano nel senso che il bambino stesse correndo, il che avrebbe obbligato il nonno ad un'adeguata sorveglianza che il comportamento colposo di chi era tenuto alla sorveglianza era tale da interrompere il nesso di causalità tra la cosa e il danno, escludendo in questo modo la responsabilità del Comune ai sensi sia dell' articolo 2051 che dell'articolo 2043 del codice civile . 6.3. A fronte di tale ricostruzione, il ricorrente oppone la propria diversa valutazione dei fatti di causa, sostenendo che la sentenza avrebbe fatto un uso errato delle presunzioni, non considerando l'ora buia in cui la caduta era avvenuta e la mancanza di pubblica illuminazione. Rileva la Corte, innanzitutto, che lo stesso ricorrente riferisce che la caduta avvenne intorno alle ore 20.30 del 12 luglio 2010 e che può ritenersi nozione di comune esperienza che nel mese di luglio vi sia a quell'ora una piena visibilità, tanto più rilevante in considerazione della notorietà dei luoghi. La circostanza, evidenziata dalla Corte d'appello, secondo cui il bambino stava correndo è solo di contorno, nel senso che la sentenza, correttamente applicando la giurisprudenza di questa Corte, ha affermato che la caduta era da ricondurre ad un'omessa vigilanza da parte di chi era tenuto alla custodia del minore, interrompendosi in tal modo il nesso di causalità. Le censure, in sostanza, da un lato ipotizzano violazioni di legge che non sussistono e dall'altro finiscono col tradursi nella riproposizione del vizio di motivazione secondo il precedente testo dell'articolo 360, comma 1, numero 5 , cit., sollecitando in questa sede un nuovo e non consentito esame del merito. 6.4. Da ultimo, laddove si afferma nel secondo motivo che la circostanza rilevata dal giudice non sarebbe mai stata dedotta dalla parte, va osservato che trattandosi del profilo del nesso di causalità, e dunque di un fatto costitutivo, ricorre il potere/dovere di accertamento del giudice sulla base delle circostanze acquisite al processo. 7. Il ricorso, pertanto, è rigettato. A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. numero 55 del 10 marzo 2014 . Sussistono inoltre le condizioni di cui al D.P.R. numero 115 del 30 maggio 2002, articolo 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2.000 per compensi, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 30 maggio 2002, articolo 13 , comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.